Alcune osservazioni su dati recenti in tema di arbitrato nei contratti pubblici

Redazione 30/07/20

di Ilaria Lombardini*

* PhD

Sommario

1. Considerazioni introduttive

2. L’attuale situazione di impasse in cui versa l’arbitrato amministrato dalla Camera arbitrale per i contratti pubblici in Italia

3. Rassegna di dati recenti in tema di arbitrato nei contratti pubblici alla luce della Relazione annuale 2019 (del 2 luglio 2020) presentata alla Camera dei Deputati dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC)

4. Brevi rilievi conclusivi

1. Considerazioni introduttive

Con il d.lgs. n. 50 del 2016, su cui non hanno sostanzialmente inciso né il Decreto correttivo n. 56 del 2017 né il d.l. n. 32/2019 (cd. Decreto sblocca cantieri, coordinato con la legge di conversione n. 55/2019)[1], l’arbitrato nei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture sembra essere finalmente approdato in un porto più sicuro[2]. Le novità apportate nel 2019 al regime giuridico dei contratti pubblici di appalto, introdotte principalmente con il c.d. “Decreto sblocca cantieri”, non hanno infatti riguardato, se non in misura marginale, l’ambito dei metodi alternativi di risoluzione delle controversie insorte nella specifica materia, e comunque non è risultato in alcun modo direttamente modificato l’istituto arbitrale[3].

L’attuale assetto dell’arbitrato nel nuovo codice dei contratti pubblici (artt. 209 e 210 d. lgs. n. 50 del 2016) si connota, soprattutto, per due aspetti salienti: delinea in primo luogo un arbitrato obbligatoriamente amministrato dalla Camera arbitrale per i contratti pubblici, istituita presso l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), in quanto organo ausiliario della citata Autorità [4]. Dunque si configura un unico modello di arbitrato, più precisamente un arbitrato in cui le parti non possono più optare per l’arbitrato ad hoc e il presidente del collegio composto da tre arbitri è nominato sempre dalla Camera arbitrale di cui all’art. 210 (e non solo invece, come avveniva in base alla normativa previgente – ex art. 241, comma 15, del d. lgs n. 163 del 2006 e s.m. – quando le parti non si accordavano sulla designazione del terzo arbitro presidente del collegio arbitrale, per cui operava la devoluzione alla Camera arbitrale, in via sussidiaria, del compito di designare il terzo arbitro, scelto tra gli iscritti in un apposito albo tenuto dalla Camera arbitrale per i contratti pubblici, e l’arbitrato era amministrato dalla medesima Camera arbitrale, ex artt. 242 e 243, d. lgs. n. 163 del 2006 e s.m.) [5]. Inoltre il nuovo codice dei contratti pubblici configura un arbitrato previamente autorizzato. In proposito l’art. 209, comma 3, d. lgs. n. 50 del 2016 recita infatti: “È nulla la clausola compromissoria inserita senza autorizzazione nel bando o nell’avviso con cui è indetta la gara ovvero, nelle procedure senza bando nell’invito. La clausola è inserita previa autorizzazione motivata dell’organo di governo o dell’amministrazione aggiudicatrice”.

Aspetti meno salienti, ma non per questo secondari, concernono il procedimento di nomina degli arbitri (conferma della designazione e nomina dei due arbitri di parte, oltre che di designazione e nomina del presidente del collegio, ad opera della Camera arbitrale per i contratti pubblici, con il corollario della disciplina di iscrizione all’albo degli arbitri e dei periti camerali) e la questione dei costi arbitrali, senza dimenticare che l’art. 209, comma 10, c.c.p., rinvia, per quanto non espressamente regolamentato sull’arbitrato nello stesso codice dei contratti pubblici al codice di procedura civile.

Per quanto attiene al primo aspetto, quello della nomina degli arbitri, poiché per risolvere una controversia in cui è parte una pubblica amministrazione la designazione deve avvenire nel rispetto dei principi di pubblicità e rotazione e nel rispetto delle norme contenute nel nuovo codice dei contratti pubblici, la Camera arbitrale [6] allo scopo di assicurare un’equa rotazione degli incarichi conferiti dalla medesima per la nomina a terzo arbitro, presidente del collegio, ha previsto una “Procedura informatica per la nomina del terzo arbitro”, con rigorose procedure di sorteggio.

Con riferimento al secondo profilo, quello dei costi, in particolare dei compensi agli arbitri (art. 209, comma 16, codice dei contratti pubblici), si tenta di calmierarli, soprattutto per l’arbitro di parte pubblica, individuato, per motivi di contenimento di spesa, tra i dirigenti pubblici qualora la controversia abbia luogo tra due pubbliche amministrazioni, e “preferibilmente” tra i dirigenti pubblici qualora la controversia si svolga tra una pubblica amministrazione e un privato (art. 209, comma 5, c.c.p.) [7]. Sulla stessa linea di tendenza di contenimento dei costi, si pone il Decreto 31/01/2018 del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti [8], rubricato “Determinazione dei limiti dei compensi del collegio arbitrale”. Tale decreto, costituito da due articoli, è entrato in vigore il 1° maggio 2018 e da tale data sostituisce l’art. 10, commi da 1 a 6 e la tariffa allegata del d.m. 2/12/2000, n. 398. Il tetto massimo di compensi per l’intero collegio arbitrale, comprensivo dell’eventuale compenso per il segretario, non può superare i 100.000 euro (come già previsto dall’art. 209, comma 16, d. lgs. n. 50/2016), ma si aggiunge che il compenso massimo per l’ultimo e più elevato scaglione (gli scaglioni sono stati ridotti da 8 a 5) passa da 500.000.000 di lire (circa 240.000 euro) a un massimo di 100.000 euro, con una condivisibile scelta normativa di limitare i compensi arbitrali, eccessivi, che costituivano un disincentivo per le parti, specialmente per la pubblica amministrazione (spesso soccombente in giudizio, soprattutto in passato), ad avvalersi dell’istituto dell’arbitrato nei contratti pubblici.

Al sopra citato Decreto 31/01/2018 del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti la Camera arbitrale ha dato immediata attuazione successivamente alla sua entrata in vigore nell’aprile 2018, ponendo fine al regime di diritto transitorio previsto sul punto dei compensi dei collegi arbitrali dal Codice, fondato sulla permanenza in essere della disciplina stabilita nel d.m. 398/2000, riguardanti la fissazione di parametri e limiti, rispetto ai quali la Camera arbitrale aveva potuto constatare, tramite la presa in considerazione dei lodi e delle apposite ordinanze depositate presso la stessa Camera ai sensi di legge, “una prassi di elusione e superamento nella liquidazione dei compensi dei collegi arbitrali nominati per le procedure c.d. libere, oggetto di apposita segnalazione all’ANAC e alla Cabina di regia”[9].

In questo contesto, appare interessante l’osservazione dell’andamento delle liquidazioni dei compensi, che consente di evidenziare gli esiti dell’opera di razionalizzazione compiuta dalla Camera arbitrale a decorrere dal 2015 (si vedano i Comunicati n. 2 e 3 del 2015), e che a questo punto sembra aver determinato una situazione quasi normalizzata. “I compensi riconosciuti a favore dei collegi arbitrali dalla Camera arbitrale per i 4 lodi amministrati depositati e liquidati nel 2019 ammontano a 150,326,57 euro, per una media pari a 37.581,64 euro, a sua volta calcolata tenendo conto di un compenso minimo pari a 30.000 euro e di un compenso massimo pari a 42.000 euro; lo scostamento in diminuzione rispetto alle richieste dei collegi arbitrali è risultato complessivamente pari al 10,84%”[10].

Dunque, anche per questa parte si palesano con forza le opportunità offerte “da un meccanismo di unificazione delle procedure di arbitrato in materia e da operazioni di assestamento dei comportamenti conseguenti, idonei a favorire una attenta gestione pure di questo profilo dell’istituto arbitrale, conformemente, del resto, al criterio direttivo del contenimento dei costi del giudizio arbitrale sancito dalla l. n. 11/2016”. Infine con riguardo alle spese per il giudizio arbitrale (quasi sempre considerate in modo comprensivo dei compensi per il collegio arbitrale e delle altre voci di spesa), dai lodi amministrati depositati nel 2019 emerge che in un caso il riparto ha penalizzato la parte pubblica e in 3 casi è stato paritario tra le parti (nell’unico lodo “libero” depositato il riparto risulta anch’esso paritario). In altre parole, quindi, “l’imputazione al 50% delle spese è stata deliberata nel 75% circa dei giudizi nelle procedure amministrate, con una composizione in ampia misura corrispondente a quella dell’anno precedente”[11].

In via di corollario, credo sia interessante segnalare quanto stabilito dal recente Comunicato della Camera arbitrale numero 1 del 06 maggio 2020[12], rubricato Indicazione del valore della controversia ai fini della sua preliminare pubblicazione nel sito istituzionale e definitiva determinazione dello stesso per gli effetti di cui all’articolo 209, comma 12, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50″. In base a tale Comunicato:1. “Le parti del procedimento arbitrale sono tenute a cooperare con la Camera arbitrale ai fini della preliminare individuazione del valore della controversia deferita in arbitrato. In particolare:

– lett. a) chi agisce in arbitrato, contestualmente all’attivazione del relativo procedimento presso la Camera arbitrale, assolve all’onere di indicare il valore complessivo delle domande proposte;

– lett. b) chi resiste nell’ambito del procedimento arbitrale, con il deposito dell’atto di resistenza assolve contestualmente all’onere di indicare alla Camera arbitrale il valore complessivo delle domande riconvenzionali eventualmente proposte.

2. Ai fini della determinazione del valore delle domande, principali come riconvenzionali, rispettivamente indicate al precedente punto 1, le parti si attengono alla previsione dell’articolo 1, comma 5, del decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 31 gennaio 2018, e – pertanto – ai fini della quantificazione del loro complessivo valore, le domande riconvenzionali si sommano a quelle principali, mentre agli stessi fini non si computano quelle proposte in via subordinata o alternativa.

3. Con riferimento alla preliminare pubblicazione del valore della controversia nel sito istituzionale, la Camera arbitrale, salva l’ipotesi di errore manifesto, si conforma alle indicazioni delle parti, e comunque all’articolo 1, comma 5, del decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 31 gennaio 2018.

4. La Camera arbitrale predispone un modello standard utilizzabile dalle parti del procedimento arbitrale, mediante il quale chi agisce o resiste nel procedimento arbitrale indica il valore delle domande principali e/o delle riconvenzionali proposte.

5. La determinazione del valore della controversia nei termini rilevanti ai fini del versamento della somma di cui all’art. 209, comma 12, d.lgs. n. 50 del 2016, e quindi all’esito del giudizio arbitrale, compete esclusivamente agli arbitri. Gli stessi, laddove intendano discostarsi dalla indicazione di valore originariamente pubblicata sul sito istituzionale a termini del presente comunicato, avranno cura di motivare specificamente al riguardo. Nel caso in cui la determinazione di valore della controversia presenti un errore manifesto la Camera arbitrale lo segnala agli arbitri, in capo ai quali permane sempre la competenza in ordine alla rideterminazione.

6. Per il caso in cui gli arbitri pronuncino un lodo parziale che decide solo su una o più delle domande cumulativamente proposte, senza tuttavia definire il procedimento, essi sono tenuti alla corrispondente dichiarazione di valore per la parte decisa e, sulla scorta di questa, sarà esatto il pagamento ai sensi dell’articolo 209, comma 12, del d.lgs. n. 50 del 2016. Quella residualmente dovuta rispetto al valore della controversia, quindi, rimarrà esigibile nel momento in cui il procedimento arbitrale risulterà altrimenti definito. Qualora invece venga pronunciato un lodo non definitivo che nemmeno parzialmente definisca il procedimento, la dichiarazione di valore sarà successivamente resa in misura corrispondente alle domande decise. Rimane impregiudicata la necessità della dichiarazione di valore, cui segue l’esigibilità delle corrispondenti somme, nel momento in cui il procedimento arbitrale risulterà comunque definito.

7. Per il caso di una pronuncia arbitrale su domande subordinate non contestuale alla decisione di quelle azionate in via principale, e quindi per la specifica ipotesi in cui un lodo parziale abbia deciso solo rispetto alle domande proposte in via principale, la somma dovuta ai sensi dell’art. 209, comma 12, del d.lgs. n. 50 del 2016 – in coerenza alle indicazioni presenti all’art. 1, comma 5, del decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 31 gennaio 2018 – viene interamente ed esclusivamente determinata all’atto del deposito del lodo che decide su tali domande principali”, senza alcuna ulteriore considerazione del valore di quelle subordinate da decidere in seguito alla pronuncia del lodo parziale.

[1] Il testo del codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture: d.lgs. n. 50 del 18 aprile 2016 è stato pubblicato in G.U. Serie generale n. 91 del 20/04/2016 (Supplemento Ordinario n. 10). I successivi decreti – il d. lgs. 19 aprile 2017 n. 56, cd. “Decreto correttivo” del codice dei contratti pubblici (in G.U. Serie Generale n. 103 del 5 maggio 2017 – Suppl. Ordinario n. 22) e il recente d.l. 18 aprile 2019, n. 32, cd. “Decreto sblocca cantieri”, (in G.U., Serie generale – n. 92 del 18 aprile 2019), coordinato con la Legge di conversione 14 giugno 2019, n. 55, recante: “Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici” (in G.U. – Serie generale – n. 140 del 17 giugno 2019), art. 1 commi da 11 a 14 (Modifiche al codice dei contratti pubblici e sospensione sperimentale dell’efficacia di disposizioni in materia di appalti pubblici e in materia di economia circolare) non hanno cambiato la regolamentazione dell’istituto arbitrale in materia di contratti pubblici. Sull’arbitrato nel Codice dei contratti pubblici, per una visione complessiva, v. E. Odorisio, Composizione e costituzione del collegio arbitrale nel codice dei contratti pubblici, in Corr. giur., 2018, p. 885 ss.; v. anche E. Odorisio, Arbitrato rituale e “lavori pubblici”, Milano 2011, p. 660; I. Lombardini, L’arbitrato nel nuovo “codice dei contratti pubblici” (D. Lgs n. 50 del 2016), Riv. trim. dir. proc. civ., 2017, Parte I, p. 283-304 e Parte II, p. 713-734; I. Lombardini, Il difficile presente dell’arbitrato nei contratti pubblici e l’introduzione di altri nuovi rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale: il collegio consultivo tecnico (ex art. 1, commi 11-14 del d.l. 18 aprile 2019, n. 32 coordinato con la l. di conversione 14 giugno 2019, n. 55), in Riv. arb. 2019, p. 827 ss.; I. Lombardini, Quali nuove prospettive di riforma per l’arbitrato amministrato dalla Camera arbitrale per i contratti pubblici in Italia?, in Scritti in onore di Ada Pellegrini Grinover e José Carlos Barbosa Moreira, 2019, Tirant Lo Blanch, Brasil, p. 735 ss.

[2] Sul tema, si vis, per una disamina dell’istituto dell’arbitrato nei contratti pubblici alla luce della attuale normativa e della sua evoluzione storica, anche il mio, Il processo arbitrale nei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (Prima parte), in questa Rivista: Le pagine de L’Aula civile, n. 2/2020, p. 85 ss. e Il processo arbitrale nei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (Seconda parte), ivi, p. 95 ss.

[3] In tale cornice, “impegno prioritario della Camera arbitrale è stato quello di continuare ad assicurare una puntuale applicazione delle principali innovazioni introdotte in materia di arbitrato per i contratti pubblici dal Codice del 2016, specialmente dopo che le modifiche apportate con il decreto correttivo in punto di diritto intertemporale avevano impedito una indiscriminata estensione del regime di ultrattività del Codice del 2006 che avrebbe potuto minare la certezza, prevedibilità e credibilità complessiva del sistema”, così, testualmente, la recentissima Relazione annuale 2019 dell’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) alla Camera dei Deputati, Roma, 2 luglio 2020, in www.anticorruzione.it,p. 314 ss.

[4] Il Consiglio di Stato, con la pronuncia n. 1920/2016 (Cfr. Cons. Stato, Comm. spec., 14 settembre 2016, n. 1920, in www.giustizia-amministrativa.it), ha confermato la natura di Autorità indipendente dell’ANAC, sostenendo che la natura di Autorità amministrativa indipendente è conferita all’ANAC per la funzione di garanzia da essa espletata e per i delicati interessi sottostanti all’assetto degli appalti pubblici in conformità alle direttive comunitarie. Ne deriverebbe di riflesso l’indipendenza della Camera arbitrale, che dell’ANAC costituisce un organo ausiliario.

[5] Per una più ampia trattazione sia permesso rinviare, anche per la bibliografia ivi citata, a I. Lombardini, Sub artt. 242-243 c.c.p., in Commentario, Arbitrato, 2a ed., diretto da F. Carpi, Bologna, 2016, rispettivamente p. 429 ss., p. 465 ss.

[6] Comunicato n. 2 del 28 aprile 2016, in www.anticorruzione.it.

[7] Per le problematiche correlate alla nomina di soggetti legati da vincoli di dipendenza con la P.A., si rinvia a I. Lombardini, L’arbitrato nel nuovo “codice dei contratti pubblici” (D.Lgs. n. 50 del 2016), Parte I, cit., p. 299 ss., spec. p. 300.

[8] V. in G.U. Serie Generale n. 88 del 16 aprile 2018.

[9] Di recente, in questi termini v. la Relazione annuale 2019 dell’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) alla Camera dei Deputati, Roma, 2 luglio 2020, cit., p. 314 ss.

[10] Si consideri che “nei cinque anni immediatamente precedenti i dati rilevanti erano, rispettivamente, quanto a valore medio del compenso, pari nel 2018 a 25.357,40 euro, nel 2017 a 43.936,73 euro, nel 2016 a 40.504,53 euro, nel 2015 a 28.562,50 euro, nel 2014 a 32.974,14 euro, e quanto a scostamento in diminuzione, pari nel 2018 al 43,77%, nel 2017 al 38,47%, nel 2016 al 39,15%, nel 2015 al 53,40%, nel 2014 al 29,62%” (così, testualmente, v. la recentissima Relazione annuale 2019 dell’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) alla Camera dei Deputati, Roma, 2 luglio 2020, cit., p. 314 ss. Inoltre nella suindicata Relazione si registra che per quanto riguarda “i compensi per i consulenti tecnici d’ufficio, la normativa attualmente vigente sul punto (art. 209, comma 18, del d.lgs. 50/2016), confermando la disciplina precedente, dispone il rinvio agli articoli da 49 a 58 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al D.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002 e alla misura derivante dall’applicazione delle tabelle ivi previste, e sempre nella suindicata Relazione si segnala anche che “L’unica liquidazione a favore di consulente d’ufficio designato dalla Camera arbitrale disposta nel 2019 dalla Camera stessa ammonta a 9.851,73 euro; lo scostamento in diminuzione rispetto alla richiesta del consulente interessato è risultato pari al 50%. Nei cinque anni immediatamente precedenti i dati rilevanti erano, rispettivamente, quanto a valore medio del compenso, pari nel 2018 a 10.072,14 euro, nel 2017 a 13.719,29 euro, nel 2016 a 10.620,94 euro, nel 2015 a 10.584,75 euro, nel 2014 a 22.599,53 euro, e quanto a scostamento medio in diminuzione, pari nel 2018 al 64,74%, nel 2017 al 44,83%, nel 2016 al 64,54%, nel 2015 al 70,80%, nel 2014 al 21,12%. Rilevante è anche il dato concernente gli incrementi ultratabellari richiesti dai consulenti nel 2019 la richiesta, nella misura massima del 100%, non è stata accolta, mentre nel 2018 la richiesta, formulata in due casi nella misura massima del 100%, in un altro del 50%, aveva comportato la concessione dell’incremento solo in uno dei primi due casi, ma nella misura del 25%. Ed ancora, nel 2017 una richiesta su due (ma nella misura del 25%) era stata accolta, nessun incremento (su quattro richieste) era stato riconosciuto nel 2016, uno su quattro (nella misura del 40%) nel 2015, mentre nel 2014, in quasi tutti i casi (18 su 19 richieste) nei quali era stata avanzata richiesta di tale incremento, esso era stato riconosciuto (in 5 casi, inoltre, la richiesta era stata totalmente accolta, ma invero mai relativamente a richieste formulate nella misura massima)”.

[11] V. ancora, così la Relazione annuale 2019 dell’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) alla Camera dei Deputati, Roma, 2 luglio 2020, cit., p. 314 ss.

[12] V., in questi termini, il Comunicato della Camera arbitrale numero 1 del 06 maggio 2020 in www.anticorruzione.it.

2. L’attuale situazione di impasse in cui versa l’arbitrato amministrato dalla Camera arbitrale per i contratti pubblici in Italia

Di recente si è dibattuto sulle cause dell’ancora scarso (pur se nel tempo progressivamente incrementato) utilizzo dello strumento arbitrale in Italia (si pensi all’entità del contenzioso ordinario rispetto a quello arbitrale), e la problematica non riguarda di certo solo l’arbitrato amministrato dalla Camera arbitrale per i contratti pubblici [13]. Ci si interroga su quali siano le principali cause della difficoltà dell’arbitrato a diffondersi largamente nel nostro Paese. Si possono così sintetizzare: in primo luogo i costi elevati anche degli arbitrati amministrati, nonostante il calmieramento dei costi dell’arbitrato, imposto dalle camere arbitrali negli arbitrati amministrati, grazie ai quali si sono avute riduzione dei costi e certezza sin dall’inizio sull’entità degli stessi; “una insufficiente preparazione tecnico-giuridica specifica”; “carenze di garanzie di affidabilità degli arbitri sotto il profilo dell’indipendenza” (aspetto, quest’ultimo, che nell’arbitrato amministrato dalla Camera arbitrale per i contratti pubblici come disciplinato dal vigente codice per i contratti pubblici, d. lgs. n. 50 del 2016, appare più “controllato”) [14], la carenza di poteri cautelari degli arbitri (sequestri, provvedimenti d’urgenza, ecc.), o la mancanza del potere da parte degli arbitri di emettere, essi stessi, decreti ingiuntivi; l’assenza di rimedi alle statuizioni del lodo, se non nei limiti ristretti dell’art. 828 c.p.c.) [15].

Il problema dello scarso utilizzo dello strumento arbitrale è più accentuato in ambito di arbitrato per la soluzione di controversie in materia di esecuzione dei contratti pubblici, come già evidenziava la Relazione annuale 2014 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione alla Camera dei deputati sulla “Raccolta dei dati relativi alle attività della Camera arbitrale per l’anno 2014” [16].

E il cahier des doléances continua: nella Relazione annuale 2015, nella Relazione annuale 2016, nella Relazione annuale 2017, nonché nella Relazione annuale 2018 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, con il correlato Intervento del Presidente Raffaele Cantone, infatti i dati sono simili e la situazione non migliora [17].

Nella recente Relazione annuale del 2019 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) alla Camera dei Deputati (del 2 luglio 2020) si segnala che alcuni passi avanti sono stati fatti e la Camera arbitrale dei contratti pubblici, incardinata presso l’ANAC, “ha proseguito nell’azione di diffusione, con puntuali forme di pubblicità e trasparenza, dell’attività contrattuale delle pubbliche amministrazioni (ivi compreso l’eventuale momento del contenzioso), per il rafforzamento delle finalità istituzionali di integrità e di legalità in settori che presentano più alti gradi di rischio di fenomeni corruttivi. La Camera, pertanto, dopo aver disposto con il comunicato n. 1 del 2017[18], oltre alla pubblicazione dei dati relativi agli arbitrati, anche la pubblicazione integrale dei testi dei lodi depositati nel rispetto della disciplina della tutela della riservatezza dei dati personali, ha disposto la pubblicazione, a partire da gennaio 2019, previa opportuna revisione e informazione agli interessati, dell’albo degli arbitri; ciò al fine appunto di perseguire un livello di trasparenza sempre più elevato con riferimento all’attività della Camera stessa”.

Ci si chiede come risolvere il problema della sfiducia nello strumento arbitrale, e quindi del suo conseguente scarso utilizzo per risolvere le controversie insorte nella fase esecutiva degli appalti pubblici, un’esigenza a tutt’oggi sentita, dato che tale scarso utilizzo permane pure dopo la riforma dell’istituto contenuta nel codice dei contratti pubblici (d.lgs. 50/2016). Alla base vi è soprattutto una mancanza di fiducia che “è condivisa anche dallo Stato, che non ha simpatia per l’arbitrato che riguardi controversie in materia di opere pubbliche” [19], anche se, a ben vedere, si tratta di una sfiducia spesso ingiustificata, poiché, soprattutto nell’ambito specifico della soluzione di controversie in materia di contratti pubblici, l’arbitro può veramente essere un “giudice su misura” [20].

Nel caso specifico dell’arbitrato negli appalti pubblici scarsa trasparenza e “opacità” nonché casi di corruzione hanno inciso negativamente sull’utilizzo dell’istituto. Attualmente però il potere di conferma degli arbitri designati dalle parti attribuito alla Camera arbitrale, che si aggiunge alla designazione e nomina del presidente del collegio ad opera della medesima Camera arbitrale, soddisfacendo l’esigenza di trasparenza (in virtù del d. lgs. 50/2016 nel settore dei contratti pubblici e, più in generale, del d. lgs. 97/2016 nella pubblica amministrazione) dovrebbe ridurre i fenomeni di maladministration [21].

Né va dimenticata l’attività consultiva e “preventiva” che l’Autorità Nazionale Anticorruzione pone in essere nell’ambito dei contratti pubblici e per l’attuazione del codice dei contratti pubblici, spesso svolta sotto forma collaborativa con le amministrazioni pubbliche (si pensi, per esempio, alla verifica preventiva, su richiesta della stessa pubblica amministrazione, delle bozze degli atti di gara per appalti esposti a rischi corruttivi/ o di infiltrazioni criminali, o per infrastrutture strategiche).

[13] Sulla necessità di contemperare procedure chiare e trasparenti nella conduzione del procedimento arbitrale e nella rendicontazione delle spese, garantendo al contempo però al contempo la confidenzialità e la riservatezza v. C. Druetta, in Aa.Vv., Quinto rapporto annuale sull’arbitrato. L’impresa e il contenzioso: scegliere l’arbitrato, Atti del Convegno annuale organizzato dalla Corte Nazionale Arbitrale tenutosi a Roma il 19 giugno 2018, in Arbitrare, Quaderni della Corte Nazionale Arbitrale, Pisa, 2019, p. 66.

[14] Si pensi, infatti, al dettato del comma 4 sul richiesto requisito di indipendenza, al comma 6 del medesimo articolo 209 che elenca le situazioni di incompatibilità, al comma 7 dell’art. 210 sui soggetti che possono essere iscritti all’albo tenuto dalla Camera arbitrale per i contratti pubblici, al comma 10 art. 210 sul limitato periodo di iscrizione all’albo, al comma 11, art. 210 che fa salvi i casi di ricusazione di cui all’art. 815 c.p.c., al recente codice deontologico degli arbitri camerali di cui al Comunicato della Camera arbitrale numero 4 del 19 maggio 2016 (in www.anticorruzione.it), senza dimenticare che gli artt. 209 e 210 riservano anche alla Camera arbitrale per i contratti pubblici l’importante potere di conferma della designazione effettuata dalle parti e di nomina dei due arbitri di parte, oltre che di designazione e di nomina del presidente del collegio arbitrale. La Camera arbitrale assolve così una funzione di vigilanza e di controllo sui nominativi degli arbitri di parte scelti rispettivamente dalla P.A. e dall’impresa appaltatrice e, più in generale, sulla costituzione del collegio giudicante.

[15] V., sul punto, così R. Menoni, Relazione, in Corte nazionale arbitrale, Terzo rapporto annuale sull’arbitrato. Impugnazione e revisione del lodo arbitrale, in Arbitrare. Quaderni della Corte nazionale Arbitrale, Pisa, 2016, p. 16 s. Autorevole dottrina (P. Bernardini, Relazione, in Corte Nazionale Arbitrale, Terzo rapporto annuale sull’arbitrato. Impugnazione e revisione del lodo arbitrale, cit. pp. 41-45, spec. p. 42) sulla questione relativa alle cause della difficoltà dell’arbitrato a diffondersi sottolinea tre motivi che inducono a riflettere sulla differenza tra il nostro ordinamento sull’arbitrato e altri ordinamenti che attraggono arbitrati internazionali. Il primo è individuato nel numero dei motivi di ricorso per annullamento contro il lodo: dodici motivi di nullità del lodo rituale con la riforma italiana del 2006 (mentre la legge francese – anche dopo la riforma del 2011 – quella svizzera e quella svedese ne prevedono solo cinque, come la legge modello dell’Uncitral per l’arbitrato commerciale internazionale). Il secondo motivo va individuato nella giurisprudenza italiana troppo oscillante, una giurisprudenza che non favorisce la stabilità del lodo, diversamente da quanto accade nei Paesi più frequentemente sedi di arbitrato. Quanto al terzo motivo, come noto, ai sensi dell’art. 829 c.p.c. l’impugnazione del lodo per nullità è ammessa, “nonostante qualunque preventiva rinuncia”, nei casi elencati, dunque “non è possibile rinunciare preventivamente ai mezzi di ricorso contro il lodo”, diversamente da altri ordinamenti (Francia, Svizzera, Svezia) che ammettono tale possibilità allo scopo di favorire la stabilità del lodo arbitrale. Ma, su quest’ultimo punto, v. le perplessità espresse da altra autorevole dottrina, che si chiede “quale parte è sicura quando stipula l’accordo compromissorio che vincerà l’arbitrato e quindi disposta a radicare l’arbitrato in un Paese in cui non avrà poi la garanzia del controllo impugnatorio?” “È ovvio dunque che la soluzione normativa più ragionevole e diffusa nei vari ordinamenti sia quella cui è definitivamente approdato il nostro legislatore del 2006, e cioè: non si controlla di fronte al giudice statuale il lodo perché è errato nel merito, in fatto o in diritto, lo si toglie di mezzo se e perché è un lodo nullo” (A. Briguglio, Relazione, in Corte Nazionale Arbitrale, Terzo rapporto annuale sull’arbitrato. Impugnazione e revisione del lodo arbitrale, cit., p. 49). Le impugnazioni del lodo nel sistema rappresenterebbero “un male necessario”. “Necessario perché non si può rinunciare ad una garanzia impugnatoria quale controllo sull’esercizio della giustizia privata e questo controllo non può che finire davanti al giudice dello stato. Un male perché […] se l’arbitrato è una via alternativa, il fatto che la controversia ritorni in sede impugnatoria davanti alla stessa giustizia ordinaria non è il massimo […] è un male in termine di tempi e di costi”. Si consideri inoltre che “il controllo impugnatorio non è solo un male necessario (al sistema e alla tutela dei diritti delle parti); il suo effettivo esercizio è bensì in grado di potenziare la effettività concreta del giudicato arbitrale pro futuro ed avverso possibili controlli futuri e successivi” (così A. Briguglio, Relazione, cit., p. 45 ss., spec. pp. 45 e 54). Si può pensare anche, infatti, che “le parti, stipulando la convenzione d’arbitrato, non hanno rinunciato totalmente alla giurisdizione dello Stato” e da questa premessa partire per disciplinare l’impugnazione del lodo (G. Verde, Relazione di sintesi. La riforma della impugnativa del lodo: memorandum per il legislatore delegato, in Corte nazionale arbitrale, Terzo rapporto annuale sull’arbitrato. Impugnazione e revisione del lodo arbitrale, cit., 145).

[16] La Relazione annuale-2014 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione alla Camera dei deputati, Roma 2 luglio 2015, si può leggere in www.anticorruzione.it, par. 8.1. Nella Relazione, come si è detto, sono indicati i dati statistici, che purtroppo pongono in luce lo scarso utilizzo tanto dell’arbitrato libero/ad hoc (previsto dall’allora vigente codice appalti, con riguardo all’arbitrato amministrato dalla Camera arbitrale per i contratti pubblici, a cui il legislatore delegato ha tentato di porre rimedio introducendo la disciplina di un unico arbitrato in materia di contratti pubblici obbligatoriamente amministrato dalla Camera arbitrale, ex artt. 209 e 210 d. lgs. n. 50 del 2016 (non toccato sul punto dal Decreto correttivo, d. lgs. 56/2017).

[17] V. la Relazione annuale 2015 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, Roma, Senato della Repubblica 14 luglio 2016, in www.anticorruzione.it (cap. 13), nonché la Relazione annuale-2016 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione alla Camera dei Deputati, Roma, 6 luglio 2017, in www.anticorruzione.it, in particolare sugli indicatori di rischio corruttivo e sulle “misure della corruzione tra opportunità e limiti”, 52 ss. V. altresì, sempre sul sito dell’ANAC, la Relazione annuale 2017 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, Roma, Senato della Repubblica, 14 giugno 2018, cit., 311 ss. e il correlato Intervento del Presidente Raffaele Cantone. Nella Relazione (cap. 15.2), si rileva che resta confermato “il dato di incertezza nel quale […] vive da qualche tempo l’istituto dell’arbitrato per le controversie insorte nell’esecuzione dei contratti pubblici”. Il numero delle domande di arbitrato amministrato (con istanza di nomina del terzo arbitro) introdotte nel 2017 è stato pari a 9. In diminuzione anche il trend degli arbitrati “liberi” (in cui il presidente del collegio arbitrale era stato ancora scelto d’accordo tra le parti, o su loro mandato dagli arbitri di parte), che per il 2017 risulta pari a 16. Un dato non molto confortante riguarda anche la durata dei procedimenti conclusi con il deposito del lodo presso la Camera arbitrale nel 2017. “Trattasi di una media di oltre 425 giorni per gli arbitrati condotti secondo il rito amministrato e di circa 505 giorni per quelli condotti secondo il rito libero, media risultante da una serie di dati compresa, rispettivamente, tra un valore minimo di 240 giorni e un valore massimo di 940 giorni, e tra un valore minimo di 160 gg. e un valore massimo di 1430 gg. Pochissimi sono i giudizi conclusisi entro il termine ordinario di 240 gg. previsto dal c.p.c. (2 per ciascun rito)”. Dalla Relazione annuale del 2018 dell’ANAC (Relazione annuale 2018 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione alla Camera dei Deputati, Roma, 6 giugno 2019, in www.anticorruzione.it), si evince che il dato più evidente è costituito “dal numero, pari a 13, delle domande di arbitrato amministrato dalla Camera arbitrale, che sono state introdotte nel 2018 con istanza di nomina del terzo arbitro, seppure leggermente superiore al corrispondente dato per il 2017, pari a 9, va tuttavia considerato nel confronto con quello complessivo degli anni precedenti perché occorre che sia considerato nel nuovo quadro della unificazione delle procedure arbitrali davanti alla Camera arbitrale presso l’ANAC disposto dal Codice. È naturale che risulti in diminuzione, per la ragione sopra ricordata, il dato relativo ai lodi degli arbitrati c.d. liberi, vale a dire di quelli per i quali il presidente del collegio arbitrale è stato scelto d’accordo tra le parti (o su loro mandato dagli arbitri di parte), che per il 2018 è pari a 4. Questo dato – pur non pienamente omogeneo per tipologia con il precedente, ma l’unico che in proposito è conoscibile dalla Camera arbitrale sulla base dell’adempimento inerente al deposito del lodo previsto dal comma 13 dell’art. 209 del Codice – conferma la flessione in atto negli ultimi anni, che ha portato in sostanza il numero di lodi pronunciati all’esito di una procedura libera assai lontano rispetto alla quota 100 raggiunta (e superata) fino al 2011, e comunque decrescente da una media vicina a 90 nei primi cinque anni del periodo a una media solo vicina a 24 nei quattro anni successivi, e che comunque era già discesa poco al di sotto di 38 anche nell’ultimo biennio precedente all’entrata in vigore del nuovo Codice”. Un altro dato significativo, che emerge dalla Relazione annuale 2018 dell’ANAC, “concerne la durata dei procedimenti conclusi con il deposito del lodo presso la Camera arbitrale nel 2018. Trattasi in media di poco meno di 459 gg. per gli arbitrati condotti secondo il rito amministrato e di 646 gg. per quelli condotti secondo il rito libero; tali medie risultano da una serie di dati compresa, rispettivamente, tra un valore minimo di 120 gg. e un valore massimo di 880 gg., e tra un valore minimo di 576 gg. e un valore massimo di 852 gg. Un solo giudizio (condotto con il rito amministrato) si è concluso entro il termine ordinario di 240 gg. previsto dal c.p.c.”.

[18] Si tratta del Comunicato della Camera arbitrale n. 1 del 19 gennaio 2017 Pubblicazione del testo integrale dei lodi, in www.anticorruzione.it.

[19] In questi termini, G. Verde, Relazione di sintesi. La riforma della impugnativa del lodo: memorandum per il legislatore delegato, in Corte nazionale arbitrale, Terzo rapporto annuale sull’arbitrato. Impugnazione e revisione del lodo arbitrale, cit., 146. Va rimarcato che una certa sfiducia nello strumento arbitrale per risolvere controversie in materia di esecuzione di appalti pubblici emerge anche in recenti pronunce della Corte costituzionale: la “motivata autorizzazione” da parte dell’organo di governo della amministrazione aggiudicatrice, già prevista dalla l. n. 190/2012, è condizione per poter ricorrere all’arbitrato (v. la pronuncia Corte cost., 9 giugno 2015, n. 108, in Riv. arb., 2016 69 ss., con nota di A. M. Marzocco, Autorizzazione del “ricorso all’arbitrato” (art. 241, 1° co. D. Lgs. 163/2006) e clausole compromissorie preesistenti: l’opinabile parallelo della Corte costituzionale e l’esegesi dell’art. 241, 1° co.; e in Giorn. Dir. Amm., 2016, 239 ss.,con nota di F. Di Cristina, Le sorti dell’arbitrato nei contratti pubblici; v. altresì la successiva ordinanza Corte cost., 6 aprile-6 maggio 2016, n. 99, confermativa della precedente, in Giur. Cost., 3/2016, 890 ss., ove la Corte costituzionale ribadisce l’obbligo per la pubblica amministrazione di motivare in modo espresso la propria scelta di ricorrere all’arbitrato. Si tratta di un orientamento confermato in seguito anche da Corte cost. 20 febbraio-20 marzo 2019, n. 58, su cui si vis per approfondimenti il mio Il difficile presente dell’arbitrato nei contratti pubblici e l’introduzione di altri nuovi rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale: il collegio consultivo tecnico (ex art. 1, commi 11-14 del d.l. 18 aprile 2019, n. 32 coordinato con la l. di conversione 14 giugno 2019, n. 55 ), cit., p. 827 ss. Ciò determina “un rallentamento della fase iniziale degli arbitrati che si instaurano sulla base di clausole convenute in tempo anteriore alla legge Severino, perché di fronte all’iniziativa di arbitrato dell’imprenditore la condotta più normale della pubblica amministrazione alla quale si assiste è quella di inerzia” (F. Auletta, Relazione del Presidente della Camera arbitrale per i contratti pubblici presso l’Autorità Nazionale Anticorruzione, in Giurisprudenza arbitrale, 2/2016, 460 ss.).

[20] F. Carnelutti, Diritto e processo, Napoli, 1958, 77; un “giudice su misura”, designato dalle parti per le sue qualità professionali e che può essere scelto per la soluzione di controversie che coinvolgono problematiche di ordine tecnico, sottolinea C. Punzi, Consulenza tecnica e giudizio arbitrale, in Riv. dir. proc., 2016, 1 ss., spec. 2, con riferimento all’art. 242, comma 5, del previgente codice dei contratti pubblici.

[21] V. il d. lgs. 25 maggio 2016, n. 97, rubricato “Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”, in G.U. 8 giugno 2016, n. 132. Per quanto concerne la trasparenza nei contratti pubblici, va segnalata la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (BDNCP), approvata di recente con delibera dell’ANAC n. 264 del 1/3/2018, recante “Regolamento concernente l’accessibilità dei dati raccolti nella Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici” (in www.anticorruzione.it). Ancora, sempre per quanto attiene agli arbitrati nei contratti pubblici, soddisfa indubbiamente un’esigenza di trasparenza la pubblicità degli arbitrati in corso e degli arbitrati con lodi definiti, reperibili sul sito della Camera arbitrale presso l’ANAC, v., Lodo arb. Pisa, 12/01/2017, Lodo Roma, 26/05/2017, Lodo Roma 20/12/2017 (in www.anticorruzione.it).

3. Rassegna di dati recenti in tema di arbitrato nei contratti pubblici alla luce della Relazione annuale 2019 (del 2 luglio 2020) presentata alla Camera dei Deputati dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC)

Si registra che le domande di arbitrato amministrato dalla Camera arbitrale proposte nel 2019 con istanza di nomina del terzo arbitro sono state in numero pari a 14: un numero che sostanzialmente conferma quello dell’anno precedente (pari a 13) e che è superiore di circa il 64% rispetto al corrispondente dato riscontrato per il biennio precedente (pari a 9). Tale dato che sembra andare nel senso di una “ripresa” dell’arbitrato già registrata nell’anno precedente, “va tuttavia confrontato con quello complessivo degli anni precedenti, perché occorre che sia considerato nel nuovo quadro della unificazione delle procedure arbitrali davanti alla Camera arbitrale presso l’Autorità Nazionale Anticorruzione disposto dal Codice.

In diminuzione, infatti, è il numero dei lodi degli arbitrati c.d. “liberi” – vale a dire di quelli per i quali il presidente del collegio arbitrale è stato scelto d’accordo tra le parti (o su loro mandato dagli arbitri di parte), che per il 2019 è pari a 1. Questo dato, pur non pienamente omogeneo per tipologia con il precedente, ma l’unico che è conoscibile dalla Camera arbitrale sulla base dell’adempimento inerente al deposito del lodo previsto dal comma 13 dell’art. 209 del d.lgs. 50/2016, viene infatti a confermare la flessione in atto negli ultimi anni nell’utilizzo dell’istituto dell’arbitrato in materia di contratti pubblici.

Nella stessa direzione risulta orientata una seconda serie di dati: la prima concerne il valore delle controversie risolte a seguito di arbitrato, la seconda proviene invece dall’esame dell’andamento delle funzioni di competenza della Camera arbitrale relativamente alla gestione dell’albo degli arbitri e dell’elenco dei periti per i giudizi arbitrali.

Se per completezza va segnalato che il valore della controversia relativa all’unico lodo “libero” pronunciato nel 2019 è stato pari a circa 6.849.431 euro, di contro il valore delle controversie oggetto di procedura amministrata (6 nel 2019, di cui due peraltro hanno finora prodotto solamente l’esito di lodi parziali, a loro volta nel numero di due in un caso) ha presentato un valore medio di circa 3.703.329 euro (formato da importi disposti tra un valore minimo di circa 1.408.473 euro e un valore massimo pari a 9.040.000 euro). Tale dato segna evidentemente un deciso decremento non solo rispetto al dato in qualche misura anomalo rilevato per il 2018 (pari a 31.262.061 euro, in buona misura condizionato da un valore massimo pari a 175.379.702 euro) ma anche rispetto a quelli rilevati per il 2017 (pari a circa 5.658.400 euro) e per il 2016 (pari a circa 15.816.777 euro). Merita tuttavia di essere sottolineato, a differenza del passato, l’addensamento degli importi delle controversie nello scaglione intermedio tra quelli normativamente previsti”[22].

Inoltre, sempre dalla sopra citata Relazione annuale dell’Autorità Nazionale Anticorruzione del 2019, si evince che “con una nuova inversione di tendenza rispetto a quella di segno contrario rilevata nell’anno precedente, le “uscite” dal sistema non sono state compensate dalle “entrate”. In particolare, l’albo degli arbitri per il 2019 ha visto 69 cancellazioni a fronte di 64 nuove iscrizioni; l’elenco dei periti 34 cancellazioni a fronte di 18 nuove iscrizioni.

Nel loro complesso questi primi dati, comunque, sembrano sufficienti per rappresentare una situazione ancora di incertezza riguardo al ricorso all’istituto dell’arbitrato nelle controversie in materia di contratti pubblici.

Nella valutazione complessiva possono poi rientrare altre due serie di dati pertinenti. La prima concerne la durata dei procedimenti conclusi con il deposito del lodo presso la Camera arbitrale nel 2019. Trattasi in media di poco meno di 395 gg. per i 4 arbitrati condotti secondo il rito amministrato (per completezza si ricorda che la durata dell’unico arbitrato condotto secondo il rito libero è stato di 1667 gg.), media risultante da una serie di dati compresa tra un valore massimo di 704 gg. e un valore minimo di 235 gg.

Con riguardo infine agli oggetti delle controversie arbitrali, merita di essere evidenziato che i dati riferiti al 2019 e relativi alla tipologia di contratto interessata dal ricorso all’arbitrato confermano, come risulta anche per gli anni precedenti, la vocazione tradizionale dell’istituto ad essere utilizzato come metodo alternativo di risoluzione delle controversie concernenti soprattutto l’appalto di lavori e tutte quelle prestazioni che con i lavori sono connesse.

Per quanto si riferisce ai lodi pronunciati all’esito di una procedura amministrata 4 hanno riguardato appalti di lavori, 1 un appalto di servizi,1 una concessione di servizi.

Si conferma altresì ancora la inesistenza di arbitrati su controversie riguardanti solo contratti per forniture”.

Infine, per quanto concerne “l’innovazione circa il deposito dei lodi disposta con il comma 13 dell’art. 209 del codice dei contratti pubblici, laddove prevede la possibilità che il deposito medesimo venga effettuato in forma telematica, con la delibera ANAC n. 48 del 30 gennaio 2019, è pervenuto a compiuta formalizzazione il procedimento avviato dalla Camera arbitrale circa le modalità di attuazione della norma medesima, che è stata sottoposta anche al parere dell’Agenzia delle entrate per la parte concernente gli adempimenti ai fini dell’osservanza degli obblighi fiscali da parte dei soggetti gravati degli stessi. La delibera ANAC specifica le caratteristiche di formazione e trasmissione del lodo arbitrale in originale digitale e le modalità di assolvimento dell’imposta di bollo, precisando altresì la permanenza della possibilità di trasmissione del lodo nelle forme attualmente vigenti”[23].

[22] In questi termini la Relazione annuale 2019 dell’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) alla Camera dei Deputati, Roma, 2 luglio 2020, cit., p. 314 ss.

[23] V., ancora, la Relazione annuale 2019 dell’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) alla Camera dei Deputati, Roma, 2 luglio 2020, cit., p. 314 ss. La Delibera numero 48 del 30 gennaio 2019 “Deposito del lodo presso la Camera arbitrale, a cura del collegio arbitrale, con modalità informatiche e telematiche ai sensi dell’art. 209, comma 13, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50” è pubblicata nella G.U. – Serie Generale n. 39 del 15 febbraio 2019, rettificata con la G.U. – Serie Generale n. 58 del 9 marzo 2019).

4. Brevi rilievi conclusivi

Un attento e capillare controllo, in primis da parte della Camera arbitrale (e dell’ANAC) durante tutto il procedimento, aiuta ad arginare e circoscrivere il fenomeno corruttivo, così come è importante che parte della normativa non continui a restare una lex sine poena e che siano effettivamente irrogate le sanzioni previste a contrasto della corruzione[24]. Come è noto, mentre i conflitti di interesse, “rappresentano il vero brodo di coltura della corruzione”, la trasparenza ne costituisce “l’antidoto”[25]. Secondo l’ultimo rapporto di TransparencyInternational, infatti, “ai significativi progressi deglianni scorsi, si aggiunge l’ulteriore, seppur lieve, avanzamento dell’Italia nel 2019, salita da 52 a 53 punti. Ciò nonostante, siamo ancora a metà classifica, quindi ben lontani dagli standard che merita un paese avanzato come il nostro. Tra l’altro, periodicamente assistiamo al ripetersi di fatti corruttivi, persino nell’attuale fase di emergenza sanitaria, con numerosi casi scoperti dall’Autorità giudiziaria, a conferma di quanto il fenomeno continui a essere una piaga sociale”[26]. In questo scenario lo scarso ricorso all’arbitrato amministrato nei contratti pubblici oggi comunque non si giustifica, in quanto quest’ultimo rappresenta uno strumento flessibile[27] e vantaggioso in termini di riduzione dei costi, dei tempi e di miglioramento della qualità (con riguardo anche alle maggiori garanzie di trasparenza, nonché di indipendenza e imparzialità degli arbitri[28], e appare, peraltro, in controtendenza rispetto al favor manifestato dal legislatore nei confronti dell’arbitrato disciplinato nel codice di procedura civile[29].

[24] V. già la Relazione annuale 2016 del Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione Raffaele Cantone alla Camera dei Deputati, Roma, 6 luglio 2017, cit., 4 ss. Del resto, come emerge dal Report (Agenda Anticorruzione 2017) di Transparency International Italia, presentato a Roma il 10 dicembre 2017, alla presenza del Ministro della Giustizia e del Presidente dell’ANAC, in Italia le leggi anticorruzione sono tante, ma sono poche le sanzioni. E delle leggi esistenti solo quattro dei nuovi tipi di legge per contrastare la corruzione superano i 50 punti su 100 di efficacia (quelle sugli appalti pubblici raggiungono 50 punti su 100). Pertanto possono essere migliorate per non costituire una “mera arma spuntata contro la corruzione” (sul punto si rinvia a www.infodata.ilsole24ore.it 12/10/2017).

[25] Ancora, dalla Relazione annuale 2016 del Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione Raffaele Cantone alla Camera dei Deputati, Roma, 6 luglio 2017, cit., 4 ss.

[26] Intervento del Presidente dell’ANAC Francesco Merloni di Presentazione della Relazione annuale 2019 dell’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) alla Camera dei Deputati, Roma, 2 luglio 2020, in www.anticorruzione.it,p. 4.

[27] In questo senso v. Zucconi Galli Fonseca, Il processo arbitrale flessibile (con il focus sull’istruttoria), Napoli, 2018, p. 13.

[28] Sulle garanzie della indipendenza e imparzialità degli arbitri nell’arbitrato de quo, che non possono essere, per esigenze di spazio, approfondite in questa sede, si rinvia, si vis, anche per i riferimenti bibliografici e per un raffronto in una prospettiva comparatistica,a I. Lombardini, Cause di incompatibilità speciali, indipendenza e imparzialità degli arbitri nell’arbitrato amministrato dalla Camera arbitrale per i contratti pubblici (anche alla luce di una recente sentenza della Corte costituzionale),in Riv. arb. 2018, p. 145 ss. Sul contenimento dei tempi e dei costi, nonché sull’importanza della qualità nell’arbitrato nei contratti pubblici, si rimanda, anche per i riferimenti bibliografici, a I. Lombardini, Il difficile presente dell’arbitrato nei contratti pubblici e l’introduzione di altri nuovi rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale: il collegio consultivo tecnico (ex art. 1, commi 11-14 del d.l. 18 aprile 2019, n. 32 coordinato con la l. di conversione 14 giugno 2019, n. 55), cit., p. 827 ss. Sulla esigenza di realizzare un “giusto processo arbitrale” si rimanda alla disamina di G. Impagnatiello, Il giusto processo arbitrale, in Aa.Vv. Trattato di diritto dell’arbitrato, vol. I, Profili generali, Napoli, 2019, p. 261 ss.

[29] V. anche al riguardo F. Marone, Favor arbitratus e arbitrato amministrato in materia di contratti pubblici, in Riv. arb. 2018, p. 1 ss., spec. p. 17, il quale rileva che “lo sfavore per lo strumento arbitrale in relazione al settore dei contratti pubblici, si pone, forse, in una direzione che si potrebbe definire antistorica”. F. Auletta, in Aa.Vv., Quinto rapporto annuale sull’arbitrato. L’impresa e il contenzioso: scegliere l’arbitrato, Atti del Convegno annuale organizzato dalla Corte Nazionale Arbitrale tenutosi a Roma il 19 giugno 2018, in Arbitrare, Quaderni della Corte Nazionale Arbitrale, Pisa, 2019, 98, rileva che “Pertanto, l’opzione dell’arbitrato appare persino conveniente e largamente praticabile se non ci fossero a monte problemi di formazione, diffidenze risalenti ad un’epoca passata ed elementi che attengono alla rappresentanza politica che si nutre di consenso fatto anche di debiti insoluti. Quindi, non si può pensare di riformare questa nicchia senza pensare che ci siano assetti generali che vadano se non stravolti, almeno incisi in modo serio”.

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento