Qual è la durata della prestazione di attività non retribuita a favore della collettività? Per restare sempre aggiornato sulle evoluzioni della giustizia penale: Come cambia il processo penale – Dall’abrograzione dell’abuso d’ufficio al decreto giustizia
Indice
- 1. La questione: errata durata della prestazione di attività non retribuita a favore della collettività (così come disposta dal giudice di merito)
- 2. La soluzione adottata dalla Cassazione
- 3. Conclusioni: la durata della prestazione di attività non retribuita a favore della collettività soggiace al limite di sei mesi o per un periodo inferiore (pari alla misura della pena sospesa)
- Note
1. La questione: errata durata della prestazione di attività non retribuita a favore della collettività (così come disposta dal giudice di merito)
La Corte di Appello di Lecce, in accoglimento di un concordato tra le parti disposto a norma dell’art. 599-bis, cod. proc. pen., applicava all’imputato, in relazione ai reati di cui agli artt. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, 337 e 635, cod. pen., la pena complessiva di un anno, cinque mesi e dieci giorni di reclusione, concedendo la sospensione condizionale della relativa esecuzione, ma subordinando tale beneficio alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per la durata di nove mesi.
Ciò posto, avverso questa decisione proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’accusato, dolendosi della durata di tale prestazione, poiché superiore al limite massimo di sei mesi, previsto dalla combinata lettura degli artt. 18-bis, primo comma, disp. coord. trans. cod. pen., e 54, comma 2, d.lgs. n. 274 del 2000, secondo l’interpretazione offertane dalle Sezioni unite, con la sentenza n. 23400 del 27 gennaio 2022. Per restare sempre aggiornato sulle evoluzioni della giustizia penale: Come cambia il processo penale – Dall’abrograzione dell’abuso d’ufficio al decreto giustizia
Cosa cambia nel processo penale
Come cambia il processo penaleDall’abrogazione dell’abuso d’ufficio al decreto giustizia: tutte le novità per i professionisti del diritto Le ultime riforme penali spiegate in modo chiaro e operativoLe recenti modifiche al processo penale hanno ridefinito scenari fondamentali per avvocati, magistrati e operatori del diritto.Dall’abrogazione dell’abuso d’ufficio all’introduzione dell’art. 314-bis c.p., fino alle nuove disposizioni su reati stradali, misure cautelari e impugnazioni, questo volume offre un’analisi dettagliata e aggiornata per affrontare con sicurezza le novità normative.Cosa troverai in questo libro• Una guida pratica e completa alle riforme, dalla Legge Nordio al decreto giustizia (L. 23 gennaio 2025, n. 4).• Focus sulle modifiche più rilevanti, incluse le nuove norme in tema di esecuzione penale e le implicazioni del decreto carceri.• Tabelle riepilogative e comparative per un confronto immediato tra la normativa vigente e quella previgente.• Accesso esclusivo a contenuti online aggiornati per 12 mesi.Perché è indispensabile per il tuo lavoro• Analisi operative e approfondite per comprendere l’impatto concreto delle riforme.• Sintesi efficaci e pratiche per orientarti rapidamente tra le novità legislative.• Strumento di aggiornamento professionale con esempi pratici e riferimenti normativi essenziali.Resta sempre aggiornato sulle evoluzioni della giustizia penale e affronta con sicurezza i cambiamenti normativi.Antonio Di Tullio D’ElisiisAvvocato iscritto presso il Foro di Larino (CB), giornalista pubblicista e cultore della materia in procedura penale. Referente di Diritto e procedura penale della rivista telematica Diritto.it. Membro del comitato scientifico della Camera penale di Larino. Collaboratore stabile dell’Osservatorio antimafia del Molise “Antonino Caponnetto”. Membro del Comitato Scientifico di Ratio Legis, Rivista giuridica telematica.
Antonio Di Tullio D’Elisiis | Maggioli Editore 2025
32.30 €
2. La soluzione adottata dalla Cassazione
La Suprema Corte riteneva il ricorso suesposto fondato sulla scorta di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale la durata della prestazione di attività non retribuita a favore della collettività soggiace al limite di sei mesi, previsto dal combinato disposto degli artt. 18-bis, disp. coord. trans. cod. pen., e 54, comma 2, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, ovvero, se inferiore, a quello stabilito dall’art. 165, comma primo, cod. pen., pari alla misura della pena sospesa (Sez. U, n. 23400 del 27/01/2022).
Potrebbe interessarti anche: Semilibertà: non vincolata ad un’attività lavorativa retribuita
3. Conclusioni: la durata della prestazione di attività non retribuita a favore della collettività soggiace al limite di sei mesi o per un periodo inferiore (pari alla misura della pena sospesa)
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito qual è la durata della prestazione di attività non retribuita a favore della collettività.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso indirizzo interpretativo, che la durata della prestazione di attività non retribuita a favore della collettività è limitata a sei mesi, secondo quanto stabilito dagli articoli 18-bis delle disposizioni di coordinamento transitorie del codice penale[1] e 54, comma 2, del d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274[2] ma, se la prestazione ha una durata inferiore, si applica il limite previsto dall’art. 165, comma 1, del codice penale[3], che corrisponde alla durata della pena sospesa.
Tale provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione al fine di verificare se sia stato correttamente determinato il lasso temporale entro e non oltre il quale si deve svolgere siffatta prestazione (come è avvenuto nel caso di specie).
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché prova a fare chiarezza su tale tematica giuridica sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.
Note
[1] Ai sensi del quale: “Quando dalle leggi, dai decreti e dalle convenzioni internazionali è stabilito che la pena debba essere aumentata o diminuita per gradi, ad un grado corrisponde l’aumento o la diminuzione della pena da un terzo alla metà. Se più sono i gradi, lo stesso aumento o la stessa diminuzione si opera per ciascun grado sulla quantità di pena aumentata o diminuita per il grado precedente”.
[2] Secondo cui: “Il lavoro di pubblica utilità non può essere inferiore a dieci giorni nè superiore a sei mesi e consiste nella prestazione di attività non retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato”.
[3] Alla stregua del quale: “La sospensione condizionale della pena può essere subordinata all’adempimento dell’obbligo delle restituzioni, al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno o provvisoriamente assegnata sull’ammontare di esso e alla pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno; può altresì essere subordinata, salvo che la legge disponga altrimenti, all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna”.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento