Ape sociale, tipologia disoccupati: requisiti

Allegati

La c.d. APE sociale, è una prestazione economica istituita dall’art.1, commi da 179 a 186, della Legge di bilancio 2017 (L. n.232/2016), erogata a soggetti in determinate condizioni previste dalla legge che abbiano compiuto almeno 63 anni di età e che non siano già titolari di pensione diretta in Italia o all’estero.
L’indennità è corrisposta, a domanda, fino al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia, ovvero fino al conseguimento della pensione anticipata o di un trattamento conseguito anticipatamente rispetto all’età per la vecchiaia di cui all’art.24, comma 6, del D.L. n.201 del 2011, convertito dalla L. n.214 del 2011 (c.d. legge Monti-Fornero).
Si tratta di una misura sperimentale in vigore dal 1° maggio 2017 la cui scadenza, in seguito a successivi interventi normativi (l’ultimo dei quali con l’articolo 1, commi 91, 92 e 93, legge 30 dicembre 2021, n. 234), è stata prorogata fino al 31 dicembre 2022.
La misura suddetta spetta ai lavoratori iscritti all’Assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, nonché alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge n.335 del 1996, i quali si trovino in determinate condizioni indicate dalla legge.
L’indennità denominata APE sociale decorre dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda di accesso al beneficio ove a tale data sussistano tutti i requisiti e le condizioni previste dalla legge, compresa la cessazione dell’attività lavorativa.
L’APE sociale è corrisposta ogni mese per 12 mensilità nell’anno, fino all’età prevista per il conseguimento della pensione di vecchiaia, ovvero fino al conseguimento di un trattamento pensionistico diretto anticipato o conseguito anticipatamente rispetto all’età per la vecchiaia.

Tribunale di Siracusa -sez. lavoro- Sentenza n. 384 dell’08-05-2023

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Indice

1. Il fatto e le doglianze della ricorrente


La controversia in esame trae origine da un ricorso amministrativo teso ad ottenere il riconoscimento delle condizioni per l’accesso all’Ape sociale, tipologia di lavoratori disoccupati.
Nella propria domanda, il ricorrente dichiarava di versare in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro, allegando copia del preavviso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo; l’istante dichiarava, altresì, di aver terminato di fruire della prestazione di disoccupazione e di essere iscritto nelle liste di disoccupazione presenti presso il Centro per l’impiego.
Tuttavia, l’INPS rigettava la domanda di accesso all’anticipo pensionistico perché, a detta dell’Istituto, non veniva presentata la lettera di licenziamento e il beneficio non spetterebbe ai soggetti semplicemente inoccupati.
Di conseguenza, il ricorrente conveniva in giudizio l’INPS innanzi al Giudice del Lavoro del Tribunale di Siracusa, chiedendo di accertare i requisiti per il diritto all’anticipo pensionistico per APE sociale e, per l’effetto, condannare l’Istituto convenuto ad erogare al medesimo ricorrente l’indennità dovuta per legge dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda sino all’età prevista per il conseguimento della pensione di vecchiaia (67 anni), maggiorati di interessi legali e rivalutazione monetaria fino all’effettivo soddisfo.

2. La posizione dell’Istituto    


Di contrario avviso si mostrava la difesa dell’INPS che, invece, costituito in giudizio, contestava le domande della ricorrente, delle quali chiedeva il rigetto.
 In particolare, l’Istituto sottolineava che il ricorrente, dopo la cessazione del rapporto lavorativo precedente a causa di licenziamento, aveva svolto attività lavorativa in regime part-time orizzontale.
In pratica, secondo la prospettazione dell’INPS, proprio lo svolgimento di una simile attività lavorativa avrebbe determinato il venir meno della condizione di disoccupato, conseguente a licenziamento, richiesta dal comma 171, lett. a), art. 1 legge 232/2016, per il riconoscimento del beneficio di cui è causa.


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3. La sentenza del Giudice del Lavoro    


Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Siracusa, nell’accogliere il ricorso, ha dapprima ripercorso l’iter legislativo ed evidenziato i requisiti necessari per accedere al beneficio richiesto.  
Punto nevralgico del deliberato è la motivazione che il Giudice del Lavoro pone a fondamento della sentenza, con particolare riferimento ad una prima interpretazione della normativa fornita dal ministero del Lavoro e dall’Inps, in base alla quale qualsiasi nuova occupazione determinava la decadenza dallo stato di disoccupazione e determinava, quindi, l’impossibilità di chiedere l’Ape sociale come disoccupato.
 A tal riguardo, osserva il Giudicante che con la nota n. 7214/2017, il ministero del Lavoro ha introdotto un’interpretazione di maggior favore nell’accertamento dello stato di disoccupazione, secondo le disposizioni del decreto di riordino degli ammortizzatori sociali, attuativo del Jobs Act (art. 19, comma 3, D.lgs. n. 150 del 2015); il decreto prevede espressamente che lo stato di disoccupazione non si perde, ma è sospeso in caso di rapporto di lavoro subordinato di durata fino a sei mesi; se ne deduce quindi che eventuali rapporti di lavoro dipendente di durata non superiore a sei mesi, svolti da chi richiede l’Ape sociale nel periodo successivo alla conclusione dell’indennità di disoccupazione, non determinano il venir meno dello stato di disoccupazione – questo vale anche se il lavoratore interessato si rioccupa con i voucher o con un contratto di prestazione occasionale.
Inoltre, il Giudice adito ha sottolineato che l’INPS, col messaggio n. 4195/2017, ha recepito le indicazioni del ministero del Lavoro, disponendo l’accettazione delle domande di certificazione del diritto all’Ape sociale per i disoccupati che, nel periodo successivo alla conclusione della prestazione di disoccupazione, siano stati rioccupati con prestazioni di lavoro occasionali (voucher) o con rapporti di lavoro subordinato che singolarmente considerati non superino i 6 mesi.
Ciò posto, il Giudicante ha stabilito che, nel caso di specie, lo stato di disoccupazione non è venuto meno con la breve rioccupazione lavorativa part – time che, invero, ha avuto una durata inferiore a 6 mesi (dal 14/06/2017 al 31/10/2017).
Nel corpo finale della sentenza, il giudice del lavoro ha occasione di chiarire che al momento della domanda amministrativa erano presenti tutti i requisiti per fruire della prestazione pensionistica in questione e che non può essere preso in considerazione l’ulteriore periodo lavorativo indicato dall’INPS in quanto successivo alla domanda proposta dal ricorrente e dunque irrilevante ai fini del permanere dello stato di disoccupazione.

4. Osservazioni conclusive    


La vertenza in questione dimostra come eventuali rapporti di lavoro subordinato di durata non superiore a sei mesi, svolti dal richiedente nel periodo successivo alla conclusione della prestazione della disoccupazione, non determinino il venir meno dello stato di disoccupazione e, dunque, non pregiudichino il diritto all’Ape sociale.
In questa direzione è orientata la prevalente giurisprudenza di merito, secondo cui lo stato di disoccupazione non si perde, ma viene semplicemente sospeso, se il lavoratore si rioccupa con contratti a termine della durata inferiore a sei mesi (così, Corte d’Appello Firenze, sez. lav., sentenza 14/10/2021, n. 685: “quando il lavoratore si reimpieghi con rapporti di lavoro di durata pari o inferiore a sei mesi, lo stato di disoccupazione non può dirsi perduto, ma solo sospeso, e quindi meritevole del riconoscimento delle relative prestazioni e ciò indipendentemente dalla collocazione temporale di tali periodi di occupazione”; v. anche Tribunale Monza, sez. lav., sentenza 07/06/2021, n. 204; conforme Tribunale di Arezzo, sez. lav., sentenza 23/11/2021, n. 327, la quale sul profilo in esame, con chiare argomentazioni rileva che il beneficio richiesto ha lo scopo palese di tutelare i soggetti che hanno subito una disoccupazione involontaria).
In definitiva, sulla scorta dell’orientamento giurisprudenziale oggi consolidato e pacifico, i requisiti di legge per accedere alla c.d. APE sociale (compreso lo stato di disoccupazione) debbono evidentemente sussistere al momento della domanda amministrativa (v., tra letante, Tribunale di Frosinone, sez. lav., sentenza 08/02/2022, n. 122; Tribunale di Roma, sez.lav., sentenza 14/03/2021, n. 336; Tribunale di Macerata, sentenza n. 125/2020; Tribunale di Roma, sez. lav., sentenza 15/10/2019, n. 8880) e, soprattutto, lo stato di disoccupazione non si perde se il lavoratore si rioccupa con contratti a termine della durata inferiore a sei mesi.

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