Alla Corte di Giustizia la possibilità di assegnare tramite gara il pacchetto azionario di una società in house

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Il Consiglio di Stato con ordinanza n.7161 del 18/11/2020 ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione sulla possibilità di assegnare tramite gara il pacchetto azionario, e quindi il controllo analogo, di una società in house.
In particolare, viene sollevata la questione della compatibilità con il diritto europeo della normativa interna con cui, in materia di società a partecipazione pubblica, a seguito del processo di accorpamento societario mediante assegnazione del pacchetto azionario di società in house ad altra società, i requisiti per l’affidamento in house siano tuttavia venuti meno. Si chiede in particolare ala Corte di Giustizia intervento per chiarire se, in tale ipotesi, i servizi pubblici da svolgere possano o meno continuare ad essere affidati, al nuovo soggetto societario assegnatario del pacchetto azionario, sempre in via diretta e dunque senza gara.

I fatti ad oggetto del giudizio

La società in house X era una società a totale partecipazione pubblica con capitale ripartito tra diversi Comuni della provincia. I Comuni esercitavano influenza dominante su tale soggetto societario, tuttavia, in seguito a crisi societaria della società veniva avviato un processo di ristrutturazione e  aggregazione con altro gruppo societario che sarebbe stato scelto mediante procedura ad evidenza pubblica. In esito a tale gara veniva individuata la società Y. A questo punto le azioni della società in house X, mediante operazioni di contestuale cessione/acquisto da parte dei Comuni, diventavano azioni della società Y.

Quest’ultima continuava poi a gestire i medesimi servizi pubblici presso le varie amministrazioni comunali che avevano in origine partecipazioni nella società in house X.

Uno dei Comuni della provincia non aderiva a tale nuovo assetto societario e procedeva solo alla cessione delle azioni della società X senza riacquistare. A questo punto tale Comune riteneva che, nei successivi affidamenti, i presupposti per l’affidamento in house di taluni servizi non fossero più sussistenti, in quanto il controllo analogo dell’amministrazione comunale sarebbe ormai venuto meno.

Sussistono, pertanto, due differenti tesi, da un lato il Comune avviava procedure ad evidenza pubblica che venivano tuttavia impugnate dalla provincia. Tali ricorsi venivano accolti dal T.a.r. per la Liguria, sez. II, con sentenza 6 novembre 2019, n. 845, e con sentenza 20 novembre 2019, n. 884. Il Consiglio di Stato, sez. IV, confermava tali pronuncie di primo grado con sentenza 30 ottobre 2020, n. 4655. Dall’altro lato, il Comune impugnava le determinazioni provinciali con cui si protraeva l’affidamento diretto del servizio anche nel Comune in questione da parte della società Y. Il T.a.r. per la Liguria, sez. II, rigettava tale ricorso con sentenza 16 ottobre 2019, n. 847. Tale decisione formava oggetto di appello davanti al Consiglio di Stato il quale adottava l’ordinanza di rimessione in commento.

 

La questione pregiudiziale

Il Consiglio di Stato con ordinanza n.7161 del 18/11/2020 ha rimesso alla Corte di giustizia dell’Unione Europea la seguente questione pregiudiziale:
“se l’art. 12 della direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 osti ad una normativa nazionale la quale imponga un’aggregazione di società di servizi pubblici locali di rilevanza economica, a seguito della quale l’operatore economico succeduto al concessionario iniziale a seguito di operazioni societarie effettuate con procedure trasparenti, comprese fusioni o acquisizioni, prosegua nella gestione dei servizi sino alle scadenze previste, nel caso in cui:
(a) il concessionario iniziale sia una società affidataria in house sulla base di un controllo analogo pluripartecipato;
(b) l’operatore economico successore sia stato selezionato attraverso una pubblica gara;
(c) a seguito dell’operazione societaria di aggregazione i requisiti del controllo analogo pluripartecipato più non sussistano rispetto a taluno degli enti locali che hanno in origine affidato il servizio di cui si tratta”.

 

 I presupposti dell’in house providing nel contesto europeo

La disciplina dell’affidamento in house occupa un ruolo centrale sia nella normativa sugli appalti che nella materia delle società a partecipazione pubblica.

È di primaria importanza individuare con precisione quali siano i presupposti che consentono alle amministrazioni pubbliche far ricorso legittimamente all’affidamento in house.

La nota sentenza Teckal della Corte di Giustizia ha definito originariamente la materia in ambito europeo.

Il primo requisito previsto dalla Corte di Giustrizia è quello del controllo analogo.

Questo risulta integrato anche in ragione della partecipazione pubblica totalitaria al capitale sociale dell’ente.

Tuttavia, la giurisprudenza in seguito ha chiarito come una eventuale partecipazione dei privati al capitale della società aggiudicataria non è condizione sufficiente ad escludere la configurabilità del controllo analogo.

La Corte di Giustizia ha avuto modo di precisare, inoltre, che il requisito del controllo analogo può essere integrato qualora risulti che il socio pubblico esercita una influenza determinante sul soggetto in house, tanto sugli obiettivi strategici quanto sulle decisioni importanti.

Il secondo requisito Teckal è rappresentato dalla circostanza che il soggetto in house svolga la propria attività prevalentemente in favore delle amministrazioni aggiudicatrici.

Tali presupposti trovano disciplina normativa all’art. 12 della direttiva 2014/24/UE, la quale, ai fini della legittimità dell’affidamento diretto, prevede: la totale partecipazione pubblica del capitale della società incaricata della gestione del servizio; la realizzazione della parte preponderante della attività della società con gli enti controllanti; il controllo analogo sulla società partecipata da parte degli enti.

 

I presupposti dell’in house providing nel Codice dei contratti

L’articolo 5 del Codice dei contratti (D.lgs.50/2016)  individua i principi comuni in materia di esclusione per concessioni, appalti pubblici e accordi tra enti e amministrazioni aggiudicatrici nell’ambito del settore pubblico, prevedendo che “una concessione o un appalto pubblico, nei settori ordinari o speciali, aggiudicati da un’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato non rientra nell’ambito di applicazione del presente codice quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: 

  1. l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore esercita sulla persona giuridica di cui trattasi un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; 
  2. oltre l’80 per cento delle attività della persona giuridica controllata è effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore di cui trattasi; 
  3. nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati le quali non comportano controllo o potere di veto previste dalla legislazione nazionale, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata”.

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Dott.ssa Laura Facondini

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