Aggravante della destrezza: quando ricorre?

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Insussistenza della circostanza aggravante della destrezza, di cui all’art. 625, co. 1, n. 4, cod. pen. Per approfondimenti consigliamo: Procedimento ed esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia

Corte di Cassazione -sez. V pen.- sentenza n. 29287 del 30-05-2024

Indice

1. La questione: insussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 625, co. 1, n. 4, cod. pen.

 
La Corte di Appello di Bologna confermava una sentenza pronunciata dal Tribunale della medesima città che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva ritenuto l’imputata responsabile del reato di tentato furto aggravato dalle circostanze di cui all’art. 625 nn. 4 e 8 ter e dalla circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 5 cod. pen., condannandola alla pena di anni uno, mesi sei di reclusione ed euro 400,00 di multa, non applicando l’aumento per la recidiva contestata ai sensi dell’art. 63 co. 4 cod. pen., con la riduzione per il tentativo e tenuto conto della diminuente per il rito.
Ciò posto, avverso questa decisione il difensore dell’accusata ricorreva per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, costui deduceva vizio di violazione di legge e di motivazione in relazione alla circostanza aggravante di cui all’art. 625 n. 4 cod. pen., sostenendosi come la ricorrente si fosse limitata ad approfittare di un momento di disattenzione della vittima, che si trovava vicino al bagno, ma non aveva posto in essere una condotta caratterizzata da particolari abilità, astuzia o avvedutezza e idonea a sorprendere o eludere la sorveglianza del detentore sulla res. Per approfondimenti consigliamo: Procedimento ed esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia

2. La soluzione adottata dalla Cassazione


Il Supremo Consesso reputava il motivo suesposto infondato alla stregua di quell’orientamento nomofilattico, delineato dalle Sezioni unite nella sentenza n. 34090 del 27/04/2017, secondo il quale: «in tema di furto, la circostanza aggravante della destrezza sussiste qualora l’agente abbia posto in essere, prima o durante l’impossessamento del bene mobile altrui, una condotta caratterizzata da particolari abilità, astuzia o avvedutezza ed idonea a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza del detentore sulla “res”, non essendo invece sufficiente che egli si limiti ad approfittare di situazioni, non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore medesimo». Dopo avere sottolineato l’assenza di esplicita definizione del concetto di destrezza, le Sezioni Unite hanno considerato che «la formulazione dell’articolo 625 cod. pen., e la funzione di aggravamento del trattamento punitivo autorizzano l’affermazione che, se commesso con destrezza, il fatto di reato è qualificato da una o da talune modalità dell’azione che trascendono l’attività di impossessamento, necessaria per la consumazione del delitto. A fronte della configurazione legale fisica del furto semplice, che postula già di per sé, anche secondo la comune accezione nella dimensione etimologica del termine, un comportamento predatorio nascosto, celato, non evidente, attuato in modo da evitarne la scoperta, il furto con destrezza si caratterizza per l’esecuzione dell’azione in modo tale da superare quella configurazione, sicché la modalità destra della condotta realizza un quid pluris rispetto alla ordinaria materialità del fatto di reato».
Difatti, per gli Ermellini, preso atto che la ratio dell’aggravante de qua è da individuare nella considerazione che il fatto criminoso presenta un disvalore più accentuato in quanto l’altrui patrimonio è oggetto di aggressione compiuta con modalità più efficaci in quanto rapide, agili, oppure scaltre ed indicative di una maggiore pericolosità sociale, nel caso in esame, la sentenza impugnata risultava avere fatto un buon governo di siffatti principi, ritenendo integrata l’aggravante in quanto l’imputata aveva agito con particolare abilità e rapidità, intralciando il passaggio della persona offesa lungo la scala, sottraendo in maniera fulminea dalla tasca dei pantaloni la somma di euro 2.000 mentre passava a fianco della vittima, senza che quest’ultima neppure si avvedesse della sottrazione.
La condotta furtiva, dunque, per i giudici di piazza Cavour, non si era manifestata nella sua forma “semplice“, ma si era caratterizzata per una particolare abilità commissiva finalizzata a neutralizzare l’ordinaria vigilanza della persona offesa sulla cosa stessa.
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3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito quando ricorre l’aggravante della destrezza.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso indirizzo ermeneutico, cristallizzato nell’arresto giurisprudenziale n.  34090 del 27/04/2017, che, in tema di furto, l’aggravante della destrezza sussiste quando il ladro utilizza abilità particolari, astuzia o avvedutezza durante l’impossessamento del bene, rendendo difficile la sorveglianza del detentore, non essendo sufficiente il solo approfittare di momenti di disattenzione o allontanamento del detentore, dovendo ricorrere un quid pluris, cioè delle modalità criminali che rendono l’azione particolarmente ingegnosa rispetto alla norma.
Tale provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba appurare la sussistenza di siffatto elemento accidentale.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.

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