Anche le c.d. “linked life policies” sono prodotti di investimento (Trib. Reggio Emilia n. 1338/2011)

MC redazione 05/10/11
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Le polizze c.d. ‘indicizzate’, siano esse index linked (ossia con una redditività legata all’andamento di un determinato indice di borsa o paniere di titoli azionari) o unit linked (che hanno una redditività legata all’andamento di un fondo di investimento) sono prodotti che, sebbene formalmente rientranti nella categoria delle assicurazioni sulla vita, presentano in realtà caratteristiche profondamente diverse da quelli delle tradizionali polizze vita, potendo non solo mancare qualsiasi forma di garanzia in ordine alla restituzione del capitale, ma difettando strutturalmente la garanzia della redditività del capitale investito.

Nei primi anni 2000 venne immesso sui mercati finanziari un prodotto di Credito Emiliano, denominato “Unit Linked Equity”, che sovente veniva posto dall’Istituto come pegno a garanzia di un’apertura di credito, con un meccanismo piuttosto perverso (absit injuria verbis) del tipo ‘apercredito-investimento-garanzia dell’apercredito’. Pegno, costituito da un prodotto assicurativo estremamente volatile, con rendimenti matematicamente inferiori al tasso debitore, applicato dalla Banca stessa all’affidamento, concesso per l’acquisto del prodotto assicurativo indicizzato.

Il prodotto veniva illustrato con la promessa (verbale) che alla scadenza della polizza, all’investitore sarebbe stato assicurato un rendimento elevato e tale da compensare non solo gli interessi debitori, le spese e le competenze trimestrali maturati sul conto corrente, ma anche da ricavare un ulteriore rendimento, che avrebbe incrementato i risparmi impegnati nella polizza.

Credito Emiliano era soggetto collocatore di una polizza assicurativa “a vita intera a premi liberi”, di cui sarebbero stati beneficiari gli eredi indicati dal sottoscrittore, del tipo unit linked, collegata al Fondo interno denominato “Azur Equity Linked”, che si caratterizzava per essere “una nuova linea che si affianca alle tre già esistenti, indicizzato all’andamento di un portafoglio di fondi azionari Euromobiliare, con la garanzia del rimborso del capitale investito”.

Se l’investitore non disponeva dei capitali necessari ad acquistare il prodotto, la Banca concedeva un’apertura di credito ad hoc, che veniva garantita dalla stessa polizza, costituita in pegno.

Dunque, si era al cospetto di un prodotto assicurativo, agganciato all’andamento di linee di investimento flessibili, ossia direttamente agganciato all’andamento di fondi d’investimento; un prodotto assicurativo con rischio di investimento a carico dell’assicurato, ove si realizzava sempre, sia pure con variabile entità, un trasferimento in capo all’assicurato dei rischi connessi al risultato finanziario della polizza.

Proprio per quanto riguarda il “rischio di investimento sopportato dall’assicurato”, di cui agli artt. 24 e 38 del D. Lgs. 173/97, occorre anche precisare che tale nozione è stata introdotta dalla normativa contabile per una finalità diversa da quella per cui viene richiamato il concetto di rischio di investimento a carico dell’impresa ex art. 35, D. Lgs. 174/95.

Per individuare la presenza del “rischio di investimento sopportato dall’assicurato” occorre far riferimento esclusivamente alla variabilità, totale o parziale (in ragione dell’assenza o della presenza di una garanzia di risultato dell’investimento), dell’entità delle prestazioni dovute a quest’ultimo soggetto in funzione delle fluttuazioni del valore delle quote o degli attivi di fondi di investimento ovvero degli indici azionari o dei valori di riferimento.

Nei contratti in cui le prestazioni assicurative sono direttamente collegate al valore di uno specifico attivo  detenuto dall’impresa (ad esempio un titolo azionario o un titolo obbligazionario o un attivo strutturato che costituisce il “valore di riferimento”), i tre profili di rischio in capo all’impresa (di performance, di base e di controparte) possono essere totalmente assenti se, in base alle condizioni di polizza, risulta chiaro che l’impresa stessa non offre alcuna garanzia minima (assenza del “rischio di performance”), che ogni deprezzamento del valore dell’attivo di riferimento determina direttamente una corrispondente riduzione delle prestazioni assicurative (assenza del “rischio di base”) e che anche la perdita di valore dell’attivo di riferimento derivante dall’insolvenza dell’emittente si ripercuote direttamente sull’assicurato (assenza del “rischio di controparte”).

In relazione alla disciplina giuridica applicabile ed al sistema di controllo del settore, le caratteristiche delle polizze in esame impongono di considerare, oltre ai profili di tutela del consumatore, propri delle c.d. “obbligazioni di risultato”, tipici dei prodotti assicurativi tradizionali e facenti leva su misure tese prioritariamente alla stabilità dell’impresa, anche i profili propri delle c.d. “obbligazioni di mezzo”, tipici dei prodotti di gestione del risparmio e focalizzati su misure volte innanzitutto a garantire la trasparenza del soggetto offerente e dell’attività di investimento da questi realizzata.

Nella “obbligazione di mezzo” il debitore, come è noto, pur tenuto ad un certo comportamento, non risponde della realizzazione del risultato perseguito dal creditore; mentre nella “obbligazione di risultato” è tenuto a garantire al creditore proprio il conseguimento di un determinato risultato.

La struttura tecnica di questi contratti, in altre parole, oltre a costituire un netto elemento di differenziazione rispetto ad altri prodotti assicurativi, pone alla vigilanza problemi del tutto peculiari, tali da richiedere misure specifiche, pur nel quadro di quelli che sono gli istituti cardine della disciplina di settore.”[1]

La normativa di riferimento è costituita, per il caso che ci occupa, dal D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 174, attuativo della c.d. “III direttiva vita” e regolante l’intera attività assicurativa nei rami vita; e, per quanto riguarda i riflessi contabili, dal D.Lgs. 26 maggio 1997, n.173, che ha recepito la direttiva sui conti annuali e consolidati delle imprese di assicurazione.

Entrambi i citati decreti attuano rispettivamente, la direttiva n. 92/96 CEE e la direttiva n. 91/674 CEE.

Specificatamente di contratti “linked” si parla nell’art. 30, del D.Lgs. 174/95, nell’ambito delle norme regolanti la copertura delle riserve tecniche delle imprese di assicurazione.

L’art. 30 distingue i contratti con prestazioni “direttamente collegate al valore delle quote di un OICVM (organismo di investimento collettivo in valori mobiliari) oppure al valore di attivi contenuti in un fondo interno detenuto dall’impresa di assicurazione” (comma 1), ossia i contratti c.d. “unit-linked”, dai contratti con prestazioni “direttamente collegate ad un indice azionario o ad altro valore di riferimento” (comma 2), ossia i contratti c.d. “index-linked”.

Mentre, la disciplina sugli OICVM discende dalla direttiva 85/611 CEE. Le forme tipiche di OICVM coordinate dalla direttiva sono Fondo di investimento, Sicav e Unit trust.

In relazione a questo tipo di contratti l’articolo individua una disciplina particolare per la copertura delle riserve tecniche.

L’ ISVAP, poi, con la Circolare n.332 del 25 Maggio1998, in tema di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione con prestazioni direttamente collegate a fondi di investimento o ad indici azionari o altri valori di riferimento (disciplinati dal citato art. 30, d. lgs. 17 marzo 1995, n. 174), ha raccomandato “l’adozione di rigorosi principi di prudenza nella gestione di tali prodotti”.  

Un altro riferimento normativo importante è costituito dall’ Allegato al D. Lgs 174/95 (Tabella A), che contiene l’elenco dei sei rami nei quali è classificata l’attività delle imprese di assicurazione sulla vita.

La tabella A del suddetto allegato 1) riporta riporta la seguente classificazione per ramo: I – Le assicurazioni sulla durata della vita umana. II – Le assicurazioni di nuzialità, le assicurazioni di natalità. III – Le assicurazioni di cui ai punti I e II connesse con fondi di investimento. IV –    L’assicurazione malattia (di cui all’art. 1, numero 1, lettera d), della direttiva CEE n. 79/267 del 5 marzo 1979). V – Le operazioni di capitalizzazione (di cui all’art.40 del presente decreto). VI – Le operazioni di gestione di fondi collettivi costituiti per l’erogazione di prestazioni in caso di morte, in caso di vita o in caso di cessazione o riduzione dell’attività lavorativa.

Sia nei prodotti “unit” (come quello per cui è causa), che in quelli “index”, le condizioni contrattuali possono comportare trasferimenti totali o parziali del rischio di investimento sull’assicurato e la possibilità di graduazione del trasferimento è apparsa l’elemento unificante e qualificante delle due tipologie ai fini della classificazione nel ramo.

Per quanto riguarda le polizze “linked”, va aggiunto che in esse l’accrescimento delle prestazioni non dipende da tassi di rendimento periodici, ma dal valore corrente dell’entità di riferimento. In particolare, non si tratta di tassi di rendimento determinati a posteriori sulla base dei risultati conseguiti, ma di variazioni di valore desunte dall’andamento corrente dei mercati di riferimento.

Infine, nelle polizze “linked” non si hanno di norma accrescimenti delle prestazioni assegnati in via definitiva, ad eccezione dei casi di utilizzo di opzioni “cliquet” (o ratchet option, ovvero di opzioni che non prevedono alcuna garanzia di tasso minimo di rendimento a scadenza).

Dunque, solo nelle polizze “linked”, in concreto, si può dire che l’assicurato sopporti il rischio dell’investimento; rischio che si concretizza mediante la diretta dipendenza delle prestazioni dal valore corrente dell’unità di conto presa a riferimento.

Nella gestione degli investimenti connessi alle polizze “linked” assume un ruolo rilevante l’utilizzo degli strumenti finanziari derivati : proprio l’estrema flessibilità con la quale possono essere modellate le esposizioni e attivate strategie di copertura, infatti, rende particolarmente efficaci gli strumenti derivati nelle politiche di gestione volte a replicare sinteticamente valori di riferimento (benchmark) e, soprattutto, a bloccare un determinato rendimento minimo.

Per meglio illustrare il prodotto, estremamente depauperante, propinato all’attore, si può aggiungere che polizze di assicurazione unit-linked sono contratti in cui l’entità del capitale assicurato (la c.d. performance finanziaria) dipende dal valore delle quote di fondi di investimento interni (appositamente costituiti dall’impresa di assicurazione) o da fondi esterni (OICVM – Organismi di investimento collettivo in valori mobiliari), in cui vengono investiti i premi versati.

Le polizze unit linked si differenziano da quelle tradizionali, in quanto il loro rendimento è agganciato a un’attività finanziaria sottostante.

Di norma è consentito al contraente scegliere il fondo di investimento al quale agganciare il capitale tra più opportunità offerte dall’impresa di assicurazione e trasferire le somme accumulate da un fondo all’altro (switch) pagando eventualmente una commissione.

Come dice il nome stesso, dunque, i prodotti in esame sono polizze legate (linked) a quote di fondi (unit) che investono in prevalenza in mercati azionari.

Più nel dettaglio, il contratto de quo è un contratto, in cui i premi pagati dall’assicurato, anziché essere dirottati nella cosiddetta gestione separata, confluiscono in un fondo comune d’investimento aperto. In questo caso i rendimenti dipendono direttamente dalle performance del fondo. 

Più che a una polizza vita, di cui comunque porta il nome, la polizza unit linked è assimilabile ad un vero e proprio investimento di tipo finanziario ed è un prodotto che, come già detto, rientra nel comparto relativo all’espressione “ogni altra forma di investimento finanziario”.

Con questi prodotti le possibilità di guadagno sono le stesse che si avrebbero nel caso di investimento diretto in un fondo : alla scadenza della polizza si calcola il valore delle quote del fondo e lo si moltiplica per il numero delle quote accumulate.

Proprio come normalmente si fa con i fondi di investimento quando si decide di uscire, anche nel caso delle polizze unit linked tutto dipende dal valore delle quote al momento della liquidazione.

Per i prodotti unit linked è importante, tuttavia, che l’intermediario richiami l’attenzione dell’investitore sul rischio finanziario, che può comportare la liquidazione di un capitale inferiore ai premi versati nel caso in cui l’impresa di assicurazione non offra garanzie.

Infatti, nelle polizze linked, come quella de qua, l’assicurato  assume interamente o parzialmente, a secondo che esista o no la garanzia di un rendimento minimo, il rischio di investimento, ma in entrambi i casi permane quella che è la causa tipica dei contratti di assicurazione sulla vita, cioè il trasferimento, verso pagamento di un premio, di un rischio attinente alla durata della vita umana e continua pertanto ad applicarsi la disciplina degli artt. 1882 ss. c.c..[2]

I rischi finanziari del prodotto sono riconducibili all’andamento dell’indice di riferimento, al quale il capitale assicurato è legato e, in assenza di garanzie da parte dell’impresa di assicurazione, alle variazioni del valore delle quote (unit-linked).

In buona sostanza, i prodotti in esame pur avendo la medesima natura giuridica dei prodotti tradizionali di assicurazione sulla vita, si differenziano per la diversa modalità con cui determinano l’entità della prestazione assicurativa la quale risente, in misura più o meno accentuata, dell’andamento degli investimenti effettuati dall’assicuratore.

Il Tribunale di Reggio Emilia con sentenza del 30 agosto 2011[3] ha condannato il Credito Emiliano al pagamento della somma di euro 104.343,03 a titolo di risarcimento del danno, subìto da un investitore, cui era stata fatta acquistare la polizza indicizzata, denominato “Unit Linked Equity”, posta a garanzia di un’apercredito, utilizzata proprio per l’investimento di capitali nella polizza stessa, sul presupposto che l’intermediario non avesse a suo tempo adempiuto agli obblighi di informazione sull’operazione finanziaria decisamente complessa e rischiosa.

Infine, va sottolineato come il Tribunale abbia ritenuto che detti obblighi non vengono meno  neppure nell’ipotesi in cui l’impulso all’investimento provenga dal cliente.

Rosanna Cafaro
Avvocato in Lecce

 


[1] Cfr. ISVAP, Le polizze Index e Unit Linked in Italia, Quaderno n° 5.

[2] Cfr., F. GALGANO, Il prodotto misto, assicurativo-fiananziario, in Banca, borsa e titoli di credito, 1988, p. 95; M. MIOLA, Il risparmio assicurativo, Jovene, 1988; G. FANELLI, Assicurazione sulla vita e intermediazione finanziaria, in Assicurazioni, 1984; G. VOLPE PUTZOLU, Assicurazione sulla vita, fondi assicurativi e fondi comuni di investimento, in Giurisprudenza commerciale, 1984, p. 227.

[3] Trib. Reggio Emilia, 30.8.2011, n. 1338, www.rosannacafaro.it.

Sentenza collegata

21307-1.pdf 567kB

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