Ammissibilità del ricorso per Cassazione contro il provvedimento applicativo di misura cautelare custodiale revocata. Per approfondire consigliamo: Formulario annotato dell’esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia
Indice
1. La questione: ammissibilità ricorso di Cassazione
Il Tribunale di Trento rigettava un’istanza di riesame proposta avverso un’ordinanza del Gip del Tribunale di Trento a sua volta applicativa della misura della custodia cautelare in carcere in relazione ai reati di associazione a delinquere (capo A) e di riciclaggio (capo 3).
Ciò posto, avverso questa decisione proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’indagato che, con un unico motivo, eccepiva l’erronea applicazione della legge penale e la contraddittorietà della motivazione (art. 648 bis cod. pen.), nonché la inosservanza di norma processuale (art. 8 cod. proc. pen.) per la mancata declaratoria d’incompetenza in favore del Tribunale di Trento. Per approfondire consigliamo: Formulario annotato dell’esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia
2. La soluzione adottata dalla Cassazione
Per la Corte di legittimità, andava prima di tutto osservato come fosse da reputarsi preliminare e assorbente la circostanza che il soggetto non fosse più sottoposto ad alcuna misura cautelare, a seguito della revoca, nelle more custodia in carcere e la rimessione in libertà.
Orbene, a fronte di ciò, la Suprema Corte, una volta richiamato quell’orientamento nomofilattico secondo il quale il ricorso per Cassazione, avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare custodiale nelle more revocata, è ammissibile solo a condizione che il ricorrente coltivi l’impugnazione ai fini del riconoscimento della riparazione per ingiusta detenzione e che egli abbia manifestato tale volontà nello stesso ricorso personalmente o a mezzo di difensore munito di procura speciale, in quanto la domanda di riparazione è atto riservato personalmente alla parte, come si evince dal combinato disposto degli artt. 315, comma 3, e 645, comma 1, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 48583 del 15/10/2019), riteneva come tale condizione non sussistesse nel caso di specie, con la conseguenza che il ricorso doveva essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza d’interesse alla pronuncia di annullamento richiesta, fermo restando però che l’inammissibilità del gravame non determinava, tuttavia, la soccombenza e la condanna alle spese, in quanto il venir meno dell’interesse alla decisione è correlato a cause sopravvenute alla presentazione dell’impugnazione (in termini, sez. 2, n. 4452 del 08/01/2019).
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito quando il ricorso per Cassazione, avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare custodiale nelle more revocata, può ritenersi ammissibile.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che il ricorso per Cassazione, avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare custodiale nelle more revocata, è ammissibile solo a condizione che il ricorrente coltivi l’impugnazione ai fini del riconoscimento della riparazione per ingiusta detenzione e che egli abbia manifestato tale volontà nello stesso ricorso personalmente o a mezzo di difensore munito di procura speciale, in quanto la domanda di riparazione è atto riservato personalmente alla parte, come si evince dal combinato disposto degli artt. 315, comma 3, e 645, comma 1, cod. proc. pen..
Dunque, solo a queste condizioni, in tale caso, un ricorso di questo genere può stimarsi ammissibile fermo restando che, anche in caso di sua inammissibilità, ciò non comporta la soccombenza e la condanna alle spese poiché, in codesta ipotesi, il venir meno dell’interesse alla decisione è correlato a cause sopravvenute alla presentazione dell’impugnazione.
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