Ancora un’istanza di interpello, ancora una risoluzione pubblicata dall’Agenzia delle Entrate sul tema “fatturazione elettronica e conservazione sostitutiva”(
[1]).
Il quesito questa volta era veramente intricato, complesso, quasi irreale. Sembra più un caso di studio piuttosto che una situazione veramente applicata da una società (nella fattispecie una multinazionale del settore petrolifero) per gestire il proprio ciclo di fatturazione.
L’agenzia ancora una volta ha deciso di pubblicare la risposta e, quindi, cerchiamo di capire se ci sono novità interessanti, traslabili su realtà più ordinarie in termini di fatturazione attiva.
La prima osservazione da fare è che la risposta è di accoglimento della tesi dell’istante, quindi grande apertura e flessibilità di approccio verso un quesito come detto decisamente “articolato” e complesso. Questo testimonia il perdurare di una forte volontà di supporto alle aziende che si stanno lanciando verso il “digitale”, cercando di fornire certezze operative e flessibilità di approccio a una materia rigorosa e rigidamente normata oltre 30 anni fa(
[2]).
Quindi, riassumendo la risposta al quesito, possiamo dire che è possibile attivare la conservazione sostitutiva delle sole fatture elettroniche, anche in presenza di una organizzazione complessa che veda in campo ben quattro soggetti distinti appartenenti a Stati europei diversi, i quali sono chiamati a gestire il processo di emissione delle fatture (Alfa l’istante, Beta incaricato di emettere le fatture di Alfa, Gamma che aggrega i dati delle fatture emesse da Beta, Delta che produce fisicamente le fatture analogiche ed elettroniche), con la coesistenza di fatture analogiche ed elettroniche distinte per linea di business (quindi, il cliente di Alfa riceve sia fatture analogiche sia elettroniche a seconda della linea di business di cui si è servito), tenute senza una contabilizzazione separata, con la sola raccomandazione di tenere una numerazione distinta e ben individuabile (range numerico).
Detto tutto ciò ci pare evidente che, semplificando la vista organizzativa, riducendo ad uno o al massimo a due i soggetti chiamati alla emissione e trasmissione dei documenti (situazione certamente più usuale), adottando lo stesso tipo di accorgimento, è possibile procedere nel modo indicato dall’Agenzia delle Entrate alla società Alfa.
Bene! Rimane lecito chiedersi, però: cosa succederà quando l’Agenzia delle Entrate andrà a fare una verifica presso Alfa, laddove sussista un processo di fatturazione così “parcellizzato”(
[3])? Come reagiranno gli ispettori di fronte ad un manuale della conservazione sostitutiva che dovrà contemplare questa specificità? Come e cosa verificare in uno scenario così articolato(
[4])? Il rischio concreto è che il verificatore trovandosi in “oggettive” difficoltà di verifica (processi, certificati, formati e supporti molto diversi tra loro), sia giustamente portato a chiedere la stampa di tutti documenti!
Esprimendo un parere come Responsabili della Conservazione, riteniamo che sia più logico, sicuro, verificabile e utile, portare in conservazione sostitutiva l’intero ciclo di fatturazione attiva, anche a prescindere dalla modalità di emissione e trasmissione dei documenti. Questo sia per garantirsi una uniformità di approccio durante le eventuali verifiche, sia per avere elementi di certezza nella definizione dei rapporti contrattuali(
[5]) con gli eventuali outsourcer chiamati a operare per le fasi di emissione, postalizzazione e conservazione dei documenti. Questa conseguenza dovrebbe ricavarsi, infatti, proprio dalla forte raccomandazione che l’Agenzia fa nella risoluzione di cui stiamo trattando, ovvero garantire e garantirsi che nelle diverse fasi di attività, tutti gli attori operino con diligenza, rigore e nel rispetto delle regole tecniche, poiché – come ribadisce la stessa Agenzia- è la società Alfa che risponderà sempre e comunque per tutte le violazioni che dovessero venire riscontrate in fase di verifica.
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Dario D’Urso
Responsabile Conservazione Sostitutiva – Socio fondatore ANORC
Andrea Lisi
Presidente ANORC – Associazione Nazionale Responsabili Conservazione Sostititutiva
Professore a contratto di Informatica Giuridica – Scuola Professioni Legali – Università del Salento
([1]) La risoluzione n. 260 del 23/06/2008 è pubblicata sul sito di ANORC alla pagina http://www.anorc.it/notizia/46_Modalit__di_conservazione_delle_fatture_elettroniche_emesse_nei_confronti_d.html .
([2]) Questo ulteriore segno di elasticità e apertura dell’Agenzia delle Entrate rende ancora più urgente una presa di posizione più chiara in materia di “spool di stampa”, laddove le due risoluzioni 161/E del 9 luglio 2007 (già commentata su SCINTLex alla pagina http://www.scintlex.it/notizia/288/143.html) e 14/E del 21/01/2008 (oggetto di un veloce commento su ANORC alla pagina http://www.scintlex.it/notizia/288/143.html) hanno provocato un certo (comunque immotivato) sconcerto tra gli operatori del mercato. In proposito, prima di tutto, si ricorda che le risoluzioni hanno avuto ad oggetto solo i processi di fatturazione analogica e non la generazione dei libri contabili (come purtroppo si sente ascoltare in giro). Inoltre, la questione dello “spool di stampa” e la conseguente presa di posizione rigida dell’agenzia sono giustificabili nel caso concreto, se si riflette come i quesiti prospettati all’Agenzia sembravano avere più il preciso scopo di “aggirare le norme sulla fatturazione elettronica”, piuttosto che di approfondire nel dettaglio una metodologia sicura e corretta da seguire nei propri processi di fatturazione.
In ogni caso, anche alla luce degli ultimi orientamenti dell’Agenzia, si deve senz’altro riconoscere la possibilità di portare direttamente in conservazione l’immagine digitale del “documento-fattura”, generata da un gestionale (o comunque inoltrata quale documento analogico ai suoi destinatari) e acquisita come immagine nel processo di conservazione, purchè venga assicurata la tracciabilità di tutti i passaggi interni al processo e soprattutto vengano garantiti sicurezza e controllo costante al processo di fatturazione e successiva conservazione. Si ritiene assolutamente condivisibile questa impostazione, perché l’art. 4 del DMEF 23 gennaio 2004 specifica solo che il processo di conservazione digitale di documenti e scritture analogici rilevanti ai fini tributari debba avvenire mediante memorizzazione della relativa immagine, secondo le modalità di cui all’art. 3, commi 1 e 2. La normativa, pertanto, non prevede che debba effettuarsi una stampa del documento analogico, quando si è già in possesso nel proprio sistema informatico della relativa immagine di quel documento. Inoltre, l’immagine digitale di un documento non può configurarsi, ai fini fiscali, solo e soltanto come un documento analogico, ossia "formato utilizzando una grandezza fisica che assume valori continui" (come riferito nella Ris. 14/2008 Ag. Entrate), ma anche come “documento digitale” ai sensi dell’art. 1 lett. d) del D.M.E.F. 23 gennaio 2004. A livello strettamente giuridico, pertanto, possedere già l’immagine digitalizzata di un documento analogico permette di rendere ammissibile la presenza nel nostro ordinamento di un “documento che abbia natura analogica, ma veste informatica”, o più propriamente di un “documento digitale” rilevante fiscalmente secondo l’art. 1 lett. d) del DMEF, quale riproduzione informatica di documento analogico ai sensi e per gli effetti dell’art. 2712 c.c. (come riformulato dall’art. 23 1° comma del Codice dell’Amminstrazione Digitale).
([3]) Così giustamente viene definito il processo di fatturazione portato all’attenzione dell’Agenzia da Alfa: infatti, l’intero processo di acquisizione di dati, di loro aggregazione, stabilizzazione e postalizzazione viene polverizzato in vari sotto-processi resi ancora più complessi dal fatto che gli attori del sistema di fatturazione appartengano a Stati diversi.
([4]) Si ricorda che nel caso di specie il certificato di firma elettronica qualificata sarà, ad esempio, rilasciato da ente certificatore residente in stato diverso da quello italiano (in particolare, lo stato francese).
([5]) Sembra superfluo riferire che per sviluppare procedure così complesse e di rilievo internazionale rivestono un’importanza strategica fondamentale i documenti che definiscono nel dettaglio i vari “sotto-processi” (contratti di outsourcing, SLA, procedure di disaster recovery, manuali, deleghe etc.).
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