Il caso.
Una società operante nel settore informatico, che era risultata seconda classificata nella procedura di assegnazione di una procedura (ristretta e accelerata, ai sensi degli artt. 54 e 55 del Codice dei contratti) di appalto triennale di fornitura bandito da un Ministero, ha impugnato l’aggiudicazione dinanzi al TAR del Lazio, lamentando la carenza nell’offerta della prima classificata di elementi essenziali, e l’attribuzione ad essa di un punteggio eccessivo.
La prima classificata ha proposto ricorso incidentale, che il T.A.R.non ha accolto, disponendo invece per l’annullamento dell’aggiudicazione al primo classificato, e per l’assegnazione del contratto alla seconda classificata, con la quale era poi stato sottoscritto il contratto.
L’originaria vincitrice appellava la sentenza del T.A.R. e chiedeva, tra le altre domande, il risarcimento del danno quantificandolo in proporzione all’utile atteso per la parte della durata dell’appalto già trascorsa.
In riforma della sentenza appellata, il Consiglio di Stato ha disposto l’accoglimento del ricorso incidentale in primo grado dell’originaria prima classificata e l’improcedibilità di quello principale proposto dalla seconda classificata.
La decisione.
Il Consiglio di Stato (sentenza n. 5255/2015, Sez. III) ha applicato il meccanismo di prova che è peculiare della giurisprudenza amministrativa, chiedendo al ricorrente la prova di non aver realizzato utili grazie alle altre attività svolte dall’impresa nel periodo in cui avrebbe dovuto essere eseguito l’appalto.
Nella decisione, il collegio ha rigettato la domanda, perché l’appellante non aveva dimostrato di non aver altrimenti impiegato le risorse necessarie per eseguire l’appalto nel periodo oggetto di pretesa risarcitoria: «ai fini del risarcimento dei danni provocati da illegittimo esercizio del potere amministrativo nel corso di gare pubbliche, va comunque detratto dall’importo dovuto a titolo risarcitorio quanto dall’impresa percepito grazie allo svolgimento di ulteriori attività lucrative nel periodo in cui avrebbe dovuto eseguire l’appalto in contestazione»
Circa l’onere della prova che grava in capo all’impresa e non sull’Amministrazione, il Consiglio di Stato richiama alcune sue precedenti decisioni (III, n. 1839/2015 e n. 5567/2014; IV, n. 1708/2015 e n. 5531/2014; V, n. 4248/2014)
Osservazioni.
Rispetto all’ambito civilistico (art. 2697 c.c.), in ambito amministrativo l’ottica probatoria è radicalmente invertita: anche se si è affermata la tesi della responsabilità oggettiva della Stazione appaltante (che solleva il ricorrente dall’onere di provarne la colpa), l’onere di allegazione in tema di prova del danno è particolarmente difficoltoso (spesso si tratta di “prova negativa”) e spiega la scarsa frequenza delle pronunce che accolgono le domande risarcitorie in materia di appalti pubblici.
Disposizioni rilevanti.
CODICE CIVILE
Art. 2697 – Onere della prova
Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento.
Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda.
DECRETO LEGISLATIVO 12 aprile 2006, n. 163
Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.
Vigente al: 24-1-2016
Art. 54 – Procedure per l’individuazione degli offerenti
(art. 28, direttiva 2004/18)
1. Per l’individuazione degli operatori economici che possono presentare offerte per l’affidamento di un contratto pubblico, le stazioni appaltanti utilizzano le procedure aperte, ristrette, negoziate, ovvero il dialogo competitivo, di cui al presente codice.
2. Esse aggiudicano i contratti mediante procedura aperta o mediante procedura ristretta.
3. Alle condizioni specifiche espressamente previste, le stazioni appaltanti possono aggiudicare i contratti pubblici mediante il dialogo competitivo.
4. Nei casi e alle condizioni specifiche espressamente previste, le stazioni appaltanti possono aggiudicare i contratti pubblici mediante una procedura negoziata, con o senza pubblicazione del bando di gara.
Art. 55 – Procedure aperte e ristrette
(artt. 3 e 28, direttiva 2004/18; artt. 19, 20, 23, legge n. 109/1994; art. 9, d.lgs. n. 358/1992 art. 6, d.lgs. n. 157/1995; art. 76, d.P.R. n. 554/1999)
1. Il decreto o la determina a contrarre, ai sensi dell’articolo 11, indica se si seguirà una procedura aperta o una procedura ristretta, come definite all’articolo 3.
2. Le stazioni appaltanti utilizzano di preferenza le procedure ristrette quando il contratto non ha per oggetto la sola esecuzione, o quando il criterio di aggiudicazione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
3. Il bando di gara indica il tipo di procedura e l’oggetto del contratto, e fa menzione del decreto o della determina a contrarre.
4. Il bando di gara può prevedere che non si procederà ad aggiudicazione nel caso di una sola offerta valida, ovvero nel caso di due sole offerte valide, che non verranno aperte. Quando il bando non contiene tale previsione, resta comunque ferma la disciplina di cui all’articolo 81 comma 3.
5. Nelle procedure aperte gli operatori economici presentano le proprie offerte nel rispetto delle modalità e dei termini fissati dal bando di gara.
6. Nelle procedure ristrette gli operatori economici presentano la richiesta di invito nel rispetto delle modalità e dei termini fissati dal bando di gara e, successivamente, le proprie offerte nel rispetto delle modalità e dei termini fissati nella lettera invito. Alle procedure ristrette, per l’affidamento di lavori, sono invitati tutti i soggetti che ne abbiano fatto richiesta e che siano in possesso dei requisiti di qualificazione previsti dal bando, salvo quanto previsto dall’articolo 62 e dall’articolo 177.
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