precedenti giurisprudenziali: Trib. Milano, sentenza n. 1218 del 6/2/2018
La vicenda
La vicenda nasceva a seguito della decisione dell’assemblea di far installare un contatore di misurazione dell’acqua potabile in ogni singola unità abitativa, eliminando il consumo secondo i millesimi.
Questa delibera veniva impugnata da un condomino che richiedeva al Tribunale di sospendere e poi annullare la decisone, non ritenendo legittimo che la collettività condominiale potesse imporgli l’installazione di un contatore dell’acqua nella sua proprietà esclusiva.
Del resto, secondo l’attore, non si era considerato come il regolamento di condominio prevedesse la ripartizione delle spese per l’acqua in base ai millesimi di proprietà. In ogni caso riteneva la delibera illegittima perché la questione non era stata indicata nell’ordine del giorno.
Il condominio si costituiva eccependo, tra l’altro, l’improcedibilità della domanda (per mancata partecipazione del condomino alla procedura di mediazione) e la carenza di interesse ad agire in capo all’attore; nel merito, riteneva la domanda priva di ogni fondamento.
Rigettata l’istanza di sospensione dell’efficacia della delibera, precisate le conclusioni, la causa veniva trattenuta in decisione.
La questione
Si tratta di stabilire se l’assemblea condominiale con apposita delibera possa, o meno, imporre ai singoli condomini l’installazione dei contatori per l’acqua, anche nel caso in cui una norma del regolamento prevede la ripartizione dei consumi idrici per millesimi di proprietà.
La soluzione
Il Tribunale ha dato pienamente ragione ai condomini e respinto la richiesta del singolo condomino.
In particolare il giudice milanese mette in rilievo che i criteri di ripartizione di cui all’art.1123 c.c. (per millesimi di proprietà) o il diverso criterio indicato dal regolamento sono applicabili e legittimi solo in mancanza di contatori installati in ogni singola unità immobiliare.
Del resto si evidenzia come la ripartizione a contatore sia imposta dalle normativa di settore che è di natura pubblicistica e anche di derivazione comunitaria, con conseguente prevalenza sulle norme nazionali o locali eventualmente contrastanti.
In ogni caso, secondo il Tribunale, è irrilevante che il regolamento contrattuale preveda la suddivisione delle spese per l’acqua in base ai millesimi di proprietà perché la normativa sopra detta prevale anche sulle norme del regolamento di natura contrattuale, accettate da tutti i condomini, nessuno escluso.
Alla luce di quanto sopra il giudice milanese ritiene che la delibera impugnata non abbia introdotto un nuovo obbligo di installazione, ma si sia limitata solamente a dare attuazione all’obbligo normativo di installazione del contatore individuale.
Del resto, secondo lo stesso Tribunale, non è neppure necessaria una preventiva delibera condominiale in quanto l’installazione non può essere messa in discussione.
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Le riflessioni conclusive
Sembra utile ricordare che il d.p.c.m. 4 marzo 1996, recante disposizioni in materia di risorse idriche ed emanato in conseguenza della l. 5 gennaio 1994, n. 36, nell’ottica di un’organica regolamentazione dell’intera materia, aveva stabilito (art. 8.2.8) che, ove la consegna e la misurazione fossero effettuate per utenze raggruppate, la ripartizione interna dei consumi doveva essere organizzata, a cura e spese dell’utente, tramite l’installazione di singoli contatori per ciascuna unità abitativa.
Tale obbligo è stato, poi, previsto nell’art. 146, comma 1, lett. f) del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 secondo cui le Regioni avrebbero dovuto adottare, entro un anno dall’entrata in vigore delle norme di gestione delle risorse idriche (parte terza del provvedimento), norme e misure volte a razionalizzare i consumi ed eliminare gli sprechi.
Si trattava di installare contatori per il consumo dell’acqua in ogni singola unità abitativa (nonché contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario, esercitate nel contesto urbano).
Da notare che, secondo la sentenza del Tribunale di Milano in commento, la normativa sopra ricordata è di natura pubblicistica e anche di derivazione comunitaria: di conseguenza prevale sulle norme nazionali o locali eventualmente contrastanti e, ovviamente, sui regolamenti condominiali predisposti dai privati, anche se di natura contrattuale.
L’unica possibilità, quindi, per dividere le spese in questione secondo l’utilizzo del servizio idrico, in termini quantitativi, è che tutti gli appartamenti siano dotati di un contatore interno che registri, alla lettura, il consumo, in modo tale da consentire il giusto calcolo da addebitare ad ogni unità abitativa.
Di conseguenza il Tribunale di Milano (sentenza n. 1218 del 6 febbraio 2018), chiamato a decidere sull’asserita illegittimità dell’installazione del contatore solo in due unità immobiliari, aveva già affermato che tutta la normativa in materia intende assicurare innanzi tutto il risparmio idrico, per cui l’installazione di contatori individuali deve essere eseguita non appena possibile anche soltanto in singole porzioni immobiliari con contatore di sottrazione (il rimanente dei consumi andrebbe, poi, ripartito fra gli altri condomini per millesimi o secondo alternativi criteri regolamentari).
A prescindere da tale decisione, che appare decisamente discutibile, occorre poi considerare le conseguenze dell’eventuale rottura di un contatore.
È possibile, infatti, che i consumi idrici addebitati risultino maggiori rispetto all’effettivo utilizzo per un guasto del contatore individuale.
In tal caso, in mancanza di accordo amichevole con gli altri condomini, l’addebito di consumi, erroneamente contabilizzati dal contatore dell’unità individuale, va fatto valere con l’impugnazione della delibera di riparto della spesa e non con l’opposizione al decreto ingiuntivo.
Infatti la mancata impugnazione della delibera assembleare comporta l’irrilevanza, in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, delle questioni relative al corretto riparto e al funzionamento dei contatori individuali.
L’ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è, infatti, ristretto alla sola verifica dell’esistenza ed efficacia della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere.
Ciò chiarito, bisogna considerare che se mancano i contatori (molte Regioni hanno fatto poco per rendere “operativa” la previsione dell’installazione di contatori individuali), si potrà ancora utilizzare il criterio di divisione in base ai valori millesimali o il diverso criterio stabilito dal regolamento (Trib. Milano 6/2/2018, n. 1280).
È viziata, però, in quanto irragionevole, la delibera assembleare, assunta a maggioranza, che abbia adottato il diverso criterio di riparto per persona in base al numero di coloro che abitano stabilmente nell’unità immobiliare (Cass., sez. II, 01/08/2014, n. 17557).
Allo stesso modo non è legittima la delibera assembleare con cui viene imposto agli studi professionali o alle sedi di attività commerciali di pagare il servizio di acqua potabile comune in misura superiore a quello delle unità abitative. Infatti, la destinazione del servizio comune relativo all’acqua potabile non varia a seconda del tipo di godimento posto in essere nella singola unità abitativa ed è manifestamente irrazionale il criterio di ancorare l’onere di contribuzione alle spese in questione alla concreta presenza di un numero più o meno elevato di persone (Trib. Monza 26/3/2001).
In ogni caso l’assemblea non può introdurre a maggioranza criteri di ripartizione della spesa idrica particolari (ad esempio in parti uguali) occorrendo allora il consenso della totalità dei condomini, nessuno escluso.
Infine, escludere dai costi, sempre a maggioranza, gli appartamenti disabitati è decisione ugualmente illegittima poiché sottrae i soggetti interessati dal contribuire non solo al costo dei consumi per l’uso dell’acqua per le parti comuni, ma anche a quella parte di tariffa per la fornitura del servizio che è rappresentata dal minimo garantito, quale quota fissa per la disponibilità del servizio da parte del gestore.
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