Assegno di divorzio, è ancora valido il parametro del tenore di vita?

Redazione 27/06/17
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Dopo circa trent’anni di consolidata giurisprudenza e del costante orientamento collegato al tenore di vita matrimoniale la giurisprudenza cambia rotta!

Una pietra miliare che pare andare in pensione per lasciare il posto ad un parametro di “spettanza” basato sulla valutazione della indipendenza o autosufficienza economica dell’ex coniuge che lo richiede. Inversione di rotta, quindi, con la sentenza del 10 maggio 2017 n. 11504 della Cassazione civile, secondo cui è, appunto, l’indipendenza o l’autosufficienza economica dell’ex coniuge il parametro per stabilire l’assegno di divorzio, che ha «natura assistenziale» e non più il tenore di vita matrimoniale.

Con la sentenza di divorzio, il rapporto matrimoniale finisce sul piano personale ma anche su quello “economico patrimoniale”; di conseguenza, non si può tenere di fatto in piedi il vincolo con il mantenimento del tenore di vita. La decisione della Cassazione n. 11504/2017 è stata emessa, come noto, da una sezione semplice della Cassazione (ovvero la prima sezione civile), che si è posta in contrasto con la già menzionata pronuncia a Sezioni Unite 11490/1990, vulnerando, in tal modo, la lettera e lo spirito dell’art. 374 comma 3 c.p.c.: la prima sezione per contraddire le Sezioni Unite avrebbe dovuto rimettere a queste la quaestio iuris.

Con la decisione del 2017 è stato, quindi, ritenuto oramai inadeguato il criterio del tenore di vita, e vengono individuati i criteri di “indipendenza economica” e, soprattutto, di “auto responsabilità economica”, come quelli su cui poggiare le determinazioni per la definizione dell’an e del quantum dell’assegno divorzile.

Tali criteri, secondo la Corte, sono legati “alla libertà delle scelte esistenziali della persona”. L’adozione di siffatti principi costituisce, quindi, il ribaltamento della prospettiva da cui partire per la definizione dell’assegno divorzile. Secondo la prima sezione civile della Cassazione l’orientamento precedente (ovvero quello legato al tenore di vita) non può più considerarsi attuale. Con la sentenza di divorzio, secondo i giudici di legittimità, “il rapporto matrimoniale si estingue non solo sul piano personale, ma anche economico-patrimoniale, sicché ogni riferimento a tale rapporto finisce illegittimamente con il ripristinarlo, sia pure limitatamente alla dimensione economica del tenore di vita matrimoniale, in una indebita prospettiva di ultrattività del vincolo matrimoniale”. “Se si è accertato che l’ex coniuge è economicamente indipendente o effettivamente in grado di esserlo – si legge nella decisine della Cassazione – non deve essergli riconosciuto il diritto» all’assegno di divorzio. I criteri per valutare l’indipendenza economica della richiedente – o del richiedente – attengono al “possesso” di redditi e di patrimonio mobiliare e immobiliare”, alle “capacità e possibilità effettive” di lavoro e alla “stabile disponibilità” di un’abitazione.

La fattispecie concreta posta all’attenzione della Corte di Cassazione è arrivata al “terzo grado di giudizio” dovendo, i giudici di legittimità, decidere sul ricorso di una donna contro la decisione della Corte di Appello di Milano che le aveva negato l’assegno di mantenimento, stabilendo che mancasse della documentazione sulla situazione dei suoi redditi e che invece quelli dell’ex marito avessero subìto una contrazione dopo il divorzio.

La Cassazione ha dato ragione alla Corte d’Appello, spiegando nelle motivazioni della decisione che bisogna «superare la concezione patrimonialistica del matrimonio inteso come ‘sistemazione definitiva’» perché è «ormai generalmente condiviso nel costume sociale il significato del matrimonio come atto di libertà e di autoresponsabilità, nonché come luogo degli affetti e di effettiva comunione di vita, in quanto tale dissolubile». Secondo la pima sezione civile della Suprema Corte di Cassazione, “il giudice del divorzio, in relazione alla statuizione sull’assegno di mantenimento, dovrà informarsi al “principio di autoresponsabilità” economica di ciascuno degli ex coniugi, riferendosi soltanto alla loro indipendenza o autosufficienza economica.

L’esclusivo parametro per il giudizio d’inadeguatezza dei redditi o dell’impossibilità oggettiva di procurarseli è quello dell’indipendenza economica del richiedente. L’autosufficienza può essere desunta dal possesso di redditi di qualsiasi specie, di cespiti patrimoniali mobiliari e immobiliari, della disponibilità di una casa di abitazione e della capacità e possibilità effettive di lavoro personale”.

 

Dopo la sentenza n. 11504/2017, che ha in qualche modo rivoluzionato il diritto di famiglia, c’è stata una svolta nell’orientamento giurisprudenziale. Tale svolta porta e porterà quale conseguenza che nello stabilire l’assegno di mantenimento va garantita soltanto l’autosufficienza. Dopo quasi trenta anni, infatti, la Cassazione supera l’orientamento sul mantenimento che collegava la misura dell’assegno in favore del coniuge debole al parametro del tenore di vita matrimoniale.

Ad avviso della Cassazione, la decisione milanese deve essere corretta in motivazione perché a far perdere il diritto all’assegno alla ex moglie non è il fatto che si suppone abbia redditi adeguati, ma la circostanza che i tempi ormai sono cambiati e occorre «superare la concezione patrimonialistica del matrimonio inteso come ‘sistemazione definitiva’» perché è «ormai generalmente condiviso nel costume sociale il significato del matrimonio come atto di libertà e di autoresponsabilità, nonché come luogo degli affetti e di effettiva comunione di vita, in quanto tale dissolubile». «Si deve, quindi, ritenere – afferma la Cassazione – che non sia configurabile un interesse giuridicamente rilevante o protetto dell’ex coniuge a conservare il tenore di vita matrimoniale». L’assegno in favore del coniuge più “debole”, non sarà più determinato in base al tenore di vita che la coppia aveva durante il matrimonio, ma in base «all’indipendenza o autosufficienza economica » dell’ex coniuge che lo richiede.

Il nuovo parametro per calcolare l’assegno di mantenimento viene individuato, quindi, nel raggiungimento dell’indipendenza economica del richiedente: pertanto, nel caso in cui quest’ultimo sia economicamente indipendente oppure sia effettivamente in grado di esserlo, non ha più diritto, da oggi in poi, ovvero in seguito alla decisione delle sezioni unite della Cassazione n. 11504/2017, ad ottenere l’assegno di mantenimento.

Ma… c’è da chiedersi… rappresenta veramente una svolta epocale tale sentenza della Cassazione?

Decisamente è un orientamento, come visto, rivoluzionario; ma di certo dovrà formarsi (così come si era formato il granitico orientamento trentennale) almeno un consolidato orientamento e tale decisione dovrà essere suffragata e supportata da altre sentenze; sicuramente, se non la Cassazione, almeno in tempi stretti vi saranno molte sentenze di merito sull’argomento e di certo (a sommesso parere di chi scrive) sarà necessario un intervento delle sezioni unite al fine di dirimere o quanto meno mettere un punto fermo sulla questione. È sicuramente prematuro ad oggi fare un prognostico.

Una recente ordinanza del Tribunale di Milano (sez. IX 22 maggio 2017) ha stabilito (dopo la famosa sentenza 11504/2017) che il limite oltre il quale l’ex coniuge può dirsi economicamente indipendente è di mille euro al mese. Oltre tale cifra, dunque, non dovrebbe essere riconosciuto il diritto all’assegno di divorzio. Tale ordinanza ha “dato forma concreta” alla decisione della Cassazione n. 11504, ovvero i “mezzi sufficienti” che soli servono a determinare il diritto all’assegno divorzile sono stati finalmente quantificati con precisione.

Per il Tribunale le nuove regole sull’assegno di mantenimento sono già applicabili alle cause di divorzio attualmente in corso. Nel caso di specie, il Tribunale ha espresso un parere sulla richiesta di una donna separata dal marito ma con uno stipendio fisso di circa 1.700 euro mensili. Il parere è stato, per l’appunto, negativo: sorte simile potrebbe toccare a tutti gli ex coniugi che si trovano in una situazione simile (per approfondire si veda: Divorzio, niente assegno a chi guadagna più di 1.00 euro).

 

Manuela Rinaldi

 

 

Il contributo in esame è stato estratto dal seguente volume:

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