Cassazione: appello improcedibile senza tempestivo deposito della notifica PEC

La Cassazione dichiara improcedibile un appello per il tardivo deposito della notifica PEC, ribaltando la decisione della Corte d’Appello di Palermo.

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Con ordinanza n 29917 del 25/9/2024 la Corte di Cassazione, Terza Sezione Civile, ha cassato la sentenza della Corte territoriale di Palermo, dichiarando improcedibile l’appello proposto da XY nei confronti di WZ, che, in riforma della sentenza di primo grado, aveva condannato WZ al pagamento in di lui favore della somma di € 50.000,00 oltre spese del giudizio ed accessori. Per approfondimenti abbiamo organizzato il corso di formazione Processo Civile Telematico- Dalle novità del correttivo Cartabia alla digitalizzazione dell’UNEP

Corte di Cassazione -sez. III civ.- ordinanza n. 29917 del 25-09-2024

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Indice

1. Il caso: mancato deposito notificazione via PEC


XY, soccombente nel giudizio di 1° grado dinanzi al Tribunale di Trapani, che aveva accolto l’opposizione proposta da WZ avverso l’atto di precetto  con il quale egli  aveva intimato a quest’ultima il pagamento in proprio favore della somma di € 50.000,00 oltre spese ed accessori, aveva impugnato la sentenza  con atto di appello notificato in via telematica al procuratore domiciliatario di WZ e non al di lui difensore che, nell’indicare il proprio indirizzo Pec, aveva chiesto di voler ricevere ivi la comunicazione e/o notificazione di ogni atto del procedimento.
Costui, nel costituirsi nel giudizio di secondo grado, eccepiva in via preliminare l’omessa  notificazione al procuratore domiciliatario dell’atto di appello e, in subordine, la mancata produzione del file con l’attestazione dell’accettazione e della consegna, chiedendone  l’improcedibilità.
La Corte di Appello rigettava l’eccezione a norma dell’art. 156 comma 3° c.p.c. giusta il principio del raggiungimento dello scopo e scrutinando nel merito  il gravame lo accoglieva ritenendone la fondatezza.
Avverso il verdetto proponeva impugnazione WZ in base a quattro motivi, con il secondo dei quali lamentava “violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli art. 165,347 e 348 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., atteso che il mancato deposito degli originali e/o duplicati informatici della notificazione eseguita con PEC nel termine per la costituzione dell’atto di appello o, al più tardi, entro  l’udienza di cui all’art. 350 c.p.c., integrava l’improcedibilità dell’impugnazione”.  

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2. La decisione


Il 2° motivo del ricorso è stato ritenuto fondato dalla Corte di Cassazione, la quale nell’accoglierlo ha statuito che la Corte d’appello di Palermo ha omesso di rilevare (come invece avrebbe dovuto) l’improcedibilità dell’impugnazione, posto che la prova della notificazione dell’appello era stata data solo con la memoria di replica e conseguentemente dichiarava l’improcedibilità dell’appello.
Sebbene la notificazione in via telematica o digitale del libello introduttivo, a differenza di quella in forma analogica o cartacea, non consenta al giudice di avere la percezione ictu oculi della regolarità della notifica e perciò della tempestività della costituzione in giudizio dell’appellante, ciò non toglie tuttavia che egli, alla prima udienza di trattazione di cui all’art. 350 c.p.c. (comma 1° antecedentemente alla riforma e comma 2° successivamente) possa e debba ordinare il deposito del file attestante che l’appello è stato consegnato nella casella dell’avvocato destinatario della notificazione, specie quando l’appellato non siasi costituito e se ne debba dichiarare la contumacia.
Ciò tanto più in quanto a norma dell’art. 348 c.p.c. l’appello è dichiarato improcedibile, anche d’ufficio, se l’appellante non si costituisce in termini.
Orbene, nella succitata ordinanza, si legge che dall’esame del fascicolo telematico di secondo grado (del quale è stata disposta l’acquisizione) emergeva che, al momento dell’iscrizione a ruolo dell’appello (in data 27/06/2016) non risultava depositata alcuna documentazione relativa alla notifica telematica.
Dal 28/10/2016 il processo subiva una serie di rinvii d’ufficio e l’appello veniva assunto in decisione l’11/06/2021  con i termini per le difese finali.
Tuttavia, in data 1/10/2021, l’appellante depositava insieme con la memoria di replica il file attestante  l’avvenuta consegna in data 20/06/2016 della notifica dell’atto di appello presso la casella PEC dell’avvocato domiciliatario dell’appellata.  
Orbene, sebbene la Corte di Cassazione abbia avuto cognizione della tempestività della costituzione in giudizio dell’appellante, ha ciononostante ritenuto improcedibile l’appello stante il tardivo deposito del documento che, a suo avviso, avrebbe dovuto aver luogo entro e non oltre l’udienza di prima comparizione di cui all’art. 350 c.p.c.
Ma trattasi di un verdetto nefasto che si pone in netto contrasto non soltanto con la logica e la razionalità del sistema ma anche e soprattutto con il consolidato orientamento giurisprudenziale del S.C. ad avviso del quale l’art. 350 c.p.c. non prevede alcuna preclusione collegata alla prima udienza per la verifica della regolare costituzione, non essendo esonerato il giudice – che non vi abbia provveduto in prima udienza – dal provvedere agli adempimenti ivi indicati (integrazione del contraddittorio, notificazione prevista dall’articolo 332, rinnovazione della notificazione dell’atto di appello) anche successivamente, opportunamente riaprendo il dibattito processuale all’esito (Cass.16/10/2017 n.24312).
Non va sottaciuto infine che le questioni processuali rientrano nell’ampio spettro di controllo che l’ordinamento prevede per gli errores in procedendo, per i quali non solo e’ possibile il ricorso per cassazione (ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4), ma addirittura la corte di legittimita’ diviene giudice del fatto processuale, avendo accesso diretto alla documentazione di lite (Cass. n. 9591 del 30/04/2011 e n. 3432 del 22/02/2016).

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