Approfondimento sugli aspetti giuridici del diritto di installare l’ascensore all’interno dell’edificio in condominio e sul superamento delle barriere architettoniche.
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Indice
1. Inquadramento della tematica
E’ noto che negli edifici costituiti da unità immobiliari site su più piani, si possa rappresentare, per quei condomini affetti da patologie invalidanti, la necessità d’installare un ascensore, onde consentirgli di meglio accedere alle loro unità immobiliari.
Nell’acquisto d’un immobile, il proprietario dovrà assicurarsi che l’accesso ai piani superiori sia reso più comodo, in specie per coloro che son affetti da patologie fisiche invalidanti.
L’installazione d’un ascensore, all’interno d’un edifico, composto da unità immobiliari site su più piani, assolve alla funzione di facilitare l’accesso a queste ultime.
L’installazione del manufatto in questione, laddove l’edificio ne sia privo, contribuisce ad implementare il valore economico del fabbricato, indi, anche della singola unità immobiliare che ne sia servita.
Il diritto a rendere più comodo l’uso delle cose comuni nell’edificio condominiale, quale l’accesso alle singole porzioni di piano, è riconosciuto dall’art. 1102, primo comma, C.c., statuendo che “…Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto…”.
L’installazione d’un ascensore, all’interno d’un edifico che ne sia privo, onde consentire ai condomini invalidi d’accedervi, è sancito dall’art. 1, comma terzo, della Legge n. 13 del 9 gennaio 1989, il quale, in tema di superamento delle barriere architettoniche, stabilisce per le nuove costruzioni che “…La progettazione deve comunque prevedere: a) accorgimenti tecnici idonei alla installazione di meccanismi per l’accesso ai piani superiori, ivi compresi i servoscala (…); c) almeno un accesso in piano, rampe prive di gradini o idonei mezzi di sollevamento; d) l’installazione, nel caso di immobili con più di tre livelli fuori terra, di un ascensore per ogni scala principale raggiungibile mediante rampe prive di gradini…”.
2. L’installazione dell’ascensore per superare le barriere architettoniche
a). Rappresenta un’innovazione ex art. 1120 C.c.
Le innovazioni, come governate, normativamente, dall’art. 1120, C.c., comportano un cangiamento della cosa comune posta a servizio del condominio.
Ai sensi dell’art. 1120, C.c., tra le innovazioni, ben vi rientra anche l’installazione d’un ascensore, ove esso sia destinato a consentire ai condomini invalidi di meglio accedere alle proprie unità immobiliari.
L’art. 1120, C.c., secondo comma, stabilisce che “…I condomini, con la maggioranza indicata dal secondo comma dell’articolo 1136, possono disporre le innovazioni che, nel rispetto della normativa di settore, hanno ad oggetto: (…); 2) le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche …”.
La norma appena evocata, stabilisce che il condominio, e, per esso, l’organo acciò deputato, indi l’assemblea condominiale, con il quorum della maggioranza dei partecipanti al condominio che rappresenti, però, almeno il valore dei due terzi dell’intero edificio, purché sia approvata con la maggioranza degli intervenuti che rappresenti la metà dei partecipanti al condominio, può approvare l’installazione dell’ascensore, così facendo un aperto rinvio al disposto normativo del secondo comma dell’art. 1136,C.c.
b) Il diritto sancito dall’art.2 della L.n.13 del 1989.
L’installazione dell’ascensore in edifici che ne siano privi, essendo volta a superare le c.d. “barriere architettoniche”, è un diritto riconosciuto dalla predetta L. n. 13 del 1089, la quale accorda ai proprietari invalidi degl’immobili in edifici condominiali la possibilità di chiedere all’ente de quo l’installazione del detto manufatto, anche a proprie spese (Cfr. art. 2, comma 2, L.n.13/1989).
Ed anche la ridetta norma recita che le deliberazioni per l’installazione dell’ascensore “…sono approvate dall’assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dal secondo comma dell’articolo 1120 del Codice civile…”. (Cfr. art.2, comma uno).
Per l’installazione dell’ascensore, all’interno d’un condominio privato che ne sia privo, è necessario far uso d’un bene comune.
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3. La definizione giuridica di “Cavedio” – un bene comune ex art. 1117 c.c.
L’installazione dell’ascensore richiede che esso sia installato in una parte comune del condominio denominata “cavedio”, essendo quest’ultimo lo spazio preferibilmente deputato per l’opera in questione.
Orbene, ci potremmo domandare se il “cavedio” sia o meno bene comune, attratto nell’orbita della disciplina dei beni comuni di cui all’art. 1117, C.c.
Prima di procedere in siffatta indagine, sembra utile comprende, anche da un punto di vista tecnico, che cosa sia esso.
Soccorre una definizione licenziata dalla giurisprudenza della Suprema Corte, là dove essa definisce “il cavedio – talora denominato come chiostrina, vanella o pozzo luce – è un cortile di piccole dimensioni, circoscritto da muri perimetrali e dalle fondamenta dell’edificio comune, destinato prevalentemente a dare aria e luce a locali secondari (quali, ad esempio, bagni, disimpegni, servizi) …”. (Cass. civ., Sez.II, Ord. n. 4865 del 16 febbraio 2023; Idem, Sez.II, Sent. n. 4350 del 7 aprile 2000).
Sicché, il cavedio rappresenta quel cortile interno o chiostrina, presente nella gran parte degli edifici in condominio, sul quale, oltre a fornite aria a luce, si affacciano le finestre di quei locali interni, come, per l’appunto, i bagni oppure i locali di disimpegno.
Cosicché, appreso che cosa sia il cavedio, quale chiostrina interna dell’edificio condominiale, potremmo, ora, indagare la natura comune o meno di tal bene.
Ai sensi dell’art. 1117, primo comma, C.c., “Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo: 1) tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate…”.
Dalla lettera della norma citata, emerge che i cortili, assimilabili, per quanto sopra detto, al cavedio, sia un bene di proprietà comune, ossia condominiale, purché non risulti al contrario dal titolo.
Sulla qualificazione giuridica del cavedio ovvero cortile di piccole dimensioni, come bene comune, concorda la giurisprudenza superiore la quale, in materia di diritto condominiale, ha statuito che “Né vi è dubbio sul fatto che il cavedio rientri nel novero dei beni comuni di cui all’art. 1117 c.c.…”. (Cass. civ., Ord. n. 4865 del 16 febbraio 2023, cit.).
4. Aspetti giuridici dell’installazione dell’ascensore
a) La delibera condominiale.
Ora, assunto che il cavedio è un bene comune, par opportuno evidenziare alcuni aspetti giuridici della deliberazione condominiale d’approvazione dell’installazione dell’ascensore.
In disparte, poiché già scrutinato tramite la lettura della norma innanzi evocata di cui all’art. 1120, comma secondo, C.c., oltre che dall’art. 2, comma primo, della L.n.13/1989, le maggioranze, sia in termini di quorum costitutivo che di quello deliberativo, da quest’ultima previste, anzitutto par opportuno evidenziare che l’installazione d’un ascensore ha un limite, rappresentato dalla necessità ch’esso non pregiudichi la stabilità e la sicurezza dell’edifico condominiale, come desunto dalla giurisprudenza di legittimità e di merito. (Cass. civ., Sez. II, Sent. n. 14096 del 3 agosto 2012; Trib. Vicenza, Sez. II, Sent. n. 1370 dell’1 luglio 2017).
Anzi, dalla giurisprudenziale consolidatosi sul tema che ci occupa, apprendiamo che l’installazione dell’ascensore può avvenire, talvolta, anche in deroga alle norme sulle distanze legali tra le costruzioni previste dall’art. 907, C.c.
In generale è previsto che le norme sulle distanze tra proprietà attigue trovino applicazione anche tra i condomini, purché tal disciplina sia compatibile con la particolare disciplina dell’uso delle cose comuni. Argomentando dal comma uno dell’art.3, della L.n.13/1989, quest’ultima prevale rispetto alla norma generale sulle distanze, ove la disciplina speciale condominiale sia vocata a far prevalere l’utilizzazione del bene comune, ex art. 1102, C.c., per rendere fruibile l’accesso alla propria abitazione, e ciò in quanto “…in ipotesi di contrasto, la prevalenza della norma speciale in materia di condominio determina l’inapplicabilità della disciplina generale sulle distanze…”.(Cass. civ. Sent. n. 14096 del 2012, cit.).
L’aspetto giuridico che si coglie, nei limiti della presente trattazione, è che la deliberazione potrebbe collidere con quei condomini che la giudicano inopportuna, perché idonea a deturpare, ovvero a minar la stabilità e la sicurezza dell’edifico, con conseguente impugnazione della deliberazione condominiale nel termine dei trenta giorni per effetto dell’art. 1137, C.c.
Eppure, in quest’ottica, l’insistenza d’un progetto tecnico che sterilizzi ogni dubbio in tal senso, rende inoppugnabile la deliberazione condominiale, tanto più ove si consideri che l’installazione dell’ascensore è funzionale, argomentando dagli artt. 4, 5, della L.n.13/1989, anche rispetto a quegli edifici tutelati dalle norme sulla tutela paesaggistica (L.n. 1497/1939) e sui beni culturali (art. 184, comma 1, del D.Lgs.n.42/2004, Codice dei beni culturali e del paesaggio, abrogante le precedenti normative).
b) Il principio della solidarietà condominiale.
Cionondimeno, in disparte gli aspetti ostativi or, ora, evocati, le obiezioni che la compagine condominiale potrebbe sollevare rispetto alla necessità dell’installazione dell’ascensore, possono esser ben superati da quello che la giurisprudenza della Suprema Corte ha definito come “il principio della solidarietà condominiale”.
Ed è sulla corta di tal principio, che, volendo, potremmo coglierne le radici in quello di solidarietà sociale posto dall’art.2 della Cost., la giurisprudenza, di legittimità e di merito, ha affermato che nell’installazione d’un ascensore sulle parti comuni d’un edificio, funzionale al superamento delle barriere architettoniche, occorre contemperare gl’interessi che si stagliano nei diversi rapporti condominiali, compreso, indi, quello dei condomini disabili, titolari, in quanto tali, del diritto, di matrice vuoi anche costituzionale, ad accedere facilmente e godere appieno della propria abitazione.
In tal direzione, la massima è corroborata dal recente giurisprudenza che”…occorre tener conto del principio di solidarietà condominiale, che implica il contemperamento di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili al superamento delle barriere architettoniche (…) trattandosi di un diritto fondamentale che prescinde dalla effettiva utilizzazione… purché esso sia idoneo ad attenuare sensibilmente le condizioni di disagio nella fruizione del bene primario dell’abitazione ”. (Cass. civ., Sez. II, Ord. n.19087 del 14 giugno del 2022; Idem, Ord.n.6129 del 29 marzo 2017; Trib. Velletri, Sez. I, Sent. n.345 del 22 febbraio 2023).
5. Conclusioni
Rassegnando le conclusioni intorno a questa breve riflessione, anzitutto, apprendiamo che la normativa quivi scrutinata riconosce ai condomini disabili il diritto fondamentale, di natura costituzionale, ad installare un ascensore nell’edifico condominiale, acciocché sia assicurato loro la possibilità d’accedere alla propria abitazione, onde fruirne appieno.
Secondariamente, la deliberazione condominiale, da licenziarsi colle maggioranze legali poste dal secondo comma dell’art. 1136, C.c., avente ad oggetto, per l’appunto, l’installazione dell’ascensore, a fronte d’una impugnazione ex art. 1137, C.c., non dovrebbe superare il vaglio positivo del giudicante, atteso la valenza in tal materia del principio della solidarietà condominiale, il quale, nell’ambito dei rapporti condominiali, che si posson stagliare tra l’insistenza del manufatto e le parti comuni dell’edificio, è teso far prevalere quel diritto dei condomini disabili ad accedere e d fruire appieno della propria abitazione.
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