Ammissibilità delle procedure di composizione della crisi da sovra indebitamento di cui alla legge n. 3/2012 da parte dei soci illimitatamente responsabili di società di persone (Nota al Tribunale di Rimini, Sezione Civile, decreto del 27.06.2019)

Redazione 23/10/19
Scarica PDF Stampa

di Stefano Barbiani*

* Collaboratore delle cattedre di Diritto Fallimentare e Diritto Processuale Civile dell’Università di Bologna

Tribunale di Rimini, Sezione Civile, decreto del 27.06.2019, Presidente Relatore Dott.ssa Francesca Miconi

Il Tribunale di Rimini è tornato di recente ad occuparsi nuovamente dei requisiti soggettivi di ammissibilità alle procedure di composizione della crisi da sovra indebitamento disciplinate dalla legge n. 3/2012 e lo ha fatto a distanza di poco più di un anno da quando il collegio riminese, con una pronuncia del marzo 2018, all’epoca sostanzialmente inedita, si esprimeva favorevolmente per l’accesso a tali procedure da parte del socio di società in nome collettivo.

La questione giuridica ancora sul tavolo degli operatori del diritto perché particolarmente dibattuta tanto in dottrina quanto in giurisprudenza si appunta sulla corretta interpretazione dell’art. 7, comma 2, della Legge n. 3/2012 a mente del quale ” la proposta non è ammissibile quando il debitore, anche consumatore, è soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle regolate nel presente capo”.

Più, nello specifico, è l’interpretazione dell’inciso “è soggetto” a prestare il fianco a due possibili soluzioni a seconda che si prediliga un’attività ermeneutica che si focalizzi sulla qualifica soggettiva esistente al momento della presentazione della domanda da pare del ricorrente, ovvero che rimandi ad uno stato soggettivo del debitore, anche futuro, rispetto al tempo della proposizione del ricorso.

Non è, infatti, per caso che l’orientamento per così dire più possibilista ritenga precluso l’accesso alle procedure di cui alla Legge n. 3/2012 solo alle società di persone e non anche al socio illimitatamente responsabile, ancorché assoggettabile a fallimento per estensione ex art. 147 l.f., mentre per l’orientamento di segno opposto la mera riconducibilità del debitore sovra indebitato alla compagine societaria di una società di persone fallibile perché ultra soglia costituirebbe di per sé sola causa ostativa.

Secondo tale prospettiva il predicato “è soggetto” che ha una connotazione temporale necessariamente collegata all’attualità si trasforma nel predicato ” è assoggettabile” che rimanda inevitabilmente a scenari mutevoli, anche futuri, purché possibili.

Peraltro, quest’ultima interpretazione della norma troverebbe conforto legislativo nell’art. 12, comma 5, della medesima legge la quale prevede espressamente l’ipotesi del consecutivo fallimento del debitore che abbia proposto un accordo di composizione della crisi omologato, con ciò riconoscendo anche al soggetto fallibile la fruibilità ab origine degli strumenti processuali di cui alla Legge n. 3/2012 a prescindere dalle diverse situazioni che possano prospettarsi in futuro.

Ed invero, benché la disposizione sopra citata si riferisca espressamente alla risoluzione dell’accordo in caso di successivo fallimento, si ritiene che contrasterebbe con lo spirito della legge riservare al socio illimitatamente responsabile l’accesso alla sola procedura dell’accordo di composizione della crisi con esclusione delle altre due procedure di ristrutturazione dei debiti e di liquidazione del patrimonio.

Proprio la disattenzione del Legislatore rispetto alla mutevolezza delle situazioni cui possono trovarsi esposti i debitori ha rappresentato il principale vulnus della Legge n. 3/2012 silente su di una molteplicità di problematiche a cominciare dal superamento della soglia da parte dell’imprenditore originariamente non fallibile perché sotto soglia, per proseguire con le incertezze concernenti la dibattuta possibilità per i soci di società di persone già falliti ex art. 147 l.f. di accedere alle procedure per i loro debiti personali o quando il fallimento si chiuda per insufficienza dell’attivo.

Alla contrapposizione di interpretazioni lessicali si somma una diversa valutazione della ratio legis da parte dei commentatori divisi tra quanti ritengono che la Legge n. 3/2012 abbia creato un circuito parallelo rispetto alle altre procedure concorsuali di cui alla Legge n. 267/1942 e successive modifiche accessibile esclusivamente ai consumatori e dagli imprenditori, tanto individuali che collettivi che non siano comunque fallibili, e coloro che, appellandosi al favor debitoris, aprono la strada della composizione della crisi da sovra indebitamento anche ai soci assoggettabili al fallimento in estensione, purché l’accordo interessi i creditori personali del socio il cui credito non derivi dall’esercizio dell’attività d’impresa.

Il varco, così circoscritto, tornerebbe a chiudersi nuovamente allorquando il socio sia già stato dichiarato fallito ex art. 147 l.f. ed il fallimento sia stato chiuso per insufficienza dell’attivo.

Alle considerazioni della dottrina contraria ad una operatività allargata degli istituti di cui alla Legge n.3/2012 si è aggiunto il timore espresso in talune pronunce giurisprudenziali che l’ammissibilità del socio fallibile ex art. 147 l.f. alle procedura di composizione della crisi da sovra indebitamento possa sottrarre alla garanzia dei creditori concorsuali il patrimonio del socio illimitatamente responsabile che, in caso di fallimento, diventa automaticamente una integrazione di quello sociale [1].

Non sono mancate voci dissonanti che in risposta alle preoccupazioni espresse dal Tribunale di Milano hanno, al contrario, rimarcato come l’assoggettabilità del patrimonio del socio alle procedure di cui alla Legge n. 3/2012 ne garantirebbe la successiva acquisizione da parte del curatore, nell’ipotesi di fallimento in estensione; secondo questo capovolgimento di prospettiva il ceto creditorio della società fallita anziché essere defraudato di una quota del patrimonio sociale aggredibile riceverebbe una tutela rafforzata delle proprie posizioni creditorie proprio in ragione della conservazione dell’attivo avvenuta medio tempore nell’ambito della procedura da sovra indebitamento[2].

Si impongono, inoltre, ulteriori riflessioni posto che la diminuzione della consistenza patrimoniale potrebbe essersi prodotta in conseguenza di altre circostanze, quali l’espropriazione individuale dei beni del socio ad opera dei suoi creditori anche poco prima del fallimento della società ovvero il compimento di atti dispositivi da parte del socio non suscettibili di una declaratoria di inefficacia per revocatoria. In tali situazioni il pregiudizio, peraltro non illegittimo, in danno dei creditori della società di produrrebbe allo stesso modo di quanto accadrebbe alla chiusura della procedura di composizione della crisi da sovra indebitamento.

Ebbene, in un panorama piuttosto variegato di posizioni sul tema, sebbene condensate in pronunce giurisprudenziali non ancora numerose, si differenzia, per il superamento di taluni presupposti che parevano acquisiti al dibattito, il provvedimento in commento.

Il decreto di omologa emesso dal Tribunale di Rimini, quantunque riferito ad un accordo di ristrutturazione dei debiti presentato da una società di persone ai sensi dell’art. 182 bis l.f., contiene nella sua parte motiva un inciso particolarmente interessante sulla ammissibilità degli accordi di composizione della crisi che siano contestualmente avanzati dai soci illimitatamente responsabili per consentire l’attuazione dell’accordo di cui all’art. 182 bis l.f.

Più nel dettaglio il collegio riminese prende atto del collegamento negoziale esistente tra le due procedure, già espressamente esplicitato nella relazione dell’attestatore, derivante dall’essere necessariamente condizionata l’adesione all’accordo di cui all’art. 182 bis l.f. all’omologazione degli accordi presentati dai soci, e le ritiene ammissibili entrambe, pur legando indissolubilmente le sorti, dell’una, al corretto adempimento degli accordi formalizzati dai soci, nell’altra e, viceversa. Alla mancanza di beni sociali con il cui provento soddisfare i creditori della società aderenti all’accordo si supplisce con le obbligazioni assunte dai soci illimitatamente responsabili nell’ambito degli accordi di composizione della crisi mentre il fabbisogno finanziario dell’accordo concernente i soli creditori estranei viene garantito dall’apporto di finanza esterna.

Il Tribunale rifacendosi, da un lato, alle conclusioni rassegnate dal professionista attestatore e recepita, dall’altro, la dichiarazione di collegamento negoziale tra le procedure formalizzata dai creditori aderenti all’accordo in sede di espressione del consenso, avalla l’intera operazione esprimendo una valutazione positiva circa l’attuabilità dell’accordo che provvede ad omologare.

Risulta di immediata comprensione la portata innovativa della decisione riminese che, da un lato, mitiga i timori e le perplessità circa una possibile sottrazione in danno di eventuali futuri creditori concorsuali dei beni appartenenti ai soci, rientranti per legge ad integrare il patrimonio sociale in caso di apertura di una procedura fallimentare ed, al contempo, anticipa gli effetti della disposizione di cui all’art. 2, comma 1, lett. e) del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza che entrerà in vigore il prossimo anno.

Quanto al primo profilo, è indubbio che la presentazione contestuale da parte della società debitrice e dei soci illimitatamente responsabili di accordi di soluzione della crisi collegati tra loro consente una gestione vigilata del superamento dello stato di indebitamento e con esso della liquidazione ovvero della conservazione del patrimonio sociale e di quello appartenente ai soci senza alcuna possibilità di pregiudizio per gli eventuali creditori del fallimento che venisse successivamente dichiarato.

Da ciò ne consegue, ed è questo l’aspetto più rilevante ai fini della presente trattazione, che nella prospettiva di una soluzione globale della crisi che investa a tutto tondo ogni singolo profilo debitorio riconducibile all’impresa ed alle pendenze contratte dai singoli soci, gli accordi proposti da questi ultimi abbracceranno tanto i debiti sociali che quelli contratti per esigenze e scelte personali non riconducibili all’attività di impresa.

Un punto d’arrivo inedito e con innegabili applicazioni pratiche di ampio respiro in quanto rivolte ad una cerchia di destinatari certamente più ampia di quella tracciata nella nuova definizione di consumatore di cui all’art. 2, comma 1, lett e) del decreto legislativo 12.01.2019 n. 14 la quale se annovera nella categoria “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socia di una società di persone, specifica, tuttavia, in chiusura “per i debiti estranei a quelli sociali“.

Ed invero, la connotazione personale dell’indebitamento del socio introdotta dalla dottrina quale limite d’accesso alle procedure dell’insolvenza civile e fatta propria dalla giurisprudenza per colmare un silenzio legislativo alquanto problematico trova oggi espresso riconoscimento nella legge di cui è prossima l’entrata in vigore.

Peraltro, sebbene l’art. 65, comma 4, del nuovo Codice dell’impresa titolato ” Ambito di applicazione delle procedure di composizione della crisi da sovra indebitamento” contenga un’enunciazione generale di estensione degli effetti della procedura nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, ad un vaglio seppur sommario della disciplina, non si ritiene di poter individuare, contrariamente ad altri commentatori[3] un appiglio normativo sicuro per consentirne l’accesso per ripianare posizioni debitorie personali.

Seguendo il solco tracciato dall’esperienza riminese sarà allora decisivo, nelle contrastanti applicazioni della legge che inevitabilmente si registreranno, che la proposta di composizione della crisi avanzata dai soci illimitatamente responsabili sia contestuale e funzionale all’adempimento dell’accordo di ristrutturazione dei debiti formalizzato dalla società debitrice ex art. 182 bis l.f. quella stessa società che abbia eventualmente già avuto accesso ad un concordato preventivo c.d. prenotativo e che abbia successivamente optato per lo strumento processuale di cui all’art. 182 bis l.f.

Lo scenario della crisi d’impresa muta di nuovo per lasciare spazio a nuove possibilità.

[1] Vedi Tribunale di Milano, 18 agosto 2016 – Tribunale di Torino, 06 luglio 2018.

[2] Tribunale di Prato, 16 novembre 2016 – Tribunale di Torino, 9 novembre 2017 – Tribunale di Torino, 20 dicembre 2017 – Tribunale di Ivrea, 15 novembre 2018.

[3] C. Cracolici e A. Curletti, “Composizione della crisi anche per i soci illimitatamente responsabili”

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento