Ambiente: legittimazione attiva dei comitati spontanei

Allegati

Per la legittimazione ad agire dei Comitati spontanei a tutela di interessi collettivi deve sussistere una previsione statutaria del Comitato che qualifichi questo obiettivo di protezione come compito istituzionale dell’ente. Il Comitato deve avere consistenza organizzativa, adeguata rappresentatività e collegamento stabile con il territorio ove svolge l’attività di tutela degli interessi collettivi e non deve essere stato costituito al solo fine di impugnare singoli atti.
Cons. Stato, sez. IV, 17 marzo 2022, n. 1937;
Cons. Stato,  sez. IV, 24 gennaio 2022, n. 438
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Consiglio di Stato -sez. IV- sentenza n.3639 del 11-04-2023

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Indice

1. Il fatto


Il Consiglio di Stato, adito per la riforma della sentenza resa dal Tar Molise, sez. I, n. 209/2019, si sofferma in tema di tutela dell’ambiente avuto particolare riguardo al riconoscimento della legittimazione attiva dei comitati spontanei (e/o delle associazioni spontanee) di cittadini.

2. Gli enti associativi esponenziali


L’insegnamento dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza 20 febbraio 2020, n. 6) è nel senso che <<gli enti associativi esponenziali, iscritti nello speciale elenco delle associazioni rappresentative … oppure in possesso dei requisiti individuati dalla giurisprudenza, sono legittimati ad esperire azioni a tutela degli interessi legittimi collettivi di determinate comunità o categorie>>.
Secondo l’Adunanza Plenaria la questione della legittimazione deve essere riportata nell’ambito generale della legittimazione ad agire nel giudizio amministrativo delle associazioni a tutela degli interessi collettivi, qualunque sia il settore in cui abbia operato la Pubblica Amministrazione.
Com’è noto, la protezione degli interessi diffusi, ossia adesposti, non consentita in via teorica a causa della mancata sussistenza del requisito della differenziazione che tradizionalmente qualifica la posizione giuridica di interesse legittimo, è stata assicurata, sin dagli anni settanta dello scorso secolo, attraverso il riconoscimento dell’esistenza di un interesse legittimo di natura collettiva imputabile ad un ente che, in forza del possesso di alcuni requisiti individuati dalla giurisprudenza (effettiva rappresentatività, finalità statutaria, stabilità e non occasionalità, in taluni casi collegamento con il territorio) diviene idoneo ad assumerne la titolarità (Cons. Stato, sez. V, 9 marzo 1973, n. 253; Cass. civ., sez. un., 8 maggio 1978, n. 2207; Cons. Stato, A.P., 19 novembre 1979, n. 24).


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3. Gli interessi collettivi in materia ambientale


Il riconoscimento legislativo degli interessi collettivi in materia ambientale e la conseguente legittimazione riconosciuta alle associazioni dall’art.18, V, L. n. 349 del 1986 (comma sopravvissuto all’abrogazione disposta dall’art. 318 D.Lgs. n. 152 del 2006) – norma che consente alle associazioni ambientaliste individuate in base all’art. 13 (ossia quelle ricomprese in un elenco approvato con decreto del Ministro dell’Ambiente Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica) di “intervenire nei giudizi per danno ambientale e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l’annullamento di atti illegittimi” – ha poi generato un dibattito circa l’esclusività di tale legittimazione.
In relazione a tale aspetto, è ben noto l’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’iscrizione nell’elenco di cui all’art. 13 cit. non determina un rigido automatismo, potendo il Giudice, all’esito di una verifica della concreta rappresentatività, ammettere all’esercizio dell’azione anche associazioni non iscritte, secondo il criterio del cd. “doppio binario” che distingue tra la legittimazione ex lege delle associazioni di protezione ambientale di livello nazionale riconosciute (che non necessita di verifica) e la legittimazione delle altre associazioni (Cons. Stato, sez. IV, 2 ottobre 2006, n. 5760; Cons. Stato, sez. VI, 13 settembre 2010, n. 6554).
Quest’ultima deve essere accertata in ciascuno dei casi concreti con riguardo alla sussistenza di tre presupposti: gli organismi devono perseguire statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale, devono possedere un adeguato grado di rappresentatività e stabilità, devono avere un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso (Cons. Stato, sez. IV, 16 febbraio 2010, n. 885).
Tale ricostruzione è stata poi sottoposta a critica (Cons. Stato, sez. VI, 21 luglio 2016, n. 3303), con un duplice ordine di argomentazioni.
Il primo, teso a revocare in dubbio la persistente validità e attualità dell’elaborazione giurisprudenziale attraverso la quale si è ammessa la tutela degli interessi legittimi collettivi dinanzi al Giudice Amministrativo, a prescindere da una specifica previsione di legge.
La tesi sostenuta fonde, in un’unica considerazione, legittimazione ad agire e tipologia delle azioni esperibili, per limitarne il riconoscimento in capo ai soggetti, e limitatamente agli oggetti, specificamente previsti per legge.
Il secondo, ricavato da una norma processuale impeditiva, sostanziantesi nel generale divieto di sostituzione processuale sancito ex art. 81 c.p.c. a mente del quale “fuori dai casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui”.

4. Il progressivo innalzamento della tutela degli interessi diffusi


L’Adunanza Plenaria (n. 6/2020 cit.), con articolata motivazione, non ha condiviso una siffatta lettura interpretativa della descritta evoluzione, ritenendo che il percorso compiuto dal Legislatore sia stato piuttosto contraddistinto dalla consapevolezza dell’esistenza di un diritto vivente che, secondo una linea di progressivo innalzamento della tutela, ha dato protezione giuridica ad interessi sostanziali diffusi (ossia condivisi e non esclusivi) riconoscendone il rilievo per il tramite di un ente esponenziale che ne assume statutariamente e non occasionalmente la rappresentanza.
In altri termini, secondo l’Adunanza Plenaria, l’evoluzione del dato normativo positivo non può certamente essere letto in una chiave che si risolva in una diminuzione di tutela.
È stato, dunque, preferito l’orientamento tradizionale secondo il quale, all’esito di una verifica della concreta rappresentatività, è possibile ammettere all’esercizio dell’azione anche associazioni non iscritte, secondo il criterio del cd “doppio binario”, che – come anticipato –  distingue tra la legittimazione ex lege delle associazioni di protezione ambientale di livello nazionale riconosciute (che non necessita di verifica) e la legittimazione delle altre associazioni (Cons. Stato, sez. IV, 17 marzo 2022, n. 1937).
Ciò detto, è altresì utile ricordare che la giurisprudenza riconosce che gli atti che costituiscono esercizio di pianificazione urbanistica, la localizzazione di opere pubbliche, gli atti autorizzatori di interventi edilizi, nella misura in cui possano comportare danno per l’ambiente, possono essere oggetto di impugnazione da parte delle associazioni ambientaliste, in quanto atti estensivamente rientranti nella materia ambiente, in relazione alla quale si definisce (e perimetra) la legittimazione delle predette associazioni (Cons. Stato, sez. IV, 19 febbraio 2015, n. 839), attesa l’ormai pacifica compenetrazione delle problematiche ambientali in quelle urbanistiche (Cons. Stato, sez. V, 28 luglio 2015, n. 3711).
In particolare, il potere di pianificazione urbanistica non è funzionale solo all’interesse pubblico all’ordinato sviluppo edilizio del territorio in considerazione delle diverse tipologie di edificazione distinte per finalità ma è funzionalmente rivolto alla realizzazione contemperata di una pluralità di interessi pubblici, che trovano il proprio fondamento in valori costituzionalmente garantiti.
L’ambiente, pertanto, costituisce inevitabilmente l’oggetto (anche) dell’esercizio di poteri di pianificazione urbanistica e di autorizzazione edilizia; così come, specularmente, l’esercizio dei predetti poteri di pianificazione non può non tenere conto del “valore ambiente”, al fine di preservarlo e renderne compatibile la conservazione con le modalità di esistenza e di attività dei singoli individui, delle comunità, delle attività anche economiche dei medesimi (Cons. Stato, sez. IV, 9 gennaio 2014, n. 36).
In conclusione, le associazioni ambientaliste legittimate ex lege possono intervenire nel contenzioso relativo ad atti di pianificazione urbanistica, di localizzazione di opere pubbliche, di autorizzazione di interventi edilizi, nella misura in cui tali atti possano determinare un pregiudizio per l’ambiente (Cons. Stato,  sez. IV, 24 gennaio 2022, n. 438; T.a.r. Lombardia, Brescia, sez. II, 4 gennaio 2022, n. 7; Cons. Stato, sez. IV, 23 dicembre 2021, n. 8541). 

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A cura di Marzia De Donno, Gianluca Gardini e Marco Magri | Maggioli Editore 2022

Maria Grazia Capolupo

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