Su queste colonne ? stato recentemente dibattuto (IlSole24Ore dell?8.1.06) il problema della delinquenza, ravvisando una corrispondenza tra l?aumento dei reati negli ultimi anni e il progressivo indebolimento della risposta repressiva messa in campo dallo Stato.
Sono stati presi in esame i risultati di uno studio realizzato da un economista americano (Steven Levitt, autore del best seller ?Freakonomics, il lato nascosto di tutto?) il quale – dati alla mano ? sostiene la tesi che ?la galera riduce la criminalit??.
Su queste premesse, la prospettiva dell?amnistia al vaglio del Parlamento, ? stata ritenuta misura che, oltre ad essere impopolare, anti-liberale e di dubbia valenza morale, finirebbe per distruggere il residuo effetto deterrente esercitato sui criminali dal rischio di incorrere nella punizione prevista dalle leggi penali.
Vengono suggeriti, in conclusione, quali rimedi al collasso della giustizia, il lavoro e la rieducazione nei penitenziari, la diffusione delle prigioni private, l?introduzione di criteri di efficienza e merito tra magistrati e forze dell?ordine.
L?analisi coglie indubbiamente alcuni elementi di verit?.
Vero ?, infatti, che l?adozione di un provvedimento di amnistia sarebbe (?) generalmente avversato dalla pubblica opinione quale immotivato ?premio ai delinquenti?. Assodato questo, per?, ? anche da dire che una classe politica degna di questo nome non dovrebbe essere condizionata, n? farsi condizionare dagli umori mutevoli dell?opinione pubblica, soprattutto quando vi sono in gioco valori fondamentali della civilt? giuridica di un popolo, quali le condizioni di vita all?interno degli istituti penitenziari italiani, attualmente ben oltre la soglia della tollerabilit?, sotto il profilo giuridico prima ancora che umano e umanitario.
?Che un gesto di clemenza da parte dello Stato sia opinabile moralmente, pu? essere oggetto di riflessione.
Certamente non la pensava cos? Giovanni Paolo II, che invano chiese al Parlamento riunito proprio quel gesto di clemenza.
?L?affermazione levittiana che ?la galera riduce la criminalit?? colpisce per l?anglosassone, quasi matematica, semplificazione.
Purtroppo (perch? sarebbe una soluzione comoda, un po? come si fa con i rifiuti: seppelliamoli, in fondo ? pi? comodo della raccolta differenziata) essa ? contraddetta dai fatti.
Per citare proprio l?esperienza nordamericana, a fronte di un sistema penitenziario dai numeri impressionanti (oltre 2.000.000 di detenuti), abbiamo un indice di criminalit? che non pare in drastica diminuzione, se ? vero che gli Stati Uniti perdono ogni anno pi? cittadini a causa dei conflitti a fuoco in patria che per cause belliche nei teatri di guerra di tutto il mondo in cui sono?? attualmente impegnate le truppe USA.
Le prigioni private, tratte anch?esse dal way of prison americano, non sembrano facilmente esportabili nell?esperienza giudiziaria e penitenziaria italiana, informata al principio, che trae origine dal diritto romano, secondo il quale lo Stato ha il compito di processare e punire i responsabili di reati, attraverso propri organi che garantiscano imparzialit? e legalit? (non solo nella fase del processo ma) anche all?interno degli istituti penitenziari.
?E? certamente giusto motivare maggiormente gli operatori della giustizia, anche se il quadro non pare tutto ombre, se ? vero, come riconosciuto dallo stesso Ministro della giustizia, che il numero dei procedimenti pendenti ? in costante diminuzione, nonostante le regole del processo penale siano ridotte ad un inestricabile labirinto giuridico.
?La soluzione al problema del collasso della giustizia ed al connesso problema della dignit? e umanit? nell?esecuzione della pena passa attraverso una rivoluzione culturale piuttosto che fondarsi sull?adozione di ricette d?importazione, nate e sviluppatesi in una realt? del tutto diversa dalla nostra, nell?ottimistica speranza che diano chez nous quei frutti che non hanno prodotto nella loro patria d?origine.
?E allora una riflessione: una pena che agisca soltanto sul versante retribuzionistico, dell?inflizione cio? di sofferenza ai condannati, ottiene il sicuro effetto di incattivirne ancor pi? l?animo, ricacciandoli nel circolo vizioso del reato-carcere-reato di chi non ha pi? niente da perdere (e dunque da temere).
?La pena ?giusta? deve agire alla radice della devianza, con pene ?giuste? non (solo) perch? severe, ma perch? efficaci nel recuperare il delinquente alla societ?: la medicina al posto della quarantena.
?Occorre offrire almeno una chance di cambiamento a chi ha spesso come unica famiglia e come unica scuola il carcere.
Cercare, almeno, di colpire alla radice le cause di una gran parte della fenomeno criminale ( che sono le subculture, il disagio, l?emarginazione dei ghetti) investendo in risorse culturali e assistenziali (mediatori culturali, difensori civici dei detenuti, educatori) appare non tanto giusto, quanto soprattutto utile nella misura in cui sottrae delle persone al circuito della criminalit? (secondo stime attendibili, il 70% dei reati commessi in Italia ? riconducibile ad un numero non elevato di plurirecidivi).
?E? necessario, allora, agire sugli strumenti: riformando profondamente le regole del processo penale, sfrondandone inutili formalismi e garantismi di facciata.
?Va ripensato l?apparato sanzionatorio, introducendo un sistema che privilegi le pene alternative al carcere (che dovrebbe essere riservato ai reati pi? gravi, quale extrema ratio del sistema, poich? costoso per i contribuenti e poco utile al recupero del condannato).
?Una misura possibile nel breve periodo ? la riattualizzazione, in chiave di sanzione penale non detentiva, dello strumento del lavoro di pubblica utilit? quale modalit? di espiazione della pena, cos? come il rendere obbligatoria l?adesione a meccanismi di mediazione penale e di risarcimento delle vittime del reato da parte degli autori degli stessi, quale condizione per l?ammissione alle misure alternative al carcere.
Occorre puntare sulle pene pecuniarie, riformando in radice l?attuale sistema, che non garantisce attualmente allo Stato il recupero delle somme non corrisposte spontaneamente dai condannati (delle quali solo l?1% ? effettivamente percepito).
?Quello che preoccupa, insomma, non ? tanto la possibile promulgazione dell?amnistia, ma l?amnistia senza vere riforme.????
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