Indice
1. La vicenda del cittadino senegalese
Un cittadino senegalese ha impugnato innanzi al Tar Liguria il decreto col quale il Questore aveva respinto l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato. Tale provvedimento aveva tratto fondamento dalla circostanza che l’istante fosse stato raggiunto da numerose denunce per ricettazione e introduzione nel territorio dello Stato e di commercio di prodotti con marchi falsi e da una condanna per reato ostativo ai sensi dell’art. 4, c.3, d.lgs. n. 286 del 1998. Lo stesso, infatti, era stato condannato, con decreto penale emesso dal GIP del Tribunale, divenuto irrevocabile nel settembre 2016, alla pena di euro 2.350,00 di multa per i reati di cui agli artt. 474 e 648 c.p. (vendita di merci con marchio contraffatto). Il Tar Liguria aveva ritenuto il provvedimento di diniego legittimo in considerazione di quanto previsto dall’art. 4, c. 3, d.lgs. n. 286/1998, basandosi da un lato, sulla presenza di un decreto penale di condanna irrevocabile per il reato di ricettazione e di introduzione nel territorio dello Stato e di commercio di prodotti con marchi falsi e, dall’altro lato, sulla presenza di numerose denunce per gli stessi reati. Il giudice di prime cure, inoltre, avuto riguardo proprio alle denunce per i reati di cui agli artt. 648 e 474 c.p., aveva ritenuto logica e razionale la valutazione di pericolosità dell’uomo ai sensi dell’art. 1, lett. a), d.lgs. n. 159/2011.
2. L’interposto appello
Con appello l’uomo ha impugnato la sentenza deducendo la mancata comunicazione di tutti i motivi ostativi all’accoglimento nonché l’erronea applicazione dell’art. 26, d.lgs. n. 286/1998, che si riferisce al lavoro autonomo e non a quello subordinato. L’appellante ha inoltre dedotto che il decreto penale di condanna non rientra tra le condanne ostative di cui all’art. 4, c. 3, come anche la contraddittorietà tra la motivazione posta a base del provvedimento e la motivazione della sentenza e, in ogni caso, il difetto di pericolosità.
3. La questione di legittimità costituzionale
Per il Collegio della III Sezione del Consiglio di Stato il congegno automatico previsto dall’art. 4, c. 3, d.lgs. n. 286 del 1998 (Testo Unico immigrazione), con particolare riguardo all’inserimento dell’art. 474 c.p. nel novero dei reati ostativi, rappresenta una violazione della Convenzione EDU. L’automatismo, per i togati amministrativi, non permette il necessario bilanciamento tra la condotta penalmente rilevante (che non presidia più correttamente il bene della sicurezza pubblica) e tutte quelle circostanze che attengono alla vita privata per come tutelata dall’art. 8 Cedu, e interpretata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. In ipotesi di reati non gravi, quale quello previsto e punito dall’art. 474 c.p., escludere la valutazione dell’amministrazione rappresenta, a parere del Collegio, un vulnus di tutela non superabile in via interpretativa.
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