Anche le società possono essere ammesse al patrocinio a spese dello Stato

Lo riconosce una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’UE emessa in data 22 dicembre 2010 su domanda della società tedesca DEB che chiede il gratuito patrocinio per intentare un’azione di responsabilità contro la Bundesrepublik Deutschland per violazione del diritto dell’Unione con conseguente richiesta di un risarcimento dei danni subiti in conseguenza della tardiva attuazione da parte di detto Stato membro delle direttive del Parlamento europeo e del Consiglio relative a norme comuni per il mercato interno del gas naturale.

E’ bene rammentare che, dopo il trattato di Lisbona, che ha modificato il funzionamento delle istituzioni dell’Unione, il sistema è basato sulle iniziative legislative che vengono proposte dalla Commissione nei riguardi del Parlamento e del Consiglio, ai quali spetta adottarle, comunque, sotto il controllo giurisdizionale che viene esercitato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea.

La Direttiva 2003/8/CE, riguardante l’accesso alla giustizia nelle controversie transfrontaliere attraverso la definizione di norme minime comuni relative al patrocinio a spese dello Stato in tali controversie, è stata recepita dallo Stato italiano con il D.Lgs. 27 maggio 2005 n. 116 con espressa esclusione della materia amministrativa, tributaria e contabile.

Si è più volte sottolineato che l’Italia non ha mai ritenuto di adeguare la propria normativa in materia di gratuito patrocinio a quella indicata dalla direttiva europea in particolare per quel che riguarda la fase della consulenza e la previsione di un aiuto parziale a favore di chi si trova a superare di poco il limite di reddito previsto e senza che ciò possa essere ovviato attraverso il riconoscimento della onerosità del tipo di giudizio da affrontare.

La legislazione tedesca detta norme sostanzialmente simili a quelle italiane.

Il riflesso positivo, che la sentenza in commento può avere sulla interpretazione delle norme della legge italiana riguardante l’ammissione al gratuito patrocinio, per quel che concerne gli enti o associazioni che non perseguono scopi di lucro e non esercitano attività economica, appare di notevole importanza.

L’art. 119 del testo unico sulle spese di giustizia n. 115/02 stabilisce per la materia civile, amministrativa, contabile e tributaria, che il trattamento previsto per il cittadino italiano è assicurato, altresì, allo straniero regolarmente soggiornante sul territorio nazionale al momento del sorgere del rapporto o del fatto oggetto del procedimento da instaurare e all’apolide, nonché ad enti o associazioni che non perseguono scopi di lucro e non esercitano attività economica.

L’ammissione dei suddetti enti e associazioni al gratuito patrocinio non è stata e non è affatto agevole e, a maggior ragione, per le società commerciali.

Senza la presunzione di essere esaustivi sull’argomento, sembra utile una premessa sistematica per chi legge e cioè la distinzione tra la materia penale e quella civile laddove nella prima gli enti e le associazioni sono ammesse in sede di costituzione di parte civile, mentre nella materia civile, amministrativa, tributaria e contabile essi vengono annoverati tra i soggetti che possono richiedere il beneficio.

Nel nostro processo penale la presenza degli enti e associazioni viene prevista in sede di costituzione di parte civile ed è stata esclusa la loro costituzione, per esempio, nella fase delle indagini.

“Non è prevista nei sistema la possibilità per le persone giuridiche di essere ammesse al patrocinio pubblico ai limitati fini dell’intervento ex art. 93 c.p.p, non essendo in tale fase consentita la costituzione di parte civile, alla quale l’ente ricorrente è legittimato ex art. 23, comma 3, L. n. 241/1990, come sostituito dall’art. 4, L. 3.8.1999, n. 265, trattandosi di associazione di protezione ambientale senza fine di lucro riconosciuta con decreto ministeriale a norma dell’art. 18, L. 8.7.1986, n.349”(così Cass IV pen sent 11165/2005 che conferma Tribunale di Udine).

In precedenza, una pronuncia del Tribunale di Roma (8 aprile 2004) aveva addirittura negato il diritto di una associazione (Codacons) alla costituzione di parte civile in un processo penale e ciò sul presupposto che la disciplina relativa al patrocinio a spese dello Stato nel processo penale non la prevede tra gli eventuali beneficiari come invece previsto dall’art. 119 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per la parte della stessa disciplina relativa alle disposizioni particolari sul patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, amministrativo contabile e tributario. Il Giudice di merito rilevava nell’occasione che la previsione citata di cui all’art. 119 non è applicabile in via analogica nell’ambito del processo penale giacché il legislatore ha ritenuto di disciplinare in modo diverso tale materia agli art. 90, 91 e 92 d.P.R. n. 115 del 1992 nel titolo gemello relativo alle disposizioni particolari sul patrocinio a spese dello Stato nel processo penale. Lo stesso Giudice rilevava altresì, quanto al contenuto dell’istanza, “l’assoluto difetto delle indicazioni relative alla sussistenza delle condizioni di reddito previste per l’ammissione, tenuto conto anche dei redditi esenti da imposta o soggetti a ritenuta alla fonte o ad imposta sostitutiva (v. art. 76 d.P.R. n. 115 del 2002): è evidente infatti che anche le associazioni che non perseguono scopi di lucro e non esercitano attività economiche ben possono avere la concreta disponibilità di denaro, di immobili e di mezzi tali da escludere la concessione del beneficio”.

E’ ovvio che il problema interpretativo di un certo spessore è quello che riguarda la connotazione della persona giuridica nello svolgimento della propria attività e proprio questa deve essere sottoposta al vaglio dell’esame del reddito prodotto con il medesimo rigore utilizzato per le persone fisiche.

In Italia, la evoluzione del pensiero interpretativo è giunta alla sentenza n. 24483 della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite in data 23 settembre 2008 (*****************. ******), che senza dubbio può essere ritenuta fondamentale per ciò che riguarda la natura degli enti e associazioni ammessi al gratuito patrocinio.

La sentenza della Corte Suprema di Cassazione prendeva in esame il caso della Fondazione Opera Don Baronio la quale si era vista cancellare, per provvedimento preso dalla Agenzia delle Entrate, dall’Anagrafe Unica di cui all’art. 11 del D. Lgs 460/97 essendo emerso, a seguito di verifica, che l’attività svolta non era a favore di soggetti anziani in condizioni di assoluto e grave disagio e che mancava la condizione del perseguimento esclusivo delle finalità di solidarietà sociale di cui all’art. 10, comma 1, lett b) del citato d.lgs. 460/97. La sentenza in argomento, la cui ricchezza nell’esame e studio della potestas iudicandi appare senza alcun dubbio inconfutabile, ha in buona sostanza riconosciuto che “il fatto che le prestazioni vengano fornite dietro corrispettivo non fa venir meno il fine solidaristico” sempre che venga rispettato il divieto di distribuzione degli utili unitamente a tutte le altre prescrizioni contenute nell’art. 10 cit..

La prova dell’indebito utilizzo degli utili deve essere oggetto di specifica prova da parte dell’Agenzia delle Entrate e, in mancanza di tale prova, “il solo perseguimento di questi non è sufficiente a determinare la perdita dello status di Onlus”

La Corte di Giustizia, con la sentenza in commento, si è spinta oltre, e cioè ha affermato che per le persone giuridiche, il giudice nazionale può tener conto della loro situazione, prendendo in considerazione, in particolare, la forma e lo scopo – di lucro o meno –, la capacità finanziaria dei suoi soci o azionisti e la possibilità, per questi ultimi, di procurarsi le somme necessarie ad agire in giudizio

Tali convincimenti derivano proprio dalla corretta applicazione della direttiva 2003/8/CE in materia di controversie transfrontaliere e che senza alcun dubbio deve essere considerata di forza prevalente sulla legislazione dei Paesi membri.

La Corte fissa per la decisione alcuni parametri che ritiene di importanza primaria.

Innanzitutto l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Europa e il quinto e undicesimo considerando della succitata direttiva, nonché l’art. 6 di quest’ultima, laddove viene stabilito che “nel prendere una decisione sul merito di una domanda, e fatto salvo l’articolo 5, gli Stati membri valutano l’importanza del caso specifico per il richiedente ma possono anche tener conto della natura della causa quando il richiedente chieda il risarcimento dei danni alla sua reputazione senza aver sofferto perdite materiali o finanziarie o quando la domanda riguardi una pretesa derivante direttamente dall’attività autonoma o commerciale del richiedente”.

Si deve rammentare che le disposizioni della Carta si applicano agli Stati membri nell’attuazione del diritto dell’Unione (art. 51 Carta cit.).

L’art. 47 cit si pone in simbiosi con l’art. 6 CEDU che riconosce il giusto processo per chiunque ed anche a coloro che non hanno i mezzi sufficienti a sostenerne i costi.

Nella sentenza viene, altresì, richiamato l’ultimo paragrafo della spiegazione relativa all’ art. 47, n. 3, della Carta in cui si menziona la sentenza ***** c. Irlanda del 9 ottobre 1979 (Corte eur. D.U., serie A n. 32, pag. 11), secondo la quale il gratuito patrocinio deve essere accordato quando, a non concederlo, verrebbe vanificata la garanzia di un accesso effettivo alla giustizia.

A fianco delle succitate disposizioni normative, viene inoltre affermata la importanza della giurisprudenza della stessa Corte europea dei diritti dell’uomo.

Orbene, nel caso preso in esame dalla Corte viene proposto il seguente quesito:

«Atteso che la regolamentazione nazionale delle condizioni di esercizio del diritto al risarcimento e della procedura per far valere la responsabilità di uno Stato membro ai sensi del diritto [dell’Unione] non deve rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere da tale Stato un indennizzo a titolo della responsabilità suddetta, se sia possibile che una normativa nazionale subordini l’esercizio dell’azione giudiziaria al pagamento di un anticipo sulle spese e neghi il gratuito patrocinio ad una persona giuridica che non sia in grado di provvedere a tale anticipo».

La questione sollevata concerne, così, il diritto di una persona giuridica ad un accesso effettivo alla giustizia e dunque, nel contesto del diritto dell’Unione, il principio della tutela giurisdizionale effettiva che si pone come principio generale e fondamentale del diritto dell’Unione.

Secondo la Corte, la questione deve essere meglio chiarita nel senso che essa verte sull’interpretazione del principio della tutela giurisdizionale effettiva, quale sancito dall’art. 47 della Carta, al fine di stabilire se, nel contesto di un procedimento per responsabilità dello Stato introdotto ai sensi del diritto dell’Unione, tale disposizione osti a una normativa nazionale che subordina l’esercizio dell’azione giudiziaria al pagamento di un anticipo sulle spese e prevede che non possa essere accordato il gratuito patrocinio ad una persona giuridica benché non sia in grado di provvedere a tale anticipo”.

In materia di gratuito patrocinio, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha più volte affermato che tale diritto deriva dal superiore diritto che ogni persona ha ad un equo processo.

Conseguentemente, “per stabilire se la concessione del gratuito patrocinio sia necessaria affinché il processo sia equo, occorre tener conto dei fatti e delle specifiche circostanze di ciascun caso; in particolare, della posta in gioco per il ricorrente, della complessità del diritto e della procedura applicabili nonché della capacità del ricorrente di far valere effettivamente le proprie ragioni” nonché “della situazione finanziaria del ricorrente o delle sue probabilità di successo nel procedimento”.

L’esame della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo porta alla affermazione che la concessione del gratuito patrocinio a persone giuridiche non è esclusa in linea di principio, ma deve essere valutata con riferimento alle norme applicabili e alla situazione della società

La Corte afferma che “nel valutare la capacità finanziaria del ricorrente che sia una persona giuridica, è possibile tener conto, in particolare, della forma della società – società di capitali o di persone, a responsabilità limitata o meno –, della capacità finanziaria dei suoi soci, dell’oggetto sociale, delle sue modalità di costituzione e, più specificamente, del rapporto tra i mezzi dispiegati e l’attività considerata”.

Si può, quindi, ritenere ricompreso nella previsione legislativa l’aiuto del gratuito patrocinio alle persone giuridiche, restando sovrano il giudizio dell’Autorità nazionale che deve appunto valutare la sussistenza delle condizioni per la concessione del beneficio alle persone giuridiche prendendo in considerazione, in particolare, la forma e lo scopo – di lucro o meno – della persona giuridica in questione, la capacità finanziaria dei suoi soci o azionisti e la possibilità, per questi ultimi, di procurarsi le somme necessarie ad agire in giudizio, sì da evitare di incorrere nell’illegittimo diniego del diritto fondamentale di accesso alla giustizia.

 

La sentenza

 

Corte di Giustizia (Seconda Sezione) Sentenza del 22 dicembre 2010

(presidente ***************, relatore ***** relatore)

[procedimento C 279/09, DEB Deutsche Energiehandels – und Beratungsgesellschaft mbH]

(…)

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione del principio di effettività, quale sancito nella giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, al fine di stabilire se esso imponga di accordare il gratuito patrocinio a persone giuridiche.

2 Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra la DEB Deutsche Energiehandels- und Beratungsgesellschaft mbH (in prosieguo: la «DEB») e la Bundesrepublik Deutschland [Repubblica federale di Germania] in merito all’istanza di gratuito patrocinio presentata da detta società alle autorità giudiziarie tedesche.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

3 Il quinto e l’undicesimo ‘considerando’ della direttiva del Consiglio 27 gennaio 2003, 2003/8/CE, intesa a migliorare l’accesso alla giustizia nelle controversie transfrontaliere attraverso la definizione di norme minime comuni relative al patrocinio a spese dello Stato in tali controversie (GU L 26, pag. 41; rettifica in GU L 32, pag. 15), enunciano quanto segue:

«5) La presente direttiva mira a promuovere l’applicazione del principio secondo il quale il patrocinio a spese dello Stato nelle controversie transfrontaliere deve essere concesso a tutti coloro che non dispongono di mezzi sufficienti, qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia. Il diritto generalmente riconosciuto di avere accesso alla giustizia è anche ribadito all’articolo 47 […] della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea [in prosieguo: la «Carta»].

(…)

11) Il patrocinio a spese dello Stato dovrebbe includere la consulenza legale nella fase precontenziosa al fine di giungere ad una soluzione prima di intentare un’azione legale, l’assistenza legale per adire un tribunale, la rappresentanza in sede di giudizio, l’esonero totale o parziale dalle spese processuali».

4 L’ambito di applicazione personale del diritto al patrocinio a spese dello Stato è definito come segue all’art. 3, n. 1, della direttiva 2003/8:

«La persona fisica, che sia parte in una controversia ai sensi della presente direttiva, ha diritto a un patrocinio adeguato a spese dello Stato che le garantisca un accesso effettivo alla giustizia in conformità delle condizioni stabilite dalla presente direttiva».

5 L’art. 6, n. 3, della medesima direttiva precisa:

«Nel prendere una decisione sul merito di una domanda e fatto salvo l’articolo 5, gli Stati membri valutano l’importanza del caso specifico per il richiedente ma possono anche tener conto della natura della causa quando il richiedente chieda il risarcimento dei danni alla sua reputazione senza aver sofferto perdite materiali o finanziarie o quando la domanda riguardi una pretesa derivante direttamente dall’attività autonoma o commerciale del richiedente».

6 Conformemente all’art. 94, nn. 2 e 3, del regolamento di procedura del Tribunale dell’Unione europea del 2 maggio 1991 (testo consolidato pubblicato in GU 2010, C 177, pag. 37):

«2. Ogni persona fisica che, in ragione della propria situazione economica, si trovi nell’incapacità totale o parziale di far fronte alle spese di cui al precedente paragrafo 1 ha il diritto di beneficiare del gratuito patrocinio.

La situazione economica viene valutata tenendo conto di elementi oggettivi quali il reddito, il patrimonio posseduto e la situazione familiare.

3. Il gratuito patrocinio viene negato qualora l’azione per la quale venga richiesto appaia manifestamente irricevibile o manifestamente infondata».

7 L’art. 95, nn. 2 e 3, del regolamento di procedura del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea del 25 luglio 2007 (testo consolidato pubblicato in GU 2010, C 177, pag. 71) è redatto in termini identici a quelli dell’art. 94, nn. 2 e 3, del regolamento di procedura del Tribunale.

Il diritto nazionale

8 L’art. 12, n. 1, della legge sulle spese di giustizia (Gerichtskostengesetz), che definisce il principio dell’anticipo delle spese giudiziali per tutti coloro che intendano promuovere un’azione civile, così recita:

«Nei procedimenti civili la domanda può essere notificata solo dopo il pagamento di una tassa generale di procedura. In caso di ampliamento dell’oggetto del giudizio nessun atto giudiziario può essere compiuto prima che detta tassa venga pagata; altrettanto vale per le impugnazioni».

9 L’art. 78, n. 1, del codice di procedura civile (Zivilprozessordnung; in prosieguo: la «ZPO») enuncia:

«Dinanzi ai Landgerichte e agli Oberlandesgerichte, le parti devono farsi rappresentare da un avvocato (…)».

10 Ai sensi dell’art. 114 della ZPO:

«Una parte che, in ragione della sua situazione personale e finanziaria, non sia in grado di pagare le spese giudiziali, o possa pagarle solo in parte oppure a rate, ha diritto al gratuito patrocinio, ove ne faccia richiesta, se l’azione o la difesa in giudizio ha sufficienti possibilità di successo e non appare pretestuosa (…)».

11 L’art. 116, n. 2, della ZPO, stabilisce quanto segue:

«Sono ammesse al gratuito patrocinio, ove ne facciano richiesta:

1. (…)

2. le persone giuridiche o le associazioni in grado di stare in giudizio, costituite e stabilite (…) in Germania, qualora né esse medesime né i soggetti che hanno un interesse economico alla controversia siano in grado di sostenere tali spese e risulti contrario all’interesse generale che dette persone rinuncino all’azione o alla difesa in giudizio».

12 L’art. 122, n. 1, della ZPO precisa quanto segue:

«L’ammissione al gratuito patrocinio comporta che:

1. lo Stato federale o il Land possa esigere dalla parte interessata:

a) il pagamento delle spese giudiziali e di notifica sostenute o da sostenere,

b) la soddisfazione dei crediti vantati dai legali incaricati e ad esso trasferiti,

solo conformemente a quanto disposto dal giudice;

2. la parte sia liberata dall’obbligo di fornire garanzia per le spese processuali;

3. i legali incaricati non possano pretendere dall’interessato il pagamento dei propri onorari.

(…)».

13 L’art. 123 della ZPO enuncia che:

«La concessione del gratuito patrocinio non ha effetto sull’obbligo di rimborso delle spese sostenute dalla controparte».

Causa principale e questione pregiudiziale

14 La DEB chiede il gratuito patrocinio per intentare un’azione di responsabilità contro la Bundesrepublik Deutschland per violazione del diritto dell’Unione.

15 Essa intende ottenere un risarcimento dei danni subiti in conseguenza della tardiva attuazione da parte di detto Stato membro delle direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 1998, 98/30/CE, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale (GU L 204, pag. 1), e 26 giugno 2003, 2003/55/CE, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 98/30/CE (GU L 176, pag. 57), le quali avrebbero dovuto garantire un accesso non discriminatorio alle reti di gas nazionali. A causa di detto ritardo di attuazione la ricorrente non avrebbe potuto ottenere dai gestori del sistema tedeschi l’accesso alle loro reti di gasdotti, per un mancato guadagno di circa EUR 3,7 miliardi a titolo di contratti per l’approvvigionamento di gas conclusi con taluni fornitori.

16 Mancando di liquidità e di patrimonio, la DEB, che al momento non ha né dipendenti né creditori, non è in grado di pagare l’anticipo sulle spese previsto dall’art. 12, n. 1, della legge sulle spese di giustizia, pari a EUR 274 368.

17 La DEB non ha neppure i mezzi finanziari per farsi rappresentare da un avvocato, il cui ministero è obbligatorio nella causa principale.

18 Il Landgericht ****** le ha rifiutato il gratuito patrocinio, poiché non ricorrono le condizioni poste dall’art. 116, punto 2, della ZPO.

19 Anche il Kammergericht, adito in appello, ritiene che le condizioni poste dall’art. 116, punto 2, della ZPO non siano soddisfatte.

20 Esso considera, facendo riferimento alla giurisprudenza del Bundesgerichtshof relativa alla suddetta disposizione, che non è contrario all’interesse generale che la DEB rinunci all’esercizio del suo diritto nel caso di specie. Una tale contrarietà potrebbe sussistere solo se la decisione riguardasse una parte significativa della popolazione o della vita economica o se potesse sortire conseguenze sociali (v. ordinanza del Bundesgerichtshof 20 dicembre 1989, VIII ZR 139/89). La rinuncia all’azione nocerebbe all’interesse generale se impedisse ad una persona giuridica di continuare ad attendere ad un compito di pubblico interesse o se l’esistenza stessa di tale persona giuridica dipendesse dallo svolgimento del procedimento e fossero per questo in gioco posti di lavoro oppure i crediti di parecchie persone. Non è questo il caso di specie, poiché la ricorrente al momento non ha né dipendenti né creditori.

21 Certo, la nozione giuridica di «interesse generale» può essere interpretata in modo da comprendere, a vantaggio della persona giuridica, tutti gli interessi generali possibili (v. ordinanza del Bundesgerichtshof 24 ottobre 1990, VIII ZR 87/90). Nondimeno, in linea di massima, l’interesse generale ad una decisione giusta non basta. Né è sufficiente il fatto che, per risolvere la controversia, possa rivelarsi necessario rispondere a questioni di diritto di interesse generale (v. citata ordinanza del Bundesgerichtshof 20 dicembre 1989). In tali ipotesi, così come nella fattispecie, a parte l’assenza di giudicato, non sussisterebbe un danno effettivo per la collettività. La stessa DEB ammette che una condanna della Bundesrepublik Deutschland non può comportare automaticamente quell’apertura del mercato dell’energia sul cui fondamento essa ha considerato la propria domanda come di interesse generale nel senso dell’art. 116, punto 2, della ZPO.

22 Un’interpretazione di tale disposizione nazionale che tenga conto dell’intenzione del legislatore tedesco non permette che essa sia estesa ed applicata a qualsivoglia effetto, anche indiretto. La giurisprudenza è da sempre dell’avviso, sulla scorta dei lavori preparatori della ZPO, che, oltre ai detentori di un interesse economico alla controversia, debbano necessariamente risentire della rinuncia all’azione giudiziaria numerose altre persone.

23 L’art. 116, n. 2, della ZPO è altresì conforme alla legge costituzionale (Grundgesetz). In particolare, non è incostituzionale il fatto di richiedere per la concessione del gratuito patrocino alle persone giuridiche condizioni più restrittive di quelle applicate alle persone fisiche.

24 Il Bundesverfassungsgericht (Corte costituzionale federale) l’ha dichiarato più volte. La concessione del gratuito patrocinio costituisce, in fin dei conti, una misura di aiuto sociale derivata dal principio dello Stato sociale e necessaria al rispetto della dignità umana, cosa che non vale per le persone giuridiche. Queste ultime sono creazioni artificiali, di forma giuridica autorizzata dall’ordinamento di uno Stato, per una finalità pratica. Detta forma offre vantaggi economici agli associati, anzitutto la limitazione della responsabilità al patrimonio sociale. La persona giuridica deve avere, pertanto, un patrimonio sufficiente; quest’ultimo è una conditio sine qua non per la sua costituzione, ed è necessario per la sua esistenza successiva. Ed è per questo motivo che, in linea di principio, la persona giuridica può essere riconosciuta dall’ordinamento giuridico solamente se è in grado di perseguire i suoi scopi e i suoi compiti con mezzi propri. Conseguentemente, l’art. 116, punto 2, della ZPO tiene conto della particolare situazione delle persone giuridiche (v. ordinanza del Bundesgerichtshof 3 luglio 1973, 1 BvR 153/69).

25 Il Kammergericht si chiede, tuttavia, se il rifiuto di accordare il gratuito patrocinio alla DEB perché possa far valere la responsabilità dello Stato ai sensi del diritto dell’Unione non sia contrario ai principi di tale diritto, in particolare al principio di effettività. Infatti, tale diniego impedirebbe completamente alla ricorrente di esercitare un’azione di responsabilità contro lo Stato in applicazione del diritto dell’Unione. Così le sarebbe praticamente impossibile o quantomeno eccessivamente difficile ottenere un risarcimento. Depone per tale interpretazione anche la circostanza che la Corte faccia derivare la responsabilità dello Stato in forza del diritto dell’Unione dall’esigenza della piena efficacia delle norme dell’Unione, e ciò proprio per tutelare i diritti dei singoli (sentenza 19 novembre 1991, cause riunite C 6/90 e C 9/90, ********** e a., Racc. pag. I 5357).

26 Alla luce di quanto sopra, il Kammergericht ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Atteso che la regolamentazione nazionale delle condizioni di esercizio del diritto al risarcimento e della procedura per far valere la responsabilità di uno Stato membro ai sensi del diritto [dell’Unione] non deve rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere da tale Stato un indennizzo a titolo della responsabilità suddetta, se sia possibile che una normativa nazionale subordini l’esercizio dell’azione giudiziaria al pagamento di un anticipo sulle spese e neghi il gratuito patrocinio ad una persona giuridica che non sia in grado di provvedere a tale anticipo».

Sulla questione pregiudiziale

27 Con la sua questione la giurisdizione remittente chiede se il diritto dell’Unione, in particolare il principio di effettività, debba essere interpretato nel senso che, nel contesto di un procedimento per responsabilità dello Stato introdotto ai sensi di detto diritto, tale principio osti a una normativa nazionale che subordina l’esercizio dell’azione giudiziaria al pagamento di un anticipo sulle spese e prevede che non possa essere accordato il gratuito patrocinio ad una persona giuridica benché non sia in grado di provvedere a tale anticipo.

28 Come risulta da una giurisprudenza consolidata relativa al principio di effettività, le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (v., in particolare, sentenze 16 dicembre 1976, causa 33/76, Rewe-Zentralfinanz e Rewe-Zentral, Racc. pag. 1989, punto 5; 13 marzo 2007, causa C 432/05, Unibet, Racc. pag. I 2271, punto 43, e 15 aprile 2008, causa C 268/06, Impact, Racc. pag. I 2483, punto 46). La giurisdizione remittente chiede, in sostanza, se il fatto, per una persona giuridica, di non poter beneficiare del gratuito patrocinio renda l’esercizio dei suoi diritti praticamente impossibile nel senso che, non avendo i mezzi per anticipare le spese giudiziali e farsi assistere da un avvocato, tale persona giuridica non sarebbe in grado di agire in giudizio.

29 La questione sollevata concerne, così, il diritto di una persona giuridica ad un accesso effettivo alla giustizia e dunque, nel contesto del diritto dell’Unione, il principio della tutela giurisdizionale effettiva. È, quest’ultimo, un principio generale del diritto dell’Unione, che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri ed è stato sancito dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU») (sentenze 15 maggio 1986, causa 222/84, ********, Racc. pag. 1651, punti 18 e 19; 15 ottobre 1987, causa 222/86, ******* e a., Racc. pag. 4097, punto 14; 27 novembre 2001, causa C 424/99, Commissione/Austria, Racc. pag. I 9285, punto 45; 25 luglio 2002, causa C 50/00 P, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, Racc. pag. I 6677, punto 39; 19 giugno 2003, causa C 467/01, Eribrand, Racc. pag. I 6471, punto 61, e Unibet, cit., punto 37).

30 Quanto ai diritti fondamentali, dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona è necessario tener conto della Carta, la quale ha, ai termini dell’art. 6, n. 1, primo comma, TUE, «lo stesso valore giuridico dei trattati». Il suo art. 51, n. 1, enuncia, infatti, che le disposizioni della Carta si applicano agli Stati membri nell’attuazione del diritto dell’Unione.

31 Ora, secondo l’art. 47, primo comma, della Carta, ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel suddetto articolo. A termini del secondo comma del medesimo articolo, ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare. A sua volta, l’art. 47, terzo comma, stabilisce espressamente che a coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia.

32 Secondo le spiegazioni relative a tale articolo, le quali, conformemente all’art. 6, n. 1, terzo comma, TUE e all’art. 52, n. 7, della Carta, debbono essere prese in considerazione per l’interpretazione di quest’ultima, l’art. 47, secondo comma, della Carta corrisponde all’art. 6, n. 1, della CEDU.

33 Ciò considerato, occorre riformulare la questione sollevata nel senso che essa verte sull’interpretazione del principio della tutela giurisdizionale effettiva, quale sancito dall’art. 47 della Carta, al fine di stabilire se, nel contesto di un procedimento per responsabilità dello Stato introdotto ai sensi del diritto dell’Unione, tale disposizione osti a una normativa nazionale che subordina l’esercizio dell’azione giudiziaria al pagamento di un anticipo sulle spese e prevede che non possa essere accordato il gratuito patrocinio ad una persona giuridica benché non sia in grado di provvedere a tale anticipo.

34 Risulta dall’art. 122, n. 1, della ZPO che il gratuito patrocinio può coprire tanto le spese giudiziali quanto i crediti dei legali. Poiché la giurisdizione nazionale non ha precisato se la questione sollevata verte unicamente sull’anticipo delle spese giudiziali, vanno esaminati entrambi gli aspetti.

35 Quanto alla Carta, il suo art. 52, n. 3, precisa che, laddove essa contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla CEDU, il significato e la portata di tali diritti sono uguali a quelli loro conferiti da detta convenzione. Secondo la spiegazione di tale disposizione, il significato e la portata dei diritti garantiti sono determinati non solo dal testo della CEDU, ma anche, in particolare, dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. L’art. 52, n. 3, seconda frase, della Carta precisa che la prima frase del medesimo paragrafo non preclude che il diritto dell’Unione conceda una protezione più estesa (v., in tal senso, sentenza 5 ottobre 2010, causa C 400/10 PPU, McB., non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 53).

36 Per quanto concerne più specificamente l’art. 47, n. 3, della Carta, l’ultimo paragrafo della spiegazione relativa a detto articolo menziona la sentenza ***** c. Irlanda del 9 ottobre 1979 (Corte eur. D.U., serie A n. 32, pag. 11), secondo la quale il gratuito patrocinio deve essere accordato quando, a non concederlo, verrebbe vanificata la garanzia di un accesso effettivo alla giustizia. Non è precisato se tale aiuto debba essere concesso anche ad una persona giuridica né quali spese copra.

37 Occorre interpretare tale disposizione nel suo contesto, alla luce degli altri testi del diritto dell’Unione, del diritto degli Stati membri e della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.

38 Come ha rilevato la Commissione delle Comunità europee nelle sue osservazioni scritte, il termine «persona» utilizzato nei due primi commi dell’art. 47 della Carta può riferirsi ad individui, ma – da un punto di vista puramente linguistico – non esclude le persone giuridiche.

39 Bisogna constatare al riguardo che, sebbene le spiegazioni relative alla Carta non precisino nulla in proposito, l’impiego del termine «******» nella versione linguistica tedesca dell’art. 47 suddetto, in opposizione al termine «******», che ricorre in numerose altre disposizioni, quali gli artt. 1, 2, 3, 6, 29, 34 e 35 della Carta, può significare che le persone giuridiche non sono escluse dall’ambito di applicazione di tale art 47.

40 Peraltro, il diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, sancito dall’art. 47 della Carta, è enunciato nel titolo VI della stessa, relativo alla giustizia, nel quale sono consacrati altri principi processuali che trovano indistintamente applicazione alle persone fisiche e a quelle giuridiche.

41 Il fatto che il diritto di beneficiare del patrocinio a spese dello Stato non sia enunciato nel titolo IV della Carta, relativo alla solidarietà, denota che tale diritto non è concepito primariamente come un aiuto sociale, quale sembra intenderlo l’ordinamento tedesco, il cui governo si avvale, infatti, di tale elemento per sostenere che l’aiuto in questione deve essere riservato alle persone fisiche.

42 Del pari, l’integrazione della disposizione relativa alla concessione del gratuito patrocinio nell’articolo della Carta dedicato al diritto a un ricorso effettivo indica che la valutazione della necessità della concessione di tale aiuto deve essere effettuata partendo dal diritto della stessa persona i cui diritti e libertà garantiti dal diritto dell’Unione sono stati violati e non dall’interesse generale della società, per quanto tale interesse possa rilevare anch’esso ai fini di suddetta valutazione.

43 Quanto agli altri testi del diritto dell’Unione invocati dalle parti della causa principale, dagli Stati membri che hanno presentato osservazioni e dalla Commissione, segnatamente la direttiva 2003/8, i regolamenti di procedura del Tribunale e del Tribunale della funzione pubblica, essi non prevedono la concessione del gratuito patrocinio alle persone giuridiche. Tuttavia, non se ne può trarre una conclusione di applicazione generale, giacché risulta dall’ambito di applicazione della direttiva, da un lato, e dalle competenze del Tribunale e del Tribunale della funzione pubblica, dall’altro, che tali testi riguardano categorie specifiche di controversie.

44 Come ha osservato l’avvocato generale ai paragrafi 76-80 delle conclusioni, l’esame del diritto degli Stati membri evidenzia l’assenza di un principio veramente comune, che sia condiviso da tutti loro, in materia di concessione del gratuito patrocinio alle persone giuridiche. Al contrario – ha rilevato ancora l’avvocato generale al paragrafo 80 delle conclusioni –, nella prassi degli Stati membri che ammettono al gratuito patrocinio le persone giuridiche è piuttosto diffusa una distinzione tra le persone giuridiche con scopo di lucro e quelle senza scopo di lucro.

45 L’esame della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo mostra come, più volte, detta giurisdizione abbia ricordato che il diritto di accesso alla giustizia è compreso nel diritto ad un equo processo, quale enunciato all’art. 6, n. 1, della CEDU (v., in particolare, Corte eur. D.U., sentenza ******* c. Regno Unito del 7 maggio 2002, Recueil des arrêts et décisions 2002 III, § 46). È importante, al riguardo, che chi si sente leso si veda offrire la possibilità di far valere utilmente le proprie ragioni in giudizio (Corte eur. D.U., sentenza ***** e ****** c. Regno Unito del 15 febbraio 2005, § 59). Tuttavia, il diritto di ricorso ad un giudice non è assoluto.

46 Statuendo in materia di gratuito patrocinio sotto forma di assistenza legale, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato che, per stabilire se la concessione del gratuito patrocinio sia necessaria affinché il processo sia equo, occorre tener conto dei fatti e delle specifiche circostanze di ciascun caso; in particolare, della posta in gioco per il ricorrente, della complessità del diritto e della procedura applicabili nonché della capacità del ricorrente di far valere effettivamente le proprie ragioni (Corte eur. D.U., sentenze ***** c. Irlanda, cit., § 26; ******* c. Regno Unito, cit., §§ 48 e 49; P., C. e S. c. Regno Unito del 16 luglio 2002, Recueil des arrêts et décisions 2002 VI, § 91, nonché ***** e ****** c. Regno Unito, cit., § 61). Si può tener conto, nondimeno, della situazione finanziaria del ricorrente o delle sue probabilità di successo nel procedimento (Corte eur. D.U., sentenza ***** e ****** c. Regno Unito, cit., § 62).

47 Riguardo al gratuito patrocinio sotto forma di esonero dalle spese giudiziali o da una cautio judicatum solvi per promuovere un’azione, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha parimenti esaminato l’insieme delle circostanze al fine di stabilire se i limiti applicati al diritto di accesso alla giustizia non avessero leso tale diritto nella sua stessa sostanza, se tendessero ad uno scopo legittimo e se esistesse un nesso ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito (v., in tal senso, Corte eur. D.U., sentenze Tolstoy-Miloslavsky c. Regno Unito del 13 luglio 1995, serie A n. 316 B, §§ 59 67, e ***** c. Polonia del 19 giugno 2001, Recueil des arrêts et décisions 2001 VI, §§ 54 e 55).

48 Risulta dalle suddette decisioni che il gratuito patrocinio può coprire tanto l’assistenza legale quanto l’esonero dal pagamento delle spese giudiziali.

49 La Corte europea dei diritti dell’uomo ha peraltro affermato che, se è vero che sono ammesse procedure di selezione delle controversie per le quali accordare il gratuito patrocinio, i loro meccanismi di funzionamento non possono risultare discriminatori (v., in tal senso, Corte eur. D.U., sentenza Del Sol c. Francia del 26 febbraio 2002, § 26; decisione Puscasu c. Germania 29 settembre 2009, pag. 6, ultimo paragrafo, e sentenza *********** c. Svizzera del 14 ottobre 2010, § 49).

50 La suddetta Corte ha avuto occasione di esaminare il caso di una società commerciale che aveva chiesto il gratuito patrocinio, mentre la normativa francese riserva tale aiuto solamente alle persone fisiche ovvero, eccezionalmente, a quelle giuridiche senza scopo di lucro stabilite in Francia e sprovviste di risorse sufficienti. Essa ha considerato che la differenza di trattamento tra le società commerciali, da un lato, e le persone fisiche e quelle giuridiche senza scopo di lucro, dall’altro, trova una giustificazione oggettiva e razionale nel regime fiscale del gratuito patrocinio, che prevede la possibilità di dedurre la totalità delle spese processuali dal risultato fiscale imponibile e di riportare un eventuale saldo negativo all’esercizio contabile successivo (Corte eur. D.U., decisione VP Diffusion Sarl c. Francia del 26 agosto 2008, pagg. 4, 5 e 7).

51 Del pari, nel caso di una comunità che utilizzava beni rurali comuni e chiedeva il gratuito patrocinio per opporsi all’azione di rivendica del proprietario di un terreno, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha considerato che occorre tener presente che i fondi approvati dalle associazioni e dalle società private per la loro difesa in giudizio sono fondi accettati, approvati e versati dai loro membri e ha sottolineato come l’istanza fosse stata formulata per intervenire in una controversia civile vertente sulla proprietà di un terreno il cui esito non avrebbe pregiudicato i membri delle comunità in causa (Corte eur. D.U., decisione CMVMC O´Limo c. Spagna del 24 novembre 2009, punto 26). La Corte ne ha concluso che il rifiuto di accordare il gratuito patrocinio alla comunità ricorrente non ne aveva leso nella sostanza il diritto di accesso alla giustizia.

52 Risulta dall’esame della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che la concessione del gratuito patrocinio a persone giuridiche non è esclusa in linea di principio, ma deve essere valutata con riferimento alle norme applicabili e alla situazione della società interessata.

53 L’oggetto della controversia può essere preso in considerazione, soprattutto la sua rilevanza economica.

54 Nel valutare la capacità finanziaria del ricorrente che sia una persona giuridica, è possibile tener conto, in particolare, della forma della società – società di capitali o di persone, a responsabilità limitata o meno –, della capacità finanziaria dei suoi soci, dell’oggetto sociale, delle sue modalità di costituzione e, più specificamente, del rapporto tra i mezzi dispiegati e l’attività considerata.

55 Nelle sue osservazioni l’Autorità di vigilanza EFTA fa valere che, per il diritto tedesco, una società non soddisfarà mai le condizioni per ottenere il gratuito patrocinio se non è riuscita a stabilirsi effettivamente, con dipendenti e altre infrastrutture. Problemi ne deriverebbero anzitutto ai richiedenti il gratuito patrocinio che, invocando i diritti conferiti dall’Unione, intendano realizzare, in particolare, la libertà di stabilimento o l’accesso a un determinato mercato in uno Stato membro.

56 Si deve osservare che un tale elemento va sicuramente preso in considerazione dai giudici nazionali. Questi ultimi, tuttavia, sono tenuti a ricercare un giusto equilibrio al fine di assicurare l’accesso alla giustizia ai ricorrenti che invocano il diritto dell’Unione, senza però avvantaggiarli rispetto ad altri ricorrenti. Al riguardo la giurisdizione remittente e il governo tedesco hanno osservato che la nozione giuridica di «interesse generale» può, secondo la giurisprudenza del Bundesgerichtshof, comprendere tutti i possibili interessi generali a favore della persona giuridica.

57 La DEB ha peraltro sottolineato, in udienza, il doppio ruolo della Bundesrepublik Deutschland nella causa principale. Infatti, tale Stato membro sarebbe, da un lato, l’autore del danno subito dalla ricorrente e, dall’altro, chi è tenuto a garantire alla stessa una tutela giurisdizionale effettiva.

58 Si deve tuttavia rilevare che il diritto dell’Unione non osta a che uno Stato membro sia al contempo legislatore, amministratore e giudice, purché tali funzioni siano esercitate nel rispetto del principio della separazione dei poteri che caratterizza il funzionamento di uno Stato di diritto. Non è stato allegato che nello Stato membro parte in causa detto principio non sia rispettato.

59 Tutto ciò considerato, si deve risolvere la questione sollevata dichiarando che il principio della tutela giurisdizionale effettiva, quale sancito dall’art. 47 della Carta, deve essere interpretato nel senso che non è escluso che possano invocarlo persone giuridiche e che l’aiuto concesso in sua applicazione possa comprendere, segnatamente, l’esonero dal pagamento anticipato delle spese giudiziali e/o l’assistenza legale.

60 Spetta, al riguardo, al giudice nazionale verificare se le condizioni di concessione del gratuito patrocinio costituiscano una limitazione del diritto di accesso alla giustizia che lede la sostanza stessa di tale diritto, se tendano a uno scopo legittimo e se esista un nesso ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito.

61 In tale accertamento il giudice nazionale può tener conto dell’oggetto della controversia, delle ragionevoli possibilità di successo del ricorrente, della posta in gioco per quest’ultimo, della complessità del diritto e della procedura applicabili nonché della capacità del ricorrente di far valere effettivamente le proprie ragioni. Per valutare la proporzionalità il giudice nazionale può tener presente altresì l’entità delle spese giudiziali che devono essere anticipate e la natura dell’ostacolo all’accesso alla giustizia che esse potrebbero costituire, se sormontabile o insormontabile.

62 Quanto, più specificamente, alle persone giuridiche, il giudice nazionale può tener conto della loro situazione. Può prendere in considerazione, in particolare, la forma e lo scopo – di lucro o meno – della persona giuridica in questione, la capacità finanziaria dei suoi soci o azionisti e la possibilità, per questi ultimi, di procurarsi le somme necessarie ad agire in giudizio.

Sulle spese

63 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

Il principio della tutela giurisdizionale effettiva, quale sancito dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che non è escluso che possano invocarlo persone giuridiche e che l’aiuto concesso in sua applicazione possa comprendere, segnatamente, l’esonero dal pagamento anticipato delle spese giudiziali e/o l’assistenza legale.

Spetta, al riguardo, al giudice nazionale verificare se le condizioni di concessione del gratuito patrocinio costituiscano una limitazione del diritto di accesso alla giustizia che lede la sostanza stessa di tale diritto, se tendano a uno scopo legittimo e se esista un nesso ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito.

In tale accertamento il giudice nazionale può tener conto dell’oggetto della controversia, delle ragionevoli possibilità di successo del ricorrente, della posta in gioco per quest’ultimo, della complessità del diritto e della procedura applicabili nonché della capacità del ricorrente di far valere effettivamente le proprie ragioni. Per valutare la proporzionalità il giudice nazionale può tener presente altresì l’entità delle spese giudiziali che devono essere anticipate e la natura dell’ostacolo all’accesso alla giustizia che esse potrebbero costituire, se sormontabile o insormontabile.

Quanto, più specificamente, alle persone giuridiche, il giudice nazionale può tener conto della loro situazione. Può prendere in considerazione, in particolare, la forma e lo scopo – di lucro o meno – della persona giuridica in questione, la capacità finanziaria dei suoi soci o azionisti e la possibilità, per questi ultimi, di procurarsi le somme necessarie ad agire in giudizio.

 

 

Ianniello Nicola

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