Asilo politico,respingimenti ed espulsioni

Pavone Mario 11/06/09
 “Molti dei clandestini che arrivano in Italia non hanno diritto di chiedere asilo ma ‘io stesso ho fatto presente alle autorita’ italiane che, respingendo indiscriminatamente le barche, si respingono anche persone che chiedono asilo.
E’ questo il rischio. Mentre per noi europei il diritto di asilo e’ sacro e inviolabile’.
Lo ha affermato,in una recente intervista,**************,commissario europeo per la Sicu- rezza,che ha pure ricordato che ‘in Italia i richiedenti asilo sono solo 1,26 ogni mille abitanti: la meta’ della media europea’.
Anche alla luce delle numerose prese di posizione della UE e di varie organizzazioni umani- tarie, tra cui l’ACNUR,in relazione ai recenti respingimenti disposti dal Ministero dell’Interno verso i Paesi di provenienza,l’intervento della Suprema Corte sul tema è apparso ai giuristi non in linea con l’esigenza di tutela di un diritto riconosciuto dalla stessa Costituzione(art.10) che riconosce espressamente il diritto all’asilo politico e che recita testualmente
“Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle liberta’ democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.Non e’ ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici”
Nonostante,quindi,che i diritto d’asilo politico sia riconosciuto dalla Carta Costituzionale,la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazionecon con la Sentenza n.11264/2009 ha stabilito che può essere oggetto di provvedimento di espulsione, lo straniero che chiede asilo politico nel Paese atteso che,secondo la Corte,tale richiesta non blocca la procedura di espulsione.
I Giudici hanno precisato che “in tema di disciplina dell’immigrazione, poiché il provvedimento amministrativo di espulsione dello straniero extracomunitario è obbligatorio e a carattere vinco lato,il giudice ordinario è tenuto unicamente a controllare l’esistenza al momento della espul- sione, dei requisiti di legge che ne impongono l’emanazione, senza che sia possibile configura re un obbligo di sospensione necessaria dal relativo procedimento qualora ne sia pendente un altro nel quale si controverta dell’esistenza dei presupposti idonei a legittimare l’adozione del relativo decreto.
Inoltre la Corte ha ricordato che ha già negato,in precedenti decisioni,che, in pendenza di altro ricorso volto ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato politico in favore dello straniero, derivi l’obbligo di sospensione del procedimento di espulsione per lo straniero”. 
In definitiva,secondo l’orientamento negativo espresso dalla Suprema Corte,non occorre attendere l’esito del procedimento conseguente alla richiesta di asilo politico e della impugnazione della decisione da parte dell’interessato,per procedere alla espulsione(sic!!).
Per contro,merita di essere ricordato che tale decisione si discosta dall’orientamento espresso dalla stessa Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 27310 depositata in cancelleria il 17 novembre 2008) che ha riconosciuto il diritto di asilo,costituzionalmente protetto, con riferimento alle norme interne ed alle direttive comunitarie in materia, facendo espresso richiamo sia alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, che ai trattati internazionali, come la Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti dell’uomo
Secondo le SS.UU.,ben oltre le condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato prescritte dalla Convenzione di Ginevra appare dunque possibile, soprattutto alla luce dell’ art. 19 del Testo Unico, e delle più recenti direttive comunitarie in materia di qualifiche e di procedure di asilo e protezione internazionale, il riconoscimento di uno status legale di protezione internazionale o temporanea a cittadini stranieri che giungano nel nostro paese fuggendo da paesi nei quali siano presenti condizioni di "violenza generalizzata" o pericoli di persecuzione non riconducibili alle previsioni della Convenzione di Ginevra, ancorate al rischio di una persecuzione individuale.
Si può superare,così,anche la possibile operatività delle c.d. cause di esclusione del diritto di asilo,previste dalla Convenzione di Ginevra del 1951,determinate spesso dalla valutazione arbitraria della polizia di frontiera, valutazione che dovrebbe ora risultare inibita dal chiaro tenore del decreto legislativo n. 25 del 2008, che ha abrogato quelle norme della legge 39/90 che consentivano una sorta di istruttoria informale subito dopo l’ingresso nel territorio. Soprattutto attraverso interpreti o "mediatori culturali"di fiducia delle forze di polizia, questa fase terminava spesso con una decisione di "manifesta infondatezza", un modo per inibire l’accesso alla procedura, il diritto ad un ricorso effettivo, qualsiasi possibilità di permanenza nel territorio dello stato(v.Paoleologo,Procedure di Asilo, pubblicato da ASGI.org)
Alla luce dei principi enunciati dalla Corte di Cassazione,appare,quindi,in tutta la sua gravità,la pratica dei respingimenti in frontiera alle frontiere marittime di quanti giungendo da ***** terzi non sono messi nelle condizioni di fare valere una istanza di asilo o di protezione internaziona- le.
Le misure di allontanamento forzato,praticate negli ultimi anni,risultano peraltro illegittime ed arbitrarie in quanto l’art. 10 del TU 286/98 che prevede il respingimento, da parte della polizia di frontiera, degli stranieri "che si presentano ai valichi di frontiera senza avere i requisiti (…) per l’ingresso nel territorio dello Stato", va riletto con una importante eccezione a tale dispo- sizione.
Infatti,il Questore può disporre il respingimento con accompagnamento alla frontiera nei confronti degli stranieri che "sottraendosi ai controlli di frontiera, sono fermati all’ingresso o subito dopo", ma va sottolineato che ,in base all’articolo 10, comma 4 del Testo unico,tale disposizione non trova applicazione nei casi previsti dalle disposizioni vigenti che disciplinano l’asilo politico, il riconoscimento dello status di rifugiato ovvero l’adozione di misure di prote zione temporanea per motivi umanitari".
La decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione si discosta,quindi,da un orien- tamento più restrittivo della stessa prima sezione della stessa Corte che, a partire dal 2005, e poi con due decisioni, soprattutto, la n. 18941 dell’1 settembre 2006 e la n.18549 del 25 settembre 2006, aveva sostanzialmente ridimensionato la portata dell’art. 10 della Costituzio ne come se tale norma autorizzasse l’ingresso nel territorio del richiedente asilo "al solo fine di potere presentare la sua istanza", senza però configurare un vero e proprio diritto soggettivo perfetto al riconoscimento dello status.
Invero,anche la nuova decisione della I Sezione della Suprema Corte appare nuovamente in linea con tale discutibile orientamento.
Sempre in senso contrario al tale decisione,va sottolineato che il Parlamento UE ha,di recen te,proposto una nuova direttiva con un pacchetto normativo volto a migliorare i dirittti dei richiedenti asilo.
Viene rafforzata l’accoglienza dei richiedenti asilo e le loro condizioni, definendo i criteri che debbono essere garantiti per quanto riguarda l’alloggio, il vitto, il vestiario, le cure sanitarie, l’aiuto finanziario, la libertà di movimento e l’accesso al lavoro.
La proposta prevede inoltre disposizioni specifiche per la protezione di persone particolarmente vulnerabili, come i minori, i minori non accompagnati, le donne in gravidanza e le vittime di torture e violenze.
In sintesi le proposte avanzate più rilevanti sono le seguenti:
– revisione della direttiva sull’accoglienza;
– regolamento che migliora il sistema di Dublino sulla gestione delle domande;
– regolamento sul sistema Eurodac;
– sistema informatico di confronto delle impronte digitale;
– la creazione di un ufficio europeo che assista gli Stati membri nella gestione delle domande di asilo;
– il trattenimento dei richiedenti asilo, non deve avere luogo in istituti penitenziari, bensì in centri specializzati;
– i provvedimenti amministrativi dovrebbero intervenire solamente in caso di urgenze ed essere confermati dalla giustizia entro 72 ore. In assenza di decisione, il richiedente dovrebbe essere rilasciato immediatamente;
– vietato il trattenimento di minori non accompagnati;
– le persone vulnerabili, come i minori, le donne in gravidanza e le vittime di torture e violenze “incluse le mutilazioni genitali femminili” dovrebbero ricevere un’attenzione adeguata
– revisione del regolamento di Dublino" del 2003 che aveva lo scopo di garantire l’accesso alla procedura di domanda di asilo e l’accesso a un suo esame rapido, evitando al contempo le domande multiple depositate da uno stesso richiedenti in diversi paesi UE.
Il Parlamento propone di migliorare la solidarietà tra gli Stati membri con l’introduzione di strumenti obbligatori, come la costituzione di squadre di esperti nazionali che assistano gli Stati membri confrontati a un importante numero di domande di asilo e l’istituzione di un programma di ricollocazione che mira a permettere ai beneficiari della protezione internazio nale di essere accolti da uno Stato membro diverso da quello che ha concesso loro l’asilo.
In attesa delle decisioni della UE sulla proposta avanzata,la priorita’ è quella di  evitare tragedie.
“Se non troviamo una soluzione comune e regole condivise, il rischio e’ che si rimpalli i clande stini tra un Paese e l’altro, come e’ gia’ successo. E questa e’ la premessa per un disastro uma nitario’.
 
 
di ************
Presidente ANIMI Onlus
 
 
 
Corte di Cassazione, Sez I,Sentenza n. 11264 del 14 maggio 2009
 
Ritenuto che il cittadino del Gambia xxxxx proponeva opposizione avverso il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal Prefetto di Roma in data 24 ottobre 2005;

che l’adito Giudice di pace di Roma, constatato che il decreto espulsivo era stato emesso a seguito del provvedimento di diniego dello status di rifugiato in data 3 dicembre 2004, rigettava l’opposizione;

che avverso la decisione xxxxx ha proposto ricorso per cassazione, notificato, a seguito di ordine di rinnovo, 18 settembre 2007, cui non ha resistito la Prefettura intimata.

Considerato che il ricorso si compone di un unico motivo articolato in tre profili;

il primo profilo – con cui si sostiene che la pendenza giurisdizionale del ricorso avverso il diniego di riconoscimento dello status di rifugiato osterebbe alla adozione del provvedimento di espulsione – è manifestamente infondato;

che, in tema di disciplina dell’immigrazione, poiché il provvedimento amministrativo di espulsione dello straniero extracomunitario è obbligatorio e a carattere vincolato, il giudice ordinario è tenuto unicamente a controllare l’esistenza al momento dell’espulsione, dai requisiti di legge che ne impongono l’emanazione, senza che sia possibile configurare un obbligo di sospensione necessaria del relativo procedimento qualora ne sia pendente un altro nel quale si controversa dell’esistenza dei presupposti idonei a legittimare l’adozione del relativo decreto;

che questa Corte (Sez. I, 25 ottobre 2007, n. 22367) ha già negato che, in pendenza di altro ricorso volto ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato politico in favore dello straniero, derivi l’obbligo di sospensione del procedimento di espulsione per lo straniero;

che la seconda censura – con cui si deduce che nella specie non era consentita l’espulsione verso uno stato in cui lo straniero poteva essere oggetto di persecuzione – è inammissibile perché nuova, non constando dal testo del decreto impugnato che il ricorrente abbia fatto valere come motivo di opposizione dinanzi al giudice di pace la violazione dell’art. 19 del d.lgs. n. 286 del 1998;

che l’ultimo profilo – con cui si deduce carenza di motivazione – è manifestamente infondato, perché il decreto impugnato reca una motivazione, ancorché sintetica;

che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;

che nessuna statuizione deve essere adottata sulle spese, non avendo l’intimata Amministrazione svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Pavone Mario

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