Assegno divorzile in caso di morte del coniuge in corso di causa

Elena Perazzi 15/09/22
Sezioni Unite, sì all’assegno divorzile a carico degli eredi in caso di morte del coniuge in corso di causa: limiti e condizioni di procedibilità

     Indice

  1. Il principio di diritto delle Sezioni Unite
  2. Il procedimento di divorzio
  3. La Sentenza sul divorzio e la sentenza sull’assegno
  4. Il venir meno di un coniuge in corso di causa e le possibili conseguenze processuali

1. Il principio di diritto delle Sezioni Unite

Questo il “principio di diritto” statuito dalla Corte Suprema di Cassazione con la Sentenza n. 20494/2022, pubblicata il 24.06.2022: Nel caso di pronuncia parziale di divorzio sullo status, con prosecuzione del giudizio al fine dell’attribuzione dell’assegno divorzile, il venir meno di un coniuge nel corso del medesimo giudizio non ne comporta la declaratoria di improseguibilità, ma il giudizio può proseguire nei confronti degli eredi, per giungere all’accertamento della debenza dell’assegno dovuto sino al momento del decesso”.

Principio chiaro pronunciato dalla S.C. a seguito di un approfondito escursus in ordine al i) procedimento di divorzio; ii) alla natura della sentenza che “pronuncia” lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio; iii) agli effetti sostanziali e processuali del venir meno di un coniuge in corso di causa, per, poi, giungere alla risoluzione del caso concreto attraverso il principio di diritto sopra enunciato.

2. Il procedimento di divorzio

  • Prima di passare all’esame e al commento del contenuto della sentenza sopra indicata, merita fare un breve accenno all’istituto del divorzio disciplinato, come noto, dalla Legge 01 dicembre 1970; data, questa, che ha segnato (all’epoca) una svolta atteso che veniva introdotto nell’ordinamento giuridico italiano l’istituto finalizzato a far cessare gli effetti civili del matrimonio. La legge rappresentava una importante novella legislativa anche se, dal punto di vista procedurale, “temperato” da una particolarità: era/è possibile procedere allo scioglimento del matrimonio solo dopo una fase – preliminare e prodromica – di separazione dei coniugi. In buona sostanza, un spazio di tempo per attribuire ai coniugi la facoltà di un eventuale ripensamento in ordine all’intenzione di procedere con il divorzio e di riacquistare, dunque, lo status di persona “libera”. Nelle previsioni iniziali, rimaste in vigore fino all’anno 2015 (ovvero per ben 45 anni), occorreva attendere tre anni prima di poter ottenere il divorzio. La riforma di cui alla Legge n. 55/2015 approvata il 22.04.2015 consente, ora, di ottenere lo scioglimento del matrimonio civile o di quello concordatario decorso un anno dalla separazione giudiziale e sei mesi nel caso di separazione consensuale (così detto “divorzio breve”). Ulteriore novità introdotta dalla predetta legge concerne il versamento dell’assegno di divorzio, ora, dovuto soltanto nell’ipotesi in cui il coniuge che ne beneficia non è in grado di mantenersi da solo e non sia economicamente autosufficiente; è venuto pertanto meno il principio del coniuge economicamente più debole.
  • Così come previsto per la separazione, anche per il divorzio è possibile i) presentare al Tribunale competente un ricorso giudiziale che si concluderà, quindi, con la sentenza dell’Autorità Giudiziaria; ii) siglare un accordo con il coniuge e, in tal caso, si può giungere allo scioglimento del matrimonio attraverso tre modalità: a) ricorso congiunto al Tribunale territorialmente competente; b) attraverso separate dichiarazioni rese davanti al Sindaco del Comune territorialmente competente ovvero del luogo in cui è avvenuta la celebrazione del matrimonio; c) a seguito di una negoziazione assistita tramite l’intervento di avvocati che costituisce uno strumento di risoluzione stragiudiziale delle controversie introdotto con D.L. 132/2014 convertito in Legge n. 162/2014. Con successiva Legge n. 206/2021 del 23.12.2021, entrata in vigore il 22.06.2022, la negoziazione assistita è stata estesa anche alle coppie di fatto per regolamentare l’affidamento dei figli minorenni nati fuori dal matrimonio; mantenimento dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti; determinazione dell’assegno di mantenimento richiesto dal figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente, nato da o fuori dal matrimonio; modifica delle condizioni stabilite da eventuali provvedimenti giurisdizionali per attuare un adeguamento alle condizioni attuali; determinazione degli alimenti (art. 433 c.c.).
  • Concludendo sul punto, con la riforma dell’anno 2015 il legislatore ha inteso attribuire al matrimonio e alla sua cessazione un carattere “privato” che i coniugi sono liberi di gestire attraverso diversi strumenti (giudiziari e/o negoziali) messi a loro disposizione dall’ordinamento giuridico italiano. Una sorta di privatizzazione. Nell’epoca in cui viviamo l’istituto del divorzio nato nel lontano 1970 ( e il diritto di famiglia in genere ) richiedeva una revisione/attualizzazione. Anche perché affinchè via sia effettività della giurisdizione, occorre anche che il diritto si evolva e si adegui alla società vivente. Si potrebbero fare diverse ipotesi tra le quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, la recente introduzione di nuove figure di reato, quali lo stalking (art. 612 bis c.p.), l’omicidio stradale (art. 589 bis c.p.) etc.. E restando in materia di diritto di famiglia si pensi alle unioni civili tra persone dello stesso sesso che, a partire dall’anno 2016 (Legge Cirinnà n. 76 del 20.05.2016) possono sposarsi attraverso una dichiarazione congiunta all’Ufficiale dello Stato Civile (di qualsiasi Comune) alla presenza di due testimoni (uno per parte).
  • Le Sezioni Unite attraverso il principio di diritto di cui alla sentenza n. 20494/2022 hanno inteso ribadire che l’istituto del divorzio è finalizzato in via principale a sciogliere il vincolo matrimoniale e a ri-attribuire ai coniugi lo status di persone libere; ma la pronuncia giudiziale potrebbe contenere anche statuizioni di carattere economico concernenti an e quantum dell’assegno divorzile; in tale ipotesi, occorre che le statuizioni economiche siano tali da tutelare il coniuge più debole e la eventuale prole. Come ribadito dalla Suprema Corte con l’ordinanza n. 24250 dell’08.09.2021 (che conferma l’orientamento ormai consolidato) l’assegno di divorzio non ha solo una funzione assistenziale ma anche una funzione perequativo-compensativa. Se in sede di divorzio si accerta uno squilibrio economico tra i coniugi perché uno dei due è rimasto privo di occasioni lavorative per essersi dedicato alla famiglia e contribuito al suo benessere, questo contributo deve essere ricompensato.
  • Fatte queste premesse, passando ora all’esame del contenuto della Sentenza n. 20494/2022, si evidenzia che l’attenzione della S.C. è stata rivolta, in primis ai commi 12, 13 e 14 dell’art. 4 Legge 01.12.1970, n. 898 (articolo sostituito dal d.l. 14.03.2005, n. 35, conv. in Legge 14.05.2005, n. 80) i quali prevedono rispettivamente che a) nel caso in cui il processo prosegua per la determinazione dell’assegno, il Tribunale emette, come noto, sentenza “non definitiva” relativa allo scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, evidenziando che contro detta sentenza è ammesso solo l’appello immediato; formatosi il giudicato la sentenza viene trasmessa dal cancelliere all’ufficiale di Stato civile per le conseguenti annotazioni e incombenza; il legislatore ha, pertanto, consentito, da un lato, di soddisfare l’esigenza della rapida riconquista dello status di soggetto libero e, dall’altro, di procedere per l’accertamento dei più complessi profili patrimoniali; b) quando la sentenza non definitiva si pronuncia anche sull’an dell’obbligo di somministrazione dell’assegno, il Giudice può disporne gli effetti sin dalla domanda; c) per la parte relativa ai provvedimenti di natura economica la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva.

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3. La Sentenza sul divorzio e la sentenza sull’assegno

La Sentenza che “pronuncia” lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, producendo l’effetto del ri-acquisto dello stato libero, ha natura costitutiva. Medesimo effetto costitutivo ha anche la sentenza che attribuisce l’assegno divorzile, atteso che è il frutto di un accertamento costitutivo, oltre che di condanna, con efficacia ex tunc dal passaggio in giudicato della statuizione di risoluzione del vincolo coniugale. In buona sostanza, il “fatto generatore” del diritto all’assegno in favore dell’ex-coniuge è la sentenza di accertamento costitutivo del Giudice. Per orientamento costante della S.C. le sentenze costitutive acquistano efficacia con il passaggio in giudicato della decisione non essendo applicabile, nel caso di specie, l’art. 282 c.p.c. circa l’automatica esecuzione provvisoria della sentenza di primo grado. Ne consegue che, in materia di divorzio, il diritto a percepire l’assegno disposto dal Giudice decorre dalla formazione del giudicato. E ciò, invero, perché l’assegno divorzile trova fondamento nel nuovo status delle parti derivante dalla statuizione di risoluzione del vincolo coniugale che, come sopra detto, produce effetti costitutivi (cfr. art. 4, comma 13, L. 898/1970). Si annota qui, che il giudicante, nell’esercizio del proprio potere discrezionale e tenuto conto della particolarità del caso concreto, potrebbe disporne la decorrenza dalla domanda; ma, in ogni caso, tale ipotesi, non potrebbe comunque costituire deroga al principio generale ut supra richiamato.

4. Il venir meno di un coniuge in corso di causa e le possibili conseguenze processuali.

Il decesso di uno dei coniugi può generare diverse situazioni processuali tenuto conto del momento in cui l’evento si verifica ovvero a) prima della pronuncia di una qualsivoglia sentenza; b) dopo la pronuncia della sentenza costitutiva di divorzio, evidenziando che, in tale ipotesi, potrebbe trattarsi b.1) di sentenza che ha statuito solo in ordine allo status ( impugnabile in via immediata ); b.2) di sentenza definitiva. Pur considerando la specificità di ogni singolo caso concreto, può affermarsi che non sussistono i presupposti per la declaratoria di cessazione della materia del contendere “SE” l’evento si verifica dopo il passaggio in giudicato della sentenza che pronuncia sullo status. Per l’effetto, qualora il giudizio prosegua per la determinazione dell’assegno (an e quantum) la Suprema Corte con la Sentenza n.20494/2022, qui in commento, ha dettato il principio di diritto sopra riportato ovvero che il giudizio può proseguire nei confronti degli eredi fino a giungere all’accertamento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno che è dovuto fino al momento del decesso. La statuizione si fonda sul presupposto che il giudizio di divorzio, oltre ad essere finalizzato ad elidere lo status matrimoniale, ha come scopo anche la tutela dei diritti fondamentali della parte economicamente più debole e della eventuale prole.

  1. Per completezza, occorre richiamare la successiva Sentenza a Sezioni Unite n. 20495/2022 pubblicata il 24.06.2022, in ordine al procedimento di revisione dell’assegno divorzile (art. 9, comma 1, L. 898/1970). La Suprema Corte ha statuito che il venir meno del coniuge ricorrente nel corso del giudizio di revisione non comporta la declaratoria di improseguibilità dello stesso, ma gli eredi subentrano nella posizione del coniuge richiedente la revisione, al fine dell’accertamento della non debenza dell’assegno a decorrere dalla domanda sino al decesso, subentrando altresì essi nell’azione di ripetizione dell’indebito ai sensi dell’art. 2033 cod. civ. per la restituzione delle somme non dovute”.
  2. Tema variegato, complesso ed articolato oltre che sempre attuale quello della separazione e divorzio. Basti considerare che secondo i rilevamenti Istat riferiti all’anno 2021, nei primi nove mesi si è registrato un aumento del +36,4% per le separazioni e +32,8% per i divorzi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

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