Assenze ingiustificate dal posto di lavoro in caso di demansionamento

Redazione 07/02/18

Il demansionamento non giustifica l’assenza dal lavoro

La Corte di Cassazione è intervenuta in materia di demansionamento, con la sentenza n. 836 dello scorso 16 gennaio, affermando che l’adibizione del lavoratore a mansioni inferiori rispetto a quelle contrattualmente stabilite, non giustifica l’assenza dello stesso dal posto di lavoro. In altre parole, il demansionamento non giustifica l’assenteismo, che non può dunque essere qualificato come forma legittima di autotutela. Nel caso di specie, il lavoratore veniva adibito a mansioni minime, molto diverse da quelle espletate in precedenza; dopo due mesi passati a svolgere tali mansioni, il lavoratore decideva di non presentarsi più al lavoro, senza addurre una motivazione espressa.

 Volume consigliato 

Risarcimento dei danni e responsabilità per infortuni sul lavoro

Corredata di formulario e giurisprudenza, l’opera è un’analisi della responsabilità civile del datore di lavoro (e del terzo), nella sua interazione con la tutela previdenziale dell’Inail. Rappresentando un sicuro sussidio professionalmente, si affrontano le criticità inerenti sia agli aspetti sostanziali sia processuali. Si analizzano, anche attraverso l’evoluzione giurisprudenziale, le varie tipologie di danno e la relativa risarcibilità:  danno biologico (interazioni tra diritto civile e previdenziale; sistema tabellare; danno temporaneo, permanente di lieve entità e mortale); danno differenziale (quantificazione; oneri assertori del lavoratore; esonero da responsabilità; danno complementare (morale e psichico, da perdita di chance). Vengono inoltre considerati, vagliando la casistica di riferimento: l’obbligo di sicurezza del datore di lavoro (nesso di casualità e ripartizione degli oneri probatori; condotta del lavoratore e sua rilevanza nell’accertamento del nesso causale); la responsabilità civile dei terzi estranei al rapporto assicurativo; le azioni processuali ordinarie e speciali. Al volume sono collegate delle significative risorse on line; alla pagina www.approfondimenti.maggioli.it sono infatti disponibili la normativa di riferimento aggiornata, la giurisprudenza, la prassi e un ricco formulario compilabile e stampabile.Daniele Iarussi Avvocato giuslavorista in Mantova, oltre che consulente legale in Italia e all’estero. Titolare e fondatore dello Studio Legale Iarussi. Formatore presso primari Enti (pubblici e privati). Dottore di ricerca in Diritto dell’Economia e delle Relazioni Industriali, indirizzo Diritto del lavoro, nell’Università di Bologna. Già docente a contratto in Istituzioni di diritto privato nell’Università di Bologna. Ha svolto attività di ricerca in materia di diritto del lavoro, anche all’estero. Autore di oltre settanta pubblicazioni scientifiche, tra cui tre monografie. Redattore e componente del comitato scientifico per importanti riviste di diritto del lavoro. 

Daniele Iarussi | 2017 Maggioli Editore

58.00 €  55.10 €

I gradi di giudizio

La sentenza del giudice del gravame, in parziale riforma del provvedimento emanato in primo grado, respingeva la richiesta di riconoscimento delle mansioni superiori e dichiarava l’illegittimità del licenziamento per assenza del lavoratore, disponendone il reintegro nel posto di lavoro. La Corte d’Appello ha invero qualificato la condotta del dipendente come forma di autotutela ex art. 1460 c.c. Tale ricostruzione viene criticata dalla società datrice che, ricorrendo in Cassazione, rileva come non venga integrato neppure il requisito della gravità, richiesto dalla richiamata norma.

La Suprema Corte ha diversamente affermato che “il lavoratore non può rendersi totalmente inadempiente alla prestazione sospendendo ogni attività lavorativa, ove il datore di lavoro assolva a tutti gli altri propri obblighi (pagamento della retribuzione, copertura previdenziale e assicurativa, assicurazione del posto di lavoro), potendo – una parte – rendersi totalmente inadempiente e invocare l’art. 1460 cod. civ. soltanto se è totalmente inadempiente l’altra parte”.

Al lavoratore spetta comunque la facoltà di adire le vie giudiziali per chiedere di essere nuovamente adibito a mansioni che professionalmente gli competono, non potendosi rifiutare a priori di prestare la propria attività lavorativa.

Per approfondire, leggi Il mobbing lavorativo

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento