Qualora la dichiarazione sia del tutto omessa, va esclusa la stessa configurabilità del falso innocuo
Deve, a questo punto, esaminarsi il problema dell’applicabilità della teoria del falso innocuo, che si presenta di facile soluzione.
L’interpretazione del disciplinare nel senso della necessità della indicazione nominativa dei cessati dalla carica a pena di esclusione esclude, infatti, la possibilità della applicazione di tale teoria (che la sezione ha ritenuto, peraltro, di non condividere nella sentenza n. 1366 del 13 luglio 2011, alle cui motivazioni si rinvia e dalla quale non si ritiene di discostarsi), in quanto la stessa presuppone, per orientamento costante, l’assenza di una tale comminatoria (in tal senso Consiglio di Stato, V, 9 novembre 2010, n. 7967).
Alla conclusione della non applicabilità si sarebbe, peraltro, potuti giungere anche qualora, per pura ipotesi, si fosse accolto il ragionamento di parte ricorrente, secondo il quale l’indicazione nominativa dei cessati dalla carica non era richiesta a pena di esclusione e si fosse accettata la prospettazione del falso innocuo.
Invero, la teoria in questione è mutuata dalla giurisprudenza penale, la quale ritiene che in tema di falsità documentali, ricorre il cosiddetto “falso innocuo” nei casi in cui l’infedele attestazione sia del tutto irrilevante ai fini del significato dell’atto, non esplicando effetti sulla funzione documentale di attestazione dei dati in esso indicati (per tutte Cassazione penale, V, 21 aprile 2010, n. 35076).
Orbene, qualora la dichiarazione sia del tutto omessa, va esclusa, ad avviso del collegio, la stessa configurabilità del falso innocuo, in quanto viene meno del tutto la funzione di attestazione dei dati ad essa connessa, non essendo la stazione appaltante posta nelle condizioni di conoscere la loro esistenza.
Sotto questo profilo e con riferimento alle dichiarazioni rese in sede di gara va, in particolare, rilevato che l’acquisizione da parte della P.A. delle informazioni relative alle qualità personali delle imprese presuppone l’assolvimento da parte delle stesse dell’onere di indicare gli elementi all’uopo indispensabili, che sono rappresentati, per quanto riguarda i cessati dalla carica, dagli estremi identificativi dei soggetti, ai quali si fa riferimento.
In tal senso si è pronunciata la quarta sezione del Consiglio di Stato, che, con la sentenza n. 2066 del 1° aprile 2011, esaminando una fattispecie analoga a quella in esame, ha ritenuto che “il caso di specie esula dalle ipotesi di dichiarazione mendace o inesatta, di modo che non si pone un problema di valutazione della eventuale “innocuità” del falso, né si pone un problema di valutazione della gravità delle condanne (affidata o meno che sia al concorrente, che, non ritenendole gravi, abbia omesso di dichiararle). Al contrario nel caso di specie manca del tutto la dichiarazione … riferita ai requisiti di determinati soggetti”.
Da tale affermazione è stata dedotta la conseguenza che “la sanzione della esclusione dalla gara non deve essere ricavata dall’art. 38 del Codice dei contratti, di modo che non occorre porsi il problema – pur evidenziatosi in parte della giurisprudenza – tra mancanza effettiva del requisito (sanzionata con l’esclusione dall’art. 38) e mancanza della attestazione del possesso del requisito (che sarebbe non sanzionata da detto articolo), e ciò in quanto la mancanza della dichiarazione sostitutiva è espressamente prevista dalla lex specialis come causa di esclusione”.
La non innocuità della omissione e la sua incidenza su interessi sostanziali della stazione appaltante emerge, peraltro, anche dalla circostanza che qualora venga omessa l’indicazione dei nominativi dei cessati dalla carica, la verifica della moralità di questi soggetti non costituisce più un momento indefettibile del procedimento di affidamento, ma diviene meramente eventuale, in quanto ricorre solo se altro concorrente prospetta la mancanza di tale requisito o la P.A. prudentemente richiede la visura storica (in tal senso sempre la decisione prima citata).
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