Il fatto
Il Tribunale di Foggia convalidava un arresto in flagranza in ordine al reato di furto aggravato.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso l’ordinanza, proponeva ricorso l’indagato, per mezzo del difensore, affidando le proprie censure ad un unico motivo con il quale si deduceva la violazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. c), in riferimento allo stato di flagranza reputato insussistente alla stregua delle concrete circostanze dell’arresto, disposto all’esito della denuncia della persona offesa, successiva all’identificazione dell’arrestato.
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Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso veniva stimato infondato per le seguenti ragioni.
Si osservava a tal proposito innanzitutto come, sul tema dell’arresto in quasi flagranza di reato, si fossero di recente soffermate le Sezioni unite che, pronunciandosi in relazione ad una fattispecie in cui l’arresto era stato eseguito alla stregua delle indicazioni della persona offesa in ordine alle generalità dell’autore del reato, hanno affermato che è illegittimo l’arresto in flagranza operato dalla polizia giudiziaria sulla base delle informazioni fornite dalla vittima o da terzi nell’immediatezza del fatto poiché, in tale ipotesi, non sussiste la condizione di “quasi flagranza” la quale presuppone la immediata ed autonoma percezione, da parte di chi proceda all’arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato (Sez. U, n. 39131 del 24/11/2015) rilevandosi al contempo come tale linea interpretativa fosse stata successivamente seguita dalla della Cassazione nei casi in cui all’identificazione dell’autore del reato si sia pervenuti alla stregua delle indicazioni della persona offesa ed all’esito di successive investigazioni.
Premesso ciò, gli Ermellini evidenziavano come, a diversa soluzione ermeneutica, invece, si era giunti quando l’arresto sia operato dalla polizia giudiziaria sulla base della immediata ed autonoma percezione delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato (Sez. 4, n. 1797 del 18/10/2018; N. 23162 del 2017) dato che, da un lato, l’integrazione dell’ipotesi di c.d. “quasi flagranza” costituita dalla “sorpresa” dell’indiziato “con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima” non richiede – a differenza del caso dell’inseguimento – che la polizia giudiziaria abbia diretta cognizione della commissione del reato essendo sufficiente l’immediata percezione delle tracce del medesimo e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato (Sez. 4, n. 53553 del 26/10/2017), dall’altro, l’art. 382 c.p.p. prevede due ipotesi distinte di quasi flagranza e solo la prima è stata interessata dalla citata pronuncia delle Sezioni Unite che non si è invece occupata della diversa fattispecie in cui il reo venga sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima.
Precisato ciò, si notava oltre tutto come costituisca principio consolidato in giurisprudenza che, ai fini della quasi flagranza del reato, il requisito della sorpresa del “reo” con cose o tracce del reato non richiede che la P.G. abbia diretta percezione dei fatti, nè che la sorpresa avvenga in modo non casuale, correlandosi invece alla diretta percezione, da parte della stessa, soltanto degli elementi idonei a far ritenere sussistente, con altissima probabilità, la responsabilità del medesimo, nei limiti temporali determinati dalla commissione del reato “immediatamente prima“, locuzione dal significato analogo a quella (“poco prima“) utilizzata dal previgente codice di rito, di cui rappresenta una mera puntualizzazione quanto alla connessione temporale tra reato e sorpresa (cfr. da ultimo Sez. 2, n. 19948 del 04/04/2017, in fattispecie in cui la Corte, in riforma dell’impugnata ordinanza, ha ritenuto che legittimamente i carabinieri avessero proceduto all’arresto, nella quasi flagranza del reato di furto aggravato, di un soggetto – peraltro reo confesso – sorpreso, durante un normale controllo al confine di Stato, alla guida di un’autovettura risultata rubata poche ore prima in una città vicina) e ciò che, dunque, rileva sotto il profilo temporale è che sia riscontrabile una stretta contiguità fra la commissione del fatto e la successiva sorpresa del presunto autore di esso, come è reso manifesto dal senso proprio dell’avverbio utilizzato, che contiene in sé l’idea del susseguirsi degli eventi senza alcun intervallo.
Orbene, declinando tale criterio ermeneutico rispetto al caso di specie, i giudici di piazza Cavour osservavano come, nel caso in esame, risultasse che l’indagato era stato identificato dalla polizia giudiziaria a breve distanza dal locus commissi delicti in possesso di beni di cui – mentre era ancora in corso l’identificazione – era stata denunciata la sottrazione e che sono stati immediatamente riconosciuti dalla persona offesa donde l’intervento degli operanti che, senza un apprezzabile intervallo temporale, avevano proceduto all’identificazione dell’autore del reato in possesso di tracce inequivocabilmente riconducibili alla sua esecuzione, integra lo status di quasi flagranza che legittima l’arresto a nulla rilevando che la notitia criminis fosse pervenuta mentre le operazioni erano in atto tenuto conto altresì del fatto come l’intervento della persona offesa, peraltro, si collocasse – nella fattispecie in disamina – nel solo segmento di constatazione oggettiva del reato e non involgesse in alcun modo l’identificazione dell’autore resasi invece possibile dal diretto rilievo della polizia giudiziaria.
Da ciò se ne faceva discendere come, ad avviso del Supremo Consesso, del tutto correttamente, il giudicante avesse ritenuto sussistenti i presupposti dell’arresto in presenza dell’ipotesi prevista nella seconda parte dell’art. 382 c.p.p. secondo cui “è in stato di flagranza chi viene sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima“.
L’arresto eseguito, di conseguenza, era considerato legittimamente eseguito e il ricorso, quindi, veniva rigettato.
Conclusioni
La decisione in esame è assai interessante specialmente nella parte in cui si spiega, ai fini della quasi flagranza del reato, in cosa consiste il requisito della sorpresa del “reo” con cose o tracce del reato.
Difatti, in questa pronuncia, citandosi un precedente conforme – una volta postulato che, ai fini della quasi flagranza del reato, il requisito della sorpresa del “reo” con cose o tracce del reato non richiede che la P.G. abbia diretta percezione dei fatti, nè che la sorpresa avvenga in modo non casuale, correlandosi invece alla diretta percezione, da parte della stessa, soltanto degli elementi idonei a far ritenere sussistente, con altissima probabilità, la responsabilità del medesimo, nei limiti temporali determinati dalla commissione del reato “immediatamente prima“, locuzione dal significato analogo a quella (“poco prima“) utilizzata dal previgente codice di rito, di cui rappresenta una mera puntualizzazione quanto alla connessione temporale tra reato e sorpresa – viene affermato che ciò che rileva, nel caso di specie, sotto il profilo temporale, è che sia riscontrabile una stretta contiguità fra la commissione del fatto e la successiva sorpresa del presunto autore di esso, come è reso manifesto dal senso proprio dell’avverbio utilizzato, che contiene in sé l’idea del susseguirsi degli eventi senza alcun intervallo.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatto provvedimento, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su tale tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.
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