Con la nota 856/2022 l’INL, Ispettorato nazionale del lavoro, fornisce un vademecum aggiornato sull’applicazione del sistema sanzionatorio in materia di lavoro “irregolare”, disciplinato dall’art. 3 del d.l. 12/2002 e s.m.i.
Da un punto di vista soggettivo, l’ambito di applicazione della disposizione riguarda i datori di lavoro privati, organizzati o meno in forma di impresa, ivi compresi gli enti pubblici economici, nonché le persone fisiche che, tramite Libretto Famiglia, facciano ricorso a prestazioni di lavoro occasionali non conformi alle prescrizioni dell’art. 54-bis, comma 6, lett. a), del d.l. n. 50 del 2017. Restano esclusi i datori di lavoro domestico.
Da un punto di vista oggettivo, invece, la lotta contro il lavoro “sommerso”, che si sostanzia attraverso l’erogazione di sanzioni, si attua nelle ipotesi in cui si verifichino cumulativamente due requisiti, che consistono:
- nell’omissione, da parte del datore di lavoro, della comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro;
- nella sussistenza di un rapporto di lavoro che, secondo quanto prescritto dall’art. 2094 c.c., abbia natura subordinata.
A fronte della ricorrenza dei requisiti suddetti, si deduce l’esclusione dall’alveo applicativo delle sanzioni di tutte quelle prestazioni lavorative che vengono erogate nell’ambito di un rapporto che, di regola, difetta del requisito della subordinazione, come quello societario e familiare.
L’ammontare della sanzione, articolata per fasce e graduata in base alla durata del comportamento illecito, è determinata come segue:
a) da euro 1.800 a euro 10.800 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore sino a trenta giorni di effettivo lavoro;
b) da euro 3.600 a euro 21.600 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore da trentuno e sino a sessanta giorni di effettivo lavoro;
c) da euro 7.200 a euro 43.200 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore oltre sessanta giorni di effettivo lavoro.
>> Leggi la Nota INL n. 856/2022
Inoltre, qualora ricorrano determinate circostanze, è previsto un aumento della sanzione pari al 20%. Ciò si verifica nelle seguenti ipotesi:
- in caso di impiego irregolare di lavoratori extracomunitari privi di permesso di soggiorno;
- in caso di impiego di lavoratori minori privi dei requisiti legalmente stabiliti per l’ammissione al lavoro;
- in caso di impiego di lavoratori beneficiari del reddito di cittadinanza.
La suddetta percentuale, poi, viene raddoppiata nelle ipotesi di recidiva, e cioè nei casi in cui il datore di lavoro, nei tre anni precedenti, sia stato già destinatario di sanzioni amministrative o penali per i medesimi illeciti.
Allo scopo di incentivare la regolarizzazione dei rapporti di lavoro sommerso, la novella del 2015 (art. 22, comma 3-ter, del D.lgs. n. 151/2015) ha introdotto la possibilità di evitare la maxisanzione attraverso l’assolvimento di una diffida. A tal proposito, occorre distingue tre ipotesi:
- Regolarizzazione del rapporto di lavoro in “nero” per i lavoratori ancora in forza. In questo particolare caso, affinché la diffida possa considerarsi assolta, è necessario che nel termine di 120 giorni dalla notifica del verbale unico si realizzino le seguenti condizioni:
- instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato alternativamente con:
- contratto a tempo indeterminato, anche part-time con un riduzione oraria non superiore al 50%;
- contratto a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a tre mesi.
- mantenimento in servizio di tali lavoratori per un periodo non inferiore a tre mesi, cioè non inferiore a 90 giorni di calendario. Tale periodo va computato “al netto” del periodo di lavoro prestato in “nero”, il quale andrà comunque regolarizzato.
- instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato alternativamente con:
- Regolarizzazione del rapporto di lavoro per lavoratori regolarmente occupati per un periodo successivo a quello prestato in “nero”. In questo caso, la diffida ha ad oggetto unicamente la regolarizzazione del periodo di lavoro in “nero”, con dimostrazione, nel termine di 45 giorni, di:
- Rettifica della data di effettivo inizio del rapporto di lavoro;
- Pagamento dei contributi e premi;
- Pagamento delle sanzioni in misura minima.
- Regolarizzazione di lavoratori in “nero” non in forza all’atto dell’accesso ispettivo. Anche in questa ipotesi, come per quella precedente, non si applica l’obbligo del mantenimento in servizio “per almeno tre mesi”, riservato dalla norma ai soli lavoratori irregolari ancora in forza all’atto dell’accesso ispettivo.
Questa nota apre ad alcuni scenari di difficile interpretazione, che l’ispettore in sede di accesso dovrà necessariamente smarcare, il dubbio, a parere di chi scrive, riguarda proprio questa interpretazione che verosimilmente porterà ad un aumento del contenzioso.
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