Le conseguenze della pronunzia della Corte Costituzionale, che ha abrogato alcune significative ed importanti sezioni della L. 49 del 2006, meglio conosciuta come Fini-Giovanardi, si stanno continuando a manifestare in modo , sempre. più imprevisto ed imprevedibile .
Al di la’, infatti, di quegli effetti cd. evidenti e diretti, che hanno formato oggetto sia di dissertazioni dottrinali, che di prime caute applicazioni giurisprudenziali, emergono nuove tematiche destinate a suscitare obbligate prese di posizione a livello interpretativo .
Desidero soffermarmi, in particolare, sul tema delle tabelle delle sostanze stupefacenti , allegate agli artt. 13 e 14 del DPR 309/90, caducate a propria volta, in forma indiretta, dalla pronunzia del giudice delle leggi, siccome esse costituiscono naturale emanazione di tali disposizioni, così come modificate dall’art. 4 vicina ter del Dl 272/2005.
Or bene, il governo ha cercato di porre rimedio alla scabrosa situazione venutasi a creare – come detto l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 vicies ter ha comportato la riviviscenza in toto dell’ancien regime governato dalla legge JERVOLINO/VASSALLI e, quindi, anche delle 4 tabelle precedenti – con il DL 36 del 20 maggio 2014, il quale assolverebbe al dichiarato scopo di garantire una continuità rispetto ai decreti che si sono succeduti nel tempo e che hanno introdotto nel contesto tabellare nuove sostanze precedentemente non inserite.
L’intervento normativo in questione, però, appare del tutto vano rispetto agli ambiziosi fini prefissati, in relazione al periodo temporale che decorre dal febbraio 2006 al 21 marzo 2014, potendo la disposizione di legge operare esclusivamente a far data dal 21 marzo 2014 e non potendo assumere vigenza di retroattività,giusta il disposto dell’art. 25 comma 2 Cost. .
Come sostenuto, in modo assai puntuale da VIGANO’ (Droga : il governo corre ai ripari con un d.l. sulle tabelle, ma la frittata e’ fatta in wwww.dirittopenalecontemporaneo.it 24 marzo 2014), le tabelle esistenti precedentemente alla L. 49/2006 non sono state validamente abrogate dalla Fini-Giovanardi, sicché non potranno essere a loro volta “..considerati validi i successivi decreti ministeriali di aggiornamento delle tabelle emanati sulla base dell’art. 13 t.u. nella formulazione modificata dalla Fini-Giovanardi”.
Consegue, pertanto, che, ad esempio fra tutte, soprattutto quelle sostanze contenenti cannabinoidi sintetici (ad esempio tutta la famiglia dei JWH o degli AM) potrebbero non essere ritenuti fuori legge sino al 21 marzo 2014.
Se – come pare – una simile conclusione si rivelasse fondata, si aprirebbero concrete possibilità di ricorso allo strumento dell’art. 673 CPP per tutti quei casi già definiti,con sentenza passata in giudicato. e di assoluzione per coloro tuttora imputati di reati concernenti la commercializzazione e di prodotti contenenti tali principi attivi (soprattutto i famigerati profumato di di ambiente).
Ma vi è di più.
L’abrogazione del comma 1 bis dell’art.73 DPR 309/90, che introduceva, seppure con una sintassi estremamente contorta, la condizione di non punibilità dell’uso esclusivamente personale e che modulava tale ipotesi anche attraverso il parametro della quantità massima detenibile, potrebbe comportare la disapplicazione di tale parametro proficuamente utilizzato ad oggi -sia in funzione dell’uso personale, sia per la determinazione dell’ingente quantità’ (art. 80 co. 2) .
E’ noto che le SS.UU. con la sentenza 24 maggio 2012 sancirono quale canone valutativo e criterio soglia quello di 2.000 volte la Q.M.D.,al di sotto del quale non è ravvisabile la circostanza aggravante in questione.
Poiché il Q.M.D. costituisce un canone interpretativo di natura politica, derivante dalla moltiplicazione della dose media giornaliera per un moltiplicatore stabilito per convenzione normativa (seppure basata su pareri scientifici) e diverso per ogni sostanza ed appare diretta emanazione del testo dell’art. 73 comma 1 bis(il quale introduceva espressamente paradigmi utili alla individuazione del consumo personale) l’abrogazione della norma di riferimento comporta, a cascata, l’inutilizzabilità di criteri essa strettamente collegati.
Dunque si paventa un gravissimo vuoto normativo, in relazione a due istituti (la detenzione e la ingente quantità) che quotidianamente sono materia centrale nei tribunali italiani.
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