Nella annosa questione che coinvolge l’Alcoa, l’Italia, precedentemente condannata per aiuto di Stato illegittimo, è stata ora nuovamente condannata per omessa esecuzione entro il termine impartito non avendo proceduto al recupero dell’aiuto precedentemente concesso e dichiarato illegittimo con Sentenza della Corte di Giustizia.
SENTENZA DELLA CORTE (Ottava Sezione) del 17 ottobre 2013
«Inadempimento di uno Stato — Aiuti di Stato — Aiuto concesso dalla Repubblica italiana in favore dell’Alcoa Trasformazioni — Decisione 2010/460/CE della Commissione che dichiara l’incompatibilità di tale aiuto e ne ordina il recupero — Omessa esecuzione entro il termine impartito»
Nella causa C344/12, avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, proposto il 18 luglio 2012, Commissione europea, rappresentata da ******** e **********, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Repubblica italiana, rappresentata da ***********, in qualità di agente, assistita da ***********, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuta,
LA CORTE (Ottava Sezione),
composta da C.G. ******** (relatore), presidente dell’Ottava Sezione, facente funzione di presidente di sezione, ********* e *******ši?nas, giudici,
avvocato generale: ******
cancelliere: ****************
vista la fase scritta del procedimento,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica italiana, non avendo adottato, entro i termini impartiti, tutte le misure necessarie per attuare la decisione 2010/460/CE della Commissione, del 19 novembre 2009, relativa agli aiuti di Stato C 38/A/04 (ex NN 58/04) e C 36/B/06 (ex NN 38/06) cui l’Italia ha dato esecuzione a favore di Alcoa Trasformazioni (GU 2010, L 227, pag. 62), è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli da 2 a 4 di tale decisione nonché dell’articolo 288 TFUE.
Contesto normativo
2 Il considerando 13 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell’articolo [108 TFUE] (GU L 83, pag. 1), è così redatto:
«[C]onsiderando che in caso di aiuti illegali non compatibili con il mercato comune occorrerebbe ripristinare la concorrenza effettiva; che a tal fine è necessario che l’aiuto, compresi gli interessi, venga recuperato senza indugio; che è opportuno che il recupero avvenga nel rispetto delle procedure di legge nazionali; che l’applicazione di queste procedure non dovrebbe impedire, facendo ostacolo ad un’esecuzione immediata ed effettiva della decisione della Commissione, il ripristino della concorrenza effettiva; che, per ottenere detto risultato, gli Stati membri dovrebbero adottare tutte le misure necessarie per garantire l’efficacia della decisione della Commissione».
3 L’articolo 14 del suddetto regolamento, rubricato «Recupero degli aiuti», così dispone:
«1. Nel caso di decisioni negative relative a casi di aiuti illegali la Commissione adotta una decisione con la quale impone allo Stato membro interessato di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l’aiuto dal beneficiario (…). La Commissione non impone il recupero dell’aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario.
2. All’aiuto da recuperare ai sensi di una decisione di recupero si aggiungono gli interessi calcolati in base a un tasso adeguato stabilito dalla Commissione. Gli interessi decorrono dalla data in cui l’aiuto illegale è divenuto disponibile per il beneficiario, fino alla data di recupero.
3. Fatta salva un’eventuale ordinanza della Corte di giustizia [dell’Unione europea] emanata ai sensi dell’articolo [278 TFUE], il recupero va effettuato senza indugio secondo le procedure previste dalla legge dello Stato membro interessato, a condizione che esse consentano l’esecuzione immediata ed effettiva della decisione della Commissione. A tal fine e in caso di procedimento dinanzi ai tribunali nazionali, gli Stati membri interessati adottano tutte le misure necessarie disponibili nei rispettivi ordinamenti giuridici, comprese le misure provvisorie, fatto salvo il diritto comunitario».
4 Ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, del medesimo regolamento, rubricato «Mancato rispetto di decisioni e di sentenze»:
«Qualora lo Stato membro interessato non si conformi ad una decisione condizionale o negativa, in particolare nei casi di cui all’articolo 14, la Commissione può adire direttamente la Corte (…) ai sensi dell’articolo [108, paragrafo 2, TFUE]».
Fatti all’origine della controversia
5 L’Alcoa Trasformazioni srl (in prosieguo: l’«Alcoa») è una società di diritto italiano appartenente al gruppo Alcoa. Essa produce alluminio primario in Italia. Dal 1996 tale impresa ha beneficiato di una tariffa agevolata per l’elettricità destinata a due stabilimenti di produzione, uno in Sardegna e l’altro in Veneto. Dalla comunicazione della Commissione a norma dell’articolo 93, paragrafo 2, del trattato CE agli altri Stati membri e ai terzi interessati in merito all’aiuto di Stato concesso dall’Italia ad Alumix (GU 1996, C 288, pag. 4) emerge che tale tariffa, inizialmente fissata per un periodo di dieci anni, era stata autorizzata dalla Commissione, la quale aveva ravvisato l’insussistenza di un aiuto di Stato.
6 Tale tariffa è stata prorogata a due riprese, dapprima fino al giugno 2007, poi fino al 2010.
7 Con la decisione 2010/460 la Commissione ha dichiarato che tali proroghe costituivano aiuti di Stato incompatibili con il mercato comune e ha ordinato alla Repubblica italiana di procedere al recupero di detti aiuti, interessi compresi.
8 Ai sensi del punto 285 della decisione 2010/460:
«(…) Alcoa aveva stipulato un contratto bilaterale con [il fornitore di energia elettrica] ENEL a un prezzo nominale equivalente all’incirca alla tariffa standard in alta tensione applicata da ENEL. Secondo la Commissione, questo è il prezzo che Alcoa avrebbe pagato per le sue forniture di energia elettrica in assenza della tariffa. La Commissione pertanto ritiene che l’importo da recuperare corrisponda alla differenza tra il prezzo contrattuale e il prezzo agevolato. Tale importo coincide con il contributo compensativo riscosso dalla società nel periodo in questione (…)».
9 Tale punto è integrato da una nota a piè di pagina, secondo cui «[l]a Commissione non dispone dei dati necessari per effettuare un calcolo esatto di tale importo».
10 Il dispositivo della decisione 2010/460 è così formulato:
«Articolo 1
L’aiuto di Stato concesso illegalmente dall’Italia a partire dal 1° gennaio 2006 in base all’articolo 1 del decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 6 febbraio 2004 e all’articolo 11, comma 11, della legge n. 80/2005 a favore di Alcoa (…), in violazione dell’articolo 88, paragrafo 3, [CE], è incompatibile con il mercato comune. L’importo dell’aiuto è calcolato conformemente al metodo indicato al considerando 285 della presente decisione.
Articolo 2
1. L’Italia procede al recupero dell’aiuto di cui all’articolo 1 versato al beneficiario. Per il Veneto, il periodo soggetto a recupero è compreso fra il 1° gennaio 2006 e la data di adozione della presente decisione. Per la Sardegna, il periodo soggetto a recupero è compreso fra il 1° gennaio 2006 e il 18 gennaio 2007.
2. Le somme da recuperare comprendono gli interessi che decorrono dalla data in cui sono state poste a disposizione del beneficiario fino a quella del loro effettivo recupero.
3. Gli interessi sono calcolati secondo il regime dell’interesse composto a norma del capo V del regolamento (CE) n. 794/2007 e del regolamento (CE) n. 271/2008 della Commissione (…) che modifica il regolamento (CE) n. 794/2004.
4. L’Italia annulla tutti i pagamenti futuri dell’aiuto di cui all’articolo 1 con effetto dalla data di adozione della presente decisione.
Articolo 3
1. Il recupero dell’aiuto di cui all’articolo 1 è immediato ed effettivo.
2. L’Italia attua la decisione entro quattro mesi dalla data di notifica della presente decisione.
Articolo 4
1. Entro due mesi dalla notifica della presente decisione, l’Italia trasmette le seguenti informazioni alla Commissione:
a) l’importo complessivo (capitale e interessi di recupero) che deve essere recuperato presso il beneficiario;
b) una descrizione dettagliata delle misure già adottate e previste per conformarsi alla presente decisione;
c) i documenti attestanti che al beneficiario è stato imposto di rimborsare l’aiuto.
2. L’Italia informa la Commissione dei progressi delle misure nazionali adottate per l’esecuzione della presente decisione fino al completo recupero dell’aiuto di cui all’articolo 1. Essa trasmette immediatamente, dietro semplice richiesta della Commissione, le informazioni relative alle misure già adottate e previste per conformarsi alla presente decisione. Fornisce inoltre informazioni dettagliate riguardo all’importo dell’aiuto e degli interessi già recuperati presso il beneficiario.
Articolo 5
La Repubblica italiana è destinataria della presente decisione».
Ricorsi proposti contro la decisione 2010/460
11 L’Alcoa ha presentato ricorso contro la decisione di avvio della fase d’indagine formale dell’aiuto di cui trattasi, ricorso respinto dalla sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee del 25 marzo 2009, Alcoa Trasformazioni/Commissione (T-332/06). L’impugnazione proposta dalla ricorrente è stata respinta dalla sentenza del 21 luglio 2011, Alcoa Trasformazioni/Commissione (C-194/09 P, Racc. pag. I-6311).
12 Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 19 aprile 2010, l’Alcoa ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione 2010/460 (causa pendente T-177/10). Peraltro, detta impresa ha chiesto, infruttuosamente, al giudice dei procedimenti sommari la sospensione dell’esecuzione di tale decisione. Con ordinanza del 14 dicembre 2011, Alcoa Trasformazioni/Commissione [C-446/10 P(R)], il presidente della Corte ha respinto l’impugnazione dell’Alcoa avverso l’ordinanza del presidente del Tribunale del 9 luglio 2010, Alcoa Trasformazioni/Commissione (T-177/10 R).
Discussioni condotte prima della presentazione del presente ricorso
13 Il 20 novembre 2009 la Commissione ha notificato la decisione 2010/460 alla Repubblica italiana.
14 Con lettera del 21 gennaio 2010 la Commissione ha ricordato alla Repubblica italiana l’obbligo d’informazione previsto all’articolo 4, paragrafo 1, della decisione 2010/460. La Commissione ha sottolineato che tale Stato membro era tenuto a comunicarle, entro il 20 gennaio 2010, l’importo complessivo dell’aiuto da recuperare, le misure già adottate per conformarsi a detta decisione e i documenti attestanti l’ingiunzione rivolta al beneficiario di provvedere al rimborso dell’aiuto in parola.
15 Non avendo ottenuto risposta a tale domanda, la Commissione, con lettera del 9 marzo 2010, ha invitato la Repubblica italiana a trasmetterle, entro 20 giorni lavorativi, le informazioni richieste. La Commissione ha fatto presente che, in assenza di una risposta esauriente entro il termine stabilito, avrebbe potuto adire la Corte in applicazione dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE.
16 Con lettera del 23 marzo 2010 la Repubblica italiana ha indicato che l’aiuto da recuperare ammontava a circa EUR 295 milioni, ivi inclusi EUR 38 milioni di interessi. Tale Stato membro ha altresì precisato che, all’esito di una controversia pendente dinanzi al giudice amministrativo, avrebbe potuto essere recuperato anche un ulteriore importo di circa EUR 26 milioni.
17 Non avendo ricevuto informazioni sulle misure destinate ad attuare la decisione 2010/460, la Commissione, con lettera del 21 aprile 2010, ha chiesto alla Repubblica italiana di trasmetterle entro 20 giorni lavorativi le informazioni e i documenti indicati all’articolo 4, paragrafo 1, della decisione 2010/460.
18 Con lettera del 25 maggio 2010 la Repubblica italiana ha informato la Commissione che, in considerazione del ricorso proposto dall’Alcoa contro la decisione 2010/460 (cause citate T-177/10 e T-177/10 R), non riteneva opportuno presentare all’Alcoa una domanda di recupero.
19 Con lettera del 5 luglio 2010 la Commissione ha chiesto ulteriori informazioni sull’importo dell’aiuto da recuperare e ha ricordato che, in mancanza di risposta soddisfacente, avrebbe potuto adire la Corte ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE.
20 Con lettera del 24 settembre 2010 la Repubblica italiana ha quantificato l’importo dell’aiuto da recuperare in circa EUR 254 milioni e ha precisato che, all’esito di un ricorso amministrativo, avrebbe potuto essere recuperato un ulteriore importo di circa EUR 29 milioni.
21 Il 3 novembre 2010 si è tenuta una riunione tra i rappresentanti dell’Alcoa e quelli della Commissione. A seguito della stessa, la Repubblica italiana ha proposto un metodo di calcolo dell’importo da recuperare diverso da quello stabilito dalla decisione 2010/460. Secondo tale proposta, detto importo è pari alla differenza tra la tariffa concessa all’Alcoa e il prezzo medio pagato dai suoi concorrenti nell’Unione europea, invece della differenza tra il prezzo concordato tra l’Alcoa e l’ENEL e la tariffa agevolata.
22 Con lettera del 19 novembre 2010 la Commissione ha ricordato che tale metodo era già stato escluso nella decisione 2010/460. Essa ha peraltro ribadito le sue domande di esecuzione della decisione 2010/460, richiamandosi al diniego di sospensione delle medesime da parte del presidente del Tribunale. La Commissione ha invitato la Repubblica italiana a rispondere entro 20 giorni lavorativi, termine oltre il quale avrebbe potuto adire la Corte ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE.
23 Con lettera del 17 dicembre 2010 la Repubblica italiana ha confermato l’importo dell’aiuto da recuperare indicato nella sua lettera del 24 settembre 2010 e ha fornito talune informazioni complementari relative al calcolo degli interessi.
24 Ritenendo che la Repubblica italiana non avesse ancora provveduto all’esecuzione della decisione 2010/460, la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.
Sul ricorso
Argomenti delle parti
25 La Commissione ritiene che la Repubblica italiana non abbia rispettato, da un lato, l’obbligo d’informazione previsto all’articolo 4 della decisione 2010/460 e, dall’altro, l’obbligo di recupero imposto dagli articoli 2 e 3 di tale decisione. Essa considera, di conseguenza, che tale Stato membro non abbia preso tutte le misure idonee a garantire l’esecuzione della decisione 2010/460, in violazione dell’articolo 288 TFUE.
26 Quanto all’obbligo di recupero imposto dagli articoli 2 e 3 della decisione 2010/460, la Commissione sostiene che la Repubblica italiana ha ammesso, nella sua lettera del 25 maggio 2010, di non aver richiesto all’Alcoa il rimborso dell’aiuto percepito. Dato che i ricorsi di annullamento non hanno effetto sospensivo, la Commissione ritiene che la Repubblica italiana non potesse addurre a giustificazione della propria inerzia il ricorso pendente nella citata causa T-177/10.
27 Per quanto riguarda l’esistenza di un asserito recupero parziale dell’aiuto di cui trattasi per un ammontare pari a circa EUR 53 milioni attraverso un’operazione di «compensazione», la Commissione sottolinea, anzitutto, che questo punto è stato sollevato dalla Repubblica italiana in maniera sintetica e imprecisa solamente nella sua lettera del 24 settembre 2010. Essa sostiene, inoltre, che le spiegazioni fornite dalla Repubblica italiana nel corso del presente procedimento non consentono tuttora di comprendere la natura di tale operazione. Infine, essa afferma che, in ogni caso, un recupero parziale non sarebbe sufficiente a far venir meno l’inadempimento all’obbligo di recupero dell’intero aiuto contemplato dalla decisione 2010/460.
28 La Commissione osserva che la Repubblica italiana non ha fatto valere, nel corso del procedimento precontenzioso, un’impossibilità assoluta di recuperare l’aiuto di cui trattasi. Le sue lettere del 25 maggio 2010 e del 3 novembre 2010 conterrebbero solo generici riferimenti alle ripercussioni economiche e sociali che detto recupero provocherebbe.
29 Infine, quanto alla circostanza secondo cui le autorità italiane avrebbero attivato, il 14 giugno 2012, una garanzia fornita dalla società controllante dell’Alcoa per un importo di circa EUR 250 milioni, la Commissione ritiene che tale misura tardiva non equivalga a un recupero e non faccia venir meno la violazione degli articoli 2 e 3 della decisione 2010/460.
30 La Repubblica italiana sostiene di aver proposto una soluzione alternativa alle modalità di esecuzione previste dalla decisione 2010/460, in considerazione dell’impossibilità assoluta di recuperare gli aiuti di cui trattasi. Essa afferma di essere riuscita, dopo soli sei mesi dalla decisione 2010/460, a recuperare circa EUR 53 milioni tramite compensazione, circostanza di cui la Commissione non ha tenuto conto.
31 Inoltre, tale Stato membro ricorda di aver subordinato, fin dall’inizio dell’apertura della fase d’indagine formale, l’esecuzione delle misure di cui trattasi alla presentazione di una garanzia della società controllante dell’Alcoa al fine di garantire il recupero effettivo dell’aiuto nel caso in cui questo fosse stato dichiarato illegale. Pertanto, ben prima della decisione 2010/460, la Repubblica italiana avrebbe già adottato una misura concreta ed effettiva per recuperare le somme erogate.
32 Con decisione del 4 luglio 2012 il Consiglio di Stato avrebbe respinto i ricorsi dell’Alcoa contro le decisioni che imponevano la garanzia in parola. La Repubblica italiana ritiene, di conseguenza, che fosse legittimo attendere l’esito del procedimento dinanzi al Consiglio di Stato prima di attivare tale garanzia. D’altronde, la Repubblica italiana ricorda che il Tribunale non si è ancora pronunciato nel merito sul ricorso nella citata causa T-177/10, circostanza che riveste una certa importanza (sentenza del 26 giugno 2003, Commissione/Spagna, C-404/00, Racc. pag. I-6695, punto 45).
33 Peraltro, il 20 luglio 2012 l’Alcoa avrebbe proposto un rimborso dell’aiuto frazionato in cinque rate di circa EUR 50 milioni ciascuna. Il 30 ottobre 2012 l’Alcoa avrebbe pertanto versato all’incirca EUR 50 milioni. Di conseguenza, l’importo recuperato ammonterebbe già a circa EUR 103 milioni. Alla luce di tali circostanze, non si potrebbe addebitare alla Repubblica italiana di non aver intrapreso azioni concrete in vista del recupero dell’aiuto di cui trattasi.
34 Infine la Repubblica italiana sottolinea le conseguenze del recupero sull’impiego a livello nazionale e ritiene utile portare a conoscenza della Corte gli elementi seguenti, vale a dire, da un lato, che la proroga delle condizioni tariffarie concesse all’Alcoa era dovuta al costo elevato dell’energia elettrica, in particolare in Sardegna, e, dall’altro, che la Commissione aveva inizialmente riconosciuto che la tariffa agevolata per la fornitura di elettricità di cui beneficiava l’Alcoa non costituiva un aiuto di Stato.
35 Secondo la Repubblica italiana, l’intransigenza della Commissione è incompatibile con il suo dovere di leale cooperazione. L’esecuzione delle decisioni di recupero rientrerebbe nella responsabilità condivisa della Commissione e degli Stati membri. Qualora uno Stato membro incontri difficoltà imprevedibili nella fase del recupero e proponga appropriate modifiche alla decisione della Commissione, quest’ultima, nel rispetto delle regole del Trattato FUE, sarebbe tenuta a collaborare in buona fede per superare le difficoltà.
36 La Repubblica italiana sottolinea di aver portato a conoscenza della Commissione le difficoltà di attuazione della decisione 2010/460 e di avere, in buona fede, avviato le operazioni di esecuzione di tale decisione procedendo alla compensazione di un debito di EUR 53 milioni nei confronti dell’Alcoa.
Giudizio della Corte
37 Occorre ricordare che la soppressione di un aiuto illegale mediante recupero è la logica conseguenza dell’accertamento della sua illegalità e che tale conseguenza non può dipendere dalla forma in cui l’aiuto è stato concesso (v. sentenza del 14 aprile 2011, Commissione/Polonia, C-331/09, Racc. pag. I-2933, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).
38 Di conseguenza, secondo costante giurisprudenza della Corte, lo Stato membro destinatario di una decisione che gli impone di recuperare aiuti illegali è tenuto, ai sensi dell’articolo 288 TFUE, ad adottare ogni misura idonea ad assicurare l’esecuzione di tale decisione. Esso deve giungere a un effettivo recupero delle somme dovute (sentenze del 5 ottobre 2006, Commissione/Francia, C-232/05, Racc. pag. I-10071, punto 42, e Commissione/Polonia, cit., punto 55).
39 In caso di decisione che dichiara l’illegalità e l’incompatibilità di un aiuto, il recupero del medesimo, ordinato dalla Commissione, avviene alle condizioni previste all’articolo 14, paragrafo 3, del regolamento n. 659/1999 (sentenza del 20 ottobre 2011, Commissione/Francia, C-549/09, punto 28).
40 Ai sensi della suddetta disposizione, il recupero va effettuato, come emerge altresì dal considerando 13 di tale regolamento, senza indugio secondo le procedure previste dalla legge dello Stato membro interessato, a condizione che esse consentano l’esecuzione immediata ed effettiva della decisione della Commissione (sentenza del 20 ottobre 2011, Commissione/Francia, cit., punto 29).
41 Come già dichiarato dalla Corte, un recupero tardivo, successivo ai termini impartiti, non può soddisfare i requisiti del Trattato (sentenze del 22 dicembre 2010, Commissione/Italia, C-304/09, Racc. pag. I-13903, punto 32, e del 14 luglio 2011, Commissione/Italia, C-303/09, punto 30).
42 A tale riguardo, da costante giurisprudenza della Corte emerge che la data di riferimento per l’applicazione dell’articolo 108, paragrafo 2, secondo comma, TFUE è quella prevista nella decisione di cui si fa valere la mancata esecuzione o, eventualmente, quella che la Commissione ha fissato successivamente (v. sentenze del 1° giugno 2006, Commissione/Italia, C-207/05, punto 31, nonché Commissione/Polonia, cit., punto 50 e giurisprudenza ivi citata).
43 Nel caso di specie, conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2010/460, la Repubblica italiana era tenuta a garantire il recupero «immediato ed effettivo» dell’aiuto di cui trattasi. Detto Stato membro disponeva a tale scopo, ai sensi del paragrafo 2 del medesimo articolo, di un termine di quattro mesi dalla notifica della decisione suddetta.
44 Poiché la decisione 2010/460 è stata notificata alla Repubblica italiana il 20 novembre 2009, il termine impartitole per il recupero dell’aiuto illegalmente percepito dall’Alcoa scadeva quindi il 20 marzo 2010.
45 Orbene, è pacifico che, a tale data, detto Stato membro non aveva ancora recuperato l’intero aiuto di cui trattasi.
46 Peraltro, dalle memorie della Repubblica italiana emerge che il procedimento di recupero dell’aiuto di cui trattasi era ancora aperto dopo la proposizione del presente ricorso, ossia più di due anni e mezzo dopo la notifica della decisione 2010/460.
47 Una simile situazione è manifestamente inconciliabile con l’obbligo di tale Stato membro di giungere ad un’esecuzione immediata ed effettiva della suddetta decisione (v., in tal senso, sentenza del 14 luglio 2011, Commissione/Italia, cit., punto 32).
48 Per quanto riguarda i motivi presentati dalla Repubblica italiana a propria difesa, occorre rilevare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, il solo mezzo di difesa che uno Stato membro può opporre ad un ricorso per inadempimento promosso dalla Commissione sulla base dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE è quello dell’impossibilità assoluta di dare correttamente esecuzione alla decisione di cui trattasi (v., in particolare, sentenze del 20 settembre 2007, Commissione/Spagna, C-177/06, Racc. pag. I-7689, punto 46; del 13 novembre 2008, Commissione/Francia, C-214/07, Racc. pag. I-8357, punto 44, e del 14 luglio 2011, Commissione/Italia, cit., punto 33).
49 La condizione relativa all’esistenza di un’impossibilità assoluta di esecuzione non è soddisfatta quando lo Stato membro convenuto si limita a comunicare alla Commissione le difficoltà giuridiche, politiche o pratiche che l’esecuzione della decisione presenta, senza intraprendere alcuna vera iniziativa presso le imprese interessate al fine di recuperare l’aiuto e senza proporre alla Commissione modalità di esecuzione alternative della decisione che avrebbero consentito di superare tali difficoltà (v. sentenze del 5 maggio 2011, Commissione/Italia, C-305/09, Racc. pag. I-3225, punto 33 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 14 luglio 2011, Commissione/Italia, cit., punto 34).
50 La Corte ha altresì dichiarato che uno Stato membro che, in occasione dell’esecuzione di una decisione della Commissione in materia di aiuti di Stato, incontri difficoltà impreviste e imprevedibili o si renda conto di conseguenze non considerate dalla Commissione deve sottoporre tali problemi alla valutazione di quest’ultima, proponendo appropriate modifiche della decisione di cui trattasi. In tal caso, in forza della regola che impone agli Stati membri e alle istituzioni dell’Unione doveri reciproci di leale cooperazione, regola che informa in particolare l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, lo Stato membro e la Commissione devono collaborare in buona fede per superare le difficoltà, nel pieno rispetto delle disposizioni del Trattato e, in particolare, di quelle relative agli aiuti (citate sentenze del 22 dicembre 2010, Commissione/Italia, punto 37 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 14 luglio 2011, Commissione/Italia, punto 35).
51 A tale riguardo, occorre sottolineare che, tanto nei suoi contatti con la Commissione prima della proposizione del presente ricorso quanto nell’ambito del procedimento dinanzi alla Corte, la Repubblica italiana non ha mai fatto valere un’impossibilità assoluta di esecuzione della decisione 2010/460. Tale Stato membro si è limitato a comunicare alla Commissione le difficoltà giuridiche o pratiche che l’attuazione della suddetta decisione presentava, nonché la propria intenzione di giungere a una soluzione negoziata con l’Alcoa.
52 Dato che la Repubblica italiana non ha adottato, entro il termine impartito, le misure necessarie per recuperare presso il beneficiario l’aiuto contemplato dalla decisione 2010/460, la censura di tale Stato membro relativa all’asserita mancanza di cooperazione da parte della Commissione risulta inconferente (v., in tal senso, sentenza del 1° marzo 2012, Commissione/Grecia, C-354/10, punto 78).
53 Da quanto sopra affermato risulta che il presente ricorso è fondato nella parte in cui la Commissione imputa alla Repubblica italiana di non aver adottato, entro il termine stabilito, tutte le misure necessarie a recuperare integralmente l’aiuto concesso in base al regime di aiuti di cui trattasi, che è stato dichiarato illegale ed incompatibile con il mercato comune dalla decisione 2010/460.
54 Tenuto conto della conclusione enunciata al punto precedente, non occorre statuire sul capo delle conclusioni della Commissione diretto a far condannare la Repubblica italiana per non averla informata delle misure menzionate in detto capo, dato che tale Stato membro non ha, appunto, proceduto all’esecuzione della decisione 2010/460 entro il termine stabilito (v. sentenza del 22 dicembre 2010, Commissione/Italia, cit., punto 57 e giurisprudenza ivi citata).
55 Di conseguenza, occorre dichiarare che la Repubblica italiana, non avendo adottato, entro il termine stabilito, tutti i provvedimenti necessari per recuperare presso il beneficiario l’aiuto di Stato dichiarato illegale ed incompatibile con il mercato comune dall’articolo 1 della decisione 2010/460, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 2 e 3 di tale decisione.
Sulle spese
56 Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha chiesto la condanna della Repubblica italiana, che è risultata soccombente, quest’ultima dev’essere condannata alle spese.
Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara e statuisce:
1) La Repubblica italiana, non avendo adottato, entro il termine stabilito, tutti i provvedimenti necessari per recuperare presso il beneficiario l’aiuto di Stato dichiarato illegale ed incompatibile con il mercato comune dall’articolo 1 della decisione 2010/460/CE della Commissione, del 19 novembre 2009, relativa agli aiuti di Stato C 38/A/04 (ex NN 58/04) e C 36/B/06 (ex NN 38/06) cui l’Italia ha dato esecuzione a favore di Alcoa Trasformazioni, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 2 e 3 di tale decisione.
2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.
(*) Avvocato in Roma
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