Assoluzione in sede di revisione e riparazione dell’errore giudiziario

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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 22601 del 5 giugno 2024, ha fornito chiarimenti in merito alla riparazione dell’errore giudiziario successiva all’assoluzione in sede di revisione.

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Corte di Cassazione – Sez. IV Pen. – Sent. n. 22601 del 05/06/2024

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Indice

1. I fatti

La Corte di appello di Perugia aveva respinto la domanda con la quale l’imputato aveva chiesto la riparazione per l’errore giudiziario subìto, per il quale aveva patito la carcerazione relativamente al reato di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, reato dal quale era stato, infine, assolto in sede di revisione dalla stessa Corte territoriale.
Avverso tale ordinanza, è stato proposto ricorso per Cassazione denunciando vizio di motivazione in ordine al supposto comportamento gravemente colposo ostativo al risarcimento per ingiusta detenzione, avendo il giudice valorizzato, al fine del rigetto della domanda, il tenore di una telefonata intercettata nella quale si parlava di operazioni di trasporto di droga avverso il commercio di fiori. In sede di revisione, infatti, era stata annullata la sentenza di condanna, così sconfessando che l’interlocutore della conversazione fosse l’imputato.
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2. Assoluzione in sede di revisione e riparazione dell’errore giudiziario: l’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione, nell’analizzare il ricorso, osserva preliminarmente che “il dolo o la colpa grave idonei ad escludere l’indennizzo per l’errore giudiziario devono sostanziarsi in comportamenti specifici che abbiano dato causa all’instaurazione dello stato privativo della libertà, sicché è ineludibile l’accertamento del rapporto causale, eziologico, tra tali condotte ed il provvedimento restrittivo della libertà personale“.
La valutazione del giudice non può, dunque, essere operata sulla scorta di dati congetturali, non definitivamente comprovati non solo nella loro ontologica esistenza, ma anche nel rapporto eziologico tra la condotta tenuta e la sua idoneità a porsi come elemento determinativo dello stato di privazione della libertà, in riferimento alla fattispecie di reato per la quale il provvedimento restrittivo viene adottato.
Ad avviso della Suprema Corte, nel caso in esame, la Corte territoriale non si è attenuta a tali principi, avendo ipotizzato una condotta colposa dell’imputato, “asseritamente sinergica all’errore giudiziario“, fondata proprio sulla conversazione intercettata.
In tal modo, tuttavia, ha omesso qualsiasi confronto con la successiva sentenza di revisione, che aveva invece sconfessato l’identificazione del soggetto, tanto da comportare la revisione della sentenza di condanna.

3. La decisione della Cassazione

Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione sottolinea l’evidenza che tale iter argomentativo palesa la sua manifesta erroneità laddove presume il comportamento ostativo del ricorrente proprio dall’elemento su cui si è basato l’errore giudiziaria poi emendato, tanto da determinare l’assoluzione dell’imputato in sede di revisione.
La Suprema Corte fa notare che “la facoltà del giudice della riparazione di valutare autonomamente dati indiziari processualmente emersi, al fine di stabilire l’eventuale sussistenza dei fattori ostativi al diritto all’indennizzo, non può spingersi fino al punto di attribuire al richiedente comportamenti che risultano esclusi o comunque non provati da parte del giudice della cognizione, in quanto ciò significherebbe stravolgere il principio solidaristico che è alla base dell’istituto, consentendo di negare l’istanza sulla base di elementi disattesi dalla stessa sentenza di assoluzione in sede di revisione“, costituente presupposto dell’istanza di riparazione in disamina.
Inoltre, è sempre necessario che “il giudice della riparazione pervenga alla sua decisione di escludere il diritto in questione in base a dati di fatto certi, cioè ad elementi accertati o non negati“.
Per questi motivi, la Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Perugia.

Riccardo Polito

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