Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce il divieto del doppio processo (ne bis in idem) e della regressione alle indagini dopo l’assoluzione
Per approfondire si consiglia: Procedimento ed esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia
Il fatto
La sentenza della Suprema Corte è scaturita dal ricorso del ricorso del Pubblico Ministero presso il Tribunale di Padova avverso la sentenza emessa dal medesimo Tribunale con la quale si assolveva l’imputato dal reato di appropriazione indebita e si disponeva la trasmissione degli atti all’ufficio della Procura per procedere nei suoi confronti per il reato di furto.
Al che il Pubblico Ministero ha ritenuto che vi fosse una violazione della legge processuale riguardante il divieto di ne bis in idem, in quanto tale regressione del processo creerebbe un inevitabile conflitto con la sentenza di assoluzione.
Nello specifico, con il primo motivo lamentava l’erronea applicazione della legge penale (art. 606 primo comma lett. b. cod. proc. pen.): le risultanze dibattimentali confermano la qualificazione giuridica del fatto dell’imputazione, smentendo la diversa interpretazione dei fatti operata dal giudice.
Con il secondo motivo lamentava, appunto, l’abnormità dell’atto in quanto l’assoluzione congiunta alla trasmissione degli atti si configurano come atti abnormi perché contraddittori e destinati a produrre, con il passaggio in giudicato della sentenza, la preclusione processuale del ne bis in idem.
Potrebbero interessarti:
Caso Drassich 2: differenza tra riqualificazione del fatto-reato e riconsiderazione dell’addebito
Danno a immagine e ne bis in idem: confermata sentenza CEDU
Il principio del “ne bis in idem”
Il principio del ne bis in idem
Questo principio è uno dei pilastri del nostro ordinamento, in quanto si vuole evitare che un soggetto venga giudicato più volte per gli stessi fatti quando questi sono stati già definiti, sostanzialmente con sentenza passata in giudicato, ma non solo.
È previsto dall’art. 649 c.p.p. il quale dispone che “l’imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale divenuti irrevocabili non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto, neppure se diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze, salvo quanto disposto dagli articoli 69 comma 2 e 345.
Se ciò nonostante viene di nuovo iniziato un procedimento penale, il giudice in ogni stato e grado del processo enuncia sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, enunciandone la causa nel dispositivo“.
Le eccezioni riguardano: l’erronea dichiarazione di morte dell’imputato, il sopravvenire di una condizione di procedibilità, quando la sua mancanza aveva determinato l’archiviazione, la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere e il venire meno dell’incapacità dell’imputato a partecipare al procedimento o si accerta che tale stato venne erroneamente dichiarato.
La pronuncia della Cassazione
Basandosi su tale disposto, la Corte di Cassazione ha riconosciuto la fondatezza del ricorso sottolineando che la riqualificazione della fattispecie di reato rientri nelle prerogative del giudice di merito e che non fosse necessario far regredire il processo per questo.
Quanto detto è confermato dall’art. 521 c.p.p. il quale dispone che “nella sentenza il giudice può dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell’imputazione, purché il reato non ecceda la sua competenza né risulti attribuito alla cognizione del tribunale in composizione collegiale anziché monocratica“.
E, secondo la Corte, “è proprio la contestazione dell’imputazione il parametro che deve essere considerato dal giudice ai fini dell’applicazione dell’art. 521 cod. proc. pen. poiché, al di là di indicatori formalistici, il profilo di maggior rilievo cui la norma è finalizzata è la tutela del diritto di difesa dell’imputato, che non può essere compressa da una operazione di riqualificazione che ignorasse la diversità strutturale del fatto in contestazione”.
Quindi, conclude la Corte, “la decisione del giudice di assolvere l’imputato ed al tempo stesso di disporre la regressione del processo alla fase delle indagini costituisce atto abnorme poiché ‘spezza il processo in due’, facendone regredire una parte ad una fase anteriore inducendo così il pubblico ministero alla adozione di un provvedimento (la nuova imputazione) destinato a confliggere, in virtù del divieto di doppio processo, con la sentenza di assoluzione, una volta passata in giudicato“.
Volume consigliato
Il volume è un’analisi operativa degli istituti del nostro sistema sanzionatorio penale, condotta seguendo l’iter delle diverse fasi processuali.
Procedimento ed esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia
Aggiornato al D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (Riforma Cartabia) e alla L. 30 dicembre 2022, n. 199, di conv. con mod. del D.L. 31 ottobre 2022, n. 162 (Decreto Nordio), il presente volume è un’analisi operativa degli istituti del nostro sistema sanzionatorio penale, condotta seguendo l’iter delle diverse fasi processuali. Anche attraverso numerosi schemi e tabelle e puntuali rassegne giurisprudenziali poste in coda a ciascun capitolo, gli istituti e i relativi modi di operare trovano nel volume un’organica sistemazione al fine di assicurare al professionista un sussidio di immediata utilità per approntare la migliore strategia processuale possibile nel caso di specie. Numerosi sono stati gli interventi normativi degli ultimi anni orientati nel senso della differenziazione della pena detentiva: le successive modifiche del codice penale, del codice di procedura penale e dell’ordinamento penitenziario, la depenalizzazione di alcuni reati; l’introduzione dell’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto; la previsione della sospensione del processo con messa alla prova operata; le stratificate modifiche dell’ordinamento penitenziario. Con attenzione alla novità, normativa e giurisprudenziale, e semplicità espositiva, i principali argomenti trattati sono: la prescrizione; l’improcedibilità; la messa alla prova; la sospensione del procedimento per speciale tenuità del fatto; l’estinzione del reato per condotte riparatorie; il patteggiamento e il giudizio abbreviato; la commisurazione della pena (discrezionalità, circostanze del reato, circostanze attenuanti generiche, recidiva, reato continuato); le pene detentive brevi (sanzioni sostitutive e doppi benefici di legge); le misure alternative, i reati ostativi e le preclusioni; le misure di sicurezza e le misure di prevenzione. Cristina MarzagalliMagistrato attualmente in servizio presso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea come Esperto Nazionale Distaccato. Ha maturato una competenza specifica nell’ambito del diritto penale e dell’esecuzione penale rivestendo i ruoli di GIP, giudice del dibattimento, magistrato di sorveglianza, componente della Corte d’Assise e del Tribunale del Riesame reale. E’ stata formatore della Scuola Superiore della Magistratura per il distretto di Milano.
Cristina Marzagalli | Maggioli Editore 2023
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento