Associazione per delinquere: chi è l’organizzatore?

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A chi spetta la qualifica di organizzatore nel reato di associazione per delinquere. Per un quadro completo della normativa, consigliamo il volume “La Riforma Cartabia della giustizia penale”

Corte di Cassazione -sez.II pen.- sentenza n. 1313 del 7-12-2023

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Indice

1. La questione: associazione per delinquere


Il Tribunale di Campobasso aveva riconosciuto (tra gli altri) l’imputata responsabile dei fatti di reato a lei ascritti (riqualificate le condotte di falso nel delitto di cui agli artt. 476-482 cod. pen.) e, ritenuto il vincolo della continuazione tra le diverse violazioni di legge, l’aveva condannata alla pena complessiva e finale di anni 7 di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali, applicando le pene accessorie conseguenti alla entità di quella principale, condannandola al contempo al risarcimento dei danni patiti dalle costituite parti civili rimettendone la liquidazione ad altra sede e provvedendo sulle spese.
Ciò posto, a sua volta, la Corte di Appello della medesima città riduceva la pena inflitta dal giudice di prime cure, con riguardo al capo a) dell’imputazione ad anni 3 di reclusione revocando, di conseguenza, la interdizione legale e sostituendo la interdizione perpetua dai pubblici uffici con la interdizione temporanea, dichiarando al contempo non doversi procedere per intervenuta prescrizione degli altri reati per i quali era intervenuta condanna in primo grado.
Orbene, avverso questo provvedimento emesso dalla Corte territoriale campobassana il difensore dell’accusata proponeva ricorso per Cassazione deducendo, tra i motivi ivi addotti, violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla prova del ruolo di promotore dell’associazione nonché, con apposita memoria difensiva, si ribadiva come la sentenza di primo grado non avesse argomentato in ordine agli elementi in base ai quali la ricorrente potesse essere ritenuta promotrice ed organizzatrice della ritenuta associazione per delinquere mentre la Corte di Appello, pur investita del relativo motivo di appello, non aveva motivato in termini idonei a sanare il vizio denunciato, facendosene conseguire da ciò come, essendo decorso il termine di prescrizione, i giudici di secondo grado avrebbero dovuto annullare senza rinvio la sentenza impugnata. Per un quadro completo della normativa, consigliamo il volume “La Riforma Cartabia della giustizia penale”

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La Riforma Cartabia della giustizia penale

Al volume è associata un’area online in cui verranno caricati i contenuti aggiuntivi legati alle eventuali novità e modifiche che interesseranno la riforma con l’entrata in vigore.Aggiornato ai decreti attuativi della Riforma Cartabia, pubblicati in Gazzetta Ufficiale il 17 ottobre 2022, la presente opera procede ad una disamina della novella, articolo per articolo.Il Legislatore delegato è intervenuto in modo organico sulla disciplina processualpenalistica e quella penalistica, apportando considerevoli modificazioni nell’ottica di garantire un processo penale più efficace ed efficiente, anche attraverso meccanismi deflattivi e la digitalizzazione del sistema, oltre che ad essere rivolte al potenziamento delle garanzie difensive e della tutela della vittima del reato.La riforma prevede poi l’introduzione della giustizia riparativa, istituto in larga parte del tutto innovativo rispetto a quanto previsto in precedenza dall’ordinamento.Antonio Di Tullio D’ElisiisAvvocato iscritto presso il Foro di Larino (CB). Referente di Diritto e procedura penale della rivista telematica http://diritto.it. Membro del comitato scientifico della Camera penale di Larino. Collaboratore stabile dell’Osservatorio antimafia del Molise “Antonino Caponnetto”. Membro del Comitato Scientifico di Ratio Legis, Rivista giuridica telematica.

Antonio Di Tullio D’Elisiis | Maggioli Editore 2022

2. La soluzione adottata dalla Cassazione


La Suprema Corte ritenevano le doglianze suesposte non meritevoli di accoglimento.
In particolare, gli Ermellini ritenevano come giudici del gravame di merito avessero correttamente ribadito la qualificazione della condotta ascritta all’odierna ricorrente come riconducibile al paradigma disegnato dall’art. 416, comma primo, cod. pen., che configura una ipotesi di reato autonoma rispetto a quella della “partecipazione” (cfr., tra le altre, Sez. 3, n. 19198 del 28/02/2017, in cui la Corte ha spiegato che l’elemento materiale del delitto punito dall’art. 416 cod. pen. consiste nell’associarsi di tre o più persone allo scopo di commettere più delitti, senza che sia richiesta una distribuzione gerarchica di funzioni, l’esistenza di un rapporto di subordinazione e la presenza di un capo; evenienza quest’ultima che la norma, al pari dell’esistenza di promotori, costitutori od organizzatori, considera come eventuale, configurando un’autonoma e più grave fattispecie criminosa; conf., Sez. 6, n. 52590 del 14/10/2016; Sez. 5, n. 1768 del 08/02/1983), avendo validato la ricostruzione operata dal Tribunale circa il ruolo disimpegnato dalla odierna ricorrente, oltre ad essere stata considerata costei, sempre per la Corte di legittimità, in modo del tutto corretto, centrale ed indispensabile nella complessiva organizzazione ed operatività del sodalizio.
Oltre a ciò, era stimato altresì pacifico che la qualifica di organizzatore, puntualmente contestata alla ricorrente, e che giustificava la qualificazione della sua condotta nei termini di cui al primo comma dell’art. 416 cod. pen., spetta a colui che, in autonomia, cura il coordinamento e l’impiego delle strutture e delle risorse associative nonché reperisce i mezzi necessari alla realizzazione del programma criminoso, ponendo in essere un’attività che finisce con l’assumere i caratteri dell’essenzialità e dell’infungibilità, non essendo, invece, necessario che lo stesso soggetto sia anche investito di compiti di coordinamento e di direzione dell’attività di altri soggetti (cfr., tra le tante, Sez. 3, n. 2039 del 02/02/2018; Sez. 5, n. 39378 del 22/06/2012).

3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse nella parte in cui è ivi chiarito a chi spetta la qualifica di organizzatore nel reato di associazione per delinquere.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che la qualifica di organizzatore, in relazione al reato associativo di cui all’art. 416 cod. pen., spetta a colui che, in autonomia, cura il coordinamento e l’impiego delle strutture e delle risorse associative nonché reperisce i mezzi necessari alla realizzazione del programma criminoso, ponendo in essere un’attività che finisce con l’assumere i caratteri dell’essenzialità e dell’infungibilità, non essendo, invece, necessario che lo stesso soggetto sia anche investito di compiti di coordinamento e di direzione dell’attività di altri soggetti.
Questo provvedimento, dunque, deve essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba appurare se il sodale di un’associazione per delinquere possa ritenersi (o meno) anche organizzatore della medesima.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.

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