Appalti, l’esclusione dalla gara deve rispondere ai principi di tassatività e tipicità

Redazione 25/10/12

Lilla Laperuta

Le disposizioni del disciplinare di gara non possano essere lette ed interpretate con l’irragionevole effetto di determinare l’esclusione dalla gara per qualsivoglia irregolarità o mancanza formale, ancorché palesemente innocua ed irrilevante. In particolare, nella sentenza n. 5393 del 22 ottobre 2012 il Consiglio di Stato ha richiamato l’orientamento secondo cui nelle procedure ad evidenza pubblica le clausole di esclusione, poste dalla legge o dal bando in ordine alle dichiarazioni cui è tenuta la impresa partecipante alla gara, sono di stretta interpretazione dovendosi dare esclusiva prevalenza alle espressioni letterali in esse contenute, restando preclusa ogni forma di estensione analogica diretta ad evidenziare significati impliciti, che rischierebbe di vulnerare l’affidamento dei partecipanti, la par condicio dei concorrenti e l’esigenza della più ampia partecipazione; pertanto le norme di legge e di bando, che disciplinano i requisiti soggettivi di partecipazione alle gare pubbliche, devono essere interpretate nel rispetto del principio di tipicità e tassatività delle ipotesi di esclusione che di per sé costituiscono fattispecie di restrizione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41, Cost., oltre che dalla normativa europea.

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