come affermato dalla consolidata giurisprudenza il giudizio di anomalia è finalizzato alla verifica dell’attendibilità e serietà dell’offerta, ovvero all’accertamento della reale possibilità dell’impresa di eseguire correttamente l’appalto alle condizioni proposte, con la conseguenza che deve fondarsi su profili oggettivi e concreti dell’offerta, per cui, conseguentemente, il suddetto giudizio deve basarsi unicamente sui costi dichiarati ed effettivi: nell’ipotesi, riscontrabile nella fattispecie in esame, in cui alcune voci di costo siano state calcolate con criteri non corrispondenti a quelli stabiliti dalle disposizioni in materia, tale elemento di per sé non è in grado di determinare la non sostenibilità economica dell’offerta, atteso che l’art.87 del D.lgvo n.163/2006, individua una sola ipotesi ( contrasto con trattamenti salariali minimi inderogabili comma 3) in cui la quantificazione di un elemento dell’offerta in difformità dai citati criteri non è ritenuta in grado di giustificarne la sostenibilità economica_ *****é il recente Codice degli appalti non prevede una clausola di esclusione dalle procedure per eventuale qualsiasi atipica forma di illecito concorrenziale, tale assenza deve essere interpretata nel senso che per l’aspetto in questione il suddetto Codice rinvia alle disposizioni in materia di repressione degli illeciti anticoncorrenziali, per cui, conseguentemente, risultano avvalorate le conclusioni cui è giunta la giurisprudenza del Consiglio di Stato in ordine alla preclusione per la stazione appaltante di accertare in via autonoma se una determinata offerta sia stata il risultato di pratiche anticoncorrenziali e di sanzionarla mediante l’esclusione dalla gara
Nella fattispecie in esame, secondo la ricostruzione di ALFA, essendo evidente che l’applicazione alla divisioni commerciali di BETA di un trattamento più favorevole rispetto a quello praticato ai concorrenti relativamente ai costi delle terminazioni on net, oltre ad essere in palese contrasto con il citato art.7 della delibera dell’AGCOM n.3/2006 avrebbe certamente falsato la concorrenza tra gli operatori del settore delle comunicazioni elettroniche, per cui Consip doveva accertare autonomamente tale illecito concorrenziale e sanzionarlo con l’esclusione dalla gara l’offerta presentata dall’aggiudicataria.
La prospettazione dell’odierna istante è stata contestata da entrambe le parti resistenti, le quali:
a) hanno richiamato il consolidato orientamento del Consiglio di Stato in materia (CS, sez.IV, n. 2670/2001; n.5714/2002; sez. VI, n. 1885/2000) secondo cui “deve escludersi, invero, che le stazioni appaltanti debbano effettuare in sede di aggiudicazione provvisoria o definitiva, un controllo sulla sussistenza di eventuali illeciti anticoncorrenziali, a meno che non sia intervenuta, in relazione alla stessa o ad analoga fattispecie, una decisione espressa dell’Autorità garante, ovvero una sentenza della Corte di appello territoriale (ai sensi dell’art. 33, l. n. 287 del 1990) che abbiano accertato la presenza di un siffatto illecito. Solo in tal caso, oppure quando si presentino fattispecie in tutto identiche a quelle già conosciute e sanzionate dalle su menzionate autorità, sarebbe doverosa la valutazione, da parte della stazione appaltante, della sussistenza dei presupposti per l’esercizio dei poteri di autotutela ordinari, e, di riflesso, ammissibile l’impugnativa proposta dal concorrente pretermesso avverso il diniego di esercizio dell’autotutela, ovvero contro l’aggiudicazione definitiva.
La normativa di settore affida, infatti, esclusivamente all’Autorità Garante ed alle Corti di appello territoriali il compito ed i poteri di accertare tali peculiari illeciti; sarebbe quindi illogico, oltre che praeter legem, richiedere alle stazioni appaltanti un accertamento antitrust che esula dalle loro competenze”
b) hanno fatto presente che tale interpretazione risulta confermata dalle disposizioni del disciplinare di gara, non impugnato, il quale stabilisce che “Qualora venga accertata la realizzazione nella presenta gara di pratiche e/o intese restrittive della concorrenza e del mercato vietate ai sensi della normativa applicabile … la Consip spa si riserva la relativa valutazione nell’ambito delle successive procedure di gara indette dalla stessa ed aventi il medesimo oggetto della presente gara, al fine della motivata esclusione dalla partecipazione nelle stesse procedure, anche ai sensi dell’art.38, comma 1, lett.f) del D.lgvo n.163/2006 e dell’art.68 del R.D. n.827/1924. Consip si riserva, altresì, di segnalare all’Autorità alle Autorità competenti eventuali elementi che potrebbero attestare la realizzazione nella presente gara di pratiche e/o intese restrittive della concorrenza e del mercato anche al fine della verifica della sussistenza di eventuali fattispecie penalmente rilevanti, provvedendo a mettere a disposizione delle dette autorità qualsiasi documentazione utile in suo possesso”.
A tale prospettazione la società ricorrente ha replicato in sede di memoria conclusionale sostenendo che il bando di gara non avallava in alcun modo siffatta interpretazione restrittiva in ordine ai poteri della stazione di accertare autonomamente il carattere anticoncorrenziale di un’offerta e di sanzionarla con l’esclusione dalla gara, atteso che il suddetto bando testualmente prevedeva al punto VI.3) 4. che “non è ammessa la partecipazione di concorrenti che si trovino tra loro in una situazione di controllo di cui all’art. 2359 del codice civile. Saranno altresì esclusi dalla gara i concorrenti per i quali si accerti che le relative offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale, sulla base di univoci elementi, ovvero coinvolti in situazioni oggettive lesive della par condicio tra concorrenti e/o lesive della segretezza delle offerte”.
In sostanza secondo ALFA il bando non si limitava a sanzionare con l’esclusione solamente le ipotesi di collegamento formale o sostanziale tra i concorrenti, recependo integralmente la disposizione dell’art.34 del D.lgvo n.163/2006, bensì anche l’ipotesi, riscontrabile nella fattispecie in esame, in cui l’offerta presentata da un concorrente risultava essere lesiva della par condicio, per cui, conseguentemente non poteva essere negato il potere in capo alla stazione appaltante di accertare autonomamente il carattere lesivo della par condicio e conseguentemente anticoncorrenziale dell’offerta presentata dalla BETA, indipendentemente dal previo accertamento degli organi istituzionalmente deputati, e di disporne l’esclusione dalla procedura concorsuale.
a) come affermato da tutte le parti la menzionata delibera AGCOM n.3/2006 vincola gli operatori mobili al rispetto del citato obbligo di parità di trattamento solamente per il mercato all’ingrosso;
b) l’offerta presentata dalla BETA è riferita al distinto mercato degli utilizzatori finali del servizio di telefonia mobile “retail” per il quale gli operatori non sono soggetti agli obblighi di cui agli artt. 7 e 8 della ripetuta delibera AGCOM, avuto presente che per il suddetto mercato l’autorità ha accertato che nessun operatore mobile si trova in posizione dominante o anche solo di particolare preminenza;
c) tuttavia, come più volte precisato da ALFA, le doglianze formulate non contestano in alcun modo la legittimità di BETA di applicare nei confronti degli utenti finali per le chiamate on net un prezzo inferiore al prezzo di terminazione all’ingrosso offerto a terzi, bensì il trattamento favorevole riservato alle divisioni commerciali di BETA rispetto a quello riservato agli altri operatori commerciali all’ingrosso in sede di determinazione dei costi di terminazione sulla rete TI;
d) così precisato l’ambito della controversia, è evidente, contrariamente a quanto sostenuto da entrambe le parti resistenti, che non possa negarsi la rilevanza ai fini del decidere delle richiamate disposizioni della delibera n.3/2006, e, pertanto, il punto cruciale nella vicenda in esame consiste nell’individuare i poteri di cui era titolare la stazione appaltante nei confronti di un’offerta che nei termini in cui era stata formulata risultava discriminatoria e in grado di falsare la concorrenza tra i concorrenti.
a) la menzionata disposizione del bando di gara non è finalizzata a sanzionare qualsiasi atipica forma di illecito concorrenziale, ma, essendo conformata sul disposto dell’art.34 del D.lgvo n.163/2006, è finalizzata unicamente a reprimere situazioni in cui il collegamento formale o sostanziale tra due concorrenti ovvero il previo accordo tra gli stessi venga a falsare la correttezza della gara. Trattasi, in definitiva, di una disposizione finalizzata a garantire l’interesse della stazione appaltante a che sussista una reale situazione di parità dei concorrenti per quanto riguarda le modalità di svolgimento della singola gara, ma non ad ovviare a situazioni di disparità ovvero di squilibrio economico tra i concorrenti venutesi a creare in sede di predisposizione del contenuto delle offerte per effetto di comportamenti anticoncorrenziali posti in essere da uno degli stessi;
b) la tesi fatta propria dal Collegio risulta avvalorata dalla circostanza che una simile clausola di esclusione non è stata in alcun modo prevista dal recente Codice degli appalti e tale assenza deve essere interpretata nel senso che per l’aspetto in questione il suddetto Codice rinvia alle disposizioni in materia di repressione degli illeciti anticoncorrenziali, per cui, conseguentemente, risultano avvalorate le conclusioni cui è giunta la giurisprudenza del Consiglio di Stato in ordine alla preclusione per la stazione appaltante di accertare in via autonoma se una determinata offerta sia stata il risultato di pratiche anticoncorrenziali e di sanzionarla mediante l’esclusione dalla gara;
c) a seguire la tesi di parte ricorrente, inoltre, risulterebbe palesemente irrazionale la disposizione del disciplinare la quale stabilisce che qualora venga accertata la realizzazione nella presenta gara di pratiche e/o intese restrittive della concorrenza e del mercato vietate ai sensi della normativa applicabile … la Consip spa si riserva la relativa valutazione nell’ambito delle successive procedure di gara indette dalla stessa ed aventi il medesimo oggetto della presente gara, dato che se si ammette il potere della stazione appaltante di acclarare in via autonoma il carattere anticoncorrenziale di un’offerta, non si capiscono le ragioni per cui la suddetta stazione appaltante non la debba escludere anche dalla relativa gara. In tale contesto, quindi, risulta palese che con la suddetta clausola la stazione appaltante si sia voluto uniformare al menzionato indirizzo del Consiglio di Stato, ritenendo che il carattere anticoncorrenziale di un’offerta debba essere previamente accertato dagli organi competenti, per cui in assenza di tale previo accertamento la suddetta offerta non può essere esclusa dalla gara con riferimento alla quale è stata presentata.
Alla luce di siffatte argomentazioni, pertanto, la doglianza in esame deve essere rigettata.>
Alla luce di siffatte argomentazioni, pertanto, la doglianza in esame deve essere rigettata.> REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO
N. RS
N. 1854 RGR
sul ricorso n.1854 del 2008 proposto da ALFA OMNITEL N.V., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa, anche disgiuntamente, dagli avv.ti prof. ***********************, prof. ***************, *********************** e ****************** ed elettivamente domiciliata presso lo studio ********* & Associati in Roma, Corso Vittorio Emanuele II, n.173;
Consip Spa, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dal prof. avv. ************** presso il cui studio in Roma, Piazza Fontanella Borghese n.3, è elettivamente domiciliata;
e nei confronti:
BETA Italia spa, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv. prof. *********’******, ************** e **************** ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. ******** in Roma, Via Giovanni Pierluigi da Palestrina n.47;
a) dell’aggiudicazione in favore di BETA Italia spa della gara a procedura aperta per l’affidamento dei servizi di telefonia mobile per le pubbliche amministrazioni, comunicata a ALFA con nota prot.20589 del 20 dicembre 2007;.
b) di ogni atto presupposto, connesso o comunque consequenziale, ivi inclusi il bando, il disciplinare, il capitolato tecnico, i verbali di gara, i verbali della verifica delle offerte sospette di anomalia, nella parte in cui hanno ammesso l’offerta economica della società aggiudicataria, le hanno attribuito un punteggio pari al massimo e successivamente l’hanno ritenuta congrua ed affidabile.
2) la Condanna di Consip spa al risarcimento del danno ingiusto patito dalla ricorrente in forma specifica, ovvero per equivalente, nonché per l’accertamento dell’inefficacia dell’eventuale convenzione stipulata.
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consip spa e di BETA spa;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Uditi alla pubblica udienza del 7 maggio 2008 – relatore il dottor *************** – gli avvocati della parti come da verbale;
La società ricorrente ha partecipato alla gara indetta, ai sensi dell’art.26 della L.n.488/1999, del D.M. 24/2/2000, dell’art.58 della L. n.388/2000 e del D.M. 2/5/2001, dall’intimata Consip spa per l’affidamento dei servizi di telefonia mobile in favore delle pubbliche amministrazioni, classificandosi al secondo posto dietro l’odierna controinteressata nella graduatoria finale di seguito riportata:
Essendo l’offerta di BETA Italia risultata anomala, la Commissione di gara ha proceduto alla conseguente verifica di congruità e ha ritenuto che le giustificazioni a tal fine prodotte dall’aggiudicataria provvisoria “dessero adeguate garanzie sulla sostenibilità dell’offerta, escludendone l’incongruità”.
Con il proposto gravame ALFA ha impugnato la citata aggiudicazione, sostenendo che contrariamente a quanto ravvisato dalla Commissione di gara l’offerta della controinteressata doveva essere considerata anomala, e deducendo a tal fine i seguenti motivi di doglianza:
1) Illegittimità dell’aggiudicazione per violazione e/o falsa applicazione dell’art.47 del D.lgvo n.259/2003 (Codice delle Comunicazioni) e della delibera n.3/06/CONS. Violazione e falsa applicazione degli artt. 87 e 88 del D.lgvo n.163/2006. Eccesso di potere per disparità di trattamento, illogicità e irragionevolezza manifeste, travisamento e carente valutazione dei fatti, difetto dei presupposti.
2) Illegittimità dell’aggiudicazione per violazione e/o falsa applicazione degli artt.87 e 88 del D.lgvo n.163/2006, nonché della delibera n.3/06/2006. Eccesso di potere per illogicità e irragionevolezza manifeste, difetto di istruttoria incompleta ed inesatta valutazione dei fatti, disparità di trattamento.
Con successivi motivi aggiunti l’odierna ricorrente ha impugnato l’aggiudicazione definitiva nel frattempo intervenuta a favore di BETA, riproducendo integralmente le medesime doglianze dedotte avverso l’aggiudicazione provvisoria
Si sono costituite sia la Consip spa che BETA Italia spa contestando con ampie ed articolate argomentazioni la fondatezza delle prospettazioni ricorsuali e concludendo per il rigetto delle stesse.
Alla pubblica udienza del 7 maggio 2008 il ricorso è stato assunto in decisione.
Con il proposto gravame ed i successivi motivi aggiunti di doglianza la società ricorrente, la quale aveva partecipato alla gara indetta, ai sensi dell’art.26 della L.n.488/1999, del D.M. 24/2/2000, dell’art.58 della L. n.388/2000 e del D.M. 2/5/2001, dall’intimata Consip spa per l’affidamento dei servizi di telefonia mobile in favore delle pubbliche amministrazioni, classificandosi al secondo posto della relativa graduatoria dietro l’odierna controinteressata, ha impugnato l’affidamento a quest’ultima dell’appalto in questione.
Con il primo motivo di doglianza l’attuale istante ha sostenuto che contrariamente a quanto ravvisato dalla Commissione di gara in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta BETA, quest’ultima doveva essere esclusa in quanto non aveva computato tra i costi di produzione dei servizi oggetto della gara de qua quelli “virtuali” relativi alle chiamate originate dalla propria rete mobile e terminate sulla stessa “terminazione on net”.
A tal fine ha richiamato quanto disposto in merito dalla delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n.3/06/CONS, la quale stabilisce per gli operatori delle comunicazioni elettroniche:
I) di formulare prezzi di terminazione voce orientati ai costi (art.8);
II) di applicare le medesime condizioni economiche e tecniche agli operatori terzi, alle società controllate, collegate ed alle proprie divisioni commerciali operanti nei mercati a valle che acquistano servizi di terminazione (art.7).
Sulla base di tali presupposti l’odierna ricorrente ha quindi concluso che:
I) la specifica indicazione di tali costi, che ha definito “virtuali” in quanto dovevano essere quantificati sulla base dei criteri di cui alla menzionata delibera, vale a dire in misura identica al prezzo che BETA richiede per la terminazione sulla propria rete delle chiamate provenienti da altri operatori, avrebbe comportato che l’offerta dell’aggiudicataria sarebbe risultata insostenibile sotto il profilo economico;
II) in ogni caso l’offerta BETA doveva essere esclusa in quanto discriminatoria ai sensi dell’art.7 della ripetuta delibera e dell’art.47 del D.lgvo n.289/03 (Codice delle Comunicazioni).
Preliminarmente deve essere evidenziato in punto di fatto che BETA Italia, come affermato a pag. 19 della memoria difensiva, in alcun modo contestata, ha quantificato i costi interni di rete in 29,6 mln di euro, comprendente in tale importo i costi di terminazione di tutto il traffico entrante, sia on net che off net, calcolati con il metodo dei costi incrementali., per cui in definitiva, l’ubi consistam consiste nel valutare se un’offerta che ha quantificato alcune voci di costo in contrasto con i criteri a tal fine prefissati dalla disciplina in materia debba essere considerata per tale specifica circostanza anomala, in assenza di ulteriori censure in grado di dimostrare sotto diversi profili la non congruità economica della stessa.
In merito il Collegio intende conformarsi a quanto sostenuto dalla resistente stazione appaltante.
I) come affermato dalla consolidata giurisprudenza il giudizio di anomalia è finalizzato alla verifica dell’attendibilità e serietà dell’offerta, ovvero all’accertamento della reale possibilità dell’impresa di eseguire correttamente l’appalto alle condizioni proposte, con la conseguenza che deve fondarsi su profili oggettivi e concreti dell’offerta, per cui, conseguentemente, il suddetto giudizio deve basarsi unicamente sui costi dichiarati ed effettivi;
II) nell’ipotesi, riscontrabile nella fattispecie in esame, in cui alcune voci di costo siano state calcolate con criteri non corrispondenti a quelli stabiliti dalle disposizioni in materia, tale elemento di per sé non è in grado di determinare la non sostenibilità economica dell’offerta, atteso che l’art.87 del D.lgvo n.163/2006, individua una sola ipotesi ( contrasto con trattamenti salariali minimi inderogabili comma 3) in cui la quantificazione di un elemento dell’offerta in difformità dai citati criteri non è ritenuta in grado di giustificarne la sostenibilità economica.
Per quanto concerne poi l’altro profilo di doglianza la questione dedotta, come affermato dalla ricorrente, riguarda la sussistenza in capo alla stazione appaltante del potere di accertare se una determinata offerta risulti essere discriminatoria e quindi penalizzante della concorrenza e conseguentemente se possa esserne disposta l’esclusione.
Nella fattispecie in esame, secondo la ricostruzione di ALFA, essendo evidente che l’applicazione alla divisioni commerciali di BETA di un trattamento più favorevole rispetto a quello praticato ai concorrenti relativamente ai costi delle terminazioni on net, oltre ad essere in palese contrasto con il citato art.7 della delibera dell’AGCOM n.3/2006 avrebbe certamente falsato la concorrenza tra gli operatori del settore delle comunicazioni elettroniche, per cui Consip doveva accertare autonomamente tale illecito concorrenziale e sanzionarlo con l’esclusione dalla gara l’offerta presentata dall’aggiudicataria.
La prospettazione dell’odierna istante è stata contestata da entrambe le parti resistenti, le quali:
a) hanno richiamato il consolidato orientamento del Consiglio di Stato in materia (CS, sez.IV, n. 2670/2001; n.5714/2002; sez. VI, n. 1885/2000) secondo cui “deve escludersi, invero, che le stazioni appaltanti debbano effettuare in sede di aggiudicazione provvisoria o definitiva, un controllo sulla sussistenza di eventuali illeciti anticoncorrenziali, a meno che non sia intervenuta, in relazione alla stessa o ad analoga fattispecie, una decisione espressa dell’Autorità garante, ovvero una sentenza della Corte di appello territoriale (ai sensi dell’art. 33, l. n. 287 del 1990) che abbiano accertato la presenza di un siffatto illecito. Solo in tal caso, oppure quando si presentino fattispecie in tutto identiche a quelle già conosciute e sanzionate dalle su menzionate autorità, sarebbe doverosa la valutazione, da parte della stazione appaltante, della sussistenza dei presupposti per l’esercizio dei poteri di autotutela ordinari, e, di riflesso, ammissibile l’impugnativa proposta dal concorrente pretermesso avverso il diniego di esercizio dell’autotutela, ovvero contro l’aggiudicazione definitiva.
La normativa di settore affida, infatti, esclusivamente all’Autorità Garante ed alle Corti di appello territoriali il compito ed i poteri di accertare tali peculiari illeciti; sarebbe quindi illogico, oltre che praeter legem, richiedere alle stazioni appaltanti un accertamento antitrust che esula dalle loro competenze”
b) hanno fatto presente che tale interpretazione risulta confermata dalle disposizioni del disciplinare di gara, non impugnato, il quale stabilisce che “Qualora venga accertata la realizzazione nella presenta gara di pratiche e/o intese restrittive della concorrenza e del mercato vietate ai sensi della normativa applicabile … la Consip spa si riserva la relativa valutazione nell’ambito delle successive procedure di gara indette dalla stessa ed aventi il medesimo oggetto della presente gara, al fine della motivata esclusione dalla partecipazione nelle stesse procedure, anche ai sensi dell’art.38, comma 1, lett.f) del D.lgvo n.163/2006 e dell’art.68 del R.D. n.827/1924. Consip si riserva, altresì, di segnalare all’Autorità alle Autorità competenti eventuali elementi che potrebbero attestare la realizzazione nella presente gara di pratiche e/o intese restrittive della concorrenza e del mercato anche al fine della verifica della sussistenza di eventuali fattispecie penalmente rilevanti, provvedendo a mettere a disposizione delle dette autorità qualsiasi documentazione utile in suo possesso”.
A tale prospettazione la società ricorrente ha replicato in sede di memoria conclusionale sostenendo che il bando di gara non avallava in alcun modo siffatta interpretazione restrittiva in ordine ai poteri della stazione di accertare autonomamente il carattere anticoncorrenziale di un’offerta e di sanzionarla con l’esclusione dalla gara, atteso che il suddetto bando testualmente prevedeva al punto VI.3) 4. che “non è ammessa la partecipazione di concorrenti che si trovino tra loro in una situazione di controllo di cui all’art. 2359 del codice civile. Saranno altresì esclusi dalla gara i concorrenti per i quali si accerti che le relative offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale, sulla base di univoci elementi, ovvero coinvolti in situazioni oggettive lesive della par condicio tra concorrenti e/o lesive della segretezza delle offerte”.
In sostanza secondo ALFA il bando non si limitava a sanzionare con l’esclusione solamente le ipotesi di collegamento formale o sostanziale tra i concorrenti, recependo integralmente la disposizione dell’art.34 del D.lgvo n.163/2006, bensì anche l’ipotesi, riscontrabile nella fattispecie in esame, in cui l’offerta presentata da un concorrente risultava essere lesiva della par condicio, per cui, conseguentemente non poteva essere negato il potere in capo alla stazione appaltante di accertare autonomamente il carattere lesivo della par condicio e conseguentemente anticoncorrenziale dell’offerta presentata dalla BETA, indipendentemente dal previo accertamento degli organi istituzionalmente deputati, e di disporne l’esclusione dalla procedura concorsuale.
a) come affermato da tutte le parti la menzionata delibera AGCOM n.3/2006 vincola gli operatori mobili al rispetto del citato obbligo di parità di trattamento solamente per il mercato all’ingrosso;
b) l’offerta presentata dalla BETA è riferita al distinto mercato degli utilizzatori finali del servizio di telefonia mobile “retail” per il quale gli operatori non sono soggetti agli obblighi di cui agli artt. 7 e 8 della ripetuta delibera AGCOM, avuto presente che per il suddetto mercato l’autorità ha accertato che nessun operatore mobile si trova in posizione dominante o anche solo di particolare preminenza;
c) tuttavia, come più volte precisato da ALFA, le doglianze formulate non contestano in alcun modo la legittimità di BETA di applicare nei confronti degli utenti finali per le chiamate on net un prezzo inferiore al prezzo di terminazione all’ingrosso offerto a terzi, bensì il trattamento favorevole riservato alle divisioni commerciali di BETA rispetto a quello riservato agli altri operatori commerciali all’ingrosso in sede di determinazione dei costi di terminazione sulla rete TI;
d) così precisato l’ambito della controversia, è evidente, contrariamente a quanto sostenuto da entrambe le parti resistenti, che non possa negarsi la rilevanza ai fini del decidere delle richiamate disposizioni della delibera n.3/2006, e, pertanto, il punto cruciale nella vicenda in esame consiste nell’individuare i poteri di cui era titolare la stazione appaltante nei confronti di un’offerta che nei termini in cui era stata formulata risultava discriminatoria e in grado di falsare la concorrenza tra i concorrenti.
a) la menzionata disposizione del bando di gara non è finalizzata a sanzionare qualsiasi atipica forma di illecito concorrenziale, ma, essendo conformata sul disposto dell’art.34 del D.lgvo n.163/2006, è finalizzata unicamente a reprimere situazioni in cui il collegamento formale o sostanziale tra due concorrenti ovvero il previo accordo tra gli stessi venga a falsare la correttezza della gara. Trattasi, in definitiva, di una disposizione finalizzata a garantire l’interesse della stazione appaltante a che sussista una reale situazione di parità dei concorrenti per quanto riguarda le modalità di svolgimento della singola gara, ma non ad ovviare a situazioni di disparità ovvero di squilibrio economico tra i concorrenti venutesi a creare in sede di predisposizione del contenuto delle offerte per effetto di comportamenti anticoncorrenziali posti in essere da uno degli stessi;
b) la tesi fatta propria dal Collegio risulta avvalorata dalla circostanza che una simile clausola di esclusione non è stata in alcun modo prevista dal recente Codice degli appalti e tale assenza deve essere interpretata nel senso che per l’aspetto in questione il suddetto Codice rinvia alle disposizioni in materia di repressione degli illeciti anticoncorrenziali, per cui, conseguentemente, risultano avvalorate le conclusioni cui è giunta la giurisprudenza del Consiglio di Stato in ordine alla preclusione per la stazione appaltante di accertare in via autonoma se una determinata offerta sia stata il risultato di pratiche anticoncorrenziali e di sanzionarla mediante l’esclusione dalla gara;
c) a seguire la tesi di parte ricorrente, inoltre, risulterebbe palesemente irrazionale la disposizione del disciplinare la quale stabilisce che qualora venga accertata la realizzazione nella presenta gara di pratiche e/o intese restrittive della concorrenza e del mercato vietate ai sensi della normativa applicabile … la Consip spa si riserva la relativa valutazione nell’ambito delle successive procedure di gara indette dalla stessa ed aventi il medesimo oggetto della presente gara, dato che se si ammette il potere della stazione appaltante di acclarare in via autonoma il carattere anticoncorrenziale di un’offerta, non si capiscono le ragioni per cui la suddetta stazione appaltante non la debba escludere anche dalla relativa gara. In tale contesto, quindi, risulta palese che con la suddetta clausola la stazione appaltante si sia voluto uniformare al menzionato indirizzo del Consiglio di Stato, ritenendo che il carattere anticoncorrenziale di un’offerta debba essere previamente accertato dagli organi competenti, per cui in assenza di tale previo accertamento la suddetta offerta non può essere esclusa dalla gara con riferimento alla quale è stata presentata.
Alla luce di siffatte argomentazioni, pertanto, la doglianza in esame deve essere rigettata.
Non suscettibile di accoglimento è anche la successiva doglianza con cui ALFA ha contestato la legittimità dell’aggiudicazione a BETA la cui offerta è stata ritenuta economicamente sostenibile in virtù della circostanza che erano stati sottostimati i costi interni di rete, i quali erano stati calcolati in palese violazione del criterio previsto dall’art.8 della menzionata delibera n.3/2006 dell’AGCOM.
a) l’art.8 stabilisce che gli operatori delle comunicazioni elettroniche nel fornire i servizi di terminazione sulla propria rete mobile sono vincolati ad assicurare il rispetto del criterio che i prezzi di terminazione debbano essere orientati ai costi;
b) BETA aveva indicato nella voce “ricavi da traffico entrante da altre reti”, relativi alle chiamate o sms originati dalle reti di altri operatori e dirette ai propri terminali oggetto del bando di gara, l’importo di € 53.327.590;
c) nella suddetta offerta il costo sostenuto dall’aggiudicataria per assicurare tale servizio risultava essere pari a circa 29 mln di euro;
d) conseguentemente l’offerta di BETA ha superato la verifica di congruità solamente in ragione della circostanza che i suddetti costi erano stati sottostimati, in palese violazione del richiamato criterio di cui al punto a).
La fondatezza della tesi ricorsuale è stata contestata da entrambe le parti resistenti, le quali con analitiche argomentazioni, cui il Collegio intende uniformarsi, hanno evidenziato che:
I) in sede di giustificazioni BETA aveva premesso di disporre già di capacità produttiva in eccesso e quindi di essere in grado di svolgere il servizio avvalendosi dei fattori produttivi esistenti;
II) sulla base di tali premesse ha conseguentemente calcolato le voci di costo avvalendosi del metodo dei costi incrementali di breve periodo, il cui utilizzo è stato riconosciuto legittimo dalla Sezione con sentenza n.5047/2007), ed ha, pertanto, ricompreso unicamente i costi variabili, vale a dire quelli che avrebbe dovuto sostenere per realizzare l’aumento dell’attività in conseguenza dell’aggiudicazione dell’appalto;
III) la menzionata delibera dall’Autorità nel calcolare i costi regolatori, ai quali devono essere orientati i ricavi, ha fatto sostanzialmente ricorso al metodo dei costi incrementali prospettici di lungo periodo, i quali risultano superiori a quelli di breve periodo in quanto comprendono oltre ai costi variabili anche ulteriori voci di costo, di rilevante importo, quali il costo del capitale, il costo delle licenze che non sono direttamente collegati all’aumento della produzione;
IV) di conseguenza, stante la diversità tra il metodo utilizzato dall’Autorità e quello di cui si è avvalso BETA in sede di quantificazione dei costi per l’espletamento del servizio, la rilevante differenza quantitativa tra la voce ricavi da traffico entrante da altre reti e i costi indicati per l’espletamento del suddetto servizio, non può di per sé in alcun modo dimostrare l’insostenibilità economica dell’offerta BETA.
V) in ogni caso ALFA non ha in alcun modo contestato la legittimità dell’utilizzo del metodo dei costi incrementali di breve periodo né ha dimostrato che i costi sostenuti effettivamente da BETA risultavano più elevati di quelli quantificati con l’utilizzo del citato criterio.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione III, definitivamente pronunciando sul ricorso n.1854 del 2008, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7 maggio 2008 dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sezione terza, con l’intervento dei signori giudici:
Dr. ***************** – Presidente
Dr. **************** – Consigliere, estensore
Dr. ***************** – Primo referendario
IL PRESIDENTE IL GIUDICE ESTENSORE
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