Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, con sentenza n. 10086 del 24 aprile 2018, rigettando il ricorso di una s.p.a. datrice di lavoro, volto ad ottenere l’accertamento della legittimità di una sanzione disciplinare (sospensione dal servizio), irrogata ad un dipendente che era mancato dal lavoro per un’intera giornata, presentando tuttavia una certificazione medica – tra l’altro lacunosa quanto a prognosi e malattia – atta a giustificare solo un paio d’ore d’assenza. Una condotta, secondo il datore di lavoro, che integrava appieno la violazione della disposizione del contratto collettivo, che impone al dipendente di comunicare lo stato di malattia e l’impossibilità a prestare servizio inviando nei due giorni successivi apposita certificazione medica.
Non è simulazione di malattia
Ebbene dapprima la Corte territoriale, pur ritenendo censurabile la condotta del dipendente, aveva tuttavia escluso che la stessa fosse riconducibile alle ipotesi per le quali è prevista la sospensione dal servizio, in quanto non rientrate, in assenza di altre prove, nella fattispecie di simulazione di malattia o di altri impedimenti ad assolvere gli obblighi lavorativi.
Una posizione poi avallata dalla Suprema Corte, secondo cui, correttamente i Giudici di merito hanno ritenuto che la condotta del dipendente non rivestisse quei caratteri di particolare gravità che giustificano l’irrogazione della sanzione de quo (la più grave tra quelle conservative previste), pervenendo al convincimento che tale non fosse l’assenza rimasta ingiustificata per alcune ore di un solo giorno lavorativo. Si evidenzia, sul punto, come la norma collettiva indichi tra le condotte sanzionabili con la sospensione, l’assenza arbitraria per tre/sei giorni lavorativi. Da qui, il rigetto del ricorso con condanna della società ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.
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