Biancamaria Consales
Così si legge nella sentenza n. 22785 del 12 dicembre 2012, emessa dalle Sezioni unite civili della Corte di cassazione. Questi i fatti. Un avvocato, cancellato dall’albo professionale della propria città, con provvedimento disciplinare del 20 settembre 2008, a seguito della sanzione penale inflittagli per aver introdotto sostanze stupefacenti in carcere ed averle cedute ad un proprio assistito, si era visto negare dal Consiglio dell’ordine degli avvocati la richiesta di reiscrizione nell’albo, presentata nel marzo 2011 ed integrata nel maggio successivo.
Anche il ricorso proposto avverso tale decisione ebbe esito negativo, giacché il Consiglio Nazionale Forense reputò che la reiscrizione nell’albo non potesse essere disposta prima del decorso del termine di cinque anni da quando era divenuta esecutiva la precedente delibera di cancellazione, dovendo trovare applicazione analogica la disciplina a tal riguardo prevista dalla legge professionale per l’ipotesi di reiscrizione dopo la radiazione.
La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso, volto alla cassazione della suesposta decisione, fondato.
“In presenza di una domanda di reiscrizione nell’albo degli avvocati di colui che abbia in precedenza subìto la sanzione disciplinare disciplinare della cancellazione – hanno sostenuto gli Ermellini – non trova applicazione, in via d’interpretazione analogica, l’art. 47 del R.D.L. 1578/1933. Quest’ultima norma dispone che l’avvocato radiato dall’albo non può esservi nuovamente iscritto prima che siano trascorsi cinque anni dal provvedimento di radiazione, ma, essendo la cancellazione concepita dal legislatore come sanzione meno grave della radiazione, non sussistono le condizioni per postularne l’applicazione anche quando il professionista che chiede la reiscrizione era stato in precedenza cancellato e non radiato, benché la durata del tempo frattanto decorso possa essere autonomamente valutata ai fini dell’apprezzamento della sussistenza del requisito della condotta specchiatissima ed illibata che l’art. 17 del medesimo provvedimento legislativo richiede per l’iscrizione nell’albo”.
Dunque, poiché nella fattispecie non vi era ragione per discostarsi da questo orientamento, la Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato l’impugnata sentenza rimettendo la causa al Consiglio Nazionale Forense.
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