Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, con ordinanza n. 16593 del 22 giugno 2018, confermando l’impugnata statuizione di secondo grado, che aveva accolto la domanda di un cittadino extracomunitario soggiornante di lungo periodo al pagamento dell’assegno familiare ex art. 65 Legge n. 448/1998, e condannato l’Inps alla corresponsione delle relative prestazioni.
Inutile, per gli avvocati dell’Inps, eccepire che il beneficio era stato riconosciuto allo straniero per un periodo anteriore all’entrata in vigore della Legge n. 97/2013, che con l’art. 13 ha esteso il diritto all’assegno anche ai cittadini extracomunitari. L’Ente previdenziale aggiungeva tra l’altro che la previgente restrizione della platea di beneficiari (ai soli cittadini italiani e comunitari) non era affatto in contrasto con le disposizioni Europee, in quanto la prestazione non rientrava nel novero di quelle “essenziali”, per le quali doveva ritenersi inderogabile il principio di parità di trattamento.
Decorrenza della norma che estende l’assegno agli extracomunitari
La Cassazione ha tuttavia evidenziato come la Commissione europea avesse contestato all’Italia, con procedura di infrazione del 2013, la non conformità di alcune disposizioni vigenti nel nostro ordinamento alla direttiva CE 109/2003 (relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo).
Ora l’art. 13 della citata Legge 97/2013, in particolare, detta “le disposizioni volte al corretto recepimento della direttiva 2003/109/CE” richiamando altresì la suindicata procedura di infrazione (2013/4009). Tale norma, tuttavia, nulla dispone in ordine alla decorrenza del riconoscimento della prestazione ai cittadini extracomunitari lungo-soggiornanti. Una decorrenza che deve pertanto essere identificata in relazione allo scopo ed all’oggetto dell’intervento normativo (sottrarre l’Italia alla procedura di infrazione ed il corretto recepimento della direttiva europea). Per cui l’assegno familiare ai lungo soggiornanti – conclude la Suprema Corte – non deve essere riconosciuto dal momento della formale entrata in vigore della norma che lo prevede, bensì sin dal momento (anteriore) in cui la predetta norma doveva essere introdotta nell’ordinamento interno in attuazione della direttiva.
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