Ammissione al gratuito patrocinio per straniero non residente: non necessario codice fiscale italiano

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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 30047 del 23 luglio 2024, ha chiarito che, per l’ammissione al gratuito patrocinio dello straniero non residente, non è necessario il codice fiscale italiano.

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Indice

1. I fatti

Il Tribunale di Roma ha rigettato l’opposizione proposta dall’imputato avverso il diniego dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, disposta in quanto lo stesso non aveva indicato, nella relativa istanza, il proprio codice fiscale, come previsto a pena di inammissibilità dall’art. 79 D.P.R. 155/2002, ma aveva indicato il codice fiscale di cui era titolare nello Stato di residenza e la propria residenza all’estero.
Il Tribunale ha specificato che il ricorrente, cittadino rumeno residente in Italia, avrebbe dovuto, in quanto cittadino dell’Unione Europea, richiedere il codice fiscale ad un ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate e non aveva dedotto alcun impedimento al riguardo.
Avverso tale provvedimento è stato proposto ricorso per Cassazione affidato ad un unico motivo con il quale veniva denunciata violazione della legge penale in relazione all’art. 79 del D.P.R. cit., come interpretato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 144 del 2004, secondo cui il cittadino straniero non residente nel territorio italiano può presentare l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato allegando il proprio domicilio all’estero.
Per approfondimenti si consiglia il seguente volume, il quale rappresenta un valido strumento operativo di ausilio per il Professionista:

Corte di Cassazione – Sez. IV Pen. – Sent. n. 30047 del 23/07/2024

Cass-30047-2024.pdf 271 KB

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2. Ammissione al gratuito patrocinio per straniero non residente: l’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione, nel dichiarare fondato il ricorso, ha osservato che in sede di disciplina dei casi in cui è obbligatoria l’indicazione del codice fiscale, il testo dell’art. 6, secondo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605, prevede espressamente che “l’obbligo di indicazione del numero di codice fiscale dei soggetti non residenti nel territorio dello Stato, cui tale codice non risulti attribuito, si intende adempiuto con la sola indicazione dei dati di cui all’art. 4 con l’eccezione del domicilio fiscale, in luogo del quale va indicato il domicilio o sede legale all’estero“. Il citato art. 4, primo comma, lett. a), richiede, ai fini dell’attribuzione del numero di codice fiscale delle persone fisiche, esclusivamente i seguenti dati: cognome, nome, luogo e data di nascita, sesso e domicilio fiscale.
Il ricorrente ha dedotto che, al momento del deposito dell’istanza, egli era presente da soli 40 giorni sul territorio italiano e che, dunque, al momento della presentazione della richiesta di patrocinio a spese dello Stato, non aveva la titolarità di un codice fiscale italiano, ma del codice fiscale del Paese di residenza che aveva indicato nel ricorso.

3. La decisione della Cassazione

Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione ha sottolineato che, agli effetti dell’ammissibilità dell’istanza diretta ad ottenere il beneficio in questione, nulla appare escludere la possibilità che lo straniero non residente in Italia, pure se residente in un Paese UE, in luogo dell’indicazione del codice fiscale, fornisca i dati di cui all’art. 4 cit., oltre al proprio domicilio all’estero.
Osserva la Corte che dalle norme in questione “non si ricava alcun onere, per il cittadino straniero non residente, di munirsi di codice fiscale italiano al fine di avanzare la richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, fermo restando l’obbligo, di cui all’art. 76 del D.P.R. 115 del 2002, di allegazione alla istanza del reddito prodotto come risultante dalla ultima dichiarazione presentata nel paese di residenza“.
Anche per la citata sentenza della Corte Costituzionale (n. 144/2004) è sufficiente, per il cittadino straniero irregolare, la sola indicazione del domicilio nel paese estero.
Per questi motivi, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Presidente del Tribunale di Roma.

Riccardo Polito

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