Il d.l. 4 luglio 2006 n. 223 include il “fermo dei beni mobili registrati”, disciplinato dall’art. 86 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602, fra gli atti autonomamente impugnabili avanti la Commissione tributaria (art. 19 d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546), senza però che il legislatore sia intervenuto sulla procedura e sulle comunicazioni che il concessionario è tenuto a rispettare.
L’onere del Concessionario di “preavvisare” la misura, concedendo un termine (ultimo) per il pagamento, decorso il quale il “preavviso” assume valenza di provvedimento finale”, lo esonera da ogni altra comunicazione in tema e, in specie, dalla comunicazione della materiale esecuzione (iscrizione effettiva al P.R.A.).
Ciò si evince a chiare lettere dalla Ris. 9 gennaio 2006 n. 2/E, mediante la quale la Agenzia delle Entrate impone ai concessionari della riscossione di procedere in via diretta al fermo, a condizione che l’iscrizione di fermo "sia preceduta da un preavviso, contenente ulteriore invito a pagare le somme dovute …
entro i successivi venti giorni, decorsi i quali, il preavviso stesso assumerà il valore di comunicazione di iscrizione di fermo".
Posto che la impugnabilità di un atto è la sua idoneità a spiegare effetti negativi nella sfera dei diritti soggettivi del contribuente, e che il “preavviso” non soddisfa tale condizione, soltanto il provvedimento finale sarebbe impugnabile, ovvero il provvedimento di fermo, la cui efficacia è da intendersi a “effetti postumi”, ovvero dopo l’unitole decorso del termine assegnato per il pagamento delle somme.
Ma per produrre “effetti negativi” occorre anche che la misura venga iscritta al P.R.A., coincidendo tale data con la privazione della disponibilità del bene da parte del contribuente.
Quale che sia quest’ultima data non è dato però di rilevare.
Occorre precisare che, decorso il termine di cui sopra, il concessionario non procede “immediatamente” alla iscrizione del provvedimento cautelare presso il Pubblico Registro, ma attende di avere certezza che il contribuente non abbia adempiuto all’obbligo di pagamento.
Tale obbligo, ben potendo essere adempiuto tramite servizio postale (versamento sul conto corrente postale del concessionario) impone che il concessionario attenda un termine idoneo ad avere certezza dell’inadempimento (circa 30 giorni) e, solo in tale ipotesi, procede – con i tempi utili ai fini del completamento dell’iter burocratico – alla materiale iscrizione.
Ne deriva, come logica conseguenza, che dalla comunicazione del preavviso occorre attendere VENTI giorni (termine di pagamento), poi altri TRENTA giorni (circa) per la certezza dell’inadempimento e, quindi, altri TRENTA giorni (di media) affinché il Reparto competente trasmetta la notizia all’altro e questo DISPONGA, avvalendosi della procedura telematica, la materiale iscrizione al P.R.A. del provvedimento.
E’ naturale, di conseguenza, che, non essendo impugnabile il “preavviso”, per inidoneità dello stesso a produrre effetti giuridici negativi, occorre avere certezza sulla “effettiva e materiale sua esecuzione (iscrizione) ai fini della identificazione del dies a quo per la proposizione del ricorso in opposizione.
Ciò sarebbe maggiormente agevole laddove la comunicazione del “preavviso” potesse costituire oggetto di prova, da parte della A.F., circa la data della sua ricezione da parte del contribuente, poiché è da tale data che può presumersi il termine (presuntivo) in cui lo stesso assurga a valore di provvedimento negativo e, quindi, che sia iscritto al P.R.A.
Ma tale presupposto, invero, è incerto, poiché la comunicazione del “preavviso” non è sempre detto che raggiunga effettivamente il “destinatario”, ben potendo la stesso essere consegnata – senza le formalità essenziali previste dalla disciplina sulle notificazioni – a persona non avente con il primo alcuna relazione diretta ovvero non abilitata a riceversi gli atti.
La “comunicazione” si differenza sostanzialmente dalla “notificazione”, non dovendo rispettare le formalità essenziali previste dalla disciplina in materia, ma è comunque soggetta alla prova (il cui onere ricade sulla A.F. – che la stessa abbia effettivamente raggiunto il contribuente : detta prova infatti non può essere resa dalla P.A., laddove di contesti (salvo la consegna in mani proprie) che l’atto non abbia raggiunto lo scopo !
Da ciò consegue che, non esistendo certezza sul “dies a quo”, il fermo sarebbe impugnabile in ogni momento, essendo sufficiente che dello stesso il contribuente ne abbia ricevuto notizia (anche aliunde).
Quanto poi alla inutilità della misura, nel merito, occorre dire che è prassi consolidata che ogni debitore, nel tempo decorrente fra comunicazione del preavviso e scadenza del termine per il pagamento, disponga della distrazione del bene a favore di terzi, così che il provvedimento venga poi iscritto nei confronti di soggetto diverso dall’effettivo debitore.
In pratica – come avviene – il concessionario, dopo la comunicazione del “preavviso”, non dispone ulteriori accertamenti o verifiche sulla effettiva proprietà del bene, disponendo la iscrizione del provvedimento al P.R.A., senza alcuna verifica se lo stesso si appartenga al momento a soggetto diverso.
Di tale vizio della procedura il concessionario potrà avvedersene soltanto in sede di procedura esecutiva vera e propria, essendo convinto – fino a tal momento – di avere privato il debitore della disponibilità del bene.
Ciò comporta, per il contribuente – il naturale procrastinarsi della propria obbligazione e, di conseguenza, il dubbio che la norma specifica sia stata erroneamente disposta nei suoi presupposti e nella sua regolamentazione.
E ciò non sarebbe sufficiente, laddove si rifletta che l’art. 49, comma terzo, del d.p.r. 602/1973, nel disporre che le funzioni demandate agli ufficiali giudiziari sono esercitate dagli ufficiali della riscossione, impone che tutti gli atti della esecuzione forzata vengano eseguite da questi ultimi.
Ma, come è consuetudine, il preavviso di fermo (provvedimento vero e proprio dopo il decorso il termine la sua materiale iscrizione) risulta redatto su “stampati” privi di ogni sottoscrizione e, comunque, riportanti in calce esclusivamente le generalità del Direttore del Concessionario (o di un suo Procuratore).
Né l’uno né altro sono però Ufficiali della Riscossione, bensì semplici “Agenti”, privi dei poteri specifici previsti dalla legge e, in particolare, di sostituirsi ai primi.
Peraltro, condizione essenziale dell’atto amministrativo, ai fini della sua efficacia, è la sottoscrizione, ovvero la firma originale del soggetto che lo ha disposto.
Lo “stampato” di cui si discute non soddisfa di certo tale requisito essenziale, con conseguente nullità (assoluta) del provvedimento e possibilità di sollevarne l’eccezione in ogni momento e in ogni stato e grado del procedimento.
Claudio Cutrano
Palermo
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