Ancora sugli elementi distintivi della subordinazione: a) eterodirezione: cd. subordinazione attenuata; b) collaborazione; c) continuità della prestazione; d) indici sussidiari; e) contrattazione collettiva: cenni

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L’art. 2094 c.c. individua gli elementi costitutivi essenziali del rapporto di lavoro subordinato nella:
1) sottoposizione del lavoratore al potere di direzione del datore di lavoro;
2) continuità della prestazione;
3) collaborazione offerta all’impresa dietro versamento della retribuzione
In particolare:
 
1) Sottoposizione al potere di eterodirezione del datore di lavoro:
Con riguardo a tale primo elemento, ossia l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore, che si sostanzia in un obbligo continuativo di obbedienza da parte del lavoratore ed in un contestuale potere di interferenza del datore sulle modalità di svolgimento della prestazione, è noto che esso è giuridicamente sempre presente, anche se in alcuni casi in concreto manca oppure si manifesta in forma attenuata.
In tale ultimo caso, infatti, è la natura dell’attività lavorativa prestata a mitigare il potere di ingerenza e controllo del datore di lavoro.
 La giurisprudenza, in proposito, non ha escluso che possa configurarsi un rapporto di lavoro subordinato anche nel caso in cui ci sia una certa autonomia, iniziativa, discrezionalità del lavoratore con riguardo allo svolgimento della prestazione (cass. Civ. 1885/76; 1064/75); in tale ipotesi, il potere di sovraordinazione gerarchica del datore di lavoro si esplica in indicazioni generali a carattere programmatico (Cass. Civ. 1094/93; 5301/86; 648/86; 5022/85) e assume importanza decisiva “…. la continua dedizione funzionale dell’energia lavorativa al risultato produttivo perseguito dall’imprenditore, di per sé in grado di dimostrare l’esistenza di un potere discrezionale e gerarchico “(Cass. Civ. 5024/85; 57/84).
La giurisprudenza ha, inoltre, precisato che “…la presenza di una certa autonomia nello svolgimento della prestazione dipende dalla natura oggettiva dell’attività prestata e dalle modalità imposte dalla sua utilizzazione (ex multis, Cass. Civ. 1159/90; 41/89; 5748/84; 5822/82), configurandosi “… unattenuazione del potere direttivo nel caso di prestazioni ad alto contenuto professionale ed intellettuale e, corrispondentemente, una sua accentuazione nel caso di prestazioni meramente esecutive” (Cass civ. 3245/87; 1463/87; 4855/86; 3841/86; 2477/86).
In estrema sintesi, secondo la giurisprudenza in esame, è luogo a farsi di una “subordinazione attenuata” proprio in presenza di mansioni non meramente esecutive bensì direttivo – gestorie.
Per chiudere, considerato che la dottrina (Scognamiglio), riconosce l’oggetto del contratto di lavoro subordinato nella “messa a disposizione delle energie psico-fisiche del prestatore”, vincolato dallo stare alle dipendenze altrui, al fine di svolgere le prestazioni che gli sono richieste, nel rispetto dei limiti segnati dalle mansioni affidategli e delle modalità di svolgimento delle stesse che sono stabilite, anche solo in ordine all’esistenza del potere di eterodirezione del datore
 
2) Collaborazione all’impresa.
La giurisprudenza unanime identifica la collaborazione come “il collegamento funzionale della prestazione lavorativa con la struttura organizzativa aziendale, che si realizza mediante l’inserzione organica, continuativa e sistematica del lavoratore nell’organizzazione tecnica, economica ed amministrativa dell’impresa, di cui diviene parte operante” (ex multis, Cass. Civ. 5921/80; 5210/78).
Ferme ed impregiudicate le anzidette argomentazioni, si riporta un orientamento giurisprudenziale, che addirittura leggeva l’esistenza di un rapporto di collaborazione in tutte quelle ipotesi di lavoratori che prestavano un’attività lavorativa che l’imprenditore non era in grado o non volesse esplicare da sé (Cass. Civ. 659/62; 2023/57).
 
3) Continuità della prestazione:
Tale ulteriore elemento costitutivo e strutturale del rapporto di lavoro subordinato che, ancorché non espressamente previsto dall’art. 2094 c.c., viene richiamato nel concetto di collaborazione, ed inteso pacificamente in dottrina come persistenza ideale nel tempo dell’obbligo di porre l’attività lavorativa a disposizione del datore, non è, comunque, incompatibile con il carattere discontinuo o saltuario della prestazione, a condizione che, però, “… tra una prestazione e l’altra il lavoratore resti a disposizione del datore di lavoro” (Cass. Civ. 4152/86; 3299/82; 5807/81; 137/81).
Pertanto, sulla scorta dell’appena richiamato orientamento, non è il carattere di continuità temporale della prestazione a determinare un vincolo di subordinazione, ma la disponibilità del lavoratore nei confronti dell’azienda.
 
4) Cc.dd. Indici sussidiari
Aggiungasi, inoltre, che, partendo dall’art. 2094 c.c. dottrina e giurisprudenza, sulla scorta delle modalità disparate in cui può estrinsecarsi un rapporto di lavoro subordinato, hanno dettagliatamente definito i confini entro cui i singoli elementi costitutivi del rapporto possono manifestarsi, senza con ciò pregiudicarne la qualificazione come subordinato.
Da ciò, dunque, la dottrina, suffragata da consolidato orientamento giurisprudenziale (ex plurimis, Cass. Civ. n. 6114/98; 2370/98; 9606/97; 11329/96; 4150/88; 4515/87; 4700/86; Pret Milano 5.5.98, Lav Giur 98, p.970; pret Roma 3.5.97, G. Lav Lazio 97, p.648; Trib Roma 1.3.1997, ibidem, p.334; Pret Milano 16.10.1996, ibidem p.160), ha riconosciuto un vincolo di subordinazione, per la qualificazione di un rapporto di lavoro, anche nel caso in cui tale qualificazione sia resa meno agevole dal fatto che l’elemento essenziale del detto vincolo (ossia assoggettamento all’eterodirezione), si manifesti in modo attenuato; in tal caso, ai fini della individuazione della natura giuridica del rapporto di lavoro, si ricorre ad indici sussidiari riconosciuti testualmente “… privi di per sé di autonomo valore decisionale e valutabili quali meri elementi indiziari nell’ambito di un doveroso apprezzamento globale della vicenda” .
Tra tali indici sussidiari, la giurisprudenza (Cass. Civ. 11711/98), annovera:
     il vincolo di orario;
      la forma della retribuzione;
      la incidenza del rischio;
      l’oggetto della prestazione; la collaborazione sistematica e non occasionale;
      il coordinamento dell’attività lavorativa all’assetto organizzativo e per le finalità d’impresa;
      l’assenza, in capo al lavoratore, di una sia pur minima struttura imprenditoriale di rischio economico e dei risultati da conseguire.
 
In particolare, in riferimento alla forma della retribuzione si noti che si è precisato che il riferimento manifestato dalle parti ad istituti retributivi – come un minimo della retribuzione periodica -, propri del lavoro subordinato, costituisce una circostanza valutabile al fine di ricondurre l’attività nello schema del lavoro subordinato (Cass. Civ. n. 1821/89);
Con riguardo all’oggetto della prestazione, da tempo la dottrina individua il discrimen tra rapporto di lavoro autonomo (meglio noto come locatio operis) ed il rapporto di lavoro subordinato (o anche locatio operarum), nell’oggetto della prestazione; difatti, mentre nel lavoro autonomo tale oggetto si sostanzia nell’opera, ossia nel risultato della propria attività organizzativa, che il lavoratore si obbliga a fornire con organizzazione propria e proprio rischio, nel caso del lavoro subordinato, invece, oggetto della prestazione è l’energia lavorativa che il lavoratore impiega per perseguire finalità di cui beneficia il datore, che assume il rischio dell’attività e mette a disposizione l’organizzazione.
Pertanto, come pacificamente affermato in giurisprudenza, elementi qualificanti un rapporto di lavoro subordinato sono:
1) assenza di un’organizzazione facente capo al lavoratore, che è invece inserito in quella del datore di lavoro;
2) rischio a carico del datore di lavoro (tra le molte, Cass. Civ. nn. 1159/90; 5358/88; 2788/87; 1463/87; Trib. Trapani 26.04.1996, L. Prev. 96, p. 693; Pret Roma 29.01.1996, G. Lav. Lazio 97, p. 156). Così, ancora, la prevalente giurisprudenza:“La determinazione e l’osservanza di un orario di lavoro non incidono sulla continuità della prestazione, potendosi considerare continue (e quindi subordinate) anche prestazioni non giornaliere o con orario libero (Cass. Civ. 1548/74; 2962/68; 3093/62). Pertanto, la mancanza di un vincolo di orario predeterminato non è da solo sufficiente ad escludere la natura di subordinazione di un rapporto di lavoro”.(Cass. Civ. 6985/86; 3913/86; 5022/85). 
3) esclusività della prestazione: La giurisprudenza, infatti, sul punto, ha confermato che: “La subordinazione non è di per se incompatibile con il fatto che il lavoratore sia parte anche di altri rapporti di lavoro subordinato o autonomo (Cass. Civ. 6254/85; 1573/85; 1784/84; pret Venezia 14.08.1995, I. prev. 95, p.1507), resi possibili dalla natura delle mansioni in concreto richieste; del resto, il principio della continuità non presuppone la prestazione dell’opera senza interruzioni, cosi che durante queste, il lavoratore può svolgere un’altra attività” (Cass. Civ. 3307/78).
 
5) La contrattazione collettiva: cenni
Quanto al ruolo della contrattazione collettiva, essa ha, per giurisprudenza uniforme, solo “La funzione di fonte regolatrice dei modi di attuazione della garanzia costituzionale del salario sufficiente” (Corte cost. 91/124)…, e ciò in vista della necessità di garantire la funzione sociale della retribuzione, che rappresenta, per i lavoratori, il mezzo prevalente di soddisfacimento dei bisogni di vita propri e dei loro familiari.
Peraltro, la giurisprudenza ha riconosciuto la retribuzione sufficiente ex art. 36 Cost. come elemento essenziale del contratto di lavoro subordinato (Trib. Camerino 29.01.1991, R. d. lav. 92, II, p. 114).
 
Giorgio Vanacore
Avvocato del Foro di Napoli

Vanacore Giorgio

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