Su tale premessa, e considerato che si configurano, a tale stregua, come associazioni non riconosciute sia quelle, che non hanno mai inteso richiedere il riconoscimento come persona giuridica, sia quelle che, come nel caso concreto, avendolo richiesto, non lo hanno ottenuto; si perviene alla conclusione, anche qui largamente accreditata, dell’applicabilità in via diretta o, quanto meno, analogica alle associazioni non riconosciute delle disposizioni dettate per associazioni riconosciute.
La vicinanza con la disciplina delle associazioni riconosciute
In particolare, a sostegno della tesi dell’applicabilità diretta è stata sottolineata la necessità che i problemi, che si delineano in materia di disciplina delle associazioni non riconosciute, trovino soluzione sostanzialmente coincidente rispetto a quelli che vengono in considerazione quanto alle associazioni riconosciute, proprio alla luce del dato della sostanziale identità strutturale tra le medesime, differenziata solo dall’aspetto formale del riconoscimento della personalità giuridica.
La dottrina e la giurisprudenza maggioritarie sono, tuttavia, nel senso dell’applicabilità in via analogica alle associazioni non riconosciute delle disposizioni dettate per le associazioni riconosciute e, dunque, solo nei limiti in cui il singolo problema di regolamentazione non sia già risolto dagli accordi degli associati.
L’estinzione
Come già detto, alle associazioni non riconosciute si applicano, in via analogica, per identità del tipo contrattuale, le norme regolatrici delle associazioni riconosciute, disciplinate agli artt. 27, 29 e 30 c.c. in combinato disposto con gli artt. 11-21 disp. att. c.c. Pertanto, l’associazione non riconosciuta, avente personalità giuridica, si estingue nei soli casi espressamente previsti dall’atto costitutivo (come la scadenza dell’eventuale termine di durata) e dallo statuto, nell’ipotesi in cui sia raggiunto lo scopo societario o sia sopraggiunta l’ impossibilità di conseguirlo (come nel caso di specie), infine per il venire a mancare di tutti gli associati, ex art 27 co.1 e 2 c.c..
Il verificarsi di una causa di estinzione, tuttavia, ancora non determina l’estinzione dell’associazione, ma implica l’accertamento, in sede di contenzioso, da parte del giudice delegato.
Accertata che vi sia una delle causa di estinzione della associazione, si procede poi, con un procedimento di volontaria giurisdizione, alla liquidazione della persona giuridica. I liquidatori possono dunque essere nominati dall’assemblea o, altrimenti, dal Presidente del Tribunale. Una volta nominato il liquidatore, egli provvede ad esigere gli eventuali crediti ed a pagare i debiti, previa vendita, se occorre, dei beni dell’associazione. Solo quando l’obbligazione di pagamento sia stata adempiuta, si determina la vera e propria estinzione dell’associazione.
Come per le associazioni riconosciute per la estinzione viene richiesta la formale dichiarazione dell’autorità governativa, su istanza di parte o anche d’ufficio, poi presentata agli amministratori e al cancelliere del Tribunale, per l’iscrizione nel registro delle persone giuridiche.
La riforma del c.d. Terzo settore è legge
E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 2 agosto, ed è subito entrato in vigore, il D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117, che attua la delega per la riforma del terzo settore contenuta nella legge 6 giugno 2016, n. 106.
Coi suoi 104 articoli raggruppati in 12 titoli, il nuovo codice spazia dal disciplinare gli enti del terzo settore in generale (Titolo II), il volontariato e la relativa attività (Titolo III), associazioni e fondazioni del terzo settore (Titolo IV), fino alle particolari categorie di enti quali le associazioni di promozione sociale e gli enti filantropici.
L’esclusione del socio
L’art. 24, terzo comma c.c., secondo cui l’esclusione di un associato è possibile solo in presenza di gravi motivi, è applicabile anche alle associazioni non riconosciute.
Ne consegue che in caso di impugnazione della delibera ad opera dell’associato, il giudice dovrà valutare la legittimità formale e sostanziale del provvedimento di esclusione, tenendo conto che la “gravità dei motivi” è un concetto relativo, la cui valutazione è strettamente connessa al modo in cui gli associati lo hanno inteso nell’ambito dell’autonomia loro riconosciuta.
La Corte di Cassazione (sezione I civile) che con l’ordinanza 16 settembre 2019, n. 22986 ha accolto il ricorso proposto, muovendo da un’interpretazione estensiva della norma codicistica.
Volume consigliato
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento