Analisi comparata delle delinquenze giovanili in Italia ed in Svizzera

Introduzione

Nel 2007, in Italia, 38.193 minorenni sono stati iscritti nel Registro ex Art. 335 Cpp. A livello storico-statistico, il dato del 2007 è senz’ altro confortante, in tanto in quanto, nei 18 anni tra il 1990 ed il 2007, la cifra media degli infra-18enni inquisiti in Mod. 21 o 21 bis era assai superiore, senza contare il picco di 46.051 adolescenti inchiestati complessivamente nel 1995. Anche il 1999 è stato problematico con afferenza agli imputabili dai 14 ai 17 anni d’ età e pure il 1995 ha visto ben 10.815 denunzie nei confronti di infra-14enni non imputabili ( TOTARO & PAGLIAROLI & MASTROPASQUA, 2008. Cifre attinte dalle rilevazioni ufficiali dell’ ISTAT ). Le percentuali indicano, inoltre, che, in Italia, dal 2005 al 2007, è sceso il numero totale delle querele a carico di minorenni, probabilmente a causa di una minore querulomania collettiva, la quale sarebbe stata provvidenzialmente arginata da una maggiore tolleranza sociologica verso infrazioni bagatellari risolvibili con forme di conciliazione stragiudiziali. Ciononostante, va precisato che, negli Anni Duemila, è vertiginosamente aumentata la quantità di segnalazioni attinenti ad infra-14enni non rinviabili a giudizio, il che vale soprattutto per il triennio 2000, 2001 e 2002. Il minorenne processato, nel contesto italiano del terzo Millennio, è, nell’ 80 % del totale, maschio, mentre la delinquenza anti-normativa delle adolescenti femmine, a partire dal 2000, è scesa dal 18 % al 16 % ed il trend risulta in costante calo.

Molto indicativi, sotto il profilo statistico, sono pure i Censimenti curati dal Dipartimento per la Giustizia Minorile, che ha accuratamente monitorato i flussi di entrata nei Centri di Pronta Accoglienza ( CPA ). Nel 2009, gli ingressi nei CPA sono stati 2.422, il che, se confrontato con i dati complessivi degli Anni Novanta del Novecento, conferma, dall’ anno 2000 in poi, un drastico calo di quasi il 77 %, dunque sono diminuiti i soggetti infra-18enni oggetto di provvedimenti restrittivi della libertà personale. Nei CPA, l’ utente-tipo è maschio, italiano ed ha un’ età compresa, solitamente, tra i 16 ed i 17 anni. Contrariamente a quanto reclamizzato dal populismo televisivo, i minorenni stranieri detenuti sono in diminuzione dal 2005 e, anzi, le percentuali di infra-18enni non italiani ospitati nei CPA sono in netta discesa dal 2009 sino a tutt’ oggi e ciò sconfessa, fortunatamente, la demagogia xenofoba pre-elettorale che crea inutili dispercezioni collettive.

La maggior parte delle infrazioni minorili penalmente rilevanti, in Italia, è costituita da furti, lesioni personali volontarie e, soprattutto, violazioni della Normativa in tema di stupefacenti ex TU 309/1990 e successive modificazioni ed integrazioni. Per la verità, le lesioni fisiche costituiscono un’ eccezione che tange soltanto il 7 % dei minorenni infrattori, mentre i furti predominano con un’ incidenza del 63 %, seguiti da un notevole 25 % di reati connessi al mondo delle droghe. Il 76 % degli adolescenti rei di delitti contro il patrimonio è costituito da ragazzi stranieri, mentre le lesioni personali e le violazioni al TU 309/1990 vedono protagonisti soprattutto ed anzitutto minorenni di nazionalità italiana. Per quanto concerne i furti, si tratta quasi sempre di sottrazioni bagatellari poste in essere da infra-16enni; invece, lo spaccio di sostanze d’ abuso proibite è prevalente nella fascia d’ età dai 16 ai 17 anni.

Le asimmetrie informative generate dalla cronaca giornalistica presentano il mito fuorviante dell’ infra-18enne extra-comunitario costantemente impegnato nel turbare la quiete pubblica, ma si tratta di un’ immagine che non corrisponde per nulla alla realtà concreta degli Anni Duemila. Basti pensare che, dal 1991, sono in calo gli omicidi volontari commessi da minori degli anni 18 e certune eccezioni, benché clamorose, non contraddicono l’ andamento generale. Secondo l’ anglofono HUGHES ( 2004 ), “ la criminalità spicciola colpisce prevalentemente la gente del popolo, donne e uomini della classe operaia “, ma tale ipertrofica auto-percezione finisce per produrre allarmi sociali ingiustificati. Pertinentemente, VIDONI GUIDONI ( 2004 ) precisa che “ si possono nutrire dei dubbi sull’ esatta rappresentazione del fenomeno sulla base dei dati forniti, in quanto moltissimi reati, soprattutto meno gravi, non sono nemmeno denunciati ed il numero di quelli registrati spesso dipende dal tipo di tolleranza o assuefazione al crimine da parte della società. … Va infatti tenuto conto che la mancata denuncia a volte è sintomo di una maggiore tolleranza degli atti devianti da parte della comunità sociale. Spesso, inoltre, si preferisce evitare a un minore l’ azione legale, con il risultato di un importante margine di errore fra la reale entità del fenomeno e i dati oggettivi presentati ai Tribunali per i Minorenni “.

La situazione in Italia

Per quanto possa apparire strano o paradossale, il minorenne italiano detenuto, nella gran parte dei casi, è appartenente alla media borghesia, è settentrionale, discretamente colto e possiede, prima di manifestare devianze penalmente rilevanti, molti beni di non scarso valore, come lo smartphone alla moda, il tablet, gli accessori hi-tech, il motorino ed altri oggetti-sintomo di un tenore di vita abbastanza elevato. Altrettanto spesso, l’ infra-18enne italiano recluso in un carcere minorile ha delinquito per motivi futili non legati ad uno stato di bisogno, come dimostrano le risse in prestigiosi locali notturni, gli stupri di gruppo e la frequentazione costante delle discoteche nelle notti tra il Sabato e la Domenica o, comunque, durante ponti festivi. Inoltre, il minorenne infrattore con nazionalità italiana si distingue quasi sempre per l’ assenza di una morale interiore in grado di frenare l’ istintività violenta ed egocentrica. Viceversa, al Sud, l’ adolescente deviante reca meno disponibilità di denaro e vive, prima dell’ ingresso in carcere, in una situazione di precarietà abitativa ed in quartieri periferici nei quali la micro-criminalità abbonda e rappresenta una vera e propria piaga intrattabile ed inestirpabile. L’ ultra-14enne che delinque, tanto nel Meridione quanto nell’ opulenta e post-moderna Milano, non ha valori forti né laici né religiosi ed ha appreso, nel proprio nucleo familiare, a risolvere con eccessiva aggressività le ordinarie problematiche quotidiane. Sotto il profilo pedagogico intra-familiare, gli educatori penitenziari riscontrano sovente un’ alternanza priva di coerenza educativa tra l’ eccessiva severità, più che altro sterilmente retorica, e, dal lato opposto, un atteggiamento permissivo ove il paterfamilias ricopre il ruolo di amico o confidente senza alcuna autorevolezza genitoriale. Anzi, le famiglie allargate degli Anni Duemila si rivelano criminogene e negativamente imbrattate da convivenze aperte e di breve durata in cui la figliolanza si abitua a convivere con non meglio precisabili compagni/e che non condividono un affetto stabile, bensì una sessualità libertina che giustifica troppo e che demolisce le normali dinamiche familiari, spesso agite da conviventi provvisori e fratelli o sorelle confusamente imparentati con soggetti ormai estranei alla comunione domestica. L’ Italia dei nativi digitali non conosce quasi più la struttura normale della famiglia mediterranea di matrice matriarcale e di lunga durata. A parere di molti Autori, l’ adolescente italiano che delinque è affetto, in epoca contemporanea, da un’ iper-esposizione alle televisioni, alla pornografia, ma anche ai nuovi mass-media tecnologici, come Internet, i telefoni cellulari, le chat on line, senza poi contare i pessimi criteri educativi insiti nei video-giochi. In buona sostanza, “ la comunicazione tecnologica ha introdotto la presenza [ solo ] virtuale dell’ altro e sta producendo delle modificazioni nella rappresentazione cognitiva ed affettiva dello spazio relazionale … Assistiamo ad una sorta di analfabetismo emotivo-affettivo in cui la mancanza di codici per riconoscere la presenza dell’ altro e gestire le emozioni e gli affetti espone a rischi di de-umanizzazione dell’ universo relazionale “ ( TOTARO & PAGLIAROLI & MASTROPASQUA, ibidem ). Come prevedibile, la desertificazione della morale giovanile provoca numerose psicopatologie, come le depressioni, le psicosi, le condotte border-line, i disturbi di auto-identificazione, ma soprattutto le parafilie violente ed un’ incontrollabile aggressività, al quale sfocia in crimini precoci come lo stupro di gruppo, le risse, le lesioni personali volontarie ed il vandalismo. Molto lucidamente, CASONI ( 2007 ) parla di “ patologizzazione delle modificazioni socio-culturali in atto “, nel senso che l’ assenza di freni inibitori, nell’ ultra-14enne, comporta una criminogenesi acuta che si sposta dal piano meramente psicologico a quello comportamentale e questo disagio è il presupposto per la nascita di condotte illecite anti-sociali e, soprattutto, anti-giuridiche. Il ragazzo deviante italiano o, comunque, italiofono ed integrato inizia la propria carriera criminale, di solito, con atteggiamenti di bullismo verso i propri coetanei durante il periodo della scolarizzazione obbligatoria e tale aggressività tende, successivamente, a trasformarsi in illeciti penalmente rilevanti, come accade nel caso emblematico del danneggiamento di spazi pubblici. L’ infrattore minorenne italiano pone in essere violenze cc.dd. “ simboliche “, cagionate da noia e frustrazione, mentre, nella tradizione occidentale, il reato era solitamente connesso ad uno stato di bisogno alimentare o materiale. L’ infra-18enne dell’ Italia contemporanea, invece, comunica violentemente lacune affettive e non carenze strumentali o patrimoniali.

E’ oltremodo interessante riflettere sul motivo della presenza, nelle carceri minorili italiane, di una notevole quantità di infra-18enni rumeni di etnia Rom. Sono molti anche i Sinti provenienti dall’ Emilia Romagna e dal Lazio e si tratta, nella maggior parte dei casi, di ragazzi non inseriti nel mondo del lavoro ed assiduamente dediti a furti e rapine. Molti di questi Zingari sono ragazze dai 14 ai 17 anni d’ età, il che stupisce alla luce del genere prevalentemente maschile degli adolescenti attualmente reclusi in Italia. Assai anomala è pure la fattispecie dei Rom dell’ Abruzzo e della Calabria, muniti di cittadinanza italiana ed emarginati, nella seconda metà del Novecento, a causa del passaggio storico-sociale dalla civiltà rurale a quella industrializzata. Senza dubbio, la situazione maggiormente difficile rimane quella dei minorenni Zingari della Calabria, ove l’ emarginazione ha spinto svariati ultra-13enni ad inserirsi in torbidi contesti malavitosi legati al narcotraffico organizzato gestito dalla ‘Ndrangheta. Analoga osservazione vale pure per i Sinti napoletani, pugliesi e siciliani, che sono resi partecipi, sin da giovani o giovanissimi, del traffico e dello spaccio illecito di sostanze stupefacenti, con tutti i corollari comportamentali e le conseguenze dis-educative che ciò comporta. Anche nel Settentrione, non mancano ampie connessioni criminali tra Rom, Sinti e Mafie di origine slavo-balcanica.

Inutile e financo scontato è rimarcare che l’ utenza carceraria minorile più problematica è e rimane quella proveniente dalla Romania, dall’ Albania, dalla ex Yugoslavia e dall’ Africa del Nord (il c.d. Magreb ). La criminalità adolescenziale non autoctona colpisce anzitutto la Lombardia e l’ hinterland di Milano, ma parecchie criticità ineriscono pure Torino e Roma o, più in generale, il Lazio. I soggetti stranieri minori degli anni 18 d’ età si rendono prevalentemente responsabili di furti, rapine proprie, rapine improprie, ricettazione e, come prevedibile, spaccio di cannabis o altre droghe cc.dd. “ pesanti “, come la cocaina e l’ ecstasy. Per quanto attiene agli infrattori minorenni rumeni, sotto il profilo statistico e senza alcuna polemica politica o partitica, l’ ingresso della Romania nell’ UE non ha modificato la cultura locale, che tende a considerare normali o, ognimmodo, non gravi i reati contro il patrimonio. La civiltà rumena talvolta manca di un’ educazione al lavoro e le famiglie non sempre veicolano valori positivi, come dimostra il caso emblematico delle ultra-13enni rumene che esercitano professionalmente il meretricio senza alcuna regola inibitoria. La più grande sconfitta, in tema di giovani devianti stranieri, è forse costituita dal precoce abbandono scolastico. L’ 85 % dei bambini slavi e nord-africani si ferma alla Scuola dell’ infanzia o a quella primaria. Il 42 % dei figli di extra-comunitari stabilmente residenti in Italia non consegue nemmeno la licenza media inferiore, compresa l’ atipica minoranza neo-europea oriunda dalla Romania. P.e., in Sicilia, gli scolari stranieri non superano i 5 anni di presenza regolare all’ interno dei normali percorsi pedagogici, il che apre senza dubbio la strada a pericolose carriere criminali. Negli Anni Duemila, le storie personali dei minorenni non italiani, reclusi o affidati alle Comunità, testimoniano un’ insufficienza oltremodo grave delle Istituzioni Scolastiche, che, pur offrendo il massimo impegno da parte dei Docenti, rinvengono ostacoli interni insormontabili, come la diffidenza delle famiglie, l’ alterità eccessiva delle culture d’ origine ed un totale analfabetismo cagionato da lingue locali difficili ed impermeabili nei confronti dell’ italiano. Attualmente, i devianti non autoctoni rei di infrazioni giuridiche penali rinvengono raramente delle concrete possibilità di (re-)inserimento, come dimostrano le difficoltà degli Operatori penitenziari minorili della Lombardia e del Lazio, pur se, a dire il vero, le seconde e le terze generazioni extra-comunitarie sono ormai completamente e a-problematicamente italiofone o bilingui. Le politiche carcerarie per l’ integrazione abbondano e, certamente, non manca la buona volontà degli Educatori, ma, a livello fattuale, permangono notevoli conflitti culturali verso modi di pensare lontani e completamente estranei al binomio pedagogico occidentale Studio / Lavoro.

A prescindere dall’ etnia, la quasi totalità dei / delle minorenni reclusi/e in Italia manifesta disturbi border-line ad eziologia poli-tossicomanica e le sostanze maggiormente assunte sono l’ MDMA e le bevande alcooliche. Ogni ragazzo, sottoposto ad un provvedimento restrittivo della libertà personale, esterna, nella totalità dei casi, disordini mentali e/o comportamentali che richiedono un assiduo sostegno psicologico. Le patologie psichiatriche sono sovente associate tra di loro, all’ interno di un contesto pluri-patologico che accresce la rabbia e l’ aggressività, tanto prima quanto dopo la reclusione o il passaggio in strutture protette. Basti pensare che, nel 2007, il 75 % dei ragazzi italiani detenuti manifestava psicopatologie imputabili all’ uso di alcool e/o droghe e tale dato statistico si è via via incrementato senza sosta nel corso degli Anni Duemila. Il minorenne in vinculis fa uso, contestualmente, di vini, birre, marjuana, hashish, cocaina, ecstasy, LSD, GHB, allucinogeni e non mancano gli oppiacei, con una conseguente “ doppia diagnosi “ che unisce drammaticamente anomalie del carattere, refrattarietà all’ adattamento intra-murario e, infine, patologie mentali in senso stretto. A differenza di quanto si possa pensare, i minorenni affetti da poli-tossico-dipendenze sono soprattutto giovani italiani con una discreta disponibilità di denaro, mentre molti adolescenti stranieri si rendono, in non pochi casi, responsabili di spaccio ma non consumano personalmente alcuna sostanza d’ abuso. Le droghe e l’ alcoolismo, infatti, tangono sia famiglie degradate non integrate, sia insospettabili nuclei familiari dell’ alta borghesia.

Aspetti criminologici (e meta-geografici ) delle delinquenze giovanili

Negli Anni Duemila, si è abbandonato, nella Dottrina criminologica occidentale, il Legalismo rigido e formalistico che distingueva tra le devianze anti-normative e quelle, viceversa, che non costituiscono un’ infrazione rilevante sotto il profilo della Giuspenalistica e che provocano soltanto un’ (auto)lesione privata del benessere psicofisico del giovane. Attualmente, come dimostrato dalla fattispecie delle perversioni parafiliache, l’ Ordinamento giuridico tende ad estendere le proprie funzioni repressorie pure all’ambito dell’ anti-socialità non illegale. Dunque, in epoca odierna, l’ esecuzione penitenziaria coinvolge l’ intera personalità dell’ adolescente condannato, tanto sotto il profilo giuridico, quanto dal punto di vista etico e valoriale, come dimostra la sterminata Letteratura penalistica efferente agli Artt. 27 comma 3 Cost.1 e 75 commi 1, 3 e 4 schwStGB2. Basti pensare, nell’ Ordinamento italiano, alla condotta dell’ incesto p. e p. ex Art. 564 CP3, che unisce e non scinde l’ anti-normatività dall’ anti-socialità, ovverosia il danno giuridico dall’ anomalia comportamentale.

La Dottrina criminologica italiana oggi si occupa non soltanto delle devianze illecite o semi-lecite, ma anche essa tende a svolgere una normo-profilassi che prevenga o riduca i comportamenti in cui il giovane assume rischi potenzialmente dannosi ( VALLARIO, 2005 ). L’ infra-18enne contemporaneo italiano, o ognimmodo residente in Italia, tende ad una frequente e precoce traumatofilia che si esprime, tanto a livello maschile quanto a livello femminile, in condotte border-line come fare a gara a chi beve più alcoolici in pochi minuti, viaggiare in motorino ad elevata velocità per esperimentare piacere, provare a guidare automobili senza patente, frequentare luoghi criminogeni per il gusto del proibito, usare armi da fuoco o bombe carta, vandalizzare piazze, vie, cimiteri, oppure provocare incendi dolosi per finalità ludiche in sfida alla Pubblica Autorità.

Sotto il profilo delle Scienze Pedagogiche e della Criminologia, VALLARIO ( ibidem ), con grande lucidità scientifica, asserisce che “ i comportamenti di rischio riguardano una dimensione sempre più solipsistica e quasi de-realistica, che ha la meglio sul passaggio all’ atto e sul rifugio in sé: sembra aprirsi l’ era dei comportamenti ancora meno leggibili dall’ esterno e più chiusi all’ interno, meno decifrabili per gli adulti, un’ era dei naufraghi, meno evidente di quella dei bulli, che però assume caratteristiche simil-psicotiche nella sua fuga dalla realtà “. Gli adolescenti infra-18enni, nell’ Occidente contemporaneo, esaltano sino all’ estremo la propria privacy e si cimentano in vere e proprie gare traumatofiliache improntate al gusto radicale del rischio, il che, da punto di vista giuridico, spiega il dilagare di crimini connotati dal dolo eventuale, grazie al quale i ragazzi vogliono deliberatamente assumere condotte illecite che stimolano e che eccitano oltre i limiti del consentito. Entro tale prospettiva, le sostanze d’ abuso ( cocaina, ecstasy, alcool ed allucinogeni ) rivestono oggi il ruolo di agevolare, senza freni inibitori, il passaggio trasgressivo della normale linea di confine che separa l’ auto-conservazione dall’ auto-distruzione. Nelle minorenni femmine europee e nord-americane, rischiare si traduce, ad esempio, nell’ uso non controllato di metamfetamine dimagranti, oppure nel partecipare a rapporti intimi senza pensare a possibili stati di gravidanza. Nei minorenni maschi, invece, le regole ordinarie sono violate in modo maggiormente aggressivo, come nelle gare a chi beve di più, del guidare senza prudenza o dell’ assumere sostanze pesanti come l’ MDMA e la cocaina associate a bevande alcooliche. Negli Anni Ottanta del Novecento, CAILLOIS ( 1981 ) profetizzava la diffusione di “ giochi che si basano sulla ricerca della vertigine … per fare subire alla coscienza, lucida, una sorta di voluttuoso panico. In tutti i casi, si tratta di accedere ad una specie di trance che annulla la realtà con vertiginosa precipitazione. A questo tipo di giochi possono essere ricondotti gli sport estremi ( paracadutismo, parapendio, deltaplano, free climbing, rafting, bungee jumping ) “. Esistono pure mode etero-lesive come il cyberbullismo, la diffamazione attraverso i Social, il guidare a velocità elevata e/o contromano accettando la probabilità di cagionare incidenti stradali. Il proibito e l’ illegale sono divenuti, per i nativi digitali, quasi un rito iniziatico nel quale fare la parodia dei comportamenti tipici dell’ età adulta. In ogni caso, si ponga mente al fatto che le devianze minorili si distinguono in condotte anti-normative ( illecite ) e condotte anti-sociali ( lecite ), ma la Criminologia contemporanea interviene nel reprimere anche azioni legali ancorché contrarie all’ auto-conservazione, la quale, se negata o messa in pericolo, crea, nell’ adolescente, una sorta di terreno fertile per la nascita di gravi delitti contro la persona e contro il patrimonio. A tal proposito, MERTON ( 1964 ) parlava del rischio giovanile come “ risultato di una società che sprona tutti ad essere protagonisti, a conquistare un posto di rilievo, ad avere successo “, senza tuttavia indicare i valori imprescindibili dello sforzo e dell’ impegno quotidiano. Similmente, LEMERT (1981) distingueva tra la devianza in senso proprio e, dall’ altro lato, l’ esuberanza comportamentale minorile, che rimane entro il perimetro dell’ ordinaria irruenza degli infra-18enni.

Non tutti i fattori di rischio producono, in maniera automatica, una carriera criminale o, quantomeno, non vanno ipostatizzate le infrazioni di calibro bagatellare che costituiscono episodi sporadici o di breve durata. ZARA ( 2005 ) giustamente esorta a non commettere l’ errore di Lombroso nel presupporre l’ esistenza di devianze deterministicamente irreversibili, specialmente perché un tale approccio negherebbe la ratio democratico-sociale della rieducazione penitenziaria. Molti Autori, nella Criminologia italiofona, ammettono l’ esistenza di un complesso ventaglio di ipotesi criminologiche legate alla persona, ma anche all’ ambiente sociale, alle relazioni amicali ed allo specifico contesto familiare, in tanto in quanto la criminogenesi non è un percorso matematicamente preventivabile. ZARA ( ibidem ) evidenzia che la crescita di una vera e propria delinquenza professionale dipende da circostanze “ multidimensionali “, come il carattere di fondo del ragazzo, la sua resilienza alle frustrazioni ed il suo vissuto in famiglia. Ovverosia, “ si può affermare che la delinquenza possa considerarsi come una situazione determinata da una complessità di variabili e cause, nessuna delle quali, da sola, la produrrebbe, ma la simultanea e frequente presenza [ di fattori criminogeni ] può portare a gravi condizioni di difficoltà e di rischio che ostacolano la realizzazione personale dell’ adolescente, compromettendo la riuscita positiva del proprio progetto di vita “ ( FORMELLA & RICCI, 2010 ).

All’ interno delle civiltà occidentali laiciste e materialiste, il giovane vive in un contesto schizoide, nel quale, grazie ad Internet ed ai mass-media, le nozioni culturali sono ormai diffuse a livello nazional-popolare, ma, dal lato opposto, non sono coltivati adeguatamente i freni emozionali e, perciò, la vita quotidiana dell’ adolescente è intrisa di aggressività e di iper-sessualità. A tale disastroso panorama si aggiunga pure la dissacrante tendenza, figlia del Novecento neo-liberale, di demolire le agenzie di controllo tradizionali come la famiglia, la scuola ed i raggruppamenti di matrice religiosa. Al nativo digitale l’ ambiente circostante richiede sempre di più una cultura elevata e tecnicista, ma avulsa da qualsivoglia regola morale. L’ ultra-14enne europeo abbonda di stimoli nozionistici e la rete web consente la creazione di un vero e proprio villaggio globale, ma la realtà cybernetica reca alla dispercezione tale per cui gli effetti della propria condotta sono, o dovrebbero essere, perfettamente reversibili, come nel caso paradigmatico delle lesioni personali narrate dalle televisioni, in cui i protagonisti e le parti lese recuperano la vita e l’ integrità fisica come se si trattasse di un banale video-gioco resettabile e ripetibile. Secondo BUZZI & CAVALLI & DE LILLO ( 2007 ), la morale, religiosa o meno che sia, non costituisce più un problema e non sussistono più limiti nell’ etero-lesività, in tanto in quanto “ la precarietà della condizione giovanile è aggravata dai profondi mutamenti del sistema valoriale di riferimento, dominato da un orizzonte culturale pluralista e nichilista. Se da un lato la presenza di una pluralità di culture e di visioni del mondo costituisce una ricchezza, dall’ altro esso rischia di depistare il soggetto verso stabili scelte di vita “. Il celebre relativismo agnostico di Autori come Popper e Wittengstein, anziché favorire il benessere psico-fisico del ragazzo, ha creato stati di forte ansia beatamente e falsamente placati dall’ edonistico principio del “ consumo quindi sono “ ( LABOS, 1994 ), come se l’ essere umano, specialmente in fase di crescita, potesse rinvenire sollievo nelle tecniche scientifiche, senza curarsi delle domande meta-fisiche indispensabili per la vita etica, fatta di relazioni affettive gratuite e non soltanto di metodiche culturali e professionali. In un contesto pedagogico nel quale non si affronta il perenne problema di un dio o, comunque, di un insieme di valori non materiali, “ l’ adolescente sperimenta ben presto il disagio [ provocato dalla ] distanza tra il desiderio e le reali possibilità di appagarlo “ ( CALIMAN & PIERONI, 1998 ). L’ essere umano oltrepassa l’ istinto di auto-conservazione degli animali, non auto-consapevoli di se stessi e dei limiti ontologici del comportamento. L’ animale non si cura, ad esempio, della non liceità dell’ incesto, dello stupro o della rapina, mentre il bambino percepisce ( rectius : dovrebbe percepire ) la linea meta-normativa che separa il giusto dall’ ingiusto, la libidine sfrenata dall’ auto-controllo e la moralità dall’ immoralità.

Il tipico adolescente deviante italiano proviene da famiglie senz’ altro criminogene, ma, a differenza di quanto comunemente ipotizzato, siffatta criminogenesi coinvolge, anzitutto e soprattutto, nuclei familiari dominati dall’ anarchia comportamentale e sessuale e, nella maggior parte dei casi, si tratta di gruppi domestici allargati, con bambini e conviventi provenienti da relazioni genitoriali non tradizionali ed altamente instabili. Nella maggior parte delle nuove famiglie degli Anni Duemila, la norma è costituita da litigi quotidiani tra coniugi / compagni / ex compagni. Inoltre, sotto il profilo educativo, i nativi digitali vengono sottoposti ad uno stress pedagogico non coerente e che puntualizza aspetti comportamentali secondari trascurando le problematiche veramente indispensabili. Si consideri pure che la genitorialità, in epoca contemporanea, viene esercitata da coniugi / conviventi / fidanzati non idonei e sovente affetti da lacune psicologiche come la ludopatia e la poli-tossicodipendenza.

Altrettanto de-legittimata, in Europa, è pure l’ agenzia di controllo scolastica, in cui abbondano “ incidenti relazionali con gli insegnanti e con il gruppo della classe … [ questo ] porta ad una complessiva perdita di fiducia in sé e negli altri, fino a produrre diverse reazioni devianti, sia verso lo studio che a danno dei soggetti coinvolti nell’ ambiente scolastico “ ( MION & PIERONI, 2002 ). Senza dubbio, la heimat della scuola dell’ obbligo costituisce, da almeno un secolo, il luogo privilegiato e primario in cui il bambino ed il giovane incontrano i coetanei, sperimentando, tra insuccessi ed insuccessi, legami affettivi che rimarranno indelebili nella memoria e nella condotta abituale dell’ individuo. L’ istituzione scolastica rappresenta una spada a doppio taglio, all’ interno della quale i gruppi amicali sono in grado di irrobustire il carattere o, viceversa, di veicolare valori ed atti anti-sociali ed anti-giuridici, come la poli-tossicodipendenza, il vandalismo e la trasgressione. Nel “ branco “ criminogeno, sia esso di breve o di lunga durata, “ il gruppo deviante rappresenta una soluzione delinquente ai diversi problemi di adattamento che i soggetti si trovano a dover affrontare durante l’ adolescenza, soprattutto nella ricerca di una collocazione sociale “ ( PARONI, 2004 ). Anche MION & PIERONI ( ibidem ) rimarcano che, nei legami di amicizia post-infantile, è normale una moderata ribellione contro “ il nemico “, ovverosia, nei limiti del lecito, il / la post-14enne mette in atto una demolizione (ri-)costruttiva del proprio panorama valoriale infantile. Il giovane in età evolutiva esalta la propria compartecipazione ad un “ gruppo [ alternativo ] che offre, a sua volta, un’ identità a chi ne fa parte “ ( PARONI, ibidem ). Dunque, il nocciolo problematico non è l’ esistenza dei legami amicali, bensì la quantità di devianza veicolata dalle amicizie. Analogamente, le mode giovanili moderatamente anti-sociali oltrepassano la categoria dell’ ordinarietà e della tollerabilità solo se esse esprimono ( anche ) un’ anti-normatività non episodica, come ben espresso da Nils Christie nel suo memorabile concetto riduzionista e temperato di una “ modica quantità di crimine “ collettivamente giustificabile.

La situazione in Svizzera tra (molte) similitudini e (poche) difformità

Tanto in Svizzera quanto in Italia, le televisioni e la cronaca on-line amplificano la tematica della delinquenza giovanile in maniera ipertrofica ed eccessiva. Come rimarcato da KILLIAS & LUCIA & LAMON & SIMONIN ( 2004 ), in realtà, non si è affatto prodotto un aumento quantitativo della criminalità adolescenziale, bensì è cresciuta la propensione popolare neo-retribuzionistica a sporgere querela anche a fronte di contravvenzioni bagatellari per le quali sarebbe bastevole una transazione di livello stragiudiziale. Anche in Germania ( rectius: nelle due Germanie sino al 1989 ), il senso comune spinge molti cittadini o residenti a considerare gli infra-18enni alla stregua di pericolosi criminali anti-sociali, mentre, in Inghilterra, nel Galles e nei Paesi Bassi, la cifra annua di minorenni querelati non è salita dal 1954 sino agli Anni Duemila ( FARRINGTON & LANGAN & TONRY, 2004 ). Per quanto afferisce alla Svizzera, si osserva un trend positivo nel campo delle lesioni personali lievi e delle minacce non aggravate, in tanto in quanto i giovani segnalati alla PG, almeno per tali due infrazioni, erano circa il 32 % nel 1987 e sono scesi ad un buon 26 % nel 2000 ( KILLIAS, 2002 ). Ognimmodo, è arduo compilare delle Statistiche criminologiche attendibili, giacché, prima dell’ avvento degli ordinatori elettronici, esistevano metodiche di censimento non pienamente idonee e non conformi a criteri autenticamente scientifici, specialmente in tema di misurazione delle “ cifre oscure “. A livello nazionale, nella Confederazione, sono state allestite, tra il 1984 ed il 2000, sei Statistiche federali sulla delinquenza giovanile. Purtroppo, le interviste, nel 1987, hanno coinvolto soltanto i Cantoni germanofoni ed il Canton Ticino e soltanto nel 1998 e nel 2000 la mappatura delle devianze adolescenziali è stata integralmente condotta su tutti i 26 Cantoni e con una corretta prospettiva di lungo periodo. Inoltre, i Censimenti sui devianti minorenni si concentrano, di solito, in modo eccessivamente monotematico su problemi quali le rapine , la cannabis, lo stupro, le lesioni personali e le minacce, ma, per la verità, manca un’ ottica globale che renda conto dell’ intierezza delle mode post-infantili con effetti criminogeni. Manca, anche nella Criminologia elvetica, uno Studio accurato sull’ eziologia delle devianze anti-giuridiche dei / delle minorenni ( van KESTEREN & MAYHEW & NIEUWBEERTA, 2000 ).

Sotto il profilo vittimologico, in Svizzera, il bullismo e la micro-criminalità minorile colpiscono, nel 60,1 % dei casi, individui dai 13 ai 25 anni d’ età, mentre, negli Anni Ottanta del Novecento, le Parti Lese dalle baby gangs erano, in gran parte, adulti ed anziani. Negli Anni Duemila, le persone danneggiate sono, per lo più, maschi ( 63 % del totale ), celibi ( 68 % del totale) e muniti di cittadinanza svizzera ( 81 % del totale ). Oltre il 57 % dei reati minorili commessi nella Confederazione è costituito da lesioni personali, il che, a parere di molti, è imputabile a spettacoli mass-mediatici che, quotidianamente ed ossessivamente, banalizzano la violenza fisica, disinibendo, per tal via, il bambino esposto ad un consumo eccessivo della televisione.

Nel corso degli ultimi 15 anni, come pocanzi riferito, la società svizzera si è trasformata in una comunità decisamente querulomane, nella quale l’ adulto amplifica, oltre ogni ragionevolezza, anche le più insignificanti trasgressioni degli ultra-14enni. Manca, tanto nella Confederazione quanto in tutto l’ Occidente industrializzato, quella semplice tendenza alla riappacificazione che caratterizzava i vecchi borghi rurali dei primi del Novecento. La tecnica giuridica odierna ha colonizzato campi sanzionatori che, sino ad un secolo fa, erano informalmente delegati alle agenzie di controllo primarie, come la famiglia, la scuola ed il vicinato. In territorio elvetico, non esiste ormai più il senso cristiano-popolare della Mediazione ed il Diritto Penale, per questo motivo, si sostituisce al dialogo ed alle decisioni autogestite della famiglia e dell’ istituzione scolastica. L’ economia umana ed umanistica del paese è stata trasformata in un ambito di contesa aspro ed inutilmente litigioso. Persino gli atti di libidine violenta giovanile oggi comprendono gesti o mancanze di rispetto dell’ integrità femminile gravi ancorché non gravissimi, nel senso che il pudore della parte lesa viene ipostatizzato senza criteri coerenti, anche in presenza di toccamenti o atteggiamenti inopportuni senz’ altro non irreparabili come è, invece, nella fattispecie della violenza sessuale vera e propria. Analoghe osservazioni sono riferibili ai casi minori di minacce verbali di poco conto e prive di conseguenze fattuali. Una delle più grandi lacune esegetiche, nella Giuspenalistica elvetica degli Anni Duemila, consta nella mancanza di contestualizzazione. Nel caso delle condotte border-line degli adolescenti, il passaggio dalle parole all’ atto materiale non è automatico e perentorio. Il lemma “ violenza “ [ Gewalt ] contiene un ampio ventaglio di epifenomeni. L’ AG è spesso costretta a sprecare energie e risorse per diatribe poco più che infantili e, viceversa, i veri delitti rimangono vergognosamente impuniti.

Panoramica generale delle delinquenze giovanili in Svizzera

La Criminologia elvetica si serve, come accade in tutti gli altri Ordinamenti, di Statistiche ufficiali provenienti dalla PG e dall’ AG. Tuttavia, è bene precisare che si tratta di variabili parziali e molto inattendibili, in tanto in quanto Polizia e Magistratura conoscono reati perseguiti per impulso di parte o rilevati ex officio, ma rimane la cifra oscura del crimine non oggetto di querela e/o non sottoposto / sottoponibile ad ordinarie indagini preliminari prima dello scadere dei termini di prescrizione. Inoltre, la querela o la denuncia non equivalgono per nulla ad una Sentenza passata in giudicato. In terzo luogo, seppur con molto pudore istituzionale, è pur sempre ipotizzabile l’ errore giudiziario. Assai più attendibile è la delinquenza auto-rivelata dai ragazzi in età scolare, i quali, dal 1970 in poi, nella Confederazione, vengono sottoposti a Censimenti in forma anonima, ma, anche in questo caso, sussiste il perenne dilemma della sincerità o meno recata dall’ adolescente nel corso dello svolgimento dei questionari. Da ultimo, esiste pure il sondaggio vittimologico, in cui il ragazzo è chiamato, sempre in forma anonima, a dichiarare se , come e quando egli / ella sia stato/a parte lesa entro una dinamica criminosa, tuttavia, anche nelle analisi vittimologiche, non è escludibile un’ esagerazione o una suggestione mito-maniacale nel descrivere i danni realmente subiti. Senz’ altro, le Scienze Statistiche non rendono all’ operatore dati perfettamente inoppugnabili ed assoluti, ma le metodiche attuali consentono di raggiungere un discreto livello di credibilità delle cifre registrate.

Secondo la maggior parte degli Autori, primo fra tutti Killias, la delinquenza anti-normativa dei minorenni tange soltanto un 2 / 5 % della popolazione in età adolescenziale, mentre l’ 80 / 85 % dei giovani dai 14 ai 17 anni si rende solitamente responsabile di atti anti-sociali non rilevanti o poco rilevanti sotto il riguardo penalistico, giacché le condotte border-line sono senz’ altro sintomo di anti-socialità ma non integrano sempre gli estremi dell’ anti-giuridicità. Altrettanto opportuno è segnalare che, in territorio elvetico, le infrattrici minorenni costituiscono uno scarso 18 % del totale. In terzo luogo, esiste pure una notevole cifra oscura pari a circa il 70 % e formata da reati non scoperti dalla PG o non perseguibili in tanto in quanto prescritti o, comunque, non sottoponibili all’ azione penale per altri motivi tecnico-processualistici. Un ultimo rimarco non da sottovalutare consiste nel fatto che la gran parte dei crimini minorili non reca pressoché mai ad una carriera criminale di lungo periodo. Dal punto di vista psico-evolutivo e senza nulla togliere al Principio supremo della tutela della pace sociale, FRECHETTE & LE BLANC ( 1987 ) asseriscono che “ la delinquenza giovanile è uno strumento di socializzazione per scoprire l’ eccitazione della trasgressione e, eventualmente, la reazione ed il contatto con le autorità e con le istanze di reazione sociale. La delinquenza giovanile, dunque, fa parte di questa messa alla prova delle regole, grazie alla quale ogni soggetto, in una sorta di verificazione necessaria dei limiti della tolleranza sociale, esperimenta la necessità e la legittimità delle norme “. Negli Anni Duemila, LE BLANC ( 2003 ) esorta a rigettare fermamente il populismo ed il neo-retribuzionismo, visto e considerato che, sotto il profilo statistico, “ soltanto il 6 % dei nati in un medesimo anno anagrafico si rendono responsabili del 52 % della delinquenza giovanile registrata dalla Polizia e del 66 % di tutti i reati contro la persona “. Si tratta, in buona sostanza, di cifre assai confortanti in grado di cancellare buona parte degli allarmismi collettivi generati dalle televisioni e dalla cronaca nera filo-partitica e politicizzata.

Può essere emblematico, per tutti i 26 Cantoni, il Censimento criminologico di LUCIA & KILLIAS & VILLETAZ ( 2004 ) condotto su 2.650 studenti dai 14 ai 16 anni d’ età delle classi 8.va e 9.na in Canton de Vaud, nei Distretti di Echallens, Morges e Vevey. All’ interno di tale Studio, è visibile un aumento, rispetto agli Anni Novanta del Novecento, di fenomeni adolescenziali sussistenti anche nel contesto italiano, come il bullismo, le minacce, le lesioni personali, le molestie sessuali ( e non gli stupri in senso stretto ), le rapine tra coetanei e le violenze private.

Il giornalismo deviato ed in mala fede opera distorsioni nell’ analisi della qualità dei crimini giovanili. Ovverosia, anche in Svizzera, la situazione non è esasperante. Sono, infatti, rari gli atti violenti contro la persona e/o il patrimonio. Meno rari sono i furti e, in terzo luogo, sono diffusi delitti tutto sommato minori quali le ingiurie e l’ imbrattamento di muri o altri luoghi ed oggetti di pubblica utilità. Con tutta franchezza, la Dottrina criminologica elvetica odierna sottolinea instancabilmente che l’ aggressività dei minorenni non è ontologicamente aumentata, bensì è diminuita la tolleranza collettiva e, per conseguenza, si è facilitata la presentazione di querele anche a fronte di trasgressioni adolescenziali minime. Si tenga pure conto che, nel contesto sociale della Confederazione, è abbastanza semplice procurarsi, legalmente o meno, armi da fuoco o soft-air a basso costo.

E’ molto interessante, nella Svizzera francofona, la quintuplice ripartizione categorica effettuata da PAIN & VILLERBU ( 1997 ). Un primo insieme qualitativo è quello degli atti giovanili di rifiuto, nei quali prevale il piacere della disubbidienza senza una finalità specifica, come nel mancato rispetto della Normativa stradale o come nell’ acquisto di sigarette e bevande alcooliche non fruibili in età minorile. Altrettanto simbolici e meramente contestatori sono i reati di disturbo, compresi il vandalismo e gli schiamazzi notturni volutamente contrari alla quiete pubblica. Molto diffusi, in terzo luogo, sono i comportamenti derogatori messi in opera per acquisire certune presunte libertà e licenze dell’ età adulta ( bere, drogarsi, comperare pornografia, rubare vestiti di pregio o altri accessori voluttuari ). Esiste pure la trasgressione nel senso tradizionale, ma, ancora una volta, nell’ opulento Occidente contemporaneo, la condotta trasgressiva ed illegale manifesta un gusto del proibito e non una carenza di beni di prima necessità. Infine, nella Criminologia e nella Pedagogia europea, esistono atti attentatori veri e propri e, in questo caso, l’ aggressività degli infra-18enni tocca livelli anti-normativi incompatibili con gli Ordinamenti socio-giuridici e si rendono, dunque, indispensabili sanzioni formali-giuridiche o informali-mediative-riparatorie

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1 Art. 27 comma 3 Cost.

Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato

2 Art. 75 schwStGB commi 1-4

L’ esecuzione della pena deve promuovere il comportamento sociale del detenuto, in particolare la sua capacità a vivere esente da pena. Essa deve corrispondere per quanto possibile alle condizioni generali di vita, garantire assistenza al detenuto, ovviare alle conseguenze nocive della privazione della libertà e tenere conto adeguatamente della protezione della collettività, del personale incaricato dell’ esecuzione e degli altri detenuti.

[ ABROGATO ]

Il regolamento del penitenziario prevede l’ allestimento di un piano d’ esecuzione con il detenuto. Il piano contiene in particolare indicazioni sugli aiuti offerti, sulle possibilità di lavoro, di formazione e formazione continua, sulla riparazione del danno, sulle relazioni con il mondo esterno e sulla preparazione alla vita in libertà

Il detenuto deve partecipare attivamente agli sforzi di risocializzazione e alla preparazione della liberazione.

3 Art. 564 CP

Incesto

Chiunque, in modo che ne derivi pubblico scandalo, commette incesto con un discendente o un ascendente o con un affine in linea retta ovvero con una sorella o un fratello, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

La pena è della reclusione da due a otto anni nel caso di relazione incestuosa.

Nei casi previsti dalle disposizioni precedenti, se l’ incesto è commesso da persona maggiore di età con una persona minore degli anni diciotto, la pena è aumentata per la persona maggiorenne.

La condanna pronunciata contro il genitore importa la decadenza dalla potestà dei genitori o della tutela legale

Dott. Andrea Baiguera Altieri

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