Il quadro normativo
Si deve tenere conto che qualora si sia in presenza di una norma che non sanziona con la nullità il patto che la deroga, al fine di accertare se la stessa possa essere considerata “norma imperativa”, occorre specificamente controllare la natura della disposizione violata per dedurre l’invalidità o la semplice irregolarità dell’atto. Tale controllo si risolve nell’indagine sullo scopo della legge ed in particolare sulla natura della tutela apprestata, se cioè di interesse pubblico o privato.
In tali casi è quindi fondamentale stabilire se la norma contraddetta dal contratto privato abbia carattere imperativo, sia, cioè, dettata a tutela dell’interesse pubblico (Cass. civ., Sez. Unite, 21/08/1972, n. 2697).
Se consideriamo quanto sopra non possiamo avere dubbi sul fatto che le norme dettate per il contenimento e il contrasto del diffondersi del virus Covid-19 sull’intero territorio nazionale siano norme imperative e, pertanto, non derogabili nemmeno con il consenso unanime dei condomini.
Si consideri, infatti, che con il preciso obiettivo di contrastare le dimensioni sovranazionali del fenomeno epidemico e l’interessamento di più ambiti sul territorio nazionale, introducono misure volte a garantire uniformità nell’attuazione dei programmi di profilassi elaborati in sede internazionale ed europea.
Dalle finalità che si è imposto il legislatore nazionale si desume chiaramente che l’interesse che la normativa in esame mira a tutelare è non solo nazionale, ma anche sovranazionale, tendendo alla preservazione della salute dei cittadini. La normativa, quindi, è sicuramente di ordine pubblico. Ne consegue che tutte le norme che riguardano il condominio e le clausole dei regolamenti di condominio in contrasto con le disposizioni dettate per il contrasto del diffondersi del virus Covid-19 devono ritenersi “congelate” (salvo proroghe) fino al 3 aprile 2020.
In particolare, in ambito condominiale, è particolarmente rilevante osservare che nel DPCM del 4 marzo 2020, l’art 1, lett. a), impone che siano sospese le manifestazioni e gli eventi di qualsiasi natura, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato, che comportano affollamento di persone tale da non consentire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro di cui all’allegato 1, lett. d).
Il divieto di organizzare assemblee di condominio
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, in data 13 marzo 2020, nella risposta 1 alle FAQ sul coronavirus (sezione Riunioni), ha precisato che le assemblee condominiali sono vietate, a meno che non si svolgano con modalità a distanza, assicurando comunque il rispetto della normativa in materia di convocazioni e delibere.
Pertanto le riunioni già eventualmente convocate andranno sospese e differite a data da destinarsi.
Naturalmente si deve ritenere momentaneamente inattuabile (fino al 3 aprile salvo proroghe) anche il 3° comma dell’articolo 1120 c.c., secondo cui l’amministratore è tenuto a convocare l’assemblea entro trenta giorni dalla richiesta anche di un solo condomino interessato all’adozione delle delibere che, nel rispetto della normativa di settore, hanno ad oggetto:
1) le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti;
2) le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche, per il contenimento del consumo energetico degli edifici e per realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell’edificio, nonché per la produzione di energia mediante l’utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune
3) l’installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino alla diramazione per le singole utenze, ad esclusione degli impianti che non comportano modifiche in grado di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri condomini di farne uso secondo il loro diritto.
Del resto bisogna anche considerare “congelato” quanto previsto dal 1° comma dell’art. 66 disp. att c.c., secondo cui almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio, decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, possono provvedere direttamente alla convocazione della riunione in via straordinaria.
In ogni caso non è pensabile aggirare l’ostacolo con decisioni prese a distanza e al di fuori di una riunione assembleare ricorrendo, ad esempio, alla sottoscrizione di un documento fatto girare da un consigliere nelle scale; lo stesso dicasi per una lettera circolare inviata ad ogni condomino che poi la sottoscrive: in entrambi i casi mancherebbe non solo la discussione della questione da trattare ma, soprattutto, la contestualità delle votazioni.
Si legga anche:” Quali sono gli assembramenti vietati al tempo del Coronavirus?”
La violazione del divieto di organizzare assemblee condominiali
L’amministratore che non rispetti la disposizione normativa in questione, commette il reato previsto e punito dall’art. 650 c.p., (Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità).
Tale norma punisce “chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene”.
La genericità contenuta nel testo del codice, letteralmente rivolto a “chiunque”, pone, inoltre, l’accento sull’inevitabile estensione del concetto anche agli amministratori di condominio, i quali – pertanto – non possono per alcun motivo ritenersi esclusi dal novero dei soggetti cui si rivolge l’art. 650 c.p.
Inoltre, ai fini della configurabilità della contravvenzione di “inosservanza dei provvedimenti dell’autorità”, è necessario che il provvedimento violato sia stato emesso nell’interesse della collettività.
Sotto questo profilo non vi è dubbio – come sopra detto – che i provvedimenti per combattere la diffusione del Covid-19, siano stati emessi per motivi di sicurezza pubblica o igiene con la conseguenza che la violazione di tale provvedimento integra proprio il reato in questione.
La pena prevista dall’art. 650 c.p. è l’arresto fino a tre mesi o l’ammenda fino a duecentosei euro.
L’assemblea di condominio a distanza e diritto societario
L’unica possibilità per organizzare un‘assemblea di condominio potrebbe essere quella di ricorrere alla videoconferenza.
Si è parlato della possibilità di applicare in analogia le norme previste per il diritto societario. Si ricorda che l’art. 106, secondo comma, del d.l. n. 18/2020 (CuraItalia), comma 2 dispone che, con l’avviso di convocazione delle assemblee ordinarie o straordinarie, le S.p.a., le S.a.p.a., le S.r.l., le società cooperative, le mutue assicuratrici possono prevedere, anche in deroga alle diverse disposizioni statutarie, l’espressione del voto in via elettronica o per corrispondenza e l’intervento all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione. Le predette società possono altresì prevedere che l’assemblea si svolga, anche esclusivamente, mediante mezzi di telecomunicazione che garantiscano l’identificazione dei partecipanti, la loro partecipazione e l’esercizio del diritto di voto, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 2370, comma 4 (relativo alle società per azioni), 2479-bis, comma 4 (relativo alle società a responsabilità limitata), e 2538, comma 6 (relativo alle imprese cooperative e mutue assicuratrici), del codice civile.
Si potrebbe pensare ad un’applicazione analogica di queste indicazioni anche per il mondo condominiale.
Del resto recentemente i giudici supremi hanno affermato che è applicabile anche alle deliberazioni delle assemblee dei condomini degli edifici la disposizione di cui all’art. 2377, comma 8, c.c., secondo cui l’annullamento della prima deliberazione adottata non può essere pronunciato se la stessa sia stata sostituita da altra, presa in conformità della legge e dell’atto costitutivo; la disposizione, benché dettata con riferimento alle società per azioni, ha carattere generale ed è pertanto applicabile, sussistendo identità di ratio, alle deliberazioni adottate dalle assemblee dei condomini di edifici (Cass. civ., sez. II, 21 novembre 2019, n. 30479).
Tuttavia un’applicazione analogica delle disposizioni previste per il mondo societario non si presenta persuasiva, sia in considerazione della differenza fra la natura giuridica e la finalità del condominio rispetto alla società, sia in considerazione del fatto che non in tutti i casi di assenza di specifiche disposizioni in materia di condomino vengono considerate sempre applicabili le disposizioni dettate riguardo agli aspetti analoghi nelle società.
L’assemblea a distanza: aspetti critici
È difficile pensare che il legislatore del 1942 abbia previsto la possibilità di un’assemblea in videoconferenza, né la riforma del condominio sembra aver preso in considerazione tale eventualità, essendosi limitata a stabilire che l’avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell’ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione, anche mezzo di posta elettronica certificata.
Del resto lo stesso articolo 66 disp. att. c.c stabilisce che l’avviso di convocazione dell’adunanza debba contenere anche l’indicazione del luogo, che sembra pertanto essere unico; appare, quindi, difficile che i partecipanti all’assemblea possano trovarsi in più luoghi differenti. Tale articolo non è derogabile neppure dal regolamento di condominio, ex articolo 72 disp. att. c.c.
Naturalmente è auspicabile un intervento legislativo che precisi le regole cui attenersi per un’assemblea in videoconferenza.
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