Aspetti patrimoniali nella crisi della famiglia. Le spese straordinarie: queste sconosciute…

Florio Marina 13/05/10

Sommario:

1. Premessa;

2. Aspetti concettuali: definizione ed inquadramento;

3. Potere dispositivo e necessità di preventivo accordo;

4. Considerazioni conclusive.

 

 

1.      Premessa

Uno dei temi maggiormente dibattuti e tutt’ora colmi di dubbi da dipanare, concerne la questione delle “c.d.spese straordinarie”, sia in termini di inquadramento concettuale dell’espressione, sia in ordine alle dinamiche gestionali e problematiche operative nelle quali si imbattono i genitori, già separati o divorziati, ovvero pendente iudicio, ogni qualvolta si trovano di fronte ad ipotesi inquadrabili in siffatte fattispecie.

Quantificato l’importo dell’assegno perequativo mensile che uno dei genitori non collocatari/non affidatari è tenuto a corrispondere all’altro a titolo di contributo indiretto al mantenimento della prole, restano fuori dal novero tutte quelle spese ulteriori – genericamente e forse impropriamente definite “straordinarie” – occorrende per questioni varie e diversificate, per lo più dirette a soddisfare esigenze scolastiche, sportive, ludico-ricreative, medico-sanitarie.

Talvolta il provvedimento giudiziario si limita a specificare unicamente la misura di detta compartecipazione tra i coniugi. Tuttavia, ove ciò non avvenga, e, dunque, in caso di omessa diversa specificazione, secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, si ritiene che il principio da applicare sia quello per cui il genitore non affidatario o non collocatario non sia tenuto a contribuire alle spese straordinarie solo se la pronuncia giudiziale abbia espressamente stabilito in tal senso, ossia abbia previsto che esse si intendevano conglobate nell’assegno mensile perequativo. Qualora, invece, nulla sia stato statuito sul punto, le suddette spese ex lege, si intendono ripartire al 50% in ossequio al generale principio del dovere di mantenimento costituzionalmente tutelato (ex art.30 Cost.) e, pertanto, si aggiungono all’assegno  mensile.

Gran parte della dottrina, diversamente argomentando sul punto, assume, viceversa, che, ove le parti o il Tribunale non abbiano previsto spese di natura straordinaria, l’assegno di mantenimento deve ritenersi comprensivo anche di queste. In tal caso, non residuerebbe altra via che ricorrere all’Autorità Giudiziaria per chiedere, quale revisione del provvedimento giudiziale in tal senso reso, la conseguente previsione e specificazione della proporzione di compartecipazione alle spese straordinarie.

Ciò posto, e pur ritenendosi condivisibile ed univocamente applicabile l’orientamento giurisprudenziale espresso in coerenza ai principi sanciti dalla Carta Costituzionale, tuttavia, ogni qualvolta ci si trova nella condizione di dover sostenere tali voci di spesa, innumerevoli ed estenuanti si rivelano le questioni sottese.

 

2.      Aspetti concettuali: definizione ed inquadramento.

Preliminarmente, occorre intendersi sul contenuto di simili spese.

In tal senso, non esiste alcuna indicazione che provenga da fonti normative tale da consentire di individuare con criteri di determinatezza gli indici di tale impegno economico. Solo, ed ancora una volta, l’interpretazione giurisprudenziale, ad oggi, è venuta in soccorso con tale finalità, seppur non fornendo un univoco e concordante indirizzo, conducendo a qualificare de residuo come straordinarie le spese che non rientrano nella corresponsione mensile (diretta a coprire esigenze di natura ordinaria) imposta dal giudice. Più precisamente, le spese straordinarie sarebbero tali in quanto scaturenti da necessità occasionali o imprevedibili, frutto di concrete, specifiche esigenze della prole ma non quantificabili ex ante, o perché legate a contingenze sopravvenute ed imprevedibili anche nell’entità e/o perché non rientranti nella consuetudine di vita avuto riguardo al livello sociale del nucleo familiare.

Recentemente, un’interessante pronuncia di merito[1] ha osservato che il contributo al mantenimento fissato dal giudice, in quanto rata mensile di un contributo annuale, pur tenendo presenti esigenze complessive di vita dei figli e ricomprendendo anche quelle spese che, sia pur non ricorrenti ogni mese, possono ritenersi prevedibili in un determinato assetto di vita (ad esempio le spese per l’abbigliamento, per l’acquisto di libri scolastici) non può però ritenersi esaustivo delle esigenze dei figli medesimi in relazione ad avvenimenti o alle scelte che trascendono le prevedibili e normali esigenze di vita quotidiana[2]. Il contributo di mantenimento è invero determinato in misura tale da contemperare le contrapposte necessità dell’obbligato e dei beneficiati in regime di normalità: e quindi l’apporto si rivela inadeguato per fronteggiare le spese – sempre sostenute nell’interesse dei figli e ragionevoli in relazione alle loro esigenze, nonché compatibili con il tenore di vita dei genitori – tante volte ingenti, dipendenti da situazioni, scelte o fatti che a quel criterio di normalità (intesa in senso economico) sfuggono e che, pertanto, sono separatamente rimborsabili.

Tuttavia, anche i riferiti concetti di occasionalità ed imprevedibilità non appaiono sufficientemente idonei – né per la verità sempre appropriati – ad individuare un chiaro discrimine tra le due categorie.

In tal senso, parte della giurisprudenza di merito[3], proponendo, e forse azzardando, un elenco dettagliato – sia pur non esaustivo – di voci di spesa da inquadrarsi in un alveo piuttosto che nell’altro, ha ritenuto straordinarie, quelle diverse dal mantenimento ordinario nel cui ambito a titolo esemplificativo rientrano “quelle alimentari, di igiene personale, vestiario, ricreative, nonché quelle per regali, spostamenti urbani ed acquisto di libri. Con particolare riguardo a quelle sanitarie, sono da ritenersi ordinarie quelle relative ad una normale visita pediatrica di controllo o all’acquisto di medicinali da banco, mentre straordinarie quelle connesse a visite specialistiche”

La pronuncia in esame che ha il pregio di aver fornito una chiara indicazione di riferimento in tale dibattuta questione, presta, tuttavia, il fianco, quanto meno a qualche riflessione in merito all’orientamento interpretativo espresso.

Ed invero, se da un lato, quale parametro-chiave per l’individuazione della straordinarietà della voce di spesa individua i concetti di occasionalità ed imprevedibilità, dall’altro, tuttavia, nell’elencazione esemplificativa, inquadra come ordinario il costo connesso all’acquisto di regali o di libri di testo o all’assolvimento di esigenze ricreative.

Ebbene, anche in tali specifiche fattispecie – ad avviso di chi scrive – i requisiti della occasionalità ed imprevedibilità appaiono chiaramente individuabili, sia in termini di saltuarietà e fortuità dell’insorgenza delle stesse (le spese di natura ricreativa rappresentano l’esempio per eccellenza di tali requisiti, non essendo ricollegabili ad un principio di regolarità e stabilità) sia in termini di imprevedibilità, non tanto, o non solo, da intendersi come imponderabilità del relativo verificarsi, quanto piuttosto in termini di proporzionalità dell’entità degli stessi rispetto alla consuetudine di vita riferita al livello sociale del nucleo familiare.

In tale ultimo senso, ad esempio, l’acquisto dei libri di testo (ed in particolare quelli delle scuole medie superiori o universitari) avuto riguardo all’effettiva incidenza dei costi degli stessi sovente di entità considerevole e superiore anche rispetto all’assegno di mantenimento ordinario ben potrebbe annoverarsi quale voce straordinaria di spesa[4].

Le medesime considerazioni valgono per i costi legati all’assolvimento di esigenze sportivo-ricreative (un corso di danza, un viaggio) che non possono considerarsi strictu sensu attinenti ordinarie esigenze di vita quotidiana, e che, viceversa, secondo l’orientamento sopra espresso, dovrebbero, essere assolte attingendo dal contributo fissato per il mantenimento “ordinario”: circostanza verosimilmente ammissibile nell’ipotesi in cui il provvedimento, prendendo atto dei suddetti costi – o perché già documentati o, poiché, in ogni caso rientranti nelle abitudini di vita della prole – quantifichi l’importo ordinario maggiorandolo di un importo equivalente ed adeguato all’assolvimento di tali spese (con tutti i comprensibili dubbi in ordine alla futura esecuzione delle stesse).

In questo stesso senso, una pronuncia di merito[5], confermando le superiori riflessioni, ha avuto modo di evidenziare come “le spese straordinarie non possano essere incluse nel contributo fisso in quanto difficilmente quantificabili preventivamente e soggette a variazioni anche sensibili, cosicchè ove fossero forfettariamente considerate nel contributo mensile predeterminato, sussisterebbero due opposti rischi. Da un lato, ove in certi periodi non ve ne fosse la necessità o fossero assai contenute, si rischierebbe di imporre al genitore non domiciliatario un contributo non proporzionale alle effettive esigenze del figlio, con evidente locupletazione dell’altro coniuge. Dall’altro, ove per contro assumessero significativo rilievo economico, tali spese potrebbero assorbire (se non superare, in specie in ipotesi di spese mediche straordinarie) una parte anche rilevante del contributo ordinario, così sacrificando sia la soddisfazione di diritti primari irrinunciabili del minore, sia il patrimonio del genitore domiciliatario”.

Si impone maggiore chiarezza, per quanto si comprende l’arditezza dell’obiettivo, tenuto conto che mai come in questa vibrante materia, l’impegno di definizione e capillare regolamentazione non potrà mai ritenersi esaustiva e soddisfacenti, dovendo fare i conti con una realtà difficilmente inquadrabile in categorie astratte. 

 

Potere dispositivo e necessità di preventivo accordo

Ulteriore problematica connessa alle spese straordinarie concerne il concreto potere di iniziativa nell’affrontare le stesse, nel senso che, ci si interroga sulla subordinazione o meno dello stesso potere (o facoltà) alla previa comunicazione e concertazione da parte dei genitori.

In tal senso, va evidenziato come, il più delle volte, accade che il coniuge collocatario – sia pur coaffidatario – si veda costretto ad anticipare gli importi necessari, ed attendere ex post una rifusione del quantum per legge a carico dell’altro genitore. Così come può, viceversa, verificarsi che il genitore non collocatario o non affidatario si veda costretto a pagare spese mai comunicate e pretese a “fatto compiuto”, ovvero comunicate ma non concordate.

Una prima distinzione, in tal senso, andrebbe desunta esaminando il diverso regime di affidamento.

Nell’ipotesi – ormai del tutto residuale – di affidamento esclusivo della prole, la Cassazione con una nota sentenza[6] ha precisato che il genitore cui sono affidati i figli, ha l’esercizio esclusivo della potestà. Mentre soltanto le decisioni di maggiore interesse devono essere adottate da entrambi i genitori. Secondo tale decisione, pertanto, il genitore non affidatario deve intervenire e concorrere solo nelle scelte straordinarie ossia quelle di maggior interesse, c.d. di indirizzo.

Tale principio è stato da ultimo confermato da una recentissima pronuncia degli Ermellini[7] che fornisce un’ulteriore chiave di lettura alla problematica in esame: “deve ritenersi che l’esercizio della potestà genitoriale sia attribuito in via esclusiva al genitore affidatario..comprese le decisioni sulle spese di carattere straordinario ..che non necessariamente coincidono con quelle di maggior interesse – in ordine alle quali il genitore non affidatario non ha pertanto diritto di interloquire a meno che non attengano in concreto a questioni di particolare interesse”.

Pertanto, il genitore affidatario potrà decidere autonomamente sulla determinazione delle spese straordinarie,senza la necessità di accordarsi preventivamente con l’altro genitore o di richiedere il suo parere. Viceversa, le spese che “implicano questioni di maggior interesse per i figli” investendo cioè decisioni importanti (come ad esempio la scelta di un indirizzo religioso, della scuola da frequentare, della operazione chirurgica) devono essere concordate da entrambi i genitori.

Sulla falsariga, di tale pronuncia e quale suo corollario, interessante si configura l’individuazione di una sottocategoria di spese straordinarie c.d.semplici o pure[8] che sarebbero, pertanto, rimborsabili – anche se assunte su unilaterale iniziativa del genitore non affidatario 

Nell’ipotesi di affidamento condiviso, generalmente, si ritiene necessario, ed in ogni caso, opportuno comunicare preventivamente l’insorgenza di tali esigenze all’altra parte e ciò in ossequio alla ratio della novella, che lascia presumere ex se la necessaria ed ineludibile “condivisione” quanto meno di quelle questioni afferenti la prole, che esulano la potestà ordinaria, il cui esercizio ormai genericamente si dispone venga esercitato disgiuntamente ossia, ciascuno in ragione de tempi di permanenza con il minore. Pertanto, per tutte quelle vicende di natura “straordinaria” (a fortiori e pacificamente per quelle “di maggiore interesse” che postulano come indefettibile una preliminare informazione) sorge spontaneo ritenere – ed oggi, ancora più alla luce della recente sentenza della Cassazione appena richiamata[9] che riconduce al diverso regime di affidamento il differente potere di intervento dei genitori – che qualsiasi spesa di natura straordinaria, a rigore, debba essere preventivamente comunicata e concertata con l’altro.

Tuttavia, così argomentando, ove non si tratti di questioni di maggior interesse per dirimere le quali è possibile ricorrere al Giudice, nell’ipotesi di altre spese, comunque, di una certa urgenza anche solo nel senso di celerità del relativo assolvimento (una spesa richiesta per l’acquisto di materiale didattico suppletivo per attività extrascolastiche o per una gita scolastica o ricreativa, le spese conseguenti ad un consulto specialistico) il più delle volte, attendere i tempi tecnici di una comunicazione formale e del relativo riscontro, finisce per vanificare la tempestività – sia nell’iniziativa, ossia nella stessa possibilità di intraprendere le stesse, sia nel relativo adempimento – insita a siffatti costi che andrebbero a gravare interamente sul genitore collocatario della prole.

Nel silenzio del legislatore, ciò è quanto si verifica nella prassi: al coniuge coaffidatario che decide di assumere tali costi, senza previa comunicazione o in mancanza di riscontro dall’altro, non residuerà altra soluzione che instaurare un autonomo giudizio ordinario per il recupero della quota anticipata e ritenuta spettante all’altro coniuge, con tutti i rischi dell’esito di simile contenzioso condizionato all’ardita interpretazione rimessa al decidente competente – non necessariamente avvezzo alla risoluzione di tematiche familiari[10] – che, ai fini dell’ammissibilità del rimborso,  dovrà valutare la necessarietà e/o urgenza di tale voce di spesa, o la sua conformità al tenore di vita familiare o alle esigenze di sviluppo della prole!  

 

4.       Considerazioni conclusive.

La soluzione auspicabile in tale delicata e controversa bagarre, a parere della scrivente, residua, pertanto quella di individuare sfere di competenza “tematica” per ciascuno dei genitori, riproponendo il sistema di vita consolidato in costanza di armonia coniugale (ad es.se le attività sportive, nella vita familiare, rappresentavano un ambito seguito e gestito prevalentemente da uno dei coniugi sarà preferibile mantenere tale assetto organizzativo) ovvero, elencare analiticamente e dettagliatamente singole voci di spesa – senza alcun riferimento al requisito, ancora equivoco, della straordinarietà – da intendersi come ulteriori e suppletive o integrative rispetto alla quota ordinaria di mantenimento, specificando la relativa misura di compartecipazione tra i coniugi.

Ciò allo scopo di pervenire – per quanto più possibile, pur consci dell’imponderabilità di situazioni del caso concreto – ad una completezza di ipotesi che precluda possibili liti future (rischio che si verifica adottando clausole astratte e categorie generiche), risparmiando così ai figli di assistere ad ulteriori conflittualità tra i genitori ogni qualvolta esprimono il desiderio di partecipare ad una gita scolastica o di praticare un’attività sportiva o ricreativa e di scongiurare l’eventualità che sia affidato al giudice di turno stabilire se quella spesa debba o meno ritenersi necessaria, urgente, imprevedibile e soprattutto rispondente all’interesse del proprio figlio.

 

Avv.Marina Florio del foro di Catania

 


[1] Tribunale di Messina 3/01/2006, proc.n.3496/2001.

[2] Cfr. Corte d’Appello di Messina 14/10/2002, Corte d’Appello 5/07/2004.

[3] Tribunale Civile di Catania, I sez., sentenza 4/12/08, proc. n.12225/06 R.G.. 

[4] In tal senso, sentenza Tribunale di Monza 13/01/03, n.409/2003.

[5] Sentenza Tribunale di Firenze 27/09/06, Pres.Aliosio, est.Governatori

[6] Cass.5/05/99 n.4459.

[7] Cass.12/04/10 n.8676.

[8] Sentenza del Tribunale Civile di Catania ult.cit., che richiama Tribunale di Lamezia Terme ord.14/03/07, in “Famiglia e diritto” 2008,4,389.

[9] Che, sul punto, ha così statuito non avendo il padre censurato la statuizione sull’affidamento esclusivo della figlia alla madre, deve ritenersi che l’esercizio della potestà genitoriale sia attribuito in via esclusiva al genitore affidatario ai sensi dell’art.6, comma 4 della L.1970/898 comprese le decisione di carattere straordinario in ordine alle quali il genitore non affidatario ha diritto di interloquire, a meno che non attengano in concreto, ma sul punto, nulla il ricorrente ha dedotto, a questioni di particolare interesse”

[10] Salvo ad aderire all’indirizzo espresso dal Tribunale di Bologna decr.19/06/2007 Giud.M.Betti, che ha ritenuto siffatte questioni incardinabili nello strumento giuridico dell’art.709 ter c.p.c., in “Famiglia e diritto” 12/2008, 1159.

Florio Marina

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