La stessa relazione illustrativa al codice civile inquadrava la capacità di disporre per donazione nella generale capacità contrattuale, con l’intento di disancorare la capacità donativa dalla capacità di testare laddove, sotto il vigore del codice civile abrogato, le interferenze tra le due discipline avevano offerto «poco profitto alla chiarezza». Infatti, l’art. 1052, co. 1, c.c. abr. disponeva che «non può donare chi non può fare testamento», mentre la successiva norma dell’art. 1053 recitava che «non possono ricevere per donazione gli incapaci a ricevere per testamento».
L’attuale art. 320 c.c. si limita a regolare solo parte degli atti che competono ai genitori nell’ambito di esercizio della responsabilità genitoriale e riguarda esclusivamente gli atti aventi contenuto patrimoniale.
Gli atti che eccedono l’ordinaria amministrazione devono essere compiuti congiuntamente dai genitori esercenti la responsabilità genitoriale, e, altresì, preventivamente autorizzati dal giudice. La distinzione fra le due categorie di atti è, pertanto, di importanza essenziale.
Il legislatore ha innovato la disciplina in materia di donazioni e legati, in quanto, nel regime anteriore alla Riforma del 1975, l’autorizzazione era richiesta soltanto per le donazioni e i legati che prevedevano pesi o condizioni. Era esclusa per l’eredità, sul presupposto che il minore, accettando con beneficio d’inventario, non subirebbe le conseguenze pregiudizievoli dell’hereditas damnosa, mentre donazioni e legati sono costituiti solo da poste attive.
L’art. 374, n. 3, infatti, continua a prevedere la necessità della autorizzazione solo per donazioni e legati che contengono pesi o condizioni. Si è comunque proposto di coordinare i due regimi attraverso un’interpretazione estensiva dell’articolo in commento: anche il tutore sarebbe tenuto a domandare l’autorizzazione al giudice tutelare per qualunque donazione o legato devoluto al pupillo.
Distinzione tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione
Secondo l’orientamento tradizionale, il concetto di amministrazione ordinaria era connesso alla funzione dell’atto di conservare il patrimonio amministrato. In altre parole, dall’analisi delle disposizioni normative si ricavava come tutti gli atti che aspiravano al mantenimento dell’integrità economica del patrimonio o al miglioramento della sua capacità produttiva e che venivano posti in essere attraverso la semplice utilizzazione di rendite, fossero compresi nel concetto di ordinaria amministrazione; viceversa, tutti gli atti che determinavano un mutamento dell’essenza economica e dell’entità del patrimonio (come potrebbe accadere in ipotesi di alienazione o di assunzione di obbligazioni che incidono sulla sostanza del patrimonio), rientravano nel concetto di atti di straordinaria amministrazione.
Successivamente, altra dottrina ha affermato come non fosse possibile tracciare i criteri distintivi tra ordinaria e straordinaria amministrazione sulla base dell’analisi del solo dato normativo perché questo, lungi dal dettare indici, presuppone esso stesso la distinzione. Questa parte della dottrina, ritenendo che l’interesse da proteggere dovesse essere il mantenimento della potenzialità economica del patrimonio, ha individuato quale criterio distintivo quello del “rischio’’: gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione sono quelli di maggiore importanza economica e, quindi, quelli maggiormente in grado di mettere in pericolo l’integrità del patrimonio.
Se il donatario è minore, l’accettazione deve essere espressa dal legale rappresentante, previa autorizzazione del giudice tutelare (artt. 320, 3° co. E 374, n. 3), il quale valuterà la sussistenza della necessità o utilità evidente dell’atto. Per l’art. 320 c.c. il potere di agire rappresentativo dei figli minori spetta in maniera indistinta e paritaria ad entrambi i genitori (o a quello di essi che esercita in via esclusiva la responsabilità genitoriale). Viceversa, l’esercizio della funzione sostitutiva nei rapporti patrimoniali si attua attraverso un duplice modello di amministrazione: ordinaria e straordinaria. Ma vi è di più: l’art. 320 c.c. non fissa un criterio di ripartizione tra i due modelli di amministrazione né fornisce una definizione di atti di ordinaria amministrazione: semplicemente la tipologia è residuale rispetto a quella degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione.
Il comma 1° dell’art. 320 c.c. si limita a prevedere che gli atti di ordinaria amministrazione possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore, sebbene poi parli anche di atti (contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento: art. 1380 c.c.) che possono essere compiuti solo congiuntamente dai coniugi, ma che non sono soggetti a controllo giudiziario.
Quanto agli atti di straordinaria amministrazione, analogamente non è fissato il concetto né è enucleata una categoria degli stessi. Il comma 3° dell’art. 320 c.c. si limita a fornire un elenco di atti che non possono essere compiuti se non per necessità o utilità evidente del minore, previa autorizzazione giudiziaria: ma l’elencazione ha un valore meramente esemplificativo e non tassativo, come si ricava dalla chiusa della lista che indica “altri atti eccedenti l’ordinaria amministrazione”.
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