Le spese straordinarie rivestono lo scoglio duro ed il campo di battaglia tra ex coniugi dove s’imbastiscono le varie diatribe.
Così le somme erogate per il matrimonio del figlio, maggiorenne e non economicamente autonomo – a discrezione di un solo genitore -, rientrano nelle “spese straordinarie” e pertanto divisibili al 50% con l’ex coniuge.
Così hanno decretato i Giudici della Corte d’Appello di Palermo (n.239/2011) ritenendo che le stesse “vanno ricondotte all’adempimento dei doveri di
mantenimento. nel cui ambito sono da comprendersi non solo il soddisfacimento di bisogni materiali, quali quello alimentare ed abitativo, ma anche le esigenze di tipo sociale, che sono presenti in occasione del matrimonio del figlio non ancora indipendente e che vengono sostenute prima delle nozze. Se ne ha conferma dal contenuto dell’art. 742 cod. civ. che, nel dettare la disciplina in materia di spese non collazione, indica fra queste anche quelle per distinguendole da quelle di mantenimento. Trattandosi di spese straordinarie, perché scaturenti da necessità sopravvenuta non prevedibile e non quantiticabile ex ante, il reclamato è quindi tenuto a corrispondere la relativa quota della metà.”
Quando si nominano le spese straordinarie si intendono quelle «scolastiche» e «mediche».
Ma non sempre è scontato, lo dimostrano le variegate sentenze in materia che si basano sull’interpretazione dell’art. 30, comma 1°, Cost., «E’ dovere e diritto dei genitori mantenere istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio». Ulteriormente sottolineata dall’art. 147, comma 1°, cod. civ., che cita «Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli». Per i Giudici l’osservanza di questi dictat si ottiene mediante il concorso pecuniario mensile (155 cod. civ.) e il rimborso delle spese straordinarie che i figli – eccezionalmente – affrontano o chi per essi. L’obbligo di mantenimento che grava sul genitore non si esaurisce mai ma si allevia tramite assegno mensile. Le spese straordinarie, in altri termini, servono a non frustrare completamente il valore dell’assegno mensile, che potrebbe diventare, improvvisamente, insufficiente per un bisogno grave del figlio.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 8676 del 12 aprile 2010) ha definito che – in presenza di affidamento esclusivo della prole, oltre al mantenimento – non è possibile contestare le decisioni del coniuge sulle spese straordinarie affrontate nell’interesse dei figli minori, anche se deve obbligatoriamente contribuirvi, questo perché il genitore affidatario è più vicino e sensibile alle necessità degli stessi.
Gli Ermellini hanno fornito un’ulteriore chiave di lettura alla problematica in esame: “deve ritenersi che l’esercizio della potestà genitoriale sia attribuito in via esclusiva al genitore affidatario..comprese le decisioni sulle spese di carattere straordinario ..che non necessariamente coincidono con quelle di maggior interesse – in ordine alle quali il genitore non affidatario non ha pertanto diritto di interloquire a meno che non attengano in concreto a questioni di particolare interesse”.
Alla luce di quanto detto, il genitore affidatario potrà decidere autonomamente sulla determinazione delle spese straordinarie, eliminando preventivamente la necessità di accordarsi con l’altro genitore o di avvalersi del suo parere. Al contrario quando esistono spese che “implicano questioni di maggior interesse per i figli” rivestendo carattere di notevole importanza (la scelta religiosa, indirizzo scolastico, intervento chirurgico etc….) necessitano di accordo tra i genitori.
I Supremi Giudici hanno ritenuto che l’affidamento esclusivo dei figli ad uno dei genitori implica che solamente quest’ultimo potrà esercitare la potestà genitoriale ai sensi dell’articolo 6, comma 4, della legge n. 898/1970, ivi incluse le scelte delle spese di carattere straordinario.
L’articolo 6, comma 4 cita:
“Il genitore cui sono affidati i figli, salva diversa disposizione del tribunale, ha l’esercizio esclusivo della potestà su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal tribunale”.
Salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori.
Sarebbe auspicabile che nelle varie sentenze o provvedimenti dei Tribunali fosse meglio specificato come considerare le voci di spesa. Tale precisazione è possibile sia in presenza di soluzioni consensuali, dove i genitori possono articolare varie possibilità alle tematiche, valutando analiticamente la ripartizione della spesa, sia nelle giudiziali, dove entrambi i genitori possono far ricorso alla valutazione del Giudice circa la natura della tipologia di spesa.
Si è sempre parlato dei doveri da parte dei genitori verso i figli (siano essi minori o maggiorenni ma non autonomi economicamente) ora vediamo nel particolare cosa la legge stabilisce.
E’ ovvio che il rapporto genitore – figli è il prodotto dell’interazione intercorsa nel lasso di tempo dalla crescita alla maturità (se così si può definire).
1. La rubrica del titolo IX del libro primo del codice civile cita:
«Dei diritti e dei doveri dei figli e delle relazioni tra genitori e figli».
2. L’articolo 315 del codice civile prevede:
«Art. 315. – (Diritti e doveri dei figli). – Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.
Il figlio ha altresì diritto di crescere in famiglia, di mantenere rapporti significativi con i parenti e, se capace di discernimento, di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.
Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa».
3. Dopo l’articolo 315 del codice civile è inserito il seguente:
«Art. 315-bis. – (Stato giuridico della filiazione). – Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico.
Tali disposizioni in tema di filiazione si applicano a tutti i figli siano essi naturali,legittimi o adottati, a meno che non vi siano disposizioni particolari riferite ai figli nati nel matrimonio o a quelli nati fuori del matrimonio».
Il rapporto che intercorre tra il figlio e i genitori è chiamato di ‘filiazione’, ha origine dalla procreazione naturale cioè di aver messo al mondo il figlio ed è a prescindere dal loro contratto matrimoniale/convivenza.
Gli obblighi dei genitori verso i figli sono:
– il mantenimento, che va oltre il raggiungimento della maggiore età da parte del figlio, cioè sino a quando quest’ultimo non sia in grado di provvedere da solo alle proprie esigenze raggiungendo anche l’autonomia economica;
– l’assistenza morale, cioè che i genitori devono far crescere il figlio in un contesto affettivo equilibrato;
– l’educazione e l’istruzione, che consente al figlio un’equilibrata capacità di discernimento tenendo conto delle potenzialità intellettive e delle aspirazioni del figlio stesso.
Ai genitori spetta sui figli minori la ‘potestà’ che assomma un gran numero di poteri decisionali: essi vanno dalla cura e l’educazione del minore, alla rappresentanza del figlio e investe anche la gestione dei suoi interessi economici, sempre e solo nell’interesse del minore ed in prospettiva alla formazione della sua personalità.
In presenza di sentenza di separazione generica – quindi che non analizza le varie voci di spesa – rimane la ricerca di un accordo con la controparte e, nel caso non fosse possibile addivenire, si può presentare un ricorso per modificare le condizioni della stessa.
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