Appalti pubblci di forniture di beni e di servizi: rinnovo, proroga e ripetizione

Redazione 15/03/05
 
di  Nadia Beccati

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I contratti pubblici per le forniture di beni e di servizi devono avere termini e durata certa  e non possono essere stipulati con onere continuativo per lo Stato, se non per ragioni di assoluta convenienza o necessità. Per le spese ordinarie, la durata non può oltrepassare i nove anni (art. 12 RD. 18.11.1923 n. 2440).

La normativa nazionale disciplina pertanto i  casi in cui è possibile rinnovare gli appalti pubblici di forniture di beni e di servizi. Infatti l’art. 6 della L. 537/93, sostituito dall’art. 44 della L. 724/94, dispone che “entro tre mesi dalla scadenza dei contratti, le amministrazioni accertano la sussistenza di ragioni di convenienza e di pubblico interesse per la rinnovazione dei contratti e, ove verificata detta sussistenza, comunicano al contraente la volontà di procedere alla rinnovazione”.

Successivamente, l’art. 27 comma 6 della L. 488/99 ha dettato una speciale disciplina (rinnovazione per una volta sola, con uno sconto del 3% sui prezzi già convenuti ed a condizione che si trattasse di contratti stipulati previo esperimento di gara) per i contratti in scadenza nel triennio 2000/2002. Tale disposizione era applicabile solo alle amministrazioni statali, ma nei fatti è stata utilizzata in via estensiva anche dalle altre Pubbliche Amministrazioni.

Il Consiglio di Stato, pur ribadendo che la regola è quella dell’indizione della gara pubblica, mentre la rinnovazione costituisce l’eccezione, consentita solo in presenza di specifiche ragioni di convenienza e di interesse pubblico, si è pronunciato a favore della rinnovabilità dei contratti (Sez. V, sentenze n. 726 del 07.02.2002 e n. 5860 del 26.10.2002).

Il medesimo organo, con la sentenza n. 921 del 19.02.2003, sez. V ribalta il precedente orientamento, dichiarando che “ormai deve ritenersi implicitamente abrogato per incompatibilità l’art. 44 della L. 724/94 nella parte in cui aveva previsto, alle condizioni ivi stabilite, la facoltà di rinnovare in modo espresso i contratti per la fornitura di beni e servizi anche per tutte le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1 comma 2 D. Lgs. 29/93”.

Con sentenza n. 2079 del 17.04.2003, il massimo organo di giustizia amministrativa inverte nuovamente la rotta, pronunciandosi a favore del rinnovo dei contratti.

Val la pena ricordare la deliberazione n. 10/2003 della Corte dei Conti – Sezione Regionale di controllo per la Calabria – che ha stabilito il carattere di norma generale dell’art. 44 della L. 724/94 rispetto alla disposizione contenuta nell’art. 27 comma 6 della L. 488/99. Inoltre, tale Collegio ritiene che “la normativa generale sui rinnovi dei contratti di appalto debba considerarsi operante e possa quindi trovare applicazione nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni di cui all’art. 1 comma 2 del D. Lgs. 29/93”.

Fattispecie del tutto diversa è, invece, la proroga.

Infatti il rinnovo è, per definizione dei giudici di Palazzo Spada (sez. V, N. 2961 del 11.05.2004), un contratto che, per contenuto della prestazione, modalità di esecuzione, entità del corrispettivo, durata contrattuale, etc., presenta elementi e caratteristiche diversi dal contratto in essere che deve, appunto, essere rinnovato. Tale istituto comporta una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, ossia un rinnovato esercizio dell’autonomia negoziale (C. Stato, sez. VI, 29.03.2002 n. 1767, sez. V, 31.12.2003 n. 9302).

La proroga, che potrebbe più correttamente definirsi come prosecuzione dell’efficacia del contratto (C. Stato, sez. V, 11.05.2004 n. 2961) sposta in avanti il solo termine di scadenza del rapporto ed ha natura di patto accessorio rispetto al primo contratto.

La Commissione europea, però, ha ritenuto che l’art. 44 della L. 724/94 –disciplinante il rinnovo – consentirebbe alle amministrazioni pubbliche di attribuire, in modo diretto e senza ricorrere ad alcuna procedura di messa in concorrenza, nuovi appalti di servizi e di forniture, che verrebbero così affidati mediante procedure non coerenti con il diritto comunitario. Si verificherebbe pertanto un contrasto con i principi dettati dalle direttive 92/50/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992, e 93/36/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, rispettivamente in materia di appalti pubblici di servizi e di forniture.

Pertanto, è all’esame del Parlamento un progetto di legge denominato “Legge comunitaria 2004” recante “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità Europee”, che abroga l’ultimo periodo dell’art. 6, comma 2, della L. 537/93, e successive modificazioni (la parte soppressa è quella inerente la possibilità di rinnovare i contratti entro tre mesi, avendo accertato la sussistenza delle ragioni di convenienza e di pubblico interesse).

E’ da precisare, peraltro, che il diritto comunitario disciplina alcune figure analoghe al rinnovo dei contratti.

In materia di appalti di servizi, infatti, l’art. 7, comma 2, lettera f) dispone che si possono aggiudicare a trattativa privata, senza preliminare pubblicazione di un bando di gara, nuovi servizi consistenti nella ripetizione di servizi analoghi già affidati allo stesso prestatore di servizi mediante un precedente appalto aggiudicato dalla stessa amministrazione, purchè tali servizi siano conformi ad un progetto di base per il quale sia stato aggiudicato un primo appalto conformemente alle procedure di cui al comma 3 (asta o licitazione); in questo caso, il ricorso alla trattativa privata, ammesso solo nei tre anni successivi alla conclusione dell’appalto iniziale, deve essere indicato in occasione del primo appalto ed il costo complessivo stimato dall’amministrazione aggiudicatrice per la determinazione del valore globale dell’appalto

In materia di appalti di forniture, l’art. 9 comma 4 lettera e) del D. Lgs. 358/92 e s.m.i. dispone che si possono aggiudicare a trattativa privata, senza preliminare pubblicazione di un bando di gara le forniture complementari effettuate dal fornitore originario e destinate al rinnovo parziale di forniture o impianti d’uso corrente o all’ampliamento di forniture o impianti esistenti, qualora la sostituzione del fornitore obblighi l’amministrazione aggiudicatrice ad acquistare materiale di tecnica differente.

Secondo la sentenza del Consiglio di Stato, sex. V, n. 9302 del 31/12/2003 in materia di appalti di servizi, le fattispecie sono analoghe, ma non coincidenti.

Tale tesi non appare, tuttavia, condivisibile. E’ indubbio, infatti, che gli articoli sopra citati, pur facendo espresso riferimento all’istituto della trattativa privata, riguardano però un’ipotesi di prosecuzione del rapporto contrattuale con l’originario contraente assimilabile alla figura del rinnovo.

Ciò che differenzia la normativa comunitaria da quella statale sono gli interessi tutelati: la prima infatti è pensata per salvaguardare la concorrenza tra gli operatori, la seconda invece è stata emanata in funzione del buon andamento dell’attività amministrativa.

Anche la nuova Direttiva comunitaria 2004/18/CE del 31.03.2004, all’art. 31, dispone che si possono aggiudicare appalti pubblici mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara nelle fattispecie seguenti:

– per gli appalti pubblici di forniture, nel caso di consegne complementari effettuate dal fornitore originario e destinate o al rinnovo parziale di forniture o impianti di uso corrente o all’ampliamento di forniture o impianti esistenti, qualora il cambiamento di fornitore obbligherebbe l’amministrazione aggiudicatrice ad acquistare materiali con caratteristiche tecniche differenti il cui impiego o la cui manutenzione comporterebbero incompatibilità o difficoltà tecniche sproporzionate; la durata di tali contratti e dei contratti rinnovabili non può, come regola, superare i tre anni;

– per gli appalti pubblici di servizi, nel caso di nuovi servizi consistenti nella ripetizione di servizi analoghi già affidati all’operatore economico aggiudicatario dell’appalto iniziale dalle medesime amministrazioni, a condizione che tali servizi siano conformi a un progetto di base e che tale progetto sia stato oggetto di un primo appalto aggiudicato secondo le procedure aperte o ristrette. La possibilità di valersi di questa procedura è indicata sin dall’avvio del confronto competitivo nella prima operazione e l’importo totale previsto per la prosecuzione della prestazione di servizi è preso in considerazione dalle amministrazioni aggiudicatrici per l’applicazione dell’art. 7 (importo delle soglie degli appalti pubblici). Il ricorso a questa procedura è limitato al triennio successivo alla conclusione dell’appalto iniziale.

Dr.ssa NADIA BECCATI

Redazione

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