Vicenda
Il tribunale di Milano, in un provvedimento emanato in esito ad un procedimento cautelare, si è trovato dinanzi alla questione dell’applicabilità estensiva dell’articolo 2506, comma 2, c.c. dettato in tema di scissione c.d. “asimmetrica”.
L’attore, mediante un’istanza ai sensi dell’articolo 2378 c.c., chiedeva la sospensione della delibera di approvazione di un progetto di scissione, sostenendo che la modalità di esecuzione della scissione rientrerebbe nell’ambito di applicazione del secondo comma dell’articolo 2506 cc, ai sensi del quale:
“E’ consentito inoltre che, per consenso unanime, ad alcuni soci non vengano attribuite azioni o quote di una delle società beneficiarie della scissione, ma azioni o quote della società scissa”, con la conseguenza che la delibera di approvazione del progetto di scissione sarebbe invalida, in quanto adottata senza il consenso dell’attore.
Il progetto di scissione controverso prevedeva che l’operazione si sarebbe realizzata mediante l’estinzione della società scissa e la costituzione di quattro nuove società, le cui quote sarebbero destinate ad essere assegnate in via totalitaria rispettivamente a ciascuno dei quattro attuali sociali, incluso il socio attore.
L’attore contestava, inoltre, il valore del patrimonio assegnato alla società beneficiaria di cui il medesimo sarebbe dovuto divenire il socio unico.
La decisione del Tribunale
Il tribunale ha rigettato l’istanza dell’attore, non ritenendo condivisibile la prospettazione dell’attore, fondata sulla equiparazione della fattispecie in esame a quella prevista ai sensi dell’art.2506, comma 2, c.c., in tema di scissione c.d. “asimmetrica”.
Secondo il Tribunale, infatti, la disciplina della c.d. scissione asimmetrica di cui all’articolo 2506 c.c. trova applicazione qualora vi sia appunto un’asimmetria, in quanto la scissione si realizza non “in via totale (vale a dire con estinzione della società originaria) ma in via parziale”, con la particolarità che solo ad alcuni soci vengono assegnate unicamente azioni o quote della società originaria scissa, ma non anche azioni o quote della società beneficiaria.
Nella fattispecie in esame, invece, si sarebbe verificata una c.d. scissione totale: (1) nessuno dei soci avrebbe ricevuto quote della società originaria scissa; (2) la stessa società originaria scissa sarebbe destinata ad estinguersi: (3) ciascuno dei soci della società originaria scissa sarebbe divenuto unico socio di ciascuna delle quattro società beneficiarie, realizzando in tal modo anche “una definitiva separazione della compagine”. Tale ultimo elemento porterebbe a definire l’operazione come scissione totale non proporzionale “estrema”.
Conseguentemente, il Tribunale affermava che la disciplina dettata per la scissione asimmetrica non è applicabile in via analogica ad altri tipi di scissione, in virtu’ dell’eccezionalità della fattispecie da essa disciplinata e del suo carattere derogatorio dal principio generale di maggioranza.
Pertanto, l’obbligo del consenso unanime dei soci per l’approvazione della scissione asimmetrica, ai sensi dell’articolo 2506, comma 2, c.c., non troverebbe applicazione ai casi di scissione totale estrema.
Peraltro, prescindendo dai summenzionati rilievi, l’interpretazione estensiva od analogica della normativa sulla scissione asimmetrica sarebbe comunque impedita anche dalla specifica ratio della norma ex articolo 2506, comma 2, c.c., “volta ad evitare il rischio di una distribuzione asimmetrica di attivi e passivi latenti nella scissa”: situazione che non sarebbe ravvisabile nel diverso caso della scissione totale, dove la società originaria è destinata ad estinguersi.
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