Ammissibilità dell’impugnazione a norma dell’art. 606 c.p.p

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Un peculiare caso in cui la Corte di Appello è tenuta a valutare l’ammissibilità dell’impugnazione a norma dell’art. 606 c.p.p.: vediamo quale

      Indice

  1. Il fatto
  2. I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
  3. Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
  4. Conclusioni

(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 606)

1. Il fatto 

La Corte di appello di Roma riformava una sentenza adottata dal G.i.p. del Tribunale di Roma, assolvendo uno dei ritenuti sodali dal reato associativo contestato al capo 1) perché il fatto non sussiste, escludendo al contempo le circostanze attenuanti generiche e rideterminando la pena inflitta per il tentativo di rapina aggravata contestato al capo 3) e per le rapine aggravate contestate ai capi 4), 5) 6), 7) e 8), riconoscendo la continuazione con altra sentenza emessa sempre della Corte di Appello capitolina.

2. I motivi addotti nel ricorso per Cassazione 

Avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato che deduceva i seguenti motivi: 1) motivazione carente e contraddittoria in relazione alla ritenuta responsabilità dell’imputato per i fatti cui ai capi 3), 4 e 5) della rubrica; 2) violazione di norma processuali e sostanziali, nello specifico artt. 62 bis c.p., in relazione all’art. 606, lett. B) e artt. 443, comma 3, 591, comma 1 n. 1, c.p.p., in relazione all’art. 606, lett. c), c.p.p., nonché violazione del divieto di reformatio in peius secondo quanto sancito dall’art. 597, comma 3, c.p.p.; 3) violazione di norme sostanziali, nello specifico artt. 81 cpv, 132, 133 c.p. in relazione all’art. 606, lett. b), c.p.p., nonché carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione ex art. 606 lett. e) c.p.p., in relazione al trattamento sanzionatorio con riferimento all’aumento per la continuazione.


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3. Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il primo motivo di ricorso era ritenuto inammissibile.

Difatti, a fronte di una motivazione (reputata) adeguata, logica e priva di contraddizioni, per gli Ermellini, il ricorrente opponeva un motivo inammissibile perché meramente reiterativo delle questioni proposte con l’atto di appello, affrontate e disattese dalla Corte di merito, e riproposte con il ricorso per Cassazione rilevandosi al contempo che, a tale proposito, la Suprema Corte ha costantemente chiarito che “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella ripetizione di quelli già dedotti in appello, motivatamente esaminati e disattesi dalla corte di merito, dovendosi i motivi stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto non assolvono la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza oggetto di ricorso”, (Sez. 5, Sentenza n. 11933 del 27/01/2005; più di recente, non massimate: Sez. 2, Sentenza n. 25517 del 06/03/2019, omissis; Sez. 6, Sentenza n. 19930 del 22/02/2019); in altri termini, sempre ad avviso degli Ermellini, era del tutto evidente che, a fronte di una sentenza di appello che aveva fornito una risposta ai motivi di gravame, la pedissequa riproduzione di essi come motivi di ricorso per Cassazione non poteva essere considerata come critica argomentata rispetto a quanto affermato dalla Corte d’appello: in questa ipotesi, pertanto, i motivi erano necessariamente privi dei requisiti di cui all’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c), c.p.p. che, come è noto, impone la esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a sostegno di ogni richiesta.

Oltre a ciò, era altresì fatto presente come le doglianze articolate nel ricorso non fossero state volte a evidenziare violazioni di legge o mancanze argomentative e manifeste illogicità della sentenza impugnata ma, per la Corte di legittimità, miravano a sollecitare un improponibile sindacato sulle scelte valutative della Corte territoriale e reiteravano in gran parte le censure già sollevate dinanzi a quel Giudice che, a sua volta, le aveva ritenute infondate sulla base di una (stimata) lineare e adeguata motivazione, strettamente ancorata a una completa e approfondita disamina delle risultanze processuali, nel rispetto delle regole di cui all’art. 192 cod. proc. pen. e dei principi di diritto vigenti in materia, tenuto conto altresì che i vizi di motivazione possono essere esaminati in sede legittimità allorquando non propongano censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr. Sez. 5, n. 46124 del 08/10/2008) le cui determinazioni sono insindacabili in Cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente ed idonea a dar conto dell’iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum.

Ciò posto, il secondo motivo di ricorso era parimenti considerato inammissibile perché (reputato) manifestamente infondato in quanto, per i giudici di piazza Cavour, la Corte di Appello non aveva travalicato il perimetro del giudizio consentito alla Corte di merito quando via sia stata la conversione del ricorso in appello ai sensi dell’art. 580, cod. proc. pen., ricordandosi a tal proposito che «in tema di giudizio abbreviato, il ricorso per cassazione proposto dal pubblico ministero avverso la sentenza di condanna e convertito in appello in applicazione dell’art. 580 cod. proc. pen., conserva la propria natura di impugnazione di legittimità, onde la Corte di appello deve sindacarne l’ammissibilità secondo i parametri di cui all’art. 606 cod. proc. pen. ed i suoi poteri di cognizione sono limitati alle censure di legittimità; tuttavia, una volta concluso positivamente il giudizio rescindente, il giudice d’appello riprende la propria funzione di giudice del merito e può adottare le statuizioni conseguenti alla formulazione del giudizio rescissorio devolutogli», (Sez. 2, Sentenza n. 34487 del 21/06/2019).

Orbene, per gli Ermellini, la sentenza di appello era conforme al principio di diritto ora enunciato visto che la Corte di Appello aveva rilevato come il giudice di primo grado avesse omesso di motivare in relazione alle circostanze attenuanti generiche, e tanto faceva emergere come la Corte di merito avesse riferimento al parametro di ammissibilità previsto dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. ovvero in quello di cui all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., cui andava ricondotto il vizio di omessa motivazione.

Ad ogni modo, rammentava la Cassazione nella decisione qui in commento, una volta superato il vaglio di ammissibilità, la Corte di Appello riacquista i connotati di giudice del merito e del tutto legittimamente può adottare le statuizioni conseguenti alla formulazione del giudizio rescissorio devoluto con l’atto di impugnazione.

Invece, il terzo motivo di ricorso era reputato fondato avendo la Corte di Appello rideterminato la pena in maniera (stimata) assertiva e apodittica, non essendo stati indicati i criteri e/o i parametri cui aveva fatto riferimento, sia per la determinazione della pena base, sia per giustificare gli aumenti per la continuazione e le ragioni della loro diversificazione.

La sentenza impugnata era perciò annullata con rinvio alla Corte di Appello per nuovo giudizio in punto di trattamento sanzionatorio, dichiarandosi contestualmente l’irrevocabilità del giudizio di responsabilità.

4. Conclusioni 

La decisione in esame desta un certo interesse essendo menzionato uno specifico caso in cui la Corte di Appello è tenuta a valutare l’ammissibilità dell’impugnazione a norma dell’art. 606 c.p.p..

Difatti, in tale pronuncia, si afferma, richiamando un precedente della Cassazione, che, in tema di giudizio abbreviato, il ricorso per Cassazione proposto dal pubblico ministero avverso la sentenza di condanna e convertito in appello in applicazione dell’art. 580 cod. proc. pen., conserva la propria natura di impugnazione di legittimità, onde la Corte di Appello deve sindacarne l’ammissibilità secondo i parametri di cui all’art. 606 cod. proc. pen. ed i suoi poteri di cognizione sono limitati alle censure di legittimità fermo restando però che, una volta concluso positivamente il giudizio rescindente, il giudice d’appello riprende la propria funzione di giudice del merito e può adottare le statuizioni conseguenti alla formulazione del giudizio rescissorio devolutogli; in altri termini, una volta superato il vaglio di ammissibilità, la Corte di Appello riacquista i connotati di giudice del merito e del tutto legittimamente può adottare le statuizioni conseguenti alla formulazione del giudizio rescissorio devoluto con l’atto di impugnazione.

E’ dunque sconsigliabile intraprendere una linea argomentativa volta a confutare un vaglio di questo tipo, ove insorga questa particolare situazione procedurale.

Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica, non può che essere positivo.

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Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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