Atti difensivi inoltrati via pec: non comporta violazione del diritto di difesa anche quando il giudice non ne sia venuto a conoscenza

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(Ricorso rigettato)

Il fatto

Il Tribunale di Ravenna convalidava un provvedimento D.a.spo. del questore di Ravenna con cui si faceva divieto ad una persona di accedere a manifestazioni sportive presso impianti ubicati sul territorio nazionale, riguardanti il calcio, basket e pallavolo.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso questa pronuncia, la persona sottoposta al provvedimento summenzionato proponeva ricorso per Cassazione mediante i seguenti tre motivi:

  1. vizio di omessa motivazione in relazione alla valutazione della memoria presentata con cui si rappresentavano questioni in ordine alla condotta tenuta dal ricorrente e circa la risalenza nel tempo dei Daspo precedenti, oltre che in ordine al loro esito processuale; in particolare, pur entrambe in funzione della valutazione della opportunità di convalidare l’obbligo di presentazione stabilito, in proposito, il GO si sarebbe limitato a recepire il provvedimento del Questore convalidandolo senza nulla osservare in relazione alla citata memoria;
  2. violazione dell’art. 6 commi 1 e 2 L. 401/89 e smi., oltre al difetto di motivazione in relazione alle ragioni per cui l’obbligo di presentazione avrebbe operato anche in relazione a partite amichevoli dell’US Triestina posto l’obbligo di specificare le manifestazioni per le quali veniva vietato l’accesso, anche in relazione alla misura di presentazione presso la polizia giudiziaria, sottolineandosi al contempo come il gip nulla avrebbe motivato riguardo alle predette manifestazioni amichevoli;
  3. mancanza di motivazione in ordine alla durata dell’obbligo di presentazione.

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Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il primo motivo era ritenuto infondato atteso che, pur inviata la memoria a mezzo pec, non risultava che la stessa fosse stata resa nota all’Autorità Giudiziaria, né risultava che il ricorrente se ne fosse fatto carico al riguardo sebbene la Suprema Corte, pur riconoscendo nell’ambito del procedimento relativo al cd. Daspo, la possibilità di trasmettere atti al gip mediante pec, abbia specificato che è onere dell’interessato assicurarsi e quindi eventualmente dimostrare, in sede di impugnativa, l’avvenuta messa a conoscenza dell’atto presso il giudice competente alla valutazione della richiesta di convalida dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria (cfr. da ultimo, Cass. sez. 3, 10128/2021 ud. 06/11/2020 dep. 16/03/2021).

Tal che se ne faceva conseguire che, pur ritenendosi consentito rinvio di memoria tramite modalità diverse dal deposito cartaceo (cfr. Sez. 3, n. 17844 del 12/12/2018, dep. 2019, Rv. 275600), sarebbe stato onere della difesa assicurarsi della tempestiva sottoposizione dell’atto al giudice che procedeva.

Nel caso in esame, il rinvio di memoria a mezzo pec si traduceva nel ricorso a modalità diversa da quella normativamente prevista, quale è il deposito in cancelleria; pur trattandosi di modalità che non è di per sé inammissibile o irricevibile, la stessa, siccome normativamente non istituzionalizzata, non si correla, conseguentemente, ad una organizzazione del sistema giudiziario, di recepimento di atti così inoltrati, declinata, sempre normativamente, in rapporto a tale modalità di trasmissione, cosicch, non può porsi a carico degli uffici giudiziari di recepimento e tantomeno del giudice, quale riferimento finale delta comunicazione, la mancata conoscenza della stessa né quindi può tradursi in vizio del provvedimento giurisdizionale la relativa mancata considerazione del contenuto di memorie o altri scritti difensivi inoltrati mediante pec, nel quadro della disciplina di convalida del cd. D.a.spo.

Si concludeva quindi nel senso che la mancata considerazione dei contenuti di atti difensivi inoltrati mediante pec., quando il giudice non ne sia venuto a conoscenza, non comporta alcuna violazione del diritto di difesa e quindi alcuna nullità, in quanto la scelta di un mezzo tecnico non autorizzato per il deposito espone il difensore al rischio dell’intempestività con cui l’atto stesso può pervenire a conoscenza del destinatario ovvero a quello della mancata conoscenza, cosicchè la parte che si avvale di tale mezzo di trasmissione ha l’onere di accertarsi del regolare arrivo del documento e del suo tempestivo inoltro al giudice procedente (cfr. in termini Sez. 3, n. 9162 del 29/10/2009; Sez. 2, n. 9030 del 05/11/2013; Sez. 5, n. 7706 dei 16/10/2014; Sez. 3, n. 37859 del 18/6/2015).

Dunque, una volta trasmessa la memoria a mezzo p.e.c., la difesa aveva l’onere, non assolto, di verificare, e dimostrare in questa sede di impugnazione, che la stessa fosse stata sottoposta al giudice della convalida.

Di qui l’infondatezza della doglianza difensiva.

Quanto al secondo motivo, si premetteva che l’art. 6 della legge 13 dicembre 1989 n. 401 al primo comma descrive un’atipica misura interdittiva, di competenza dell’autorità di P.S., mentre al secondo comma delinea la possibile imposizione di un obbligo di presentarsi all’ufficio di P.S. che assume un carattere accessorio, eventuale e strumentale, avendo la funzione di assicurare l’effettiva osservanza del provvedimento del Questore e, quindi, solo la seconda previsione riguarda la libertà personale del soggetto ed è per questo motivo che solo limitatamente ad essa è prescritta la convalida da parte dei Gip (Sez. 3, n. 10977 del 28/01/2016; Sez. 1, n. 14923 del 19/02/2004; Sez. 1, n. 1165 del 21/02/1996; cfr., sul punto anche Corte Cost.le, sentenza n. 136 dei 1998).

Con particolare riferimento alla doglianza della omessa motivazione circa le ragioni dell’obbligo di presentazione anche a fronte di partite amichevoli, veniva inoltre osservato che, quanto alla motivazione in ordine alla “necessità” del provvedimento con cui il questore impone l’obbligo di presentazione ad un ufficio o comando di polizia al soggetto cui sia stato notificato il divieto di accedere ai luoghi di svolgimento di dette manifestazioni, non si richiedono inderogabilmente formule esplicite ben potendo la sussistenza di detto requisito desumersi anche dalla gravità del fatto e dalla pericolosità del soggetto (Sez. 7, n. 39049 del 26/10/2006) essendo palese, in tali casi, l’esigenza di garantire, con l’obbligo di presentazione, l’osservanza del divieto (Sez. 3, n. 33861 del 09/05/2007; Sez. 4, n. 8083 del 15/01/2008) fermo restando che tale rilievo implica che anche la delimitazione circa la tipologia delle partite, per le quali si ritenga operante l’obbligo, ben può essere desunta dai due predetti profili, come si riteneva essere avvenuto nel caso di specie, a fronte del puntuale richiamo, da parte dei gip, a condotte del ricorrente estremamente gravi e come tali incidenti anche sul piano della intensità dell’atteggiamento psicologico, come espressamente indicato nel provvedimento impugnato.

Il motivo era di conseguenza ritenuto infondato.

Quanto al terzo motivo, premessa la necessaria valutazione complessiva del provvedimento contestato, veniva osservato come il giudice avesse previamente richiamato gli atti del questore evidenziando la gravità del fatto e la pericolosità del soggetto e, sottolineata la peculiare rilevanza di tali profili, aveva convalidato il provvedimento questorile nella parte di competenza, espressamente aderendo alle ragioni formali e sostanziali ivi contenute che a loro volta chiaramente lasciavano trasparire la figura di un soggetto autore di fatti gravi, per giunta, causa di plurimi provvedimenti di Daspo nell’arco di circa 5 anni, cosicché, si stimava, seppure implicitamente, che la valorizzazione delle suindicate considerazioni avesse coinvolto anche la scelta della comminatoria dell’obbligo per il periodo di anni 7 con conseguente infondatezza anche del presente motivo.

Il ricorso veniva quindi rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Conclusioni

La decisione in esame è assai interessante essendo ivi chiarito che la mancata considerazione dei contenuti di atti difensivi inoltrati mediante pec, quando il giudice non ne sia venuto a conoscenza, non comporta alcuna violazione del diritto di difesa.

Difatti, in tale pronuncia, citandosi precedenti conformi, si postula che la mancata considerazione dei contenuti di atti difensivi inoltrati mediante pec, quando il giudice non ne sia venuto a conoscenza, non comporta alcuna violazione del diritto di difesa e quindi alcuna nullità, in quanto la scelta di un mezzo tecnico non autorizzato per il deposito espone il difensore al rischio dell’intempestività con cui l’atto stesso può pervenire a conoscenza del destinatario ovvero a quello della mancata conoscenza.

Come precisato sempre in questo orientamento nomofilattico, per evitare che il giudice non prenda in considerazione atti difensivi inviati in questo modo, la parte, che si avvale di tale mezzo di trasmissione, ha quindi l’onere di accertarsi del regolare arrivo del documento e del suo tempestivo inoltro al giudice procedente.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatto provvedimento, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica giuridica, dunque, non può che essere positivo.

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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