Amministratore di sostegno 

L’istituto dell’amministratore di sostegno trova compiuta disciplina agli articoli 404 e seguenti del codice civile. Questa figura è prevista per il caso in cui una persona, per effetto di una menomazione fisica o di un infermità o di una menomazione psichica, si trovi nell’impossibilità anche temporanea di provvedere ai propri interessi. La figura dell’AdS è stata concepita dunque dal legislatore per assistere nella gestione dei rapporti personali e patrimoniali i soggetti affetti da disturbi non così gravi da dover dar luogo all’interdizione.

Differenze tra amministrazione di sostegno, inabilitazione e interdizione

E’ errato affermare “l’omogeneità funzionale e strutturale dell’amministrazione di sostegno con gli altri istituti di protezione degli incapaci”, proprio perché il soggetto interessato all’amministrazione non è un incapace, né viene dichiarato tale dal decreto di nomina dell’amministratore: egli è semplicemente un soggetto in difficoltà ad operare in certe situazioni per motivi affatto contingenti. Si pensi alla persona anziana e sola, che deambula con difficoltà, alle prese con denunce fiscali, depositi bancari, riscossione di canoni ed altro: per un siffatto soggetto, poter disporre di un amministratore che in suo nome e per conto possa consultare professionisti, redigere o far redigere denunce di redditi, richieste di pensioni e simili, è solo e soltanto un vantaggio che non incide per nulla sulle sue capacità ma anzi le amplia.

In sostanza, il procedimento in questione non comporta alcuna declaratoria di incapacità del soggetto interessato, ma si limita ad accertare che le condizioni di vita dello stesso legittimano la richiesta di assistenza per alcuni e determinati atti. La funzione dell’amministratore di sostegno, è quindi non sostitutiva della volontà del soggetto, bensì complementare ad essa, anche per gli atti che l’amministratore di sostegno può compiere direttamente, in quanto ciò avviene in nome e per conto del beneficiario, trattandosi di atti che il beneficiario non può compiere, non perché non ne abbia la capacità, che altrimenti si dovrebbe avviare d’ufficio nei suoi confronti un giudizio di inabilitazione o interdizione, ma perché impedito, anche momentaneamente, per una qualche infermità fisica o psichica.

Si tratta dunque di istituti profondamente diversi, sia per il fine che intendono realizzare, sia per l’oggetto, sia, di conseguenza, per le modalità con cui il fine è conseguito.

Il giudice tutelare, dunque, e non il tribunale è competente ad emanare il provvedimento, che è decreto e non sentenza, proprio a confermarne la non definitività e la precarietà, perché è provvedimento non suscettibile di passare in giudicato e sempre modificabile, sia dallo stesso giudice che l’ha pronunciato, sia, eventualmente, dal giudice superiore, adito con reclamo. La competenza a decidere è infatti di un giudice monocratico, il giudice tutelare, e non del tribunale in camera di consiglio. Al giudice tutelare, e non al presidente del collegio, è affidata l’intera istruttoria, che egli compie d’ufficio, interrogando la parte ed eventualmente i congiunti più prossimi, disponendo, se lo rileva necessario, le opportune indagini tecniche medico legali. E’ lui, dunque, il dominus assoluto del processo, che dirige a sua discrezione, valutando gli elementi acquisiti ed infine decidendo sulla richiesta di nomina con decreto come previsto dall’art. 43 disp. att. cod. civ. Una siffatta procedura non si ritrova né nei procedimenti di interdizione ma nemmeno nelle c.d. disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio o in quelle relative ai minori, agli interdetti ed agli inabilitati di cui all’art. 732 c.p.c., laddove i provvedimenti sono pronunciati in camera di consiglio sentito il parere del giudice tutelare il quale pertanto non ha alcun potere decisionale.

Il rinvio alla disciplina sull’interdizione e sull’inabilitazione

La disciplina introdotta con la  L. n. 6/2004  capo I, introdotto al Titolo XII, Libro Primo (in G.U. n. 14 del 19/01/2004)rinvia per molteplici aspetti alle norme applicabili all’istituto della tutela (art. 349-353) in tema di giuramento dell’AdS, di incapacità all’ufficio o in tema di cause la cui sussistenza possa dispensare il nominato (che ne faccia richiesta) dall’assunzione dell’incarico (art. 411).

L’art. 374 indica quali sono gli atti da compiersi previa autorizzazione del giudice tutelare, l’art. 375  invece gli atti da compiersi previa autorizzazione del tribunale  su ricorso ex art. 732 cpc.

Regole particolari in ordine alle modalità e al prezzo sono dettate nei casi di vendita di beni (art. 376)

ferma restando l’annullabilità di tutti gli atti compiuti in mancanza delle autorizzazioni laddove previste (art. 377).

Ai sensi dell’art. 378 infine anche l’AdS non può, nemmeno per asta pubblica, direttamente o per interposta persona, acquistare beni e diritti del beneficiato, prendere in locazione immobili di proprietà dello stesso senza l’autorizzazione del giudice tutelare.

Anche l’ufficio dell’amministrazione di sostegno è gratuito. Tuttavia, considerata l’entità del patrimonio amministrato e le difficoltà nello svolgimento dell’attività, il giudice tutelare può assegnare un’equa indennità o consentire che la gestione e la cura del beneficiato si svolgano con la collaborazione di persone stipendiate del cui operato risponde comunque l’AdS (art. 379).

Si è già detto degli obblighi estesi anche all’AdS (art. 380) di contabilità del patrimonio amministrato e rendiconto periodico da assolversi con la diligenza del buon padre di famiglia e in adempimento dei propri doveri (art. 382).

Nel caso di esercizio dell’ufficio particolarmente gravoso il giudice tutelare può esonerare l’AdS dalla sua funzione, una volta rinvenuta la persona idonea a sostituirlo (art. 383).

Infine, sempre per espresso richiamo dell’art. 411, sono nulle le disposizioni testamentarie e le donazioni a favore dell’AdS (purchè non si tratti ascendenti, discendenti, coniuge, fratello/sorella), effettuate, anche per interposta persona, dopo la nomina o prima dell’approvazione del conto, nonchè in caso di estinzione dell’azione per il rendiconto del conto medesimo (artt. 596, 779).

Presupposti

L’art. 404 parla di una infermità o una menomazione fisica o psichica di una persona che si trovi nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi. Pertanto tutti gli atti che non ricadono nella competenza dell’amministratore di sostegno (ovvero quelli necessari per il soddisfacimento delle esigenze quotidiane) rimangono in capo al soggetto beneficiario. L’articolo 410 del Codice Civile, statuisce che l’amministratore di sostegno ha l’obbligo di tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario e di informarlo in maniera tempestiva Si assiste, dunque, ad una sorta di collaborazione tra amministratore di sostegno e beneficiario; collaborazione assente nel caso di interdizione, dove l’interdetto è semplicemente sostituito dal tutore.

Procedimento

L’amministrazione di sostegno si attiva mediante ricorso al giudice tutelare, il quale, assunta ogni opportuna informazione, provvede con decreto, con il quale viene designato l’amministratore di sostegno e definito l’oggetto del suo incarico. Il giudice tutelare, nell’ambito di una amministrazione di sostegno, ha il compito di vigilare sul corretto svolgimento dell’incarico. L’amministratore di sostegno ha comunque un rapporto di carattere interlocutorio con il giudice tutelare, che dura per tutto il corso dell’incarico.

Scelta dell’amministratore di sostegno

Ai sensi dell’articolo 408 del codice civile, nella scelta dell’amministratore di sostegno si deve avere riguardo agli esclusivi interessi del beneficiario. Ai sensi dell’articolo 408 del codice civile, lo stesso beneficiario, in previsione della propria eventuale e futura incapacità, ha facoltà di designare con atto pubblico o scrittura privata autenticata il proprio amministratore di sostegno. Chiunque può designare il proprio amministratore di sostegno in previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata. È anche possibile designare, mediante testamento un determinato soggetto amministratore di sostegno del proprio figlio. Con le stesse modalità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, è possibile inoltre revocare gli amministratori di sostegno già designati.

La revoca

L’articolo 413 del codice civile stabilisce come il beneficiario, l’amministratore di sostegno o i suoi prossimi congiunti possano proporre istanza motivata per la cessazione dell’amministrazione. Il giudice tutelare dunque, valutando le circostanze del caso, provvederà con decreto motivato.

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