Alcune considerazioni giuridiche sul modello normativo di contrasto alla epidemia/pandemia da covid-19”. Le limitazioni al diritto di libera circolazione.  Rapporti tra fonti del diritto. Il modello di autocerticazioni per giustificare la mobilità. direttive e circolari

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SOMMARIO: 1. Il D.L. 6 febbraio 2020 n.6. 2. I primi dpcm attuativi. La zona rossa. 3. Ulteriori interventi. Zona rossa e zona arancione. 4. Il dpcm dell’11 marzo. Decreti e provvedimenti finali. Il Lockdown. 5 Le ordinanze regionali e quelle sindacali. 5 bis. Fonti del diritto e problematiche relative nei rapporti tra autorità centrali e locali. Ordinanze necessitate e ordinanze di necessità e urgenza. Possibili conflitti di attribuzioni.  6. Le circolari interpretative, le autorizzazioni alla mobilità e l’autocertificazione. 7. Il modello di autocertificazione (rectius autodichiarazione) predisposto dal Ministero dell’Interno. Problematiche di carattere giuridico e pratico. 8. Le conseguenze penali. 8 bis. Altre norme penali applicabili. 9. Considerazioni finali.

1.Premessa.

Come noto l’emergenza determinata dall’epidemia di polmonite da nuovo coronavirus denominato “COVID-19”, poi successivamente evoluta in pandemia come da dichiarazione dell’OMS, ha imposto delle misure drastiche di contenimento e, segnatamente, soprattutto limitazioni della libertà di circolazione, alla libertà di iniziativa economica, alla libertà di riunione, di associazione, e per certi versi anche della libertà personale, che si inseriscono nei poteri costituzionalmente garantiti dall’art. 16, 17, 18, 27 e 41   della Costituzione. Per quanto riguarda la libertà personale va fatto un discorso a parte. Infatti una delle ragioni che possono incidere grandemente sulla libertà di circolazione sono appunto quelle inerenti la sanità. Per quanto riguarda gli altri diritti che apparentemente non prevedono forme di limitazione o che comunque le prevedono indeterminati casi ma non per motivi di sanità, occorre fare una comparazione con l’art. 32 che tutela il diritto alla salute come vedremo meglio nel prosieguo.

Ebbene, nell’ambito di questo quadro costituzionale, il Legislatore aveva emanato il D.L. 23 febbraio 2020 n.6[1]. Detto decreto fa seguito alla delibera del Consiglio dei Ministri 31 gennaio 2020 che a sua volta fa riferimento alla dichiarazione di epidemia dell’OMS del giorno prima: Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”.

Il testo normativo prevede, tra l’altro, che nei comuni o nelle aree nei quali risulti positiva almeno una persona per la quale non si conosce la fonte di trasmissione o comunque nei quali vi è un caso non riconducibile ad una persona proveniente da un’area già interessata dal contagio, le autorità competenti siano tenute ad adottare ogni misura di contenimento adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica. Ed inoltre, tra le misure sono inclusi, tra l’altro:

  • il divieto di allontanamento e quello di accesso al Comune o all’area interessata;
  • la sospensione di manifestazioni, eventi e di ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato;
  • la sospensione dei servizi educativi dell’infanzia e delle scuole e dei viaggi di istruzione;
  • la sospensione dell’apertura al pubblico dei musei;
  • la sospensione delle procedure concorsuali e delle attività degli uffici pubblici, fatta salva l’erogazione dei servizi essenziali e di pubblica utilità;
  • l’applicazione della quarantena con sorveglianza attiva a chi ha avuto contatti stretti con persone affette dal virus e la previsione dell’obbligo per chi fatto ingresso in Italia da zone a rischio epidemiologico di comunicarlo al Dipartimento di prevenzione dell’azienda sanitaria competente, per l’adozione della misura di permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva;
  • la sospensione dell’attività lavorativa per alcune tipologie di impresa e la chiusura di alcune tipologie di attività commerciale;
  • la possibilità che l’accesso ai servizi pubblici essenziali e agli esercizi commerciali per l’acquisto di beni di prima necessità sia condizionato all’utilizzo di dispositivi di protezione individuale;
  • la limitazione all’accesso o la sospensione dei servizi del trasporto di merci e di persone, salvo specifiche deroghe.

Si introduce, inoltre, la facoltà, per le autorità competenti, di adottare ulteriori misure di contenimento, al fine di prevenire la diffusione del virus anche fuori dai casi già elencati.

Altro decreto veniva emanato il 2 marzo 2020. Infatti, stante la straordinaria necessità e urgenza di emanare ulteriori disposizioni per contrastare l’emergenza epidemiologica da  COVID-19, adottando misure non solo di contrasto alla diffusione  del  predetto virus ma anche di contenimento degli effetti negativi che sta producendo sul tessuto socio-economico nazionale, il Consiglio dei Ministri del 28 febbraio aveva approvato un nuovo decreto-legge che introduceva misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19. Detto decreto era stato pubblicato in G.U. il 2 marzo 2020 e prevede, fra i vari interventi, tutta una serie di agevolazioni per famiglie ed imprese residenti in zona rossa. Molto importante era il riferimento alla sospensione del termine per i procedimenti di competenza dell’autorità di Pubblica Sicurezza[2]  e, soprattutto, il termine di 30 giorni di proroga in merito alla scadenza del permesso di soggiorno.

Ulteriori interventi di potenziamento al Servizio Sanitario Nazionale e di sostegno all’economia e al lavoro erano stati approvati con il decreto “cura Italia” D.L. 17 marzo 2020, n. 18, significando che ormai gli interventi legislativi e le relative disposizioni di attuazione si stavano succedendo “ad horas”. Particolare importanza rivestiva la norma che consentiva ai detenuti che debbano scontare una pena inferiore ai 18 mesi di poter continuare la detenzione in regime di arresti domiciliari[3]. La norma avrebbe dovuto interessare circa 4.000 detenuti.

Ed infatti, dopo questa notevole proliferazione normativa che ha generato molto più che un dubbio come vedremo quando affronteremo i decreti attuativi dei primi D.L, il Governo ha emanato il D.L. 24 marzo 2020 n. il cosiddetto decreto dei decreti che è intervenuto su alcune norme pregresse di precedenti interventi normativi integrandole in qualche caso ed in altre abrogandole. In particolare il D.L 23 febbraio n.6 convertito con modifiche in L. 5 marzo 2020 n.13 viene abrogato e viene altresì cancellato l’art. 35 del D.L.  2 marzo 2020 n. 9. Le varie misure di carattere epidemiologiche adottate o adottande potranno essere adottate sino al 31 luglio 2020 ma avranno una durata massima di giorni 30 reiterabili sino a quella data. Dette misure di contenimento ripercorrono lo schema del D.L abrogato e dei vari dcpm attuativi a loro volta   e vengono elencate all’art.  1 comma 2 come segue:

a) limitazione della circolazione delle persone, anche prevedendo limitazioni alla possibilità di allontanarsi dalla propria residenza, domicilio o dimora, se non per spostamenti individuali, limitati nel tempo e nello spazio e motivati da esigenze lavorative, da situazioni di necessità, da motivi di salute o da altre specifiche ragioni;

b) chiusura al pubblico di strade urbane, parchi, aree gioco, ville e giardini pubblici o altre aree analoghe;

c) divieto di allontanamento e di ingresso in territori comunali, provinciali o regionali;

d) applicazione della misura della quarantena precauzionale ai soggetti che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva; e) divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone fisiche sottoposte alla misura della quarantena perché risultate positive al virus;

f) limitazione o divieto delle riunioni o degli assembramenti in luoghi pubblici o aperti al pubblico;

g) limitazione o sospensione di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni altra forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale, ludico, sportivo, ricreativo e religioso;

h) sospensione delle cerimonie civili e religiose, limitazione dell’ingresso nei luoghi destinati al culto, nonché completa chiusura degli stessi;

.i) chiusura di cinema, teatri, sale da ballo, discoteche, sale giochi, sale scommesse e sale bingo, centri culturali, centri sociali e centri ricreativi o altri analoghi luoghi di aggregazione;

l) sospensione dei congressi, di ogni tipo di riunione o evento sociale e di ogni altra attività convegnistica o congressuale, salva la possibilità di svolgimento a distanza; m) limitazione o sospensione di eventi e competizioni sportive di ogni ordine e disciplina in luoghi pubblici o privati, ivi compresa la possibilità di disporre la chiusura temporanea di palestre, centri sportivi, piscine, centri natatori e impianti sportivi, anche se privati, nonché di disciplinare le modalità di svolgimento degli allenamenti sportivi all’interno degli stessi luoghi;

n) limitazione o sospensione delle attività ludiche, ricreative, sportive e motorie svolte all’aperto o in luoghi aperti al pubblico;

o) possibilità di disporre o di affidare alle competenti autorità statali e regionali la riduzione, la sospensione o la soppressione dei servizi di trasporto di persone e di merci, automobilistico, ferroviario, aereo, marittimo, nelle acque interne, anche non di linea, nonché di trasporto pubblico locale;

p) sospensione o chiusura dei servizi educativi per l’infanzia di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, e delle scuole di ogni ordine e grado, nonché delle istituzioni di formazione superiore, comprese le università e le istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica, di corsi professionali, master, corsi per le professioni sanitarie e università per anziani, nonché i corsi professionali e le attività formative svolte da altri enti pubblici, anche territoriali e locali e da soggetti privati, o di altri analoghi corsi, attività formative o prove di esame, ferma la possibilità di svolgimento di attività formative a distanza;

q) sospensione dei viaggi d’istruzione, delle iniziative di scambio o gemellaggio, delle visite guidate e delle uscite didattiche comunque denominate, programmate dalle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado sia sul territorio nazionale sia all’estero;

r) limitazione, sospensione dell’apertura al pubblico o chiusura dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura di cui all’art. 101 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

s) limitazione o sospensione delle attività delle amministrazioni pubbliche con possibilità di fare salva l’erogazione dei servizi essenziali e di pubblica utilità; t) limitazione o sospensione delle procedure concorsuali e selettive finalizzate all’assunzione di personale presso datori di lavoro pubblici e privati, con possibilità di esclusione dei casi in cui la valutazione dei candidati è effettuata esclusivamente su basi curriculari ovvero con modalità a distanza;

u) limitazione o sospensione delle attività commerciali di vendita al dettaglio, garantendo in ogni caso un’adeguata reperibilità dei generi alimentari e di prima necessità da espletare con modalità idonee ad evitare assembramenti di persone, con obbligo a carico del gestore di predisporre le condizioni per garantire il rispetto di una distanza di sicurezza interpersonale predeterminata e adeguata a prevenire o ridurre il rischio di contagio;

v) limitazione o sospensione delle attività di somministrazione al pubblico di bevande e alimenti, nonché di consumo sul posto di alimenti e bevande, compresi bar e ristoranti;

z) limitazione o sospensione di ogni altra attività d’impresa o di attività professionali e di lavoro autonomo con possibilità di esclusione dei servizi di pubblica necessità previa assunzione di protocolli di sicurezza anti-contagio e, laddove non sia possibile rispettare la distanza di sicurezza interpersonale predeterminata e adeguata a prevenire o ridurre il rischio di contagio come principale misura di contenimento, con adozione di adeguati strumenti di protezione individuale;

aa) limitazione o chiusura di fiere e mercati, garantendo comunque un’adeguata reperibilità dei generi alimentari;

bb) specifici divieti o limitazioni per gli accompagnatori dei pazienti nelle sale di attesa dei dipartimenti emergenze e accettazione e dei pronto soccorso (DEA/PS);

cc) limitazione dell’accesso di parenti e visitatori a strutture di ospitalità e lungo degenza, residenze sanitarie assistite (RSA), hospice, strutture riabilitative e strutture residenziali per anziani, autosufficienti e non;

dd) obblighi di comunicazione al servizio sanitario nazionale nei confronti di coloro che sono transitati e hanno sostato in zone a rischio epidemiologico come identificate dall’Organizzazione mondiale della sanità o dal Ministro della salute; ee) disporre misure di informazione e di prevenzione rispetto al rischio epidemiologico;

ff) consentire o comunque regolamentare la modalità di lavoro agile per ogni rapporto di lavoro subordinato anche in deroga alla disciplina vigente;

gg) previsione che le attività consentite si svolgano previa assunzione da parte del titolare o del gestore di misure idonee a evitare assembramenti di persone, con obbligo di predisporre le condizioni per garantire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale predeterminata e adeguata a prevenire o ridurre il rischio di contagio; per i servizi di pubblica necessità, laddove non sia possibile rispettare tale distanza interpersonale, previsione di protocolli di sicurezza anti-contagio, con adozione di strumenti di protezione individuale.

Per dare organicità alla trattazione si ripercorrerà tutto l’iter che poi ha portato alle emissione dell’ultimo D.L.

  1. Le prime misure intraprese. I primi dpcm attuativi. La zona rossa.

A seguito dei   primi interventi normativi effettuati con decretazione di urgenza e che quindi dovranno essere approvati dal Parlamento entro 60 giorni[4],  il Governo era intervenuto con vari provvedimenti ed, in particolare, da subito con D.C.P.M. recante la stessa data del D.L., in cui si prevedevano specifiche limitazioni della libertà di circolazione (comunicazioni all’autorità Sanitaria, obbligo di permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva) per coloro che erano transitati ed  avevano sostato nei comuni di cui ad un elenco allegato (cosiddetti comuni della zona rossa)[5] prevedendo inoltre la possibilità di utilizzo del c.d. “lavoro agile” ad ogni rapporto di lavoro nelle aeree a rischio. Al   Prefetto    territorialmente   competente, veniva demandato il compito di dare esecuzione a dette misure previa informazione al Ministro dell’Interno   avvalendosi delle Forze di Polizia e, ove occorra, con il possibile concorso dei nuclei regionali N.B.C.R. del Corpo  Nazionale dei  Vigili  del  Fuoco,  nonché  delle  Forze  armate,  sentiti   i competenti comandi territoriali.

Tali prime misure erano state previste per i successivi 14 giorni.

Il 4 marzo 2020 il Presidente del Consiglio emanava un nuovo D.P.C.M con misure riguardanti il contrasto e il contenimento sull’intero territorio nazionale del diffondersi del Coronavirus ed in particolare si prevede la sospensione delle attività didattiche nelle scuole e nelle università, salvo quelle a distanza.
nonché le manifestazioni sportive con la presenza del pubblico, in modo da prevenire ulteriori occasioni di contagi.

  1. Ulteriori interventi. Zona rossa e zona arancione.

Stante l’ulteriore diffusone del virus e quindi la necessità di dettare ulteriori disposizioni atto a contenerlo, il Governo era dovuto nuovamente intervenire con D.C.P.M. 8 marzo 2020. Con l’entrata in vigore (8 marzo 2020) del Dpcm, cessavano di produrre effetti i decreti del Presidente  del  Consiglio dei Ministri 1 marzo e 4 marzo 2020. Nello specifico il decreto limitava fortemente la libertà di circolazione di tutti i residenti in Lombardia e nelle province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio  nell’Emilia, Rimini,    Pesaro    e    Urbino,    Alessandria,    Asti,    Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso, Venezia.

Vengono infatti sospesi:

  • i congressi, le riunioni, i meeting ed eventi sociali,  sono sospese le manifestazioni, gli eventi e gli spettacoli di qualsiasi natura, ivi  inclusi  quelli  cinematografici  e  teatrali, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato;  sono sospese le  attività  di  pub,  scuole  di  ballo,  sale giochi, sale scommesse e sale bingo, discoteche e locali  assimilati, con sanzione della sospensione dell’attività in caso di violazione;
  • dei musei e  degli  altri  istituti   o  luoghi della cultura di cui all’articolo.
  • gli eventi e le competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, svolti in ogni  luogo,  sia  pubblico  sia privato; resta comunque consentito lo svolgimento dei predetti eventi e competizioni, nonché delle  sedute  di  allenamento  degli  atleti agonisti, all’interno di impianti sportivi utilizzati a porte chiuse, ovvero all’aperto senza la presenza di pubblico;
  • Lo sport di base e le attività motorie in genere, svolti all’aperto  ovvero all’interno di palestre, piscine e centri sportivi di ogni tipo, sono ammessi esclusivamente a condizione che sia possibile  consentire  il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di  un  metro  di distanza.
  • i servizi  educativi  per l’infanzia  le attività didattiche nelle scuole di ogni ordine  e grado,  nonché  la  frequenza  delle  attività  scolastiche  e   di formazione superiore, comprese le Università  e  le  Istituzioni  di Alta  formazione   artistica   musicale   e   coreutica,   di   corsi professionali, anche regionali, master, università  per  anziani,  e corsi svolti dalle scuole guida, ferma in ogni caso  la  possibilità di svolgimento di attività formative a distanza; sono esclusi  dalla sospensione i corsi post universitari  connessi  con  l’esercizio  di professioni sanitarie, ivi inclusi quelli per i medici in  formazione specialistica, i corsi di formazione specifica in medicina  generale, le attività dei tirocinanti delle professioni sanitarie, nonché  le attività delle scuole dei ministeri dell’interno e  della  difesa  e dell’economia e delle finanze, a  condizione  che  sia  garantita  la
  • distanza di sicurezza di un metro Al  fine  di mantenere il distanziamento sociale, è’ da escludersi qualsiasi altra forma di aggregazione alternativa;
  • i viaggi d’istruzione, le iniziative di scambio o gemellaggio, le visite  guidate  e  le  uscite  didattiche  comunque denominate, programmate dalle istituzioni scolastiche di ogni  ordine e grado;

Per quanto riguardava le attività di ristorazione e bar, si disponeva l’obbligo a carico del gestore di adottare misure organizzative atte a evitare assembramenti e a  far  rispettare  la  distanza  di sicurezza interpersonale di  almeno  un  metro,  con  sanzione  della sospensione dell’attività in caso di violazione. Lo stesso veniva previsto per le altre attività in maniera da garantire l’accesso ai clienti con modalità contingentate e osservando distanze di almeno un metro.

Da ultimo venivano disposti divieti di accesso per gli accompagnatori dei pazienti nelle sale di attesa, pronto soccorso, accesso dei parenti a strutture di ospitalità, sono disposte delle limitazioni all’accesso di parenti e visitatori a strutture di ospitalità e  lungo  degenza,  residenze  sanitarie   assistite   (RSA),   hospice, strutture  riabilitative. Altre misure vengono disposte per gli istituti penitenziari e di detenzione.

Restava il divieto assoluto di uscire di casa per coloro che risultassero positivi e fossero così posti in regime di quarantena.

Come facile intuire si tratta di prime misure di contenimento severe e particolarmente limitanti giustificate solo dall’eccezionalità della situazione e la cui mancata osservanza avrebbe potuto configurare la violazione di cui all’art. 650 c.p. almeno quello che è il rimando fatto dal DL e dai provvedimenti attuativi.

Con ulteriore decreto del 9 marzo 2020, si disponeva che, per il contenimento e il contrasto del diffondersi del virus Covid-19 le misure di cui all’art. 1 del Dpcm 8 marzo 2020, venissero estese a tutto il territorio nazionale. Era inoltre vietata ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico. In ultimo, veniva modificata la lettera d dell’art.1 del Dpcm 8 marzo 2020 relativa agli eventi e manifestazioni sportive prevedendosi la sospensione di tutti gli eventi sportivi nonché il divieto di allenamenti per le società sportive. Tali disposizioni producevano effetto dalla data del 10 marzo 2020 e sono efficaci fino al 3 aprile 2020. Tutta l’Italia doveva considerarsi zona rossa o meglio, come vedremo quando si parlerà delle restrizioni alla libertà di circolazione, una zona arancione ovvero con mobilità limitata ma non totalmente azzerata. In realtà le zone rosse in senso stretto rimangono aree di contenimento assoluto ove vige la quarantena e, quindi soggette a controllo più stringente, ove non è possibile entrare ed uscire nemmeno per necessità. All’interno della zona rossa gli abitanti potranno avere una mobilità d’urgenza (medicinali e generi alimentari).

Tali restrizioni, ovvero la costituzione di nuove zone rosse, potranno però essere previste ancora una volta, come vedremo, da provvedimenti delle autorità (centrale, regionale, locale?), ove ciò si dimostri indispensabile per la lotta alla diffusione del virus.

4.Il dpcm dell’11 marzo. Decreti e provvedimenti finali. Il Lockdown.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                     

Anche le ulteriori misure si rivelavano inefficaci a fronte dell’aumento esponenziale dei contagi per cui si era reso necessario emanare un nuovo decreto che prevedeva, oltre a quanto disposto in precedenza se non incompatibile con tale ultimo decreto, nuove restrizioni valevoli per tutta l’Italia. Infatti tali misure che andavano ad incidere principalmente sulla libertà di iniziativa economica, venivano varate con un dpcm firmato l’11 marzo dal Presidente del Consiglio dei ministri, (#decreto io resto a casa). Le disposizioni del decreto sarebbero restate in vigore fino al 25 marzo. Il dpcm specificava un elenco di attività  che potevano rimanere aperte  e che si identificavano in quelle che vendono beni di prima necessità individuati nell’allegato 1[6] al documento (dalle farmacie ai tabaccai, edicole, benzinai). Si prevedeva la chiusura anche dei mercati, salvo le attività dirette alla vendita di soli generi alimentari. I ristoranti pertanto venivano chiusi, ma restava consentita (e resta ancora come vedremo) la consegna a domicilio di cibi. Rimanevano aperti anche i posti di ristoro lungo le autostrade e all’interno di stazioni, aeroporti e ospedali (sempre garantendo il metro di distanza tra le persone), le mense e il catering continuativo su                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               Parrucchieri, barbieri, estetisti devono sospendere la propria attività. Restavano aperti inoltre i servizi di lavanderia e di pompe funebri (come specifica l’allegato 2)[7]. Disposizione poi modificata con  recentissima ordinanza del Ministero della Salute che, fra le varie misure più restrittive, aveva disposto[8] la chiusura degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, posti all’interno delle stazioni ferroviarie e lacustri, nonché nelle aree di servizio e rifornimento carburante, con esclusione di quelli situati lungo le autostrade, che potevano vendere solo prodotti da asporto da consumarsi al di fuori dei locali; restano aperti quelli siti negli ospedali e negli aeroporti, con obbligo di assicurare in ogni caso il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro.

Restavano (e restano ancora) altresì garantiti anche i servizi finanziari, assicurativi nonché l’attività del settore agricolo, zootecnico di trasformazione agro-alimentare comprese le filiere che ne forniscono beni e servizi.

Questi erano i provvedimenti e le norme in vigore sino al 22 marzo 2020.

Infatti, da ultimo con decreto in vigore dal 23 marzo 2020, il Governo ha sentito, per l’ennesima volta, l’esigenza di intervenire dopo che erano state emesse altre ordinanze regionali più restrittive con chiusure totali di attività e ulteriori restrizioni a quelle che erano le attività consentite a livello centrale. Si fa particolare riferimento all’ordinanza del Governatore della Regione Lombardia,[9] in vigore dal 22 marzo al 15 di aprile, la più colpita dalla pandemia e a quelle del Governatore del Piemonte e della Regione Calabria. Con i provvedimenti emanati a livello centrale e che imponevano un vero e proprio “lockdown” ovvero la chiusura di tutte le attività con l’eccezione di quelle essenziali, il Governo si riappropria della materia andandola a regolare direttamente con la conseguenza che le nuove misure andranno a coprire l’intero territorio nazionale e, pertanto, a modificare le proprie precedenti misure e a elidere tutti i provvedimenti di altre autorità nella stessa materia. In particolare il nuovo dcpm[10] prevedeva, quasi specularmente a quanto peraltro già previsto solo il giorno prima dal Governatore della Lombardia (che però presentava misure molto più restrittive in quanto disponeva la chiusura di molte altre attività). A titolo esemplificativo si prevedeva: la sospensione delle attività dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione; il fermo delle attività nei cantieri, previa concessione del termine per la messa in sicurezza, fatti salvi quelli relativi alla realizzazione e manutenzione di strutture sanitarie e di protezione civile, alla manutenzione della rete stradale, autostradale, ferroviaria, del trasporto pubblico locale, nonché quelli relativi alla realizzazione, manutenzione e funzionamento degli altri servizi essenziali o per motivi di urgenza o sicurezza; la chiusura tutte le strutture ricettive comunque denominate e sospesa l’accoglienza degli ospiti dall’entrata in vigore del presente provvedimento. Venivano garantiti, nel rispetto delle norme igienico-sanitarie, i servizi bancari, finanziari, assicurativi nonché l’attività del settore agricolo, zootecnico di trasformazione agroalimentare comprese le filiere che ne forniscono beni e servizi. Per quanto concerne i servizi bancari, finanziari e assicurativi si dovevano tilizzare modalità di lavoro che favorissero la prenotazione con appuntamenti a favore dell’utenza, in modo da evitare assembramenti. Restavano altresì garantite le attività di gestione rifiuti, di cui all’art. 183 comma 1 lettera n) del dlgs. 152/06, relative a raccolta, trasporto, recupero e smaltimento di tutte le tipologie di rifiuti, sia urbani che speciali, compresi il controllo di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonché le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediario in quanto costituenti attività di pubblico interesse ai sensi dell’art. 177, comma 2 del D.lgs. medesimo. Le attività che potevano rimanere aperte vengono indicate nell’allegato 1 con i relativi codici ateco[11].

Giova altresì precisare che alcune attività collegate a quelle che rimanevano aperte potevano continuare ad esercitare la loro attività a determinate condizioni. Infatti  restavano  sempre  consentite  anche  le  attività  che   fossero funzionali ad assicurare la continuità delle filiere delle attività di cui all’allegato 1, nonché dei servizi di pubblica utilità e dei servizi essenziali di cui alla lettera e),  previa  comunicazione  al Prefetto della provincia ove è ubicata l’attività produttiva, nella quale sono indicate specificamente le imprese  e  le  amministrazioni beneficiarie  dei  prodotti  e  servizi  attinenti   alle   attività consentite; il Prefetto poteva e può ancora sospendere le predette attività qualora avesse ritenuto che  non  sussistenti  le  condizioni  di  cui   al   periodo precedente.  Fino all’adozione dei provvedimenti di sospensione dell’attività, essa rimaneva legittimamente esercitata sulla  base  della comunicazione resa. In pratica si introduceva per dette attività una sorta di D.I.A. ovvero un atto amministrativo caduto in desuetudine ma che comunque può ben essere qualificato come un provvedimento autorizzatorio tacito.

Dopo aver stabilito le attività che rimangono aperte il provvedimento alla lettera b) dell’art. 1 prevedeva il divieto assoluto di trasferimento o spostamento per le persone fisiche con mezzi di trasporto pubblico o privato verso un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute. In pratica il decreto aveva voluto sottolineare che, a fronte delle chiusure per molte attività produttive non essenziali, i relativi dipendenti dovranno rimanere nella sede in cui si trovano senza alcuna possibilità di spostamento. Rimangono autorizzati solo gli spostamenti di comprovata necessità volti a raggiungere la sede di lavoro per quelle attività che rimangono autorizzate. Tale disposizione era stata anticipata da un precedente decreto del ministro della salute valido per il tempo strettamente necessario all’entrata in vigore del decreto (23 marzo 2020).

Per quanto riguarda i primi fondamentali provvedimenti cui successivamente se ne sono legati altri, non si può non notare una discrasia, mentre il decreto del 9 marzo fissa una scadenza al 3 di aprile, quello dell’11 relativo alla limitazione delle attività commerciale si ferma al 25 marzo. Il decreto della Giunta lombarda arriva sino al 15 aprile. Ovviamente al netto di ulteriori e probabili proroghe una omogeneità nei termini sarebbe stata auspicabile.

Dette disposizioni in pratica vengono praticamente lasciate inalterate dal D.L 19 che richiama i precedenti dpcm ed in particolare quelli dell’8 marzo del 9 marzo, dell’11 marzo e del 22 marzo 2020  (almeno come ancora vigenti all’entrata in vigore del decreto) adottati sulla base del D.L. 23 febbraio 2020 n.6 convertito con modificazioni dalla L. 5 marzo 2020 n.13 emessi ai sensi e per gli effetti dell’art. 32 della legge 23 dicembre 1978 n. 883.

5 Le ordinanze regionali e quelle sindacali. La disciplina antecedente al D.L. 25 marzo 2020 n.19.

L’art. 117 della Costituzione prevede che la tutela della salute sia inserita nelle materie sottoposte a legislazione concorrente che è la normativa disciplinante una certa materia di competenza, sia statale che regionale, contenuta nella Carta fondamentale. Pertanto la regione dovrà necessariamente muoversi tenendo conto delle disposizioni generali dello Stato potendo provvedere solo a  quelle più di dettaglio. In questo senso va considerato il richiamo dell’art. 2 del D.L. 23 febbraio 2020 n.6 convertito con modifiche, che prevede la possibilità di adottare, da parte delle autorità competenti, ulteriori misure di gestione dell’emergenza e di contenimento al fine di prevenire la diffusione dell’epidemia fuori dai  casi  di  quanto già previsto dal Legislatore nel precedente art. 1.  Nello specifico l’allegato alla legge di conversione andava a specificare che le misure emergenziali adottabili dalle autorità sono quelle descritte all’art. 3 commi 1 e 2 del D.L. In questo caso l’ulteriore richiamo era all’art. 32 della L. 833/1978[12] che consente l’emanazione di ordinanze contingibili e urgenti in materia di igiene e sanità pubblica al Presidente della Giunta Regionale e dal Sindaco con efficacia estesa alla regione, o a parte di essa, e al territorio comunale. Nonché all’articolo 117[13] del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.  112, (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59″) e all’articolo 50[14] del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.  Da un esame della norma i governatori ed i sindaci pertanto, in presenza di ulteriori esigenze di contenimento del virus, avrebbero potuto emanare provvedimenti e disporre limitazione degli orari dei servizi di trasporto. Particolari problematiche potevano porre eventuali divieti di allontanamento dal comune o dall’area interessata da parte di  tutti  gli  individui  comunque  presenti  nel  comune   o nell’area o divieto di accesso al comune o all’area interessata nonché, ovviamente, tutte le altre ulteriori misure ritenuti necessarie per il contenimento del contagio[15]. In proposito si segnalavano varie ordinanze del Governatore della Campania[16] che avevano previsto appunto, fra le varie limitazioni imposte da esigenze di contenimento, un divieto di accesso e di allontanamento, sino al 25 marzo, nonché la sospensione dell’attività degli uffici pubblici ivi insistenti, relativamente ad alcuni comuni, a causa del contagio di alcuni cittadini ivi residenti.  Peraltro la giunta campana aveva emanato in precedenza altre ordinanze contenenti il divieto di “passeggiate” e attività motoria in generale (ordinanza del 13 marzo e chiarimento del 14 marzo) ben prima delle restrizioni imposte a livello centrale. Da ultimo si segnalano anche l’ordinanza del Governatore della Calabria[17] e l’ordinanza del Governatore dell’Abruzzo [18]che, constatati alcuni focolai nella regione, hanno imposto divieti di ingresso e di uscita in alcuni comuni ben individuati, sempre sino al 25 marzo con le relative problematiche connesse. Dei provvedimenti delle Giunte lombarda e piemontese si è  già detto sopra.

Nell’ottica del contenimento della pandemia, pertanto, oltre alle già citate ordinanze regionali, parrebbero porsi alcune ordinanze con le quali i Sindaci di alcuni comuni hanno adottato ulteriori misure quali la chiusura di parchi pubblici o di zone pedonali ricadenti nel territorio di competenza e la limitazione del trasporto pubblico. Alcuni infine hanno espressamente vietato le “passeggiate” anche se effettuate nei pressi della propria abitazione sulla cui legittimità, rectius validità sorgono parecchi dubbi.  Ovviamente, trattandosi di provvedimenti molto più restrittivi di quelli adottati a livello centrale, le autorità regionali e locali, oltre che rispettare le normative di carattere generale, dovranno motivare in maniera molto più rafforzata i loro provvedimenti facendo espresso riferimento a particolari aree “focolaio” tenendo sempre presente quelle che sono le evidenze “scientifiche”[19]. Sulle problematiche che tali provvedimenti possono innescare con provvedimenti emessi a livello centrale si preferisce riferire a parte nel paragrafo che segue.

5 bis. Fonti del diritto e problematiche relative nei rapporti tra autorità centrali e locali. Ordinanze necessitate e ordinanze di necessità e urgenza. Possibili conflitti di attribuzioni. La soluzione offerta dall’art. 3 del D.L. 20 marzo 2020 n.19.

Come detto il Governo, al fine di fronteggiare l’emergenza, aveva agito prontamente con decretazione di urgenza cui si erano succeduti diversi interventi con atti generali ovvero con dpcm. Nello specifico, almeno dal punto di vista teorico, trattasi di atti che non hanno forza e valenza di legge in quanto non avrebbero le caratteristiche proprie di quelle norme cioè a dire quell’astrattezza e applicabilità ad un numero indeterminato di casi che costituisce la caratteristica della fonte normativa. Sono pertanto fonti secondarie che, come rango gerarchico, devono avere una collocazione immediatamente inferiore rispetto ai regolamenti che, pur essendo formalmente amministrativi, sono provvedimenti sostanzialmente normativi. Per tali motivi, in punto di diritto, tali provvedimenti soggiacciono in astratto alla disciplina del procedimento amministrativo e pertanto sono teoricamente impugnabili al G.A. In questo caso però dovrà verificarsi in via pregiudiziale l’esistenza dell’interesse a ricorrere da parte di un privato che dovrà dare dimostrazione che l’atto generale abbia effetti tali da ledere in via immediata ed attuale l’interesse dei destinatari e non anche quando la lesione sia allo stato solo ipotetica, potendo verificarsi solo in futuro e per effetto dell’emanazione di atti applicativi[20]. Tali atti sono stati utilizzati a fini esplicativi dei vari modelli normativi adottati con decretazione d’urgenza. Sulla stessa onda le varie direttive successive e le circolari interpretative cui si è accennato.

A questi provvedimenti emanati a livello governativo vanno ad intersecarsi tutta una congerie di ordinanze che possono porsi in contrasto con le normative centrali. Si fa  particolare riferimento alle ordinanze della Giunta regionale che avrebbero potuto innescare veri e propri conflitti di attribuzione. Ma vi è di più. L’art. 35 del D.L. 2 marzo 2020 n. 9 aveva espressamente vietato l’adozione da parte dei sindaci di qualsiasi provvedimento emanato sotto forma di ordinanza contingibile e urgente di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 che potesse porsi in contrapposizione con le misure emanate a livello centrale[21]. Tale norma sembrava gettare una vera e propria pietra tombale sulle ordinanze sindacali emesse ai sensi dell’emergenza epidemiologica ove andassero in contrasto con misure già disposte dal Governo. Pertanto il Sindaco non avrebbe potuto adottare le ordinanze di necessità ed urgenza di cui all’art. 50 TUEL come autorità locale[22]ove in contrasto con le normative centrali[23]. Va da sé che riteniamo in questo caso non sia adottabile nemmeno lo strumento di cui all’art. 54 TUEL[24], che vede il Sindaco come rappresentante del Governo, poiché potrebbe consentire di aggirare la norma adducendo problematiche di ordine e sicurezza pubblica anche quando non siano sussistenti.Questo comporta una serie di problematiche che rendono necessaria una attenta riflessione. Infatti il divieto dell’art. 35 del D.L. 2 marzo 2020 sembrerebbe, relativamente al solo Sindaco, aver tolto quel potere in materia di emanazione di ordinanze contingibile ed urgenti previsto dal TUEL, ma nulla dice in merito ai poteri del Presidente della Giunta regionale. Il Sindaco peraltro potrà adottare pertanto tutti quegli atti anche urgenti ma che non si pongano in contrasto con i provvedimenti di natura centrale. Ma procediamo con ordine. Le ordinanze di necessità ed urgenza[25] sono atti a contenuto atipico che l’amministrazione, sulla base di specifiche previsioni legislative, è abilitata ad adottare per fronteggiare situazioni eccezionali, anche derogando alla normativa di rango primario, fermo restando il rispetto della Costituzione e dei principi generali del nostro ordinamento. Di contro parte della dottrina le contrappone agli atti  necessitati che sono atti connotati dall’urgenza ma il cui contenuto è già predeterminato dal legislatore. Trattasi pertanto di provvedimenti tipici e nominativi che non si discostano da quelli che sono i provvedimenti amministrativi ordinari.Saranno pertanto adottabili dai Sindaci tutti i provvedimenti urgenti appartenenti agli atti necessitati ma, di contro, l’art. 35 gli inibirà, a pena di inefficacia, tutti gli atti contingibili ed urgenti emanati ai sensi dell’art. 50 TUEL. A nostro avviso tale limitazione andrà estesa anche ai casi di cui all’art. 32 della legge 833/78 in quanto tale norma consente proprio l’emanazione di provvedimenti connotati da profili di contingibilità e urgenza. Pertanto tutti i richiami fatti dalle normative in vigore all’art. 32 dovranno escludere il Sindaco quale autorità competente rimanendo ferme le competenze dell’autorità centrale e di quella regionale.Ne derivava pertanto la totale inefficacia di tutte le ordinanze sindacali che, in ragione del contenimento del contagio, disciplinino la materia in contrasto con le disposizioni del governo. Attenzione, tali atti pertanto non saranno invalidi, quindi né nulli né annullabili, ma semplicemente privi di effetti, ovvero perfettamente validi ma congelati e ben potrebbero riprendere efficacia allorquando l’art. 35 dovesse essere rimosso in virtù di modifica o di mancata conversione del D.L cui è inserito. Saranno perfettamente efficaci di contro tutte quelle ordinanze che non si ponessero in contrasto con le misure emanate a livello centrale. Diverso è il caso delle ordinanze dei Presidenti della Giunta regionale. In questo caso occorreva distinguere due casi:a)     provvedimenti che vanno a limitare e ad escludere alcune attività consentite dalle misure prese a livello centrale (es. divieto di passeggiata; divieto di attività motoria, chiusura parchi ecc. ecc.).b)    Provvedimenti di istituzione di nuove “zone rosse” apparentemente in contrasto con gli atti governativi.

Per quanto riguarda i primi, oltre all’art. 117 della Costituzione, il riferimento era sempre all’art. 32 della L. della legge 833/78 norma lasciata intatta dall’art. 35 del D.L. 2 marzo 2020 n.9 che limitava solo i poteri dei sindaci. Due potevano essere le possibili soluzioni. Ritenevamo che in questo caso potessero trovare cittadinanza soltanto quei provvedimenti regionali che, non cozzando direttamente con le disposizioni emanate a livello centrale, che fungeranno da principio generale, andassero a prevedere normative di dettaglio. Pertanto, ove a livello centrale le misure di contenimento prevedessero l’attività motoria all’aria aperta, anche se a determinate condizioni, ci si chiedeva se il provvedimento regionale  potesse vietarle tout court o avrebbe potuto semplicemente limitarle disciplinando più capillarmente le condizioni cui dovevano essere sottoposte (es. prevedere distanze massime dalla propria abitazione per l’attività motoria oltre le quale tali attività non sarà più considerata consentita) Il dilemma era tutto qui. Se si riteneva che il divieto assoluto fosse contrastante con le diposizioni centrali era evidente che dovesse a queste cedere il passo.

Ove invece si ritenga che tale divieto non cozzi direttamente con le normative emanate a livello centrale allora in questo caso il divieto assoluto (di attività motoria) viene considerato come una mera esplicitazione del precetto generale inerente le attività consentite ritenendosi quelle all’aria aperta una mera modalità esplicativa che ben potrà essere disciplinata più restrittivamente o addirittura esclusa.

La questione rimaneva apertissima anche considerando che il Governatore della Lombardia e ancora prima quello della Campania, avevano previsto ammende salatissime a chi avesse violato i divieti imposti con le ordinanze tra cui anche il divieto assoluto di fare attività sportiva, il divieto di assembramento e molti altri.

Ancor più problematico appare il punto b). Può un governatore emanare provvedimenti istitutivi di nuove zone rosse in deroga a quanto stabilito a livello centrale?

Come si è visto, l’art. 2 del D.L. 23 febbraio 2020 n.6 convertito con modifiche, prevede la possibilità di adottare, da parte delle autorità competenti, ulteriori misure di gestione dell’emergenza e di contenimento al fine di prevenire la diffusione dell’epidemia fuori dai  casi  di  quanto già previsto dal Legislatore nel precedente art. 1. Vero è che in questo caso la norma fa riferimento alle autorità competenti ma è altresì vero che la materia, come accennato in premessa, fa parte di quelle a legislazione concorrente e che pertanto una eventuale ordinanza del Presidente della Giunta potrebbe essere emanata soltanto in un quadro generale già prefissato o comunque non in contrasto con i principi già delineati a livello centrale. Nello specifico, diversamente opinando, potrebbero crearsi preoccupanti e inopportuni conflitti di attribuzione fra poteri dello Stato. Infatti in questo caso, diversamente da quanto avviene con le norme che istituiscono zone a controllo rafforzato, non si agisce sulla limitazione della libertà di circolazione ma sulla libertà personale. La dichiarazione di zona rossa è un provvedimento eccezionale che, tra l’altro, va ad intaccare l’art. 13 della Costituzione che regola la limitazione delle libertà personali. Limitazioni la cui competenza in nessun caso, nemmeno in questa emergenza, può essere lasciata ai Presidenti di regione, almeno non in questa forma. Secondo alcune opinioni tali ordinanze possono essere pericolose soprattutto perché andrebbero a sovvertire, ribaltandola, la catena di comando e controllo entrata in vigore dopo la Dichiarazione Stato di emergenza del 31 gennaio 2020. In proposito si fa riferimento ad un passo dell’ordinanza del Governatore dell’Abruzzo Marsilio[26] che prevede come l’ordinanza, immediatamente esecutiva, per gli adempimenti di legge, venga trasmessa al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro della Salute e ai Prefetti.” Poteri che gli sono totalmente preclusi. Non si era mai visto nella storia Repubblicana che un Governatore imponesse ad un Ministro e ai Prefetti di adempiere ad una sua ordinanza!

Pertanto l’unica interpretazione costituzionalmente orientata è quella che prevede provvedimenti di nuove zone rosse siano emessi direttamente con dcpm dal Governo, oppure emessi sulla base di criteri quadro delineati in sede centrale su proposta del Ministro della salute o, ancora, adottati di concerto con tali autorità. Tali ordinanze regionali, per quanto a nostro avviso illegittime, saranno comunque efficaci fintanto che non vengano impugnate ed annullate dal G.A.

Proprio in questo senso paiono porsi l’ordinanza del Ministero della Salute e il decreto del Governo in vigore dal 23 marzo 2020 che ha imposto il lockdown[27] quasi a voler confermare, se ce ne fosse bisogno, la competenza statale sulla materia. Giova sul punto precisare che possono trovare applicazione temporanea tutte quelle ordinanze che abbiano disciplinato la materia prima dell’intervento dello Stato, ove ovviamente non vadano a contrapporsi ai principi generali e ad altre misure di contrasto. Una volta approvate le misure a livello centrale tali ordinanze cederanno il passo alle disposizioni del Governo centrale. Peraltro si pongono seri problemi di interposizioni di norme allorquando le misure prese a livello centrale e quelle a livello regionale non abbiano la stessa scadenza.

Le misure di altre autorità su materie di competenza statale o addirittura allorquando tali interventi vengano preclusi per legge (per tutti leggasi l’art. 35 norm. cit) altro non hanno che uno specifico intento politico che può essere letto quale una forma di sollecitazione alla Stato di provvedere significando che in mancanza si provvederà in proprio! Evitiamo ogni ulteriore commento per non appesantire ulteriormente la trattazione.

  1. Le circolari interpretative, le autorizzazioni alla mobilità e l’autocertificazione (rectius autodichiarazione).

Va da sé che il succedersi di tutti questi interventi limitativi della libertà emanati con D.L. e dcpm attuativi hanno creato molte difficoltà interpretative che hanno reso necessario l’emanazione di direttive e circolari dettagliate. Molti dcpm hanno operato l’uno sull’altro confermando in alcuni casi le precedenti statuizioni e abrogandole in altri soprattutto in riferimento alla mobilità della cittadinanza. Il dcpm 8 marzo 2020 rimane in vigore come provvedimento di carattere generale cui i successivi dcpm andranno ad integrarsi salvo che non vi sia incompatibilità normativa. In questo caso prevarrà la norma successiva. L’estensione delle restrizioni, sia pure non con limitazioni assolute, a tutta la nazione faceva sì che i cittadini potevano continuare a spostarsi all’interno di tutto il contesto nazionale solo ove necessario ovvero, come si vedrà in seguito, per lavoro, salute o necessità. Con il lockdown del 22 marzo le condizioni sono state di gran lunga ristrette. Pur considerando le ultime restrizioni non si tratta di limitazioni assolute come da precedente zona rossa prevista inizialmente per i primi comuni focolaio, ma bensì di una intera zona arancione con mobilità limitata ed esercitabile a determinate (e stringenti) condizioni. Infatti tutto il territorio nazionale viene definito area a contenimento rafforzato.

Poiché ex art. 4 il monitoraggio dell’osservanza delle misure di contenimento è demandato ai Prefetti, il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese aveva adottato la direttiva[28] per l’attuazione dei controlli nelle “aree a contenimento rafforzato”.

Con tale disposizione indirizzata ai prefetti il Ministro dell’Interno predisponeva un vero e proprio decalogo per l’attuazione dei controlli in tale aree definendosi quelli che sono gli esatti parametri per gli spostamenti. Infatti il riferimento è all’art. 3 comma 1 lett c) del dcpm 8 marzo 2020 che limita gli spostamenti delle persone fisiche allo stretto necessario. La mobilità è assoluta nel caso di persone poste in quarantena (art. 1 comma 1 lett.c stesso dcpm)

La direttiva prevedeva:

1) La convocazione immediata, anche da remoto, dei Comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza pubblica, per l’assunzione delle necessarie misure di coordinamento.

2) Indicazioni specifiche per i controlli relativi alla limitazione degli spostamenti delle persone fisiche in entrata e in uscita e all’interno dei territori “a contenimento rafforzato”:

a) gli spostamenti potranno avvenire solo se motivati da esigenze lavorative o situazioni di necessità o per motivi di salute da attestare mediante autodichiarazione, che potrà essere resa anche seduta stante attraverso la compilazione di moduli forniti dalle forze di polizia. Un divieto assoluto, che non ammette eccezioni, è previsto per le persone sottoposte alla misura della quarantena o che sono risultate positive al virus.

b) I controlli sul rispetto delle limitazioni della mobilità avverranno lungo le linee di comunicazione e le grandi infrastrutture del sistema dei trasporti. Per quanto riguarda la rete autostradale e la viabilità principale, la polizia stradale procederà ad effettuare i controlli acquisendo le prescritte autodichiarazioni. Analoghi servizi saranno svolti lungo la viabilità ordinaria anche dall’Arma dei carabinieri e dalle polizie municipali.

c) Per quanto concerne il trasporto ferroviario, la Polizia ferroviaria curerà, con la collaborazione del personale delle ferrovie dello Stato, delle autorità sanitarie e della Protezione civile, la canalizzazione dei passeggeri in entrata e in uscita dalle stazioni al fine di consentire le verifiche speditive sullo stato di salute dei viaggiatori anche attraverso apparecchi “termoscan”. Inoltre saranno attuati controlli sui viaggiatori acquisendo le autodichiarazioni.

d) Negli aeroporti delle aree dei territori “a contenimento rafforzato”, i passeggeri in partenza saranno sottoposti al controllo, oltre che del possesso del titolo di viaggio, anche della prescritta autocertificazione. Analoghi controlli verranno effettuati nei voli in arrivo nelle predette aree. Restano esclusi i passeggeri in transito.

e) Per i voli Schengen ed extra Schengen in partenza, le autocertificazioni saranno richieste unicamente per i residenti o domiciliati nei territori soggetti a limitazioni. Nei voli Schengen ed extra Schengen in arrivo, i passeggeri dovranno motivare lo scopo del viaggio all’atto dell’ingresso.

f) Analoghe controlli verranno adottati a Venezia per i passeggeri delle navi di crociera che non potranno sbarcare per visitare la città ma potranno transitare unicamente per rientrare nei luoghi di residenza o nei paesi di provenienza.

3) La veridicità dell’autodichiarazione potrà essere verificata anche con successivi controlli.

4) La sanzione per chi viola le limitazioni agli spostamenti è quella indicata dal dpcm 8 marzo che richiama l’art. 3, comma 4, del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6.

(articolo 650 del codice penale: inosservanza di un provvedimento di un’autorità), salvo che non si possa configurare un’ipotesi più grave.

La direttiva rimane di fatto invariata anche dopo l’estensione a tutto il territorio nazionale dell’area a contenuto rafforzato pertanto a questo punto occorrerà stabilire a quali condizioni sarà necessario osservare per poter dimostrare la necessità degli spostamenti di cui all’art. 2 lettera a) della direttiva del Ministro dell’Interno che stabilisce che la mobilità è prevista soltanto per motivi di lavoro, motivi di salute o necessità. Al fine di comprovare la necessità negli spostamenti dovrà essere compilata una auto-dichiarazione da compilare anche sul posto e che dovrà essere consegnata agli operatori che effettueranno i controlli demandati alle forze di polizia nell’ambito della rete autostradale, della viabilità principale, della ordinaria viabilità, delle stazioni, aeroporti ecc.ecc.  Si precisa che nella direttiva ministeriale si parla indifferentemente di autocertificazione o di autodichiarazione quasi a voler sottolineare come i termini siano pressoché sinonimi.

Con circolare[29] del Capo di Gabinetto del Ministro venivano fatte ai prefetti precisazioni sul dcpm 11 marzo 2020. Detta circolare faceva espresso richiamo, nel riferirsi agli esercizi commerciali che possono rimanere aperti, al rispetto delle norme igienico-sanitarie nonché all’obbligo di garantire la distanza di sicurezza interpersonale di un metro. Si rimarca inoltre la previsione dell’art. 1, punto 5) del decreto che prevede la possibilità per il Presidente della Regione di disporre con propria ordinanza, ai sensi dell’art. 3, comma 2, del decreto legge 23 febbraio 2020 n.6, la programmazione del servizio di trasporto pubblico locale, anche non di linea, finalizzata alla riduzione e alla soppressione dei servizi in relazione agli interventi sanitari necessari per contenere l’emergenza coronavirus sulla base delle effettive esigenze e al solo fine di assicurare i servizi minimi essenziali.

Si fornivano ulteriori precisioni in tema di spostamenti, con particolare riferimento a quelli all’interno di uno stesso comune. Al riguardo, si ribadiva che la previsione di cui all’articolo 1, comma 1, letta), del citato decreto dell’8 marzo scorso era finalizzata a evitare ogni spostamento dalla propria abitazione se non per validi motivi. Le limitazioni agli spostamenti su tutto il territorio nazionale prevedevano, come noto, il divieto assoluto di mobilità per chi era (ed è ancora) sottoposto a quarantena o risulti positivo al virus, nonché la raccomandazione per chi avesse avuto sintomi da infezione respiratoria e febbre superiore a 37,5 gradi a rimanere a casa, rivolgersi al proprio medico e di limitare al massimo il contatto con altre persone.

Molto importante era inoltre il richiamo all’art. 15 del D.L. 9 marzo 2020 n.14[30] che introduce la sanzione della chiusura dell’esercizio pubblico da un minimo giorni 5 ad un massimo di giorni 30 per i gestori che non rispettino gli obblighi imposti dalle misure. La violazione dovrà essere accertata secondo le disposizioni della L. 689/81 e la relativa sanzione demandata al prefetto. Il legislatore pertanto rinviava esplicitamente alle disposizioni di cui alla citata legge n.689/1981, in tema di accertamento delle violazioni amministrative e di procedure di irrogazione delle relative sanzioni, nonché alla previsione dell’art. 7 della legge n. 241/1990 che consente di omettere la comunicazione dell’avvio del procedimento ove sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità, ragioni che appaiono ravvisabili nella delicata situazione emergenziale in atto. Particolarmente interessante era il richiamo che la circolare faceva alla gradualità delle sanzioni e alla tempestiva trasmissione delle stesse[31] con espresso rinvio all’art. 321 cpp che al comma 3 bis prevede che,  “quando nel corso delle indagini preliminari, quando non è possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice, al sequestro possono procedere anche gli ufficiali di polizia giudiziaria, i quali nelle quarantotto ore successive, trasmettono il verbale al pubblico ministero, il quale può disporre per la restituzione della cosa o richiederne al giudice la convalida. “

Tali direttive e circolari sono state aggiornate dopo il dpcm che ha imposto il lockdown. Infatti non ci potrà più spostare da un comune ad un altro se non per ragioni di lavoro, per quelle attività che rimangono aperte, e di salute. Ambedue le esigenze dovranno essere connotate dall’estrema urgenza, ma i principi generali, per quanto non incompatibili con le nuove disposizioni centrali, rimangono validi.

  1. Il modello di autocertificazione predisposto dal Ministero dell’Interno. Problematiche di carattere giuridico e pratico.

Al fine di favorire i controlli, soprattutto su strada e facilitare la mobilità di coloro che per motivi di necessità devono spostarsi, è stato predisposto un modello unico scaricabile dal web[32], più volte modificato, e che può essere compilato seduta stante dal cittadino e consegnato alle FFPP che effettuano i controlli. Ove il controllato ne sia sprovvisto lo stesso potrà essere fornito direttamente dalle FFPP preposte al controllo delle aeree a contenimento rafforzato. Nel modello sono indicate le ragioni del possibile spostamento (lavoro, salute e necessità). Inoltre sarà necessario auto dichiarare previamente non solo di essere a conoscenza delle misure poste per il contenimento del virus, ma anche di non essere sottoposto a quarantena e di non risultare positivo al COVID-19. Ulteriori limitazioni erano state imposte con decreto del Ministero delle Infrastrutture e della salute.[33] Le ultime misure prevedono più stringenti limitazioni per gli spostamenti. Quelli da un comune ad un altro potranno, come vedremo, essere effettuati solo per motivi di lavoro e di salute (connotati da assoluta urgenza), quelli per necessità solo all’interno dello stesso comune (es. spesa).

Sulla natura giuridica di questo atto occorre effettuare delle accurate riflessioni.

Nella direttiva ministeriale si parla indifferentemente di autodichiarazione o autocertificazione.  Tuttavia, a vedere il modello predisposto (rectius i modelli che si sono via via succeduti), si ritiene che non possa parlarsi di autocertificazione, come detto da qualcuno, ex art. 46[34] ex del D.P.R. 445/2000. Del resto le conseguenze paventate sono direttamente quelle di cui all’art. 495 e 496 c.p.(falsa attestazione in dichiarazione a pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personale proprie o di altri, per il primo; false dichiarazioni sulla identità o su qualità personali proprie o di altri, per il secondo) e non quelle di cui all’art. 76 del D.P.R. che, peraltro, richiama alle conseguenze penali del codice. Infatti l’art. 46 è perentorio nel definire tutto ciò che è autocertificabile e certamente non può considerarsi tale una dichiarazione sui motivi della mobilità. Pertanto l’auto-dichiarazione non può essere considerato una autocertificazione. Ma potrebbe valere come dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà? Di contro l’art 47 del D.P.R. 445/2000[35] prevede che tutto quello che non sia comprovabile con autocertificazione possa essere comprovato dall’interessato mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà. Se si esamina il modulo di autodichiarazione ministeriale, si può verificare che la dichiarazione va firmata sia dal dichiarante sia dall’operatore di polizia. Tale circostanza cozza contro la natura della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà che è atto esclusivo del privato che non abbisogna di essere autenticata dal P.U.

Ma allora come qualificare giuridicamente questa autodichiarazione se non può essere ascritta né ad autocertificazione né tanto meno a dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà? Riteniamo che il documento controfirmato altro non sia che una autorizzazione amministrativa ovvero quel provvedimento amministrativo che rimuove un limite predisposto dalla legge per motivi di pubblico interesse, e che viene posto in via generale ed astratta dalla legge all’esercizio di una preesistente situazione giuridica soggettiva. Nel caso di specie la controfirma del P.U. perfezionerà l’atto amministrativo e rimuoverà quel limite alla mobilità fissato con legge per motivi di pubblico interesse. Infatti l’operatore su strada acquisirà l’autodichiarazione ne verificherà i presupposti e, una volta acclarato che le ragioni dello mobilità sono quelle previste, ne autorizzerà lo spostamento controfirmando il documento che a questo punto potrà essere considerato come una vera e propria istanza di mobilità.  All’uopo l’operatore, ove il privato si muova per esigenze lavorative, da un comune ad un altro, dovrà richiedere, alla luce delle nuove restrizioni, delle “pezze d’appoggio” quali potranno essere una dichiarazione del datore di lavoro, una busta paga, partita iva, cud od altro.  Infatti il dcpm del 22 marzo impone che le esigenze lavorative debbano essere comprovate e caratterizzate da assoluta urgenza, di fatto spostando l’onere della prova sul cittadino che ha esigenze di mobilità. I controlli, per esigenze ovvie, non potranno che essere speditivi, ma è evidente però che ulteriori riscontri potranno essere anche successivi, l’importante è che per lo meno ad una prima sommaria verifica le circostanze per le quali è consentita la mobilità siano presenti (es. attestazione datore di lavoro, certificato medico ecc. ecc.). Secondo le nuove disposizioni lo spostamento all’interno dello stesso comune rimane fermo alle stesse condizioni ante dcpm 22 marzo ovvero un’urgenza (che potremmo definire semplice) mentre sarà necessaria un’urgenza più qualificata nel caso in cui lo spostamento per lavoro o per motivi di salute (e non per altri motivi) determini il trasferimento ad altro comune (assoluta urgenza). L’autorizzazione però non potrà essere permanente o a tempo ma si esaurirà nell’ambito di ogni istanza di mobilità e andrà reiterata di volta in volta.

Molto più difficili saranno i controlli inerenti lo stato di necessità e soprattutto: come potrà il privato dimostrarli e l’operatore di polizia verificarli anche alla luce delle ultime restrizioni in materia di attività commerciali che possono rimanere aperte?

La risposta a questa domanda non può che essere frutto di un ragionamento improntato al buon senso. Possono esser comprovate dallo stato di necessità tutte quelle istanze volte alla mobilità e tese a potersi recare, ove occorra, in tutti quegli esercizi che rientravano in quelli di cui agli allegati 1 e 2 del dcpm dell’11 marzo 2020 e poi successivamente solo a quelli di cui all’allegato 1 del dcpm del 22 marzo 2020.  E’ ovvio che se alcuni negozi possono rimanere aperti folle sarebbe negare alla clientela, con i dovuti accorgimenti, di accedervi. Pertanto, ad esempio, sarà possibile recarsi, per le proprie esigenze, a fare la spesa o in farmacia. In questo caso ben difficile sarà per l’operatore su strada controllare che effettivamente il privato fermato si stia recando per ragioni di necessità in uno di quelli esercizi ancora aperti e sfuggiti al “lockdown”. Le nuove restrizioni imposte però determinano l’assoluto divieto di spostarsi da un comune all’altro per fare la spesa e per le altre necessità urgenti. Pertanto si dovrà necessariamente andare presso l’esercizio commerciale più vicino dello stesso comune (dove è ubicata la propria abitazione o dove si esercita attività lavorativa) o qualora più vicino, come chiarito da una circolare del capo di Gabinetto del Ministro, anche fuori dal comune quando l’abitazione privata (o la sede di lavoro) sia posta ai limiti del territorio comunale[36].  Per i motivi citati, a nostro avviso, sarà necessario e sufficiente che il privato cittadino indichi con precisione l’esercizio commerciale ove si sta recando, l’operatore si limiterà a verificare se nella zona insiste l’esercizio descritto senza che sia richiesto che il privato successivamente debba recarsi in uffici di Polizia a mostrare lo scontrino comprovante l’acquisto. Ovviamente se le dichiarazioni del privato dovessero rivelarsi imprecise, contraddittorie o manifestamente false (es dichiaro di andare in un supermercato che in quella zona non esiste) scatteranno le sanzioni penali previste.

Rimangono inoltre a tutt’oggi consentite sempre all’interno dello stesso comune (come attività necessarie):

  • gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti, in ogni caso secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio;
  • Lo spostamento per dare assistenza a familiari anziani.
  • Uscire per conferire i rifiuti , seguendo le normali regole già in vigore in ogni Comune. Allo stesso modo, proseguono le attività di raccolta, gestione e smaltimento dei rifiuti.
  • Uscire con il proprio animale di compagnia per le sue esigenze fisiologiche, ma senza assembramenti e mantenendo la distanza di almeno un metro da altre persone.
  • Recarsi da veterinario in casi urgenti. I controlli di routine devono essere rinviati. Visite veterinarie necessarie e non procrastinabili possono avvenire solo su prenotazione degli appuntamenti e comunque garantendo la turnazione dei clienti con un rapporto uno a uno, così da evitare il contatto ravvicinato e la presenza di clienti in attesa nei locali. Il professionista e il personale addetto dovrà indossare idonei dispositivi di protezione individuale (guanti e mascherina).
  • Utilizzare la bicicletta per raggiungere la sede di lavoro, (ovviamente per le sole attività lavorative che rimarranno aperte dopo il dcpm del 22 marzo) nonché per raggiungere i negozi di prima necessità e per svolgere attività motoria. È consentito svolgere attività sportiva o motoria all’aperto anche in bicicletta, purché sia osservata una distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro e con le prescrizioni già previste per l’attività motoria in generale (anche se al dire il vero riesce difficile pensare, dopo le limitazioni imposte dal Ministro della Salute, come sia possibile rimanere con una bicicletta nei pressi della propria abitazione).

In questi casi la domanda che dovrà porsi l’operatore è se vi sia la necessità di acquisire anche in questi casi l’autodichiarazione. La risposta non può essere univoca e dipende dalle circostanze. A nostro avviso tale autodichiarazione dovrà essere a acquisita (e controfirmata) ove il controllo avvenga sulle vie destinate alla normale viabilità.  Se viene ad es. fermato il privato che con l’autovettura si sta recando dal veterinario dovrà essere effettuata la dichiarazione barrando la casella delle attività necessarie. Stesso discorso se si ferma una persona in bicicletta che sta recandosi al lavoro sempre che ricada tra le attività autorizzate. Si dovrà ragionare con il dovuto grano di sale nelle altre ipotesi. A nostro avviso non necessita di autodichiarazione il privato che, in tuta ginnica e nelle immediate vicinanze della propria abitazione, effettui attività motoria all’aperto osservando nel contempo le prescrizioni previste dal dcpm e dall’ordinanza del Ministero della Salute.

Non sarà più consentito però l’accesso ai parchi e ai giardini pubblici che dovranno rimanere chiusi sempre ai sensi dell’ordinanza citata del Ministero della salute del 20 marzo 2020. Lo svolgimento di sport ed attività motorie all’aperto è consentito solo nei pressi della propria abitazione o nelle immediate vicinanze non in gruppo e a patto che si rispetti la distanza interpersonale di un metro.

Pertanto, non sarà ammessa la “ sgambata” in bici fuori porta in quanto non assimilabile ad attività motoria proprio perché effettuata lontano dalla propria residenza. Allo stesso modo non dovrà essere richiesta autodichiarazione al privato che esce con il proprio animale di compagnia nei dintorni della propria abitazione il tempo strettamente necessario alle incombenze fisiologiche dell’animale. Riteniamo in tali casi che queste modalità di mobilità siano in re ipsa già autorizzate. Peraltro spesso trattasi di attività che si esplicano lontano dalla vie di comunicazione destinate all’ordinaria viabilità.

Ma una riflessione ulteriore deve essere fatta sempre riguardo alla possibilità di effettuare attività motoria all’aperto che tanta confusione ha ingenerato, sol che si pensi che sia durante una delle quotidiane conferenze stampa da fonte protezione civile, sia in numerose risposte date ai cittadini in vari siti internet istituzionali, era stata veicolata da subito la notizia che era possibile “fare una passeggiata” evitando assembramenti e tenendo sempre la distanza di un metro da altre persone[37].  Anche fonti del Viminale avevano confermato che chi usciva di casa per prendere aria, per portare fuori il cane, per andare dal tabaccaio o in edicola non era passibile di sanzione.  Rimaneva sempre fermo l’invito a restare in casa. La citata ordinanza del Ministro della Salute pone definitivamente fine a tutti gli interrogativi vietando l’attività ludica e consentendo la sola attività motoria ma solo in prossimità della propria abitazione.

Di contro è stato detto che l’autocertificazione (rectius autodichiarazione) debba essere esibita anche quando ci si sposta a piedi ed in questo caso rientra la passeggiata tra le necessità impellenti?

In realtà già prima delle disposizioni imposte a livello centrale ci chiedevamo come potesse conciliarsi la possibilità di fare attività motoria con il divieto degli spostamenti se non nei casi previsti. In realtà anche prima dei recenti interventi le due disposizioni erano solo apparentemente inconciliabili. Infatti non vi era un divieto assoluto di uscire di casa, ma solo un divieto di spostamento salvo caso di necessità. La ratio della norma era infatti volta a limitare quanto più possibili i contatti sociali che sono la fonte principale di veicolazione del virus. L’unica interpretazione possibile che potesse in qualche modo conciliare le due disposizioni (art. 1 lett. c) e art. 1 lett. d dcpm 8 marzo 2020) era dunque quella che consentiva un’attività all’aria aperta solo ed esclusivamente in zone attigue o comunque vicine alla propria residenza ed abitazione. Allorquando ci si recasse in luoghi “fuori quartiere” (ed esempio, da Roma, abitando all’EUR recarsi a “Villa Borghese”) tale mobilità doveva essere considerata spostamento e quindi non poteva essere consentita a meno che non si trovi nelle condizioni di cui alla lett c) dell’art. 1 (lavoro, salute, necessità). Pertanto sicuramente, anche prima dei decreti a livello centrale e dei provvedimenti regionali, non ci si poteva spostare da un comune all’altro o da un quartiere all’altro al fine di esercitare attività motoria.  Nel richiamare quanto già detto sub paragrafo 5 bis ritenevamo che l’attività motoria sotto casa (o la passeggiata sotto casa) non fosse da considerarsi (sino ad ordinanza contraria) spostamento vero e proprio ed era ascrivibile all’art. 1  lett. d)  come modificato dall’art. 1 comma 3 del dcpm 9 marzo 2020, e non all’art. 1 lett c). Invero come già precisato, prima degli interventi a livello centrale, si era assistito alle iniziative di alcuni sindaci che avevano predisposto ordinanze di chiusura di parchi pubblici proprio per limitare il fenomeno. Ovviamente tale ragionamento avrà la sua valenza nella misura in cui le attività citate come lecite non fossero state già oggetto di apposite ordinanze del Governatore della regione di divieto o, come nel caso del Sindaco, di restrizione/delimitazione come accennato ai paragrafi 5 e 5 bis. Insomma erano attività consentite sino ad ordinanza contraria! In questo senso quindi parevano porsi altre recenti ordinanze emanate che consentivano attività motoria solo nei pressi della propria abitazione limitando nel contempo anche le attività connesse alle esigenze fisiologiche degli animali d’affezione; altre sono ancora più restrittive e vietano specificatamente qualsiasi tipo di attività motoria.[38] L’ultima ordinanza del Ministro della Salute pare dunque aver messo finalmente l’ultima parola sulla vicenda nel senso appena detto aderendo appunto ad alcune restrizioni già peraltro previste in sede locale/regionale e pertanto già in vigore in quei territori.  Ma il ragionamento ante decreto non è un puro esercizio di stile in quanto vale a coprire tutte quelle situazioni verificatesi prima dei recenti interventi e dopo i primi decreti con tutte le relative problematiche di diritto intertemporale che ne potrebbero conseguire.

Ad ogni buon conto comunque, allorquando l’attività motoria sia consentita con le limitazioni del caso, la raccomandazione a livello centrale rimane sempre quella di limitarla allo stretto necessario e quindi di restare a casa effettuando attività motoria sotto casa e solo per brevissimo periodo!

  1. Le conseguenze penali prima del D.L 25 marzo 2020 n.19.

Prima del D.L finale il quadro normativo relativamente alle sanzioni penale era il seguente. Diverse erano le sanzioni penali applicabili per i comportamenti contrari alle disposizioni di cui ai vari dpcm. Non vi era dubbio che l’ipotesi principe fosse l’art. 650 c.p. peraltro previsto dal dpcm 8 marzo 2020 e successive modifiche. dpcm 8 marzo che richiamava l’art. 3, comma 4, del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6 8poi abrogato)

Detto articolo del codice penale costituisce una classica norma penale in bianco cioè quella norma giuridica caratterizzata dal fatto di essere composta da un precetto indeterminato e una sanzione, invece, determinata, a differenza delle normali norme di legge composte da precetto e sanzione determinati.

L’art. 650 infatti punisce con la pena dell’arresto e con una ammenda pari nel massimo a 206 euro chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’autorità salvo che il fatto non costituisca più grave reato. Le ragioni sottese al provvedimento devono essere di giustizia, d’ordine pubblico o di igiene.

Detta norma trovava antecedentemente applicazione in via generale a tutti coloro che non  avessero rispettato i precetti stabiliti con D.L. e dpcm: In questo caso molto facilmente sarebbe incappato in questa violazione il privato cittadino che fosse stato sorpreso al di fuori del proprio domicilio senza che addurre una ragione valida che lo potesse giustificare. Infatti gli operatori di polizia che erano preposti al controllo non potevano acquisire l’autodichiarazione in presenza di quelle condizioni che ictu oculi lasciassero già presagire che il fermato non si trovasse nelle condizioni previste ovvero ragioni di lavoro, salute o altri casi di estrema necessità disciplinati dal dcpm. (ad es. persona fermata di notte al di fuori del proprio comune) L’autodichiarazione, infatti, vera e propria autorizzazione alla mobilità una volta che l’operatore che procedeva al controllo avesse verificato che, apparentemente, fossero presenti le condizioni di legge, rappresentava una vera e propria causa di giustificazione ascrivibile sotto l’egida dell’esercizio del diritto o dell’adempimento di un dovere ex art. 51 c.p. Pertanto qualora il privato cittadino fosse stato  fermato sulla pubblica via e non si trovasse nelle condizioni scriminanti, l’operatore di polizia avrebbe dovuto provvedere ad agire ai sensi dell’art. 349 c.p.p con identificazione della persona nei cui confronti si stavano eseguendo delle indagini e all’elezione di domicilio con contestuale nomina del difensore. Qualora fossero ricorse le condizioni del comma 4, si sarebbe potuto anche procedere all’accompagnamento presso i propri uffici per ivi essere sottoposto a procedura di foto-segnalamento a fini di identificazione. Nel caso si sarebbe potuto contestare anche il reato di cui all’art. 651 cp (rifiuto di indicazioni sulla propria identità)

Come può facilmente desumersi si trattava di una sanzione penale veramente blanda sol che si pensi che ai sensi dell’art. 162 bis cp detto reato consente l’oblazione con ciò comportando l’estinzione del reato stesso previo pagamento di una somma pari alla metà della somma massima prevista per l’ammenda[39]. Sarebbe bastato infatti prima del dibattimento o del decreto di condanna, versare una somma di euro 131 (oltre alle eventuali spese processuali) per dare un colpo di spugna a tutto.  A livello preventivo non proprio una norma da far tremare i polsi! Ma soprattutto le numerose comunicazioni di notizia di reato avrebbero inesorabilmente intasato le Procure con tutte le conseguenze del caso. Forse in sede di decretazione d’urgenza sarebbe stato opportuno prevedere  già da subito una nuova norma penale più stringente oppure depenalizzare l’art. 650 nel contempo prevedendo una sanzione amministrativa molto severa che potesse in qualche modo avere un’efficacia deterrente molto più pregnante[40]. In effetti, come vedremo , è proprio questo l’indirizzo che adotterà il Governo in sede di nuova decretazione d’urgenza.

La previsione della norma penale nel senso dell’art. 650 aveva contribuito  ad ingenerare indirizzi interpretativi non sempre univoci e condivisibili .Si era infatti  appreso di una circolare della Procura della Repubblica di Massa Carrara con la quale la procura apuana, per prevenire comportamenti pericolosi per la salute pubblica, aveva prescritto alla polizia giudiziaria, con riguardo al ciclismo, di eseguire il sequestro probatorio di biciclette da corsa e mountain bike, utilizzati per allenamenti non permessi, sia di gruppo che in solitario. Sicuramente una tale indicazione poteva in quel periodo ante decreto avere un notevole effetto deterrente ma a livello giuridico destava non poche perplessità. Il sequestro probatorio è infatti un mezzo di ricerca della prova ed in questo caso il reato si configura nella mera violazione della disposizione dell’autorità attestata da un ufficiale o agente di PG nell’ambito dei controlli ordinari e straordinari del territorio, nulla importando che la persona si sposti in bici, a piedi o con qualsiasi altro mezzo.  Peraltro non era dato sapere perché la circolare lo limitasse solo alle biciclette o mountain bike e non ad altri mezzi di locomozione. Non si capiva inoltre come lo spossessamento della res e la sua indisponibilità potessero giovare all’accertamento del reato che si realizzava nella mera violazione di disposizione dell’autorità che, nel caso di specie, non vietava la circolazione in bicicletta bensì la circolazione tout court anche a piedi, ove effettuata al di fuori delle ipotesi scriminanti previste.

Nello stesso senso nel caso in cui le indicazioni riguardassero il sequestro dell’autovettura come parrebbe essere  stato indicato da altri uffici giudiziari.

Ben più logico sarebbe apparso un invito ad avvalersi delle modalità di cui all’art. 321 cpp cioè ad agire con sequestro preventivo al fine di interrompere il compimento di un reato, ovvero ad inibire l’attività di un soggetto imponendogli obblighi di facere e/o di non facere allorquando ad es. le violazioni siano ripetute nel tempo. Del resto questo richiamo era stato già fatto, come visto in precedenza, dalla circolare del Gabinetto del Ministro dell’Interno[41]. Si è già visto come gli operatori potranno trovarsi di fronte ad una persona che abbia violato ordinanze di autorità diverse da quella centrale e che presentino apparenti profili di illegittimità. In questo caso ovviamente non si sarebbero potute effettuare le verifiche amministrative anche perché trattasi di ordinanze che, se pur invalide dal punto di vista della legittimità, conservavano efficacia fintanto che non fossero state caducate dal G.A. Sarebbe stato al contrario, nel procedimento incardinato per violazione del 650, compito del G.O. (giudice penale) andare a vedere i profili di legittimità dell’atto dell’Autorità che si presumeva violato ed, in caso di verifica positiva e accertamento di profili di illegittimità dell’atto, procedere, ex art. 4 e 5 LAC,  alla disapplicazione dell’atto invalido. Il relativo procedimento penale ex art. 650 sarebbe dovuto concludere così necessariamente con l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato o, ancora meglio, perché l’imputato non lo aveva commesso.

Per tutte le problematiche di diritto intertemporale che si sono create a seguito del succedersi dei numerosi interventi normativi e provvedimentali si rinvia a quanto già detto sopra. Ma era di tutta evidenza che la restrizione operata con il recente lockdown inevitabilmente avrebbe comportato un aumento delle denunce ed una valutazione dei criteri di giustificazione dello spostamento in termini molto più restrittivi rispetto a prima.

Il discorso cambiava radicalmente quando, ricorrendo apparentemente le condizioni di mobilità, si fosse acquisita l’autodichiarazione ma il contenuto fosse stato ideologicamente falso. Poiché non ritenevamo e non riteniamo ancora applicabile l’art. 483 cp (falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico) proprio perché non riteniamo l’autodichiarazione un atto pubblico ovvero un atto facente fede fino a querela di falso, il richiamo è all’art. 495 c.p. Tale norma punisce con pena da 1 a 6 anni chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale l’identità, lo stato o altre qualità della propria o altrui persona. Non si richiede infatti che la legge attribuisca particolari effetti giuridici a tali qualità, essendo dunque sufficiente una semplice potenzialità di attribuzione di effetti giuridici. Peraltro secondo la giurisprudenza più consolidata risulteva persino indifferente che la falsa dichiarazione abbia rilevanza giuridica all’interno della dichiarazione e sono irrilevanti i motivi per cui la si è fatta. Da qui si desume la natura di reato di pericolo, per cui non sarà nemmeno necessario che la condotta produca un evento di vantaggio per l’autore della falsità. Inoltre, trattasi di reato istantaneo, che si consuma nel momento in cui l’agente rende la falsa dichiarazione. Di conseguenza, nel caso di più dichiarazioni false, l’agente avrebbe commesso tante violazioni della norma quante fossero le false dichiarazioni, eventualmente riunite dal vincolo della continuazione ex articolo 81.

Per quanto concerne l’elemento soggettivo, viene richiesto il dolo generico, ovvero la volontà di alterare una qualità della propria persona, unitamente alla rappresentazione che la dichiarazione viene resa ad un pubblico ufficiale.

Si riteneva che in questo caso vi fosse un vero e proprio concorso di norme e il privato avrebbe risposto  di entrambe le violazioni di cui all’art. 650 e all’art. 495 c.p. o eventualmente in alternativa del 496 c.p. Si sarebbe applicato infatti detto articolo quando al di fuori dei casi previsti dall’articolo precedente, la persona fermata interrogato sulla propria identità, sullo stato o sulle qualità sue o di altri avesse fatto mendaci affermazioni a un pubblico ufficiale (o ad un incaricato di pubblico servizio) nell’esercizio delle sue funzioni (o del servizio). Questa fattispecie prevede una leggera diminuzione di pena nel massimo, essendo prevista la reclusione da 1 a 5 anni, e poteva ripetersi quanto detto in relazione al 495.

Se chi violava i divieti relativi di spostamento, cosi anche come da ultimo precisati con l’ultimo intervento a livello centrale), poteva rispondere della citata violazione di cui all’art. 650 c.p., ulteriori e ben più gravi saranno state già prima del decreto legge finale le conseguenze penali per coloro che avessero violato i divieti assoluti previsti per le persone poste in quarantena[42] (art. 1 comma 1 lett. c stesso dcpm). Infatti in questo caso, l’art. 650 si ritraeva prevendendo una clausola di esclusione (salvo che il fatto non costituisca più grave reato). Tali comportamenti potevano integrare i presupposti dell’art. 452 c.p. (epidemia colposa) delitto contro l’incolumità pubblica che si verifica allorquando colui che consapevole di aver contratto un virus, continui a circolare liberamente diffondendo la malattia con imprudenza e negligenza e quindi senza osservare le disposizioni precauzionali imposte dall’autorità. In questo caso, ovviamente, si sarebbe configurato tale reato solo ed esclusivamente se vi fosse stata la prova che, chi aveva violato il divieto, avesse poi trasmesso la malattia. Ove non si fosse verificata tale circostanza continuava ad applicarsi l’art. 650 che non poteva essere scriminato da nessuna autodichiarazione trattandosi di divieto assoluto. La pena prevista dall’art. 452 c.p. va da un minimo di 1 a 5 anni di reclusione. Giova precisare che, seguendo una tesi restrittiva della Corte di Cassazione, non incorreva nel reato di epidemia colposa chiunque, in qualsiasi modo, avesse provocato un’epidemia. Come ad es. chi, sapendosi affetto da male contagioso, si fosse mescolato alla folla pur prevedendo che infetterà altre persone. Infatti, la norma non punisce chiunque cagioni un’epidemia, ma chi l’avesse cagionata mediante la diffusione di germi patogeni di cui aveva il possesso, anche “in vivo” (animali di laboratorio), mentre doveva escludersi che una persona, affetta da malattia contagiosa avesse il possesso dei germi che l’affliggono.

Tuttavia in caso di contagio ove non si ravvisino i presupposti per l’applicazione dell’art. 452 c.p. ben si poteva ricorrere all’ipotesi di lesioni colpose di cui all’art. 590 c.p. (lesioni personali colpose).

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8 bis. Altre norme penali applicabili prima del D.L. 25 marzo 2020 n.19.

Ponderate e recentissime riflessioni di una Procura molto importante quale quella di Milano il cui circondario copre uno dei territori più infettati dal virus, corroborate da alcune voci della dottrina, inducevano a ritenere applicabile una norma di un vecchio Regio Decreto risalente al 1934 sebbene non richiamata dal decreto ministeriale. La norma in questione era l’art. 260 del  R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 (meglio noto come Testo unico delle leggi sanitarie), che punisce con l’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda da lire 40.000 a 800.000 la condotta di chiunque non osserva un ordine legalmente dato per impedire l’invasione o la diffusione di una malattia infettiva dell’uomo, prevedendosi un aumento della pena “se il fatto è commesso da persona che esercita una professione o un’arte sanitaria” La  giurisprudenza,  anche se molto risalente, aveva chiarito che tale norma, quando o sanziona l’inottemperanza agli ordini dati per impedire l’invasione o la diffusione di una malattia infettiva dell’uomo, si riferisse non soltanto a situazioni di malattia in atto, ma altresì a situazioni di malattia già cessata e/o di malattia di cui si teme l’insorgenza, atteso che “impedire l’insorgenza” è espressione equipollente di quella “prevenire l’insorgenza” (Cass. pen. sez. VI, n. 8755 del 30/06/1978, D.P., CED Cass. 139556, relativa all’applicazione in tema di inosservanza di misure cautelari anticoleriche dettate con decreto ministeriale dopo la cessazione dell’infezione colerica). Tale interpretazione pareva a noi assolutamente sostenibile atteso che gli ordini dati dall’autorità erano proprio volti a impedire, contenere, evitare la diffusione o prevenirne l’insorgenza di una malattia infettiva. Ovviamente tale norma si sarebbe posta in termini di assoluta specialità con l’art. 650 c.p.  e quindi sarebbe prevalsa ex art. 15 c.p. trattandosi di concorso apparente di norme. Infatti per speciale s’intende  proprio quella norma che contiene tutti gli elementi compresi nella fattispecie generale, più ulteriori elementi specifici. Ebbene non vi era dubbio che tra le due norme vi fosse quel rapporto tale che, se mancasse la norma speciale, la fattispecie sarebbe ricompresa nella norma generale. Infatti ove non ci fosse  stato il 260 si sarebbe dovuto applicare  il 650. Peraltro, come se non bastasse questa considerazione, è l’art. 650 stesso a prevedere una clausola di esclusione: salvo che il fatto non costituisca più grave reato. L’art. 260 TULS prevedendo un trattamento sanzionatorio più severo doveva inequivocabilmente considerarsi reato più grave.

 

L’applicazione di detta norma sin da subito avrebbe consentito inoltre di fornire mezzi di contrasto meno spuntati agli operatori che effettuavano i controlli in quanto prevedeva (prima del decreto 19) la pena dell’arresto sino a 4 mesi con ammenda sino a 400 euro. Poiché tali pene non sono alternative, l’eventuale trasgressore non potrebbe nemmeno fruire del beneficio dell’oblazione ex art. 162 bis c.p. che, come noto, può applicarsi solo ove il reato contravvenzionale preveda l’ammenda alternativa all’arresto e non nel caso di pene cumulative.

Ovviamente anche in questo caso, come detto parlando del 650 cp, il 260 del TULS poteva concorrere ex art. 81 con l’art. 495 o con l’art.496 del cp.

Ebbene questo era lo stato dell’arte e le considerazioni che si facevano prima del D.l. 25 marzo 2020 n.19.

 

8.ter. La depenalizzazione delle violazioni alle misure di contenimento. Le norme penali rimaste ancora in vigore e norme penali recuperate. Problematiche di diritto intertemporale.

 

Con il decreto legge n.19/2020 il Governo è intervenuto di nuovo sulla materia sia per porre ordine sull’argomento sia per evidenti esigenze di natura deflattiva atteso che le numerosissime denunce ex art. 650 derivanti dalla violazione delle misure di contenimento avrebbero intasato oltre modo le Procure effettuate dalle Forze di Polizia deputate ai controlli. Il metodo utilizzato è stato quello di depenalizzare le condotte ricadenti antecedentemente sotto l’art. 650 c.p. (con la sola eccezione della violazione della quarantena) prevedendo una sanzione amministrativa, salvo che il fatto non costituisca reato, da 400 a 3000 euro il cui procedimento dovrà seguire la disciplina di cui alle legge 689/81 cosi come previsto dall’art. 4 comma 3 del citato decreto. Ovviamente vengono fatti salvi i fatti che costituiscono più gravi reati, inoltre viene previsto il richiamo alla norma penale di cui all’art 260 TULS nel caso di violazione della quarantena. Il legislatore al fine di consentire un pagamento più effettivo e celere ha previsto il richiamo all’art. 202 comma 1, 2 e 2.1 del d.lgs 30 aprile 1992 n.285 (nuovo codice della strada), come modificato dal D.L 17 marzo 2020 n.18[43]. Pertanto sarà possibile accedere al PMR pagando la somma minima di euro 400, ove il pagamento avvenga entro 30 giorni la somma verrà diminuita del 30%. Poiché si applicano i principi generali della 689/81 il pagamento effettuato entro 60 giorni estinguerà il procedimento ammnistrativo, lo stesso effetto si avrà naturalmente ove il pagamento sia effettuato entro i 30 giorni dalla contestazione o dalla notifica significando che in questo caso il trasgressore potrà avvalersi della riduzione prevista. Nel caso in cui il trasgressore non effettui il PMR nei termini previsti l’ente accertatore dovrà compilare rapporto all’autorità deputata all’irrogazione della sanzione finale che viene individuata nel prefetto. Ovviamente qualora la trasgressione sia legata alla violazioni di provvedimenti emanati da autorità diverse dalla Stato (regioni) che il D.L fa salvi, l’ente accertatore si individuerà nell’autorità che ha emesso quel provvedimento.  Sono previste sanzioni accessorie qualora la violazione riguardi i casi di cui all’art. 1 comma 2 lettere i), m) p),u), z) e aa). In questo caso il riferimento è alle attività economiche chiuse o a quelle aperte in deroga ove non rispettino le disposizioni. La sanzione è aumentata sino ad un terzo se il fatto è commesso con l’uso di un veicolo. In caso di recidiva la sanzione amministrativa è raddoppiata e quella accessoria è applicata nella misura massima. Giova precisare che, secondo autorevole dottrina, c per aversi recidiva occorre che il procedimento amministrativo di irrogazione della sanzione sia stato già definito con ordinanza ingiunzione dall’autorità competente ad irrogare la sanzione e non già ove sia stato definito con PMR[44]. Il riferimento è all’art. 8 bis della 689/81 che prevede espressamente che la reiterazione debba essere accertata con provvedimento esecutivo.

Molto interessanti dal punto di vista pratico e dogmatico le questioni di diritto intertemporale che si pongono o meglio che si sarebbero potuto porre se non fossero state previste apposite disposizioni. Innanzitutto la depenalizzazione delle violazioni delle misure di contenimento siccome integranti il precetto dell’art. 650 c.p. comporterà l’archiviazione di tutti i procedimenti penali relativi perché il fatto non è più previsto come reato. In questo caso il legislatore, a nostro avviso, va ad incidere sull’art. 2 comma 4 del c.p. Tale norma infatti prevede un’eccezione al principio di irretroattività della norma penale più favorevole nel caso in cui la legge favorevole posteriore vada ad incidere su norme di natura eccezionale o temporanee come nel caso in esame. Ne sarebbe derivato che sino al 25 marzo i procedimenti penali ex art. 650 sarebbero rimasti in piedi proprio perché esclusi dal beneficio in assenza di norme che disponessero il contrario. Le violazioni successive al 25 marzo invece sarebbero rimaste assoggettate alla sanzione amministrativa. Questa evidente discrepanza tra chi avesse commesso la violazione prima e chi l’avesse commessa dopo è stata per fortuna risolta dal Governo in veste di Legislatore che al comma 8 dell’art. 4 del D.L. ha esteso le sanzioni amministrative anche alle violazioni commesse antecedentemente all’entrata in vigore del decreto (tranne per le violazioni della quarantena). In questo caso però la sanzione da applicare sarà soltanto quella minima di 200 euro. Pertanto le procure dopo aver accertato che le condotte non saranno più ascrivibili al 650 del c.p. nell’archiviare i procedimenti dovranno restituire gli atti del procedimento penale all’ente accertatore che dovrà effettuare un nuovo accertamento e ed effettuare la contestazione a mezzo notifica.

Il decreto, come visto, ha fatto salve alcune violazioni che continuano a rimanere fattispecie penali. Infatti, se per quanto riguarda le violazioni di cui agli art. 495 e 496 del c.p. relativamente alle falsità commesse mediante il modulo di autodichiarazione le norme relative rimangono immutate, il Legislatore governativo ha escluso l’estensione della disciplina sanzionatoria amministrativa per le violazioni della quarantena rinviando all’art. 260 tuls prevedendo nel contempo un trattamento sanzionatorio più severo.

Il decreto infatti riesuma l’art. 260 del TULS (R.D. 27 luglio 1934, n. 1265) con ciò aderendo completamente all’interpretazione della Procura di Genova e da noi fatta propria nel paragrafo che precede. Nello specifico il comma 6 dell’art. 4 del decreto 19 prevede che, salvo che il caso non costituisca la violazione dell’art. 452 c.p. (epidemia colposa) alle violazioni della quarantena si applicheranno le disposizioni dell’art. 260 TULS Nell’occasione si va ad incidere sul trattamento sanzionatorio che viene aumentato prevedendosi la pena dell’arresto da 3 a 18 mesi (invece dei precedenti 3 mesi) e prevedendosi in aggiunta l’ammenda da 500 a 5000 euro e quindi anche in questo caso non ablazionabile. A questo punto occorrerà risolvere le delicate questioni di diritto intertemporale che si pongono. E’evidente che questa norma non potrà operare per il futuro, ma quid iuris per le condotte antecedenti di violazione della quarantena? Ebbene riteniamo che poiché il legislatore ha ritenuto di dover escludere le sanzioni di cui alla lettere e) dell’art. 1 del D.L. 25 marzo 2020 n.19 dalla depenalizzazione la violazione della quarantena anche per le condotta antecedenti al 26 di marzo debbano avere rilevanza penale. Ne deriva pertanto che alle stesse non potrà applicarsi la sanzione amministrativa nella misura di 200 euro ma la sanzione penale che, a questo punto, non potrà essere che quella di cui all’art. 650 c.p.  (come inizialmente previsto) ma quella del  260 tuls avendo il legislatore aderito all’impostazione proposta per  la prima  volta dalla Procura di Genova. Tuttavia in questo caso opererà direttamente l’art. 2 del c.p. con la conseguenza che si applicherà la sanzione meno severa prevista dal 260 tuls, prima dell’intervento del D.L. che ha inasprito la pena, in virtù del principio dell’irretroattività della legge penale più sfavorevole.

Pertanto solo le condotte successive al decreto andranno ad integrare l’art. 260 tuls, nella nuova formulazione con sanzione penale più severa, sempre che non vi sia  stata diffusione del contagio nel caso, sia prima che dopo, interverrebbe l’art. 452 c.p.

  1. Considerazioni finali.

Quando alcuni giorni fa si è iniziato questo lavoro si è cercato semplicemente di porre ordine a quelle che erano le prime misure di contenimento del contagio. Mai e poi mai si era pensato che il succedersi quasi schizofrenico di ulteriori ed innumerevoli decreti, decretini, ordinanze e circolari aggiuntive avrebbero imposto la continua rilettura e modifica quasi quotidiana di questo lavoro. Lo stesso Viminale, a fronte dei quasi quotidiani aggiornamenti, è stato costretto a rimaneggiare per diverse volte il modello di autocertificazione (rectius autodichiarazione) rilasciato per favorire i controlli su strada e per venire incontro alle esigenze dei cittadini.

Per questi motivi si è cercato per quanto possibile di ordinare ed incastonare tutte le misure di contrasto adottate a livello centrale e locale, per come si sono succedute cronologicamente, pertanto è inevitabile che tale complesso lavoro possa in alcune parti peccare di sistematicità. Nell’attesa di un auspicabile riordino normativo e provvedimentale in una sorta di Testo Unico delle misure di contrasto al corona virus, si è cercato di dare una lettura dettata soprattutto da esigenze operative non disdegnando valutazioni giuridiche in punto di diritto. Infatti, a fronte dell’enorme emergenza sanitaria che il nostro Paese sta vivendo in questi giorni, definita la crisi più profonda dal dopoguerra, oltre alle indispensabili attività di prevenzione da parte dell’Autorità governativa, vi è l’estrema necessità di una maggiore informazione sul piano giuridico che solo una interpretazione autentica può offrire soprattutto per quanto riguarda le sanzioni per chi violi i provvedimenti di contenimento dell’autorità.  Riteniamo infine che la scelta del legislatore di affidarsi all’art. 650 appaia, oltre che sbagliata in termini di politica criminale, anche giuridicamente non corretta. E’ assolutamente indispensabile che in sede di conversione dei D.L. si possa optare per una soluzione ad hoc possibilmente di natura amministrativa per non intasare oltre modo le procure ma che sia, nel contempo, improntata a canoni di severità prevedendo ammende salate ed un procedimento amministrativo snello.

Maggiore chiarezza, maggiore precisione, maggiore uniformità questo si chiede. L’emergenza ci ha tolto tante libertà ma non potrà mai e poi mai toglierci il ragionare di “diritto”.

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Note

 

[1] Convertito con modificazioni con legge 5 marzo 2020 n.13 pubblicato sulla G.U. del 9 marzo 2020 in vigore dal 24 marzo 2020. Si segnala infine la disposizione introdotta dall’art. 3, punto 5), della legge 5 marzo 2020, n. 13 di conversione del decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6, ai sensi del quale al personale delle Forze armate impiegato, previo provvedimento del Prefetto competente, per assicurare l’esecuzione delle misure di contenimento di cui agli articoli 1 e 2 del suddetto decreto, è attribuita la qualifica di agente di pubblica sicurezza.

[2] Art. 9

Procedimenti amministrativi di competenza delle Autorita’ di pubblica   sicurezza

  1. A decorrere  dalla  data  di  entrata  in  vigore  del  presente decreto, al fine di consentire la piena utilizzazione  del  personale della Polizia di Stato, sono sospesi per la durata di trenta giorni:  a) i termini per la conclusione dei  procedimenti  amministrativi relativi al rilascio delle autorizzazioni,  comunque  denominate,  di competenza del Ministero dell’interno e delle Autorita’ provinciali e locali di  pubblica  sicurezza  in  materia  di  armi,  munizioni  ed esplosivi,  esercizi  di  giochi  e  scommesse,  agenzie  di  affari, fabbricazione e commercio di oggetti preziosi, istituti di  vigilanza e investigazione privata,  soggiorno  degli  stranieri,  nonche’  dei procedimenti amministrativi concernenti le iscrizioni nei registri  o negli elenchi previsti per l’esercizio di servizi  di  controllo  nei luoghi di  pubblico  spettacolo  e  trattenimento  o  negli  impianti sportivi;    b) i termini  per  la  presentazione  della  richiesta  di  primo rilascio  e  del  rinnovo  del  permesso   di   soggiorno   previsti, rispettivamente,  in  otto  giorni  lavorativi  dall’ingresso   dello straniero nel territorio dello Stato  e  in  almeno  sessanta  giorni prima della scadenza o nei sessanta giorni successivi alla  scadenza, ai sensi dell’articolo 5, commi 2 e 4, e dell’articolo 13,  comma  2, lettera b), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

[3] sono esclusi dal provvedimento i soggetti condannati per i delitti indicati dall’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario, coloro che siano stati condannati per corruzione e concussione, i detenuti sottoposti a regime di sorveglianza particolare, i delinquenti abituali, professionali o per tendenza, i detenuti che siano privi di un domicilio effettivo ed idoneo anche in relazione alle esigenze di tutela delle persone offese da reato.

[4] In realtà, mentre si scrive, il decreto del 23 febbraio è stato già approvato con modifiche mentre quello del 28 febbraio è stato trasmesso alla Camera per la prima lettura, i successivi  D.L dovranno essere a breve calendarizzati.

[5] Nella Regione Lombardia comuni di Bertonico, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione D’Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano,  Somaglia, Terranova dei Passerini..  Nella Regione Veneto: Vo’.

[6] Ipermercati, Supermercati, Discount di alimentari, Minimercati ed altri esercizi  non  specializzati  di  alimentari vari, Commercio al dettaglio di prodotti surgelati, Commercio al dettaglio in esercizi non specializzati di computer, periferiche, attrezzature per le telecomunicazioni,  elettronica  di consumo audio e video, elettrodomestici,  Commercio al dettaglio di prodotti alimentari, bevande e  tabacco in esercizi specializzati (codici ateco: 47.2), Commercio al dettaglio di carburante per autotrazione in esercizi specializzati

Commercio al dettaglio  apparecchiature  informatiche  e  per  le telecomunicazioni (ICT)  in  esercizi  specializzati,   Commercio al dettaglio di  ferramenta,  vernici,  vetro  piano  e materiale elettrico e termoidraulico,  Commercio al dettaglio di articoli igienico-sanitari,  Commercio al dettaglio di articoli per l’illuminazione, Commercio al dettaglio di giornali, riviste e periodici, Farmacie,  Commercio  al  dettaglio  in  altri  esercizi  specializzati   di medicinali non soggetti a prescrizione medica,  Commercio al dettaglio  di  articoli  medicali  e  ortopedici  in esercizi specializzati,  Commercio al dettaglio di articoli di  profumeria,  prodotti  per toletta e per l’igiene personale, Commercio al dettaglio di piccoli animali domestici, Commercio al dettaglio di materiale per ottica e fotografia  Commercio al dettaglio di combustibile per uso  domestico  e  per riscaldamento,  Commercio al dettaglio di  saponi,  detersivi,  prodotti  per  la lucidatura e affini,  Commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di  prodotto  effettuato via internet,  Commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di  prodotto  effettuato per televisione,  Commercio  al  dettaglio  di  qualsiasi  tipo  di  prodotto   per corrispondenza, radio, telefono, Commercio effettuato per mezzo di distributori automatici.

[7]SERVIZI PER LA PERSONA

Lavanderia e pulitura di articoli tessili e pelliccia, attivita’ delle lavanderie industriali.  Altre lavanderie, tintorie. Servizi di pompe   funebri e attività connesse.

[8] Ordinanza del 20 marzo 2020 (Ulteriori misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale)  che consta di due articoli:

Art. 1. Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 sono adottate, sull’intero territorio nazionale, le ulteriori seguenti misure: a) è vietato l’accesso del pubblico ai parchi, alle ville, alle aree gioco e ai giardini pubblici; b) non è consentito svolgere attività ludica o ricreativa all’aperto; resta consentito svolgere individualmente attività motoria in prossimità della propria abitazione, purché comunque nel rispetto della distanza di almeno un metro da ogni altra persona; c) sono chiusi gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, posti all’interno delle stazioni ferroviarie e lacustri, nonché nelle aree di servizio e rifornimento carburante, con esclusione di quelli situati lungo le autostrade, che possono vendere solo prodotti da asporto da consumarsi al di fuori dei locali; restano aperti quelli siti negli ospedali e negli aeroporti, con obbligo di assicurare in ogni caso il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro; d) nei giorni festivi e prefestivi, nonché in quegli altri che immediatamente precedono o seguono tali giorni, è vietato ogni spostamento verso abitazioni diverse da quella principale, comprese le seconde case utilizzate per vacanza.

Art. 2 (Disposizioni finali) 1. Le disposizioni della presente ordinanza producono effetto dalla data del 21 marzo 2020 e sono efficaci fino al 25 marzo 2020. 2. Le disposizioni della presente ordinanza si applicano alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e lee le relative norme di attuazione.

[9] Ordinanza della Giunte regionale della Lombardia del 21 marzo 2020.

[10] Dcpm 22 marzo 2020. Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull’intero territorio nazionale. (20A01807) (GU Serie Generale n.76 del 22-03-2020)

[11] 01 Coltivazioni agricole e produzione di prodotti animali; 03 Pesca e acquacoltura; 05 Estrazione di carbone; 06 Estrazione di petrolio greggio e di gas naturale; 09.1 Attività dei servizi di supporto all’estrazione di petrolio e di gas naturale; 10 Industrie alimentari

11 Industria delle bevande;; 13.96.20 Fabbricazione di altri articoli tessili tecnici ed industriali ,13.94 Fabbricazione di spago, corde, funi e reti; 3.95 Fabbricazione di tessuti non tessuti e di articoli in tali materie (esclusi gli articoli di abbigliamento); 14.12.00 Confezioni di camici, divise e altri indumenti da lavoro; 16.24.20 fabbricazione di imballaggi in legno; 17 Fabbricazione di carta; 18 Stampa e riproduzione di supporti registrati; 19 Fabbricazione di coke e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio; 20 Fabbricazione di prodotti chimici; 21 Fabbricazione di prodotti farmaceutici di base e di preparati farmaceutici; 22.1 Fabbricazione di articoli in gomma; 22.2 Fabbricazione di articoli in materie plastiche; 23.19.10 Fabbricazione di vetrerie per laboratori, per uso igienico, per farmacia;26.6 Fabbricazione di apparecchi per irradiazione, apparecchiature elettromedicali ed elettroterapeutiche; 27.1 Fabbricazione di motori, generatori e trasformatori elettrici e di apparecchiature per la distribuzione e il controllo dell’elettricita’;28.3 fabbricazione di macchine per l’agricoltura e la silvicoltura; 28.93 Fabbricazione di macchine per l’industria alimentare, delle bevande e del tabacco (incluse parti e accessori); 28.95.00 Fabbricazione di macchine per l’industria della carta e del cartone (incluse parti e accessori); 28.96 Fabbricazione di macchine per l’industria delle materie plastiche e della gomma (incluse parti e accessori); 32.50 Fabbricazione di strumenti e forniture mediche e dentistiche; 32.99.1 Fabbricazione di attrezzature ed articoli di vestiario protettivi di sicurezza;32.99.4 Fabbricazione di casse funebri; 33 Riparazione e manutenzione installazione di macchine e apparecchiature;35 Fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata; 36 Raccolta, trattamento e fornitura di acqua 37 Gestione delle reti fognarie; 38 Attività di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti; recupero dei materiali; 39 Attività di risanamento e altri servizi di gestione dei rifiuti

42 Ingegneria civile; 43.2 Installazione di impianti elettrici, idraulici e altri lavori di costruzioni e installazioni; 45.2 Manutenzione e riparazione di autoveicoli; 45.3 Commercio di parti e accessori di autoveicoli; 45.4 Per la sola attività di manutenzione e riparazione di motocicli e commercio di relative parti e accessori; 46.2 Commercio all’ingrosso di materie prime agricole e animali vivi

46.3 Commercio all’ingrosso di prodotti alimentari, bevande e prodotti del tabacco; 46.46 Commercio all’ingrosso di prodotti farmaceutici; 46.49.2 Commercio all’ingrosso di libri riviste e giornali; 46.61 Commercio all’ingrosso di macchinari, attrezzature, macchine, accessori, forniture agricole e utensili agricoli, inclusi i trattori; 46.69.19 Commercio all’ingrosso di altri mezzi ed attrezzature da trasporto; 46.69.91 Commercio all’ingrosso di strumenti e attrezzature ad uso scientifico;46.69.94 Commercio all’ingrosso di articoli antincendio e infortunistici; 46.71 Commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi e lubrificanti per autotrazione, di combustibili per riscaldamento; 49 Trasporto terrestre e trasporto mediante condotte; 50 Trasporto marittimo e per vie d’acqua ,51 Trasporto aereo; 52 Magazzinaggio e attività di supporto ai trasporti;53 Servizi postali e attività di corriere; 55.1 Alberghi e strutture simili j (DA 58 A 63) Servizi di informazione e comunicazione K (da 64 a 66) Attività’ finanziarie e assicurative; 69 Attività legali e contabili; 70 Attività di direzione aziendali e di consulenza gestionale; 71 Attività degli studi di architettura e d’ingegneria; collaudi ed analisi tecniche; 72 Ricerca scientifica e sviluppo; 74 Attività professionali, scientifiche e tecniche; 75 Servizi veterinari; 80.1 Servizi di vigilanza privata; 80.2 Servizi connessi ai sistemi di vigilanza; 81.2 Attività di pulizia e disinfestazione; 82.20.00 Attività dei call center; 82.92 Attività di imballaggio e confezionamento conto terzi; 82.99.2 Agenzie di distribuzione di libri, giornali e riviste

84 Amministrazione pubblica e difesa; assicurazione sociale obbligatoria; 85 Istruzione; 86 Assistenza sanitaria; 87 Servizi di assistenza sociale residenziale 88 Assistenza sociale non residenziale; 94 Attività di organizzazioni economiche, di datori di lavoro e professionali; 95.11.00 Riparazione e manutenzione di computer e periferiche; 95.12.01 Riparazione e manutenzione di telefoni fissi, cordless e cellulari; 95.12.09 Riparazione e manutenzione di altre apparecchiature per le comunicazioni; 95.22.01 Riparazione di elettrodomestici e di articoli per la casa; 97 Attività di famiglie e convivenze come datori di lavoro per personale domestico.

 

[12] Art. 32 Funzioni di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria.

Il Ministro della sanità può emettere ordinanze di carattere contingibile e urgente, in materia di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria, con efficacia estesa all’intero territorio nazionale o a parte di esso comprendente più regioni. La legge regionale stabilisce norme per l’esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica, di vigilanza sulle farmacie e di polizia veterinaria, ivi comprese quelle già esercitate dagli uffici del medico provinciale e del veterinario provinciale e dagli ufficiali sanitari e veterinari comunali o consortili, e disciplina il trasferimento dei beni e del personale relativi. Nelle medesime materie sono emesse dal presidente della giunta regionale e dal sindaco ordinanze di carattere contingibile ed urgente, con efficacia estesa rispettivamente alla regione o a parte del suo territorio comprendente più comuni e al territorio comunale. Sono fatte salve in materia di ordinanze, di accertamenti preventivi, di istruttoria o di esecuzione dei relativi provvedimenti le attività di istituto delle forze armate che, nel quadro delle suddette misure sanitarie, ricadono sotto la responsabilità delle competenti autorità. Sono altresì fatti salvi i poteri degli organi dello Stato preposti in base alle leggi vigenti alla tutela dell’ordine pubblico.

[13] Art. 117.Interventi d’urgenza

  1. In caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Negli altri casi l’adozione dei provvedimenti d’urgenza, ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell’emergenza e dell’eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali.
  2. In caso di emergenza che interessi il territorio di più comuni, ogni sindaco adotta le misure necessarie fino a quando non intervengano i soggetti competenti ai sensi del comma 1.

[14] Dispositivo dell’art. 50 TUEL

  1. Il sindaco e il presidente della provincia sono gli organi responsabili dell’amministrazione del comune e della provincia.
  2. Il sindaco e il presidente della provincia rappresentano l’ente, convocano e presiedono la giunta, nonché il consiglio quando non è previsto il presidente del consiglio, e sovrintendono al funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti.

3.Salvo quanto previsto dall’articolo 107 essi esercitano le funzioni loro attribuite dalle leggi, dallo statuto e dai regolamenti sovrintendono altresì all’espletamento delle funzioni statali e regionali attribuite o delegate al comune e alla provincia.

  1. Il sindaco esercita altresì le altre funzioni attribuitegli quale autorità locale nelle materie previste da specifiche disposizioni di legge.
  2. In particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Le medesime ordinanze sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale, in relazione all’urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti, anche intervenendo in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche. Negli altri casi l’adozione dei provvedimenti d’urgenza ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell’emergenza e dell’eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali.
  3. In caso di emergenza che interessi il territorio di più comuni, ogni sindaco adotta le misure necessarie fino a quando non intervengano i soggetti competenti ai sensi del precedente comma.
  4. Il sindaco, altresì, coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell’ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d’intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine di armonizzare l’espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti.

7-bis. Il Sindaco, al fine di assicurare il soddisfacimento delle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti nonché dell’ambiente e del patrimonio culturale in determinate aree delle città interessate da afflusso particolarmente rilevante di persone, anche in relazione allo svolgimento di specifici eventi, o in altre aree comunque interessate da fenomeni di aggregazione notturna, nel rispetto dell’articolo 7 della legge 7 agosto 1.

[15] Sulle problematiche relative alle istituzioni di nuove zone rosse con ordinanza regionale si veda in proposito il paragrafo 5 bis.

[16] Ordinanza n. 17 e n.18 del 15.03.2020 della Giunta regionale della Campania che ha disposto il divieto di accesso e di allontanamento relativamente ai comuni di Ariano Irpino (AV) Sala Consilina, Caggiano, Polla e Atena Lucana (SA).

[17] Ordinanza n.10 della Giunta regionale della Calabria che ha disposto relativamente al comune di Montebello Jonico (RC): a) divieto di allontanamento dal territorio comunale da parte di tutti gli individui ivi presenti; b) divieto di accesso nel territorio comunale; c) sospensione delle attività degli uffici pubblici, fatta salva l’erogazione dei servizi essenziali e di pubblica utilità.

[18] Ordinanza del Presidente della Giunta regionale Abruzzo n.10 del 18 marzo 2020 che ha disposto il divieto di accesso e di allontanamento nei  comuni  della provincia di Teramo di Castel Messer Raimondo, Arsita, Bisenti, Montefino e Castilenti e, relativamente alla provincia di Pescara, di Elice.

[19] Ad oggi alcuni provvedimenti della Giunta campana paiono reggere almeno in sede di prima istanza cautelare. Infatti il Tar Campania, con il decreto cautelare monocratico depositato il 18 marzo 2020, ha infatti respinto l’istanza cautelare di sospensione dell’ordinanza del Presidente della Regione (del 13 marzo) e del Chiarimento (del 14 marzo) che non consentono, tra l’altro, l’attività sportiva all’aperto ritenendola non compatibile con esigenze sanitarie, perché visto «il rischio di contagio, ormai gravissimo sull’intero territorio regionale» ed il fatto che i «dati che pervengono all’Unità di crisi istituita con Decreto del Presidente:.della Giunta regionale della Campania, n. 45 del 6.3.2020 … dimostrano che, nonostante le misure in precedenza adottate, i numeri di contagio sono in continua e forte crescita nella regione» va data «prevalenza alle misure approntate per la tutela della salute pubblica» e fissa la trattazione collegiale per  «la camera di consiglio del 21 aprile 2020».  Attenzione però sui provvedimenti istitutivi di zona rossa  non si è ancora pronunciato alcun tribunale amministrativo nemmeno in via di cautela.

[20] cfr. Cons. Stato, VI°sez., 2/4/2001 n°2459, T.A.R. Sardegna 20/12/2001 n°1518

[21]Art. 35 D.L. 2 marzo 2020 n.9 A seguito dell’adozione delle misure statali di  contenimento  e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 non possono essere adottate e, ove adottate  sono  inefficaci,  le  ordinanze  sindacali contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l’emergenza predetta in contrasto con le misure statali. gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 non possono essere adottate e, ove adottate  sono  inefficaci,  le  ordinanze  sindacali contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l’emergenza predetta in contrasto con le misure statali.

Art.. 50 TUEL. Competenze del sindaco e del presidente della provincia.

Fonti → Testo unico degli enti locali → PARTE I – Ordinamento istituzionale → Titolo III – Organi → Capo I – Organi di governo del comune e della provincia.

  1. Il sindaco e il presidente della provincia sono gli organi responsabili dell’amministrazione del comune e della provincia.
  2. Il sindaco e il presidente della provincia rappresentano l’ente, convocano e presiedono la giunta, nonché il consiglio quando non è previsto il presidente del consiglio, e sovrintendono al funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti.
  3. Salvo quanto previsto dall’articolo 107essi esercitano le funzioni loro attribuite dalle leggi, dallo statuto e dai regolamenti e sovrintendono altresì all’espletamento delle funzioni statali e regionali attribuite o delegate al comune e alla provincia.
  4. Il sindaco esercita altresì le altre funzioni attribuitegli quale autorità locale nelle materie previste da specifiche disposizioni di legge.
  5. In particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Le medesime ordinanze sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale, in relazione all’urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti, anche intervenendo in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche. Negli altri casi l’adozione dei provvedimenti d’urgenza ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell’emergenza e dell’eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali.

[23] Medesimo ragionamento può farsi circa l’applicabilità dell’art. 117 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.  112.

[24] Art. 54 TUEL. Attribuzioni del sindaco di competenza statale.

Il sindaco, quale ufficiale del Governo, sovrintende:

  1. a) all’emanazione degli atti che gli sono attribuiti dalla legge e dai regolamenti in materia di ordine e sicurezza pubblica;
  2. b) allo svolgimento delle funzioni affidategli dalla legge in materia di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria;
  3. c) alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l’ordine pubblico, informandone preventivamente il prefetto.
  4. Il sindaco, nell’esercizio delle funzioni di cui al comma 1, concorre ad assicurare anche la cooperazione della polizia locale con le Forze di polizia statali, nell’ambito delle direttive di coordinamento impartite dal Ministro dell’interno – Autorità nazionale di pubblica sicurezza.
  5. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, sovrintende, altresì, alla tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e agli adempimenti demandatigli dalle leggi in materia elettorale, di leva militare e di statistica.
  6. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, [anche](1)contingibili e urgenti nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana. I provvedimenti di cui al presente comma sono preventivamente comunicati al prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione.

4-bis. I provvedimenti adottati ai sensi del comma 4 concernenti l’incolumità pubblica sono diretti a tutelare l’integrità fisica della popolazione, quelli concernenti la sicurezza urbana sono diretti a prevenire e contrastare l’insorgere di fenomeni criminosi o di illegalità, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, la tratta di persone, l’accattonaggio con impiego di minori e disabili, ovvero riguardano fenomeni di abusivismo, quale l’illecita occupazione di spazi pubblici, o di violenza, anche legati all’abuso di alcool o all’uso di sostanze stupefacenti.

  1. Qualora i provvedimenti dai sindaci ai sensi dei commi 1 e 4 comportino conseguenze sull’ordinata convivenza delle popolazioni dei comuni contigui o limitrofi, il prefetto indice un’apposita conferenza alla quale prendono parte i sindaci interessati, il presidente della provincia e, qualora ritenuto opportuno, soggetti pubblici e privati dell’ambito territoriale interessato dall’intervento.

5-bis. Il Sindaco segnala alle competenti autorità, giudiziaria o di pubblica sicurezza, la condizione irregolare dello straniero o del cittadino appartenente ad uno Stato membro dell’Unione europea, per la eventuale adozione di provvedimenti di espulsione o di allontanamento dal territorio dello Stato.

  1. In casi di emergenza, connessi con il traffico o con l’inquinamento atmosferico o acustico, ovvero quando a causa di circostanze straordinarie si verifichino particolari necessità dell’utenza o per motivi di sicurezza urbana, il sindaco può modificare gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d’intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, adottando i provvedimenti di cui al comma 4.
  2. Se l’ordinanza adottata ai sensi del comma 4 è rivolta a persone determinate e queste non ottemperano all’ordine impartito, il sindaco può provvedere d’ufficio a spese degli interessati, senza pregiudizio dell’azione penale per i reati in cui siano incorsi.
  3. Chi sostituisce il sindaco esercita anche le funzioni di cui al presente articolo.
  4. Al fine di assicurare l’attuazione dei provvedimenti adottati dai sindaci ai sensi del presente articolo, il prefetto, ove le ritenga necessarie, dispone, fermo restando quanto previsto dal secondo periodo del comma 4, le misure adeguate per assicurare il concorso delle Forze di polizia. Nell’ambito delle funzioni di cui al presente articolo, il prefetto può altresì disporre ispezioni per accertare il regolare svolgimento dei compiti affidati, nonché per l’acquisizione di dati e notizie interessanti altri servizi di carattere generale.
  5. Nelle materie previste dai commi 1 e 3, nonché dall’articolo 14, il sindaco, previa comunicazione al prefetto, può delegare l’esercizio delle funzioni ivi indicate al presidente del consiglio circoscrizionale; ove non siano costituiti gli organi di decentramento comunale, il sindaco può conferire la delega a un consigliere comunale per l’esercizio delle funzioni nei quartieri e nelle frazioni.
  6. Nelle fattispecie di cui ai commi 1, 3 e 4, nel caso di inerzia del sindaco o del suo delegato nell’esercizio delle funzioni previste dal comma 10, il prefetto può intervenire con proprio provvedimento.
  7. Il Ministro dell’interno può adottare atti di indirizzo per l’esercizio delle funzioni previste dal presente articolo da parte del sindaco.

[25] Roberto Garofoli- Giulia Ferrari. Manuale di diritto amministrativo VII edizione pag.69

[26] Vedi nota sub 14

[27]

[28] Direttiva n. 14606 del 08 03 2020

[29] Circolare 12 marzo 2020

[30] 1. All’articolo 3, comma 4, del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Salva l’applicazione delle sanzioni penali ove il fatto costituisca reato, la violazione degli obblighi imposti dalle misure di cui al comma 1 a carico dei gestori di pubblici esercizi o di attività commerciali è sanzionata altresì con la chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni. La violazione è accertata ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689, e la sanzione è irrogata dal Prefetto».

[31] circolare n.555- DOC/C/DIPPS/FUN/CTR/1351/ 20 del 10 marzo 2020 del Capo della Polizia-Direttore Generale della Pubblica Sicurezza

[32]  Inizialmente   su https://www.interno.gov.it/sites/default/files/allegati/modulo_autodichiarazione_10.3.2020.pdf    detto modulo è però stato sostituito:https://www.interno.gov.it/sites/default/files/allegati/modulo_autodichiarazione_17.3.2020.pdf. dopo il decreto del 23 marzo si è previsto un ulteriore modello scaricabile al seguente indirizzo: https://www.interno.gov.it/sites/default/files/allegati/nuovo_modello_autodichiarazione_23.03.2020_compilabile.pdf.

[33] Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministero della salute. Sono previste limitazioni in entrata in Italia tramite trasporto aereo, ferroviario, marittimo e stradale. Tutte le persone fisiche anche se asintomatiche sono tenute a comunicare immediatamente il proprio ingresso in Italia al Dipartimento di prevenzione e dell’azienda sanitaria competente per territorio e sono sottoposte alla sorveglianza sanitaria e all’isolamento fiduciario per un periodo di quattordici giorni. In caso di insorgenza di sintomi di COVID-19 sono tenute a segnalarlo tempestivamente all’Autorità sanitaria. Sono previste delle deroghe per comprovate esigenze lavorative e per un tempo non superiore alle 72 ore, salvo ulteriore proroga di 48 ore. Tale esigenza verrà attestata mediante una autocertificazione.

[34] Articolo 46 DPR 445/2000 (R) Dichiarazioni sostitutive di certificazioni (1) 1. Sono comprovati con dichiarazioni, anche contestuali all’istan-za, sottoscritte dall’interessato e prodotte in sostituzione delle normali certificazioni i seguenti stati, qualità personali e fatti: a) data e il luogo di nascita; b) residenza; c) cittadinanza; d) godimento dei diritti civili e politici; e) stato di celibe, coniugato, vedovo o stato libero; f) stato di famiglia; g) esistenza in vita; h) nascita del figlio, decesso del coniuge, dell’ascendente o discendente; i) iscrizione in albi, registri o elenchi tenuti da pubbliche amministrazioni; l) appartenenza a ordini professionali; m) titolo di studio, esami sostenuti; n) qualifica professionale posseduta, titolo di specializzazione, di abilitazione, di formazione, di aggiornamento e di qualificazione tecnica; o) situazione reddituale o economica anche ai fini della concessione dei benefici di qualsiasi tipo previsti da leggi speciali; p) assolvimento di specifici obblighi contributivi con l’indicazione dell’ammontare corrisposto; q) possesso e numero del codice fiscale, della partita IVA e di qualsiasi dato presente nell’archivio dell’anagrafe tributaria; r) stato di disoccupazione; s) qualità di pensionato e categoria di pensione; t) qualità di studente; u) qualità di legale rappresentante di persone fisiche o giuridiche, di tutore, di curatore e simili; v) iscrizione presso associazioni o formazioni sociali di qualsiasi tipo; z) tutte le situazioni relative all’adempimento degli obblighi militari, ivi comprese quelle attestate nel foglio matricolare dello stato di servizio; aa) di non aver riportato condanne penali e di non essere destinatario di provvedimenti che riguardano l’applicazione di misure di sicurezza e di misure di prevenzione, di decisioni civili e di provvedimenti amministrativi iscritti nel casellario giudiziale ai sensi della vigente normativa; (2); bb) di non essere a conoscenza di essere sottoposto a procedimenti penali; bb-bis) di non essere l’ente destinatario di provvedimenti giudiziari che applicano le sanzioni amministrative di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231; (3) cc) qualità di vivenza a carico; dd) tutti i dati a diretta conoscenza dell’interessato contenuti nei registri dello stato civile; ee) di non trovarsi in stato di liquidazione o di fallimento e di non aver presentato domanda di concordato.(R)

[35] Articolo 47 (R) Dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà 1. L’atto di notorietà concernente stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell’interessato è sostituito da dichiarazione resa e sottoscritta dal medesimo con la osservanza delle modalità di cui all’articolo 38. (R) 2. La dichiarazione resa nell’interesse proprio del dichiarante può riguardare anche stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza. (R) 3. Fatte salve le eccezioni espressamente previste per legge, nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati, le qualità personali e i fatti non espressamente indicati nell’articolo 46 sono comprovati dall’interessato mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà. (R) 4. Salvo il caso in cui la legge preveda espressamente che la denuncia all’Autorità di Polizia Giudiziaria è presupposto necessario per attivare il procedimento amministrativo di rilascio del duplicato di documenti di riconoscimento o comunque attestanti stati e qualità personali dell’interessato, lo smarrimento dei documenti medesimi è comprovato da chi ne richiede il duplicato mediante dichiarazione sostitutiva

[36] Circolare del Capo di Gabinetto del Ministro del 24 marzo 2020

[37] Ovviamente al netto di eventuali ordinanze di altre autorità che lo vietino.

[38] Ad es ordinanze dei sindaci di Pescara e Montesilvano del 19 marzo 2020 che sono pressoché speculari e che, oltre a vietare qualsiasi tipo di attività motoria, limitano fortemente ancora di più gli spostamenti per esigenze di necessità prevedendo limiti spaziali ben definiti (400 m per le esigenze fisiologiche degli animali di affezione e 1000 m per la spesa.

[39] Art. 162 bis c.p. Nelle contravvenzioni(1) per le quali la legge stabilisce la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda, il contravventore può essere ammesso a pagare, prima dell’apertura del dibattimento, ovvero prima del decreto di condanna, una somma corrispondente alla metà del massimo della ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa, oltre le spese del procedimento(2).

[40] Infatti, il decreto legge 23 febbraio 2020 n.6 prevede delle nuove sanzioni per i gestori degli esercizi commerciali che non rispettino le regole. Non si vede perché non si sia previsto una norma più punitiva anche per i privati cittadini che violano le prescrizioni date per il contenimento del contagio.

[41] Si veda in proposito la nota relativa alla circolare 12 marzo 2020.

[42] Tale circostanza ovvero di non essere in regime di quarantena e di non essere positivo al COVID-19 andrà esplicitata nel  nuovo modulo di autodichiarazione del 17 marzo 2020. Si veda nota 14.

[43] Tale norma ha esteso il termine di pagamento ridotto al 30% portandolo da 5 a 30 giorni.

[44] Calesini, leggi di pubblica sicurezza ed illeciti amnistrativi, ed. laurus robuffo.

Francesco Costantini

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