Profili critici di incostituzionalità
Il preambolo del Decreto Legge n. 193/2016, disciplinante la famosa “Rottamazione”, recita: “Visti gli articoli 77, 81 e 87 della Costituzione; Visto il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 e successive modificazioni; Ritenuta la straordinaria necessità e urgenza per le esigenze di finanza pubblica e per il corretto rapporto tra fisco e contribuente di ottimizzare l’attività di riscossione adottando disposizioni per la soppressione di Equitalia e per adeguare l’organizzazione dell’Agenzia delle entrate anche al fine di garantire l’effettività del gettito delle entrate e l’incremento del livello di adempimento spontaneo degli obblighi tributari e per i fini di cui all’articolo 4, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), e all’articolo 81, comma 1, della Costituzione”.
L’art. 77 della Costituzione al secondo comma prevede che “il Governo può adottare, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, solo in casi straordinari di necessità e urgenza”.
Una precisa ricostruzione dell’istituto è stata fornita dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 171/2007 con la quale il Collegio di garanzia ha sottolineato che in determinate situazioni o per particolari materie, attesi i tempi tecnici che il normale svolgimento della funzione legislativa comporta od in considerazione della complessità della disciplina di alcuni settori, l’intervento del legislatore può essere attuato ricorrendo a questa forma che consente al Governo di porre in essere atti di carattere legislativo.
La Corte Costituzionale stessa, nella successiva sentenza n. 128/2008, ha chiarito il significato dei requisiti di cui all’art. 77 Cost. definendo:
- la straordinarietà come assoluta imprevedibilità delle circostanze in presenza delle quali si utilizza il decreto legge;
- la necessità come assoluta impossibilità di ricorrere ad uno strumento normativo diverso;
- l’urgenza come immediata applicabilità delle norme poste dal decreto.
Atteso quanto sopra, ci si deve domandare giuridicamente cosa abbia spinto il Governo dell’epoca ad adottare una simile decisione.
In effetti, analizzando la norma non è possibile ravvisare alcun caso straordinario di necessità ed urgenza che ne giustificherebbe tal scelta normativa (equiparata alla legge ordinaria una volta ottenuta la conversione).
Si abbia, perciò, presente che il primo comma dell’art. 1 del D.L. 193/2016 prevede che: “A decorrere dal 1° luglio 2017 le società del Gruppo Equitalia sono sciolte. Le stesse sono cancellate d’ufficio dal registro delle imprese ed estinte, senza che sia esperita alcuna procedura di liquidazione. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto è fatto divieto alle società di cui al presente comma di effettuare assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale”.
Stando alla lettera normativa (entrata in vigore dal 1 luglio) alcuna esigenza di straordinarietà ed urgenza applicativa si può riscontrare in detta prescrizione con la ovvia conseguenza che non vi era e non vi è alcuna necessità di ricorrere ad uno strumento normativo diverso da quello ordinario o di altro genere (Legge o D.Lgs.).
Qualora al momento dell’emanazione del predetto decreto legge fosse stato effettivamente necessario far fronte alle presunte circostanze di necessità e urgenza menzionate nel preambolo, il legislatore avrebbe potuto dare impulso ad una (più o meno corretta) procedura di estinzione con soppressione immediata delle società del gruppo Equitalia con cessazione dal giorno dell’avvenuta pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale o dalla sua entrata in vigore post vacatio legis.
Poteva addirittura pensarsi all’espletamento di una procedura di scioglimento e liquidazione o di mero trasferimento.
Sicché considerato che la predetta cancellazione dal registro delle imprese è avvenuta a decorrere dal 1° luglio 2017, quindi circa sette mesi dopo l’entrata in vigore della disposizione normativa de quo, il decreto legge in questione sarebbe privo di costituzionalità poiché carente dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza di cui all’art. 77 della Costituzione in relazione alla fattispecie prospettata (cioè per ora solamente relativa alla costituzione di AGE-R).
Ma l’analisi non è tutta qui.
Il secondo comma dell’art. 1 del D.L. 193/2016 dispone che: “dalla data di cui al comma 1, l’esercizio delle funzioni relative alla riscossione nazionale, di cui all’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, riattribuito all’Agenzia delle Entrate di cui all’articolo 62 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, è svolto dall’ente strumentale di cui al comma 3”.
Il terzo comma, espressamente richiamato dalla precedente disposizione normativa, recita: “Al fine di garantire la continuità e la funzionalità delle attività di riscossione, è istituito un ente pubblico economico, denominato «Agenzia delle entrate-Riscossione» sottoposto all’indirizzo e alla vigilanza del Ministro dell’economia e delle finanze. L’Agenzia delle entrate provvede a monitorare costantemente l’attività dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, secondo principi di trasparenza e pubblicità. L’ente subentra, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle società del Gruppo Equitalia di cui al comma 1 e assume la qualifica di agente della riscossione con i poteri e secondo le disposizioni di cui al titolo I, capo II, e al titolo II, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. L’ente ha autonomia organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione”.
La soppressione delle società del Gruppo Equitalia, nello spirito di continuazione delle attività di riscossione in ambito nazionale, ha determinato l’istituzione di un Ente pubblico economico denominato Agenzia delle Entrate – Riscossione.
L’ente pubblico economico è uno degli istituti di cui si può avvalere lo Stato per intervenire nel sistema economico di carattere “misto” poiché tipizzato dal concorso di imprese pubbliche e private.
D’altronde sono denominati “enti pubblici economici” quelli che operano nel campo della produzione e dello scambio di beni e servizi, svolgendo attività prevalentemente od esclusivamente (per l’appunto) economiche.
Riguardo al regime giuridico degli enti pubblici economici occorre tener presente anche che:
- sono soggetti all’iscrizione del registro delle imprese ex art. 2201 c.c.;
- non sono assoggettabili al fallimento;
- a seconda dell’oggetto sociale dell’impresa, stipulano con l’utenza contratti disciplinati dal codice civile;
- operano in regime di concorrenza con gli altri imprenditori privati.
Gli scopi che determinano lo Stato a creare un ente pubblico economico sono i seguenti:
- operare interventi economici di controllo;
- realizzare interventi promozionali, al fine di assicurare servizi pubblici essenziali non adeguatamente coperti da imprese private;
- evitare formazioni di monopolio di fatto.
Orbene, l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, cosi come disciplinata dal D.L. 193/2016, parrebbe configurarsi come un Ente pubblico economico del tutto anomalo nel sistema atteso che quanto fatto dal legislatore, invece, non fa altro che determinare un vero e proprio monopolio di fatto.
L’Agenzia delle Entrate – Riscossione, essendo ad oggi l’unico Ente che svolge obbligatoriamente per legge l’attività di riscossione pubblica dello Stato nell’ambito di tutto il territorio nazionale, non opera di fatto in regime di concorrenza con eventuali imprenditori privati intenti a perseguire gli stessi fini e scopi economici.
Andando più avanti nell’analisi può ampliarsi il ragionamento in ordine ad altro che ha, decisamente, di più incredibile in termini giuridici.
Il terzo comma del D.L. 193/2016 dispone inoltre che: “L’Agenzia delle entrate provvede a monitorare costantemente l’attività dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, secondo principi di trasparenza e pubblicità. L’ente subentra, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle società del Gruppo Equitalia di cui al comma 1 e assume la qualifica di agente della riscossione con i poteri e secondo le disposizioni di cui al titolo I, capo II, e al titolo II, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. L’ente ha autonomia organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione. Ne costituiscono organi il presidente, il comitato di gestione e il collegio dei revisori dei conti”.
Il quarto comma del D.L. 193/2016 prevede che: “Il comitato di gestione è composto dal Direttore dell’Agenzia delle entrate in qualità di Presidente dell’ente e da due componenti nominati dall’Agenzia medesima tra i propri dirigenti. Ai componenti del comitato di gestione non spetta alcun compenso, indennità o rimborso spese”.
In virtù di quanto previsto dal terzo comma di cui innanzi l’Agenzia delle Entrate – Riscossione sarebbe “una” sottoposta al Ministero dell’economia e delle finanze, oltreché all’Agenzia delle entrate, la quale ultima dovrebbe, per effetto di ciò, osservare e verificare sistematicamente l’operato dell’agenzia di riscossione predetta.
Tuttavia, ai sensi del quarto comma del Decreto legge summenzionato, il comitato di gestione dell’Ente costituito con la norma del 2016 risulta (ad oggi) composto, gestito e diretto dai vertici dirigenziali dell’Agenzia delle entrate.
Pertanto, il Presidente dell’ente controllato ricoprirebbe contemporaneamente anche il ruolo di Direttore dell’ente controllante.
In altri termini il cittadino sarebbe di fronte ad una situazione a dir poco paradossale: il direttore dell’Agenzia delle Entrate dovrebbe effettuare un’operazione di vigilanza e di controllo sulle attività svolte da parte di un organo da se medesimo diretto e gestito.
Ciò palesemente violando i principi costituzionali che devono ispirare l’organizzazione e l’attività amministrativa, ossia il principio di imparzialità e quello di buon andamento, previsti dall’art. 97 della Costituzione.
Per tal effetto normativo l’attività di controllo non verrebbe formalmente effettuata secondo parametri di “equidistanza” che consentirebbero di dare prevalenza all’interesse pubblico rispetto agli interessi privati; ciò comportando che la macchina amministrativa primaria della riscossione (AGE in base alla famosa norma istitutiva del 2000) sia organizzata in maniera tale da non poter valutare oggettivamente l’operato dell’Agenzia Entrate – Riscossione poiché inidonea ad uniformarsi ai criteri di economicità, efficienza ed efficacia.
Basti pensare a quanto previsto in ordine alla composizione del comitato di gestione dell’Agenzia della riscossione menzionata.
In tale ottica si consideri il comma 13 dell’art. 1 del D.L. 193/2016 il quale prevede che: “Il Ministro dell’economia e delle finanze e il direttore dell’Agenzia delle entrate, presidente dell’ente, stipulano annualmente un atto aggiuntivo alla convenzione di cui all’articolo 59 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, per individuare: a) i servizi dovuti; b) le risorse disponibili; c) le strategie per la riscossione dei crediti tributari, con particolare riferimento alla definizione delle priorità, mediante un approccio orientato al risultato piuttosto che al processo; d) gli obiettivi quantitativi da raggiungere in termini di economicità della gestione, soddisfazione dei contribuenti per i servizi prestati, e ammontare delle entrate erariali riscosse, anche mediante azioni di prevenzione e contrasto dell’evasione ed elusione fiscale; e) gli indicatori e le modalità di verifica del conseguimento degli obiettivi di cui alla lettera d); f) le modalità di vigilanza sull’operato dell’ente da parte dell’agenzia, anche in relazione alla garanzia della trasparenza, dell’imparzialità e della correttezza nell’applicazione delle norme, con particolare riguardo ai rapporti con i contribuenti; g) la gestione della funzione della riscossione con modalità organizzative flessibili, che tengano conto della necessità di specializzazioni tecnico-professionali, mediante raggruppamenti per tipologia di contribuenti, ovvero sulla base di altri criteri oggettivi preventivamente definiti, e finalizzati ad ottimizzare il risultato economico della medesima riscossione; h) la tipologia di comunicazioni e informazioni preventive volte ad evitare aggravi moratori per i contribuenti, ed a migliorarne il rapporto con l’amministrazione fiscale, in attuazione della legge 27 luglio 2000, n. 212”.
Legato a al comma su riportato v’è poi il successivo (ma strettamente strumentale) comma 14 il quale invece dispone che “Costituisce risultato particolarmente negativo della gestione, ai sensi dell’articolo 69, comma 1, del decreto legislativo n. 300 del 1999, il mancato raggiungimento, da parte dell’ente di cui al comma 3, degli obiettivi stabiliti nell’atto aggiuntivo di cui al comma 13, e non attribuibili a fattori eccezionali o comunque non tempestivamente segnalati al Ministero dell’economia e delle finanze, per consentire l’adozione dei necessari correttivi”.
Il combinato disposto di quanto innanzi consoliderebbe che il risultato negativo della gestione, dovuto al mancato raggiungimento degli obiettivi stabiliti nell’atto aggiuntivo di cui al comma 13, deve essere accertato dall’Agenzia delle Entrate, in persona del suo Direttore, il quale allo stesso tempo svolge le funzioni di Presidente dell’ente suddetto.
Argomentando al contrario, nelle ipotesi in cui si dovessero raggiungere ed ottenere gli obiettivi prefissati (risultato positivo), l’Agenzia delle Entrate sarebbe legittimata a riconoscere nei confronti dell’Agenzia Entrate – Riscossione dei “premi di produzione” il cui valore dovrebbe essere rapportato alla qualità del lavoro svolto.
Il tutto farebbe irrimediabilmente sorgere un vero e proprio conflitto d’interessi in danno del cittadino che andrebbe a contrastare con il principio del rispetto dei beni e del patrimonio dell’Uomo (atteso che imposte e tasse sono sostanzialmente una derivazione ed un riflesso sociale ed economico del lavoro nonché dell’impiego delle risorse del contribuente) sancito dalla CEDU ai sensi dell’art. 1 del prot. add.le di Parigi.
Tutto ciò a maggior ragione se l’ADR (agente della riscossione) ponesse in essere o prendesse in carico esattorialmente crediti di Enti per i quali non è preordinata per legge ad esserne esecutore.
A maggior ragione, quindi, si deve parlare di probabile incostituzionalità della norma istitutiva dell’odierna Agenzia delle Entrate-Riscossione perché, sostanzialmente, si è di fronte ad una commistione e confusione:
- d’interessi pubblici di controllo (AGE su AGER), da una parte;
- d’interessi dirigenziali di scopo performativo o di soggetti, pur impiegati funzionalmente a svolgere un ruolo con finalità pubblicistica, aventi diritto soggettivo diretto nella questione prospettata (come si spiegherà più avanti), dall’altra parte.
L’esempio calzante sarebbe l’ipotesi in cui un cittadino dovesse proporre istanza di annullamento in autotutela dell’atto contenente la pretesa fiscale ai sensi della legge n. 241/90 e vedersela rigettare senza motivazione oppure, in altra ipotesi, la risposta negativa, “automatizzata o per semplice forma”, alla comunicazione ex art. 1, co. 537 e seg., legge n. 228/2012 del contribuente di turno.
In termini di incostituzionalità non è un caso che il nono comma del D. L. 193/2016 prevede, letteralmente, che “Tenuto conto della specificità delle funzioni proprie della riscossione fiscale e delle competenze tecniche necessarie al loro svolgimento, per assicurarle senza soluzione di continuità, a decorrere dalla data di cui al comma 1 il personale delle società del Gruppo Equitalia con contratto di lavoro a tempo indeterminato, in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, senza soluzione di continuità e con la garanzia della posizione giuridica ed economica maturata alla data del trasferimento, è trasferito all’ente pubblico economico di cui al comma 3, previo superamento di apposita procedura di selezione e verifica delle competenze, in coerenza con i principi di trasparenza, pubblicità e imparzialità. A tale personale si applica l’articolo 2112, primo e terzo comma, del codice civile” e che il successivo decimo comma invece che “A far data dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il personale delle società del Gruppo Equitalia proveniente da altre amministrazioni pubbliche è ricollocato nella posizione economica e giuridica originariamente posseduta nell’amministrazione pubblica di provenienza la quale, prima di poter effettuare nuove assunzioni, procede al riassorbimento di detto personale, mediante l’utilizzo delle procedure di mobilità di cui all’articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e nel rispetto dei vincoli in materia di finanza pubblica e contenimento delle spese di personale. Il riassorbimento può essere disposto solo nei limiti dei posti vacanti nelle dotazioni organiche dell’amministrazione interessata e nell’ambito delle facoltà assunzionali disponibili. Nel caso di indisponibilità di posti vacanti nella dotazione organica dell’amministrazione di provenienza, tale personale può essere ricollocato, previa intesa, ad altra pubblica amministrazione con carenze di organico, anche in deroga alle vigenti disposizioni in materia di mobilità e, comunque, nell’ambito delle facoltà assunzionali delle amministrazioni interessate”; il motivo sarebbe facilmente deducibile tenendo presente il:
- terzo comma dell’art. 97 Cost. “Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”;
- primo comma dell’art. 98 Cost. “i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della nazione”.
Le predette disposizioni impongono alla pubblica amministrazione di assumere i propri dipendenti mediante concorso (salva riserva di legge oggettivamente spendibile nell’ordinamento) al fine di poter organizzare la pubblica amministrazione e la conseguente attività in condizioni di imparzialità, affidandola a personale qualificato e selezionato per meriti, realizzando (da un lato) il rispetto dei principi democratici e garantendo (dall’altro) una buona e sana amministrazione.
A conti fatti, i dipendenti odierni di Agenzia delle Entrate – Riscossione non risultano aver superato un pubblico concorso, ma semplicemente “assorbiti o trasmigrati” dal privato (ex Equitalia) al pubblico impiego (ora AGE-R).
A completamento del quadro di analisi si consideri, in ultimo, un altro passaggio di critica.
Il sesto comma del D.L. 193/2016 prevede che “l’Agenzia delle entrate – Riscossione è sottoposta alle disposizioni del codice civile e delle altre leggi relative alle persone giuridiche private. Ai fini dello svolgimento della propria attività è autorizzata ad utilizzare anticipazioni di cassa”.
Atteso, quindi, che l’AGE-Riscossione sarebbe sottoposta alle disposizioni di legge previste per le persone giuridiche private, è evidente la disparità di trattamento (ex art. 3 della Cost.) che ne deriverebbe rispetto agli altri enti pubblici economici.
Ne discende, imprescindibilmente, che laddove si dovesse ritenere incostituzionale la norma de quo, il titolare della riscossione tornerebbe ad essere l’allora estinta società Equitalia Spa (con ritorno anche delle competenze primarie in capo all’Agenzia delle Entrate ex D.L. 203/2005) ovvero, data la soppressione di quest’ultima, la stessa Agenzia delle Entrate istituita all’inizio del nuovo millennio.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento